Mia
Carissima cugina Marianna, eccoti intanto un preludio della documentazione
sulla tua famiglia racalmutese che non mancherò di completare.
Foglio 193 n. progr. 59 die 9)
Julii 1882
Decussis praescriptis tribus
diebus festivis 23 30 aprilis et 7 Maii ’82 nulloque legitimo vel canonico impedimento detecto ,
ego sacerdos Joannes Calamera, ex Parrochi
licentia publice interrogavi Joannem SACCOMANNO liberum, filium legitimum et
naturalem quondam Calogeri et Rosariae
Corvo (?) Civitatis NARI, hic a 5 annis domiciliatum; et Carmelam TIRONE
schettam filiam legitimam et naturalem quondam Vincentii et Salvatricis Rosina
habitantis huius Communis, eorumque consensu solemniter expesso per verba de
praesentia juxta tridentina forma, matrimonio coniunxi coram testibus Carmelo
Facciponti et Josepho Macaluso. Inde ex ritu benedicti.
Traduzione dal latino in italiano (per l’inglese mi avvarrò
dopo del traduttore automatico di Bing: ovviamente non ne rispondo non conoscendo
appunto l’inglese).
Trascorsi i prescritti tre giorni
festivi: 23 e 30 aprile nonché 7 maggio ’82, e nessun impedimento né legittimo
né canonico emerso, io sacerdote don Giovanni Calamera , avutane licenza dal parroco, ho
pubblicamente interrogato Giovanni Saccomanno schietto figlio legittimo e naturale
del fu Calogero e Rosaria Corvo, della città di Naro ma qui residente da cinque
anni, e Carmela Tirone, schietta figlia legittima e naturale del fu Vincenzo e
Salvatrice Rosina, di questo Comune. Ottenuto il loro consenso espresso in modo
solenne di presenza secondo la forma del Concilio Tridentino, li ho uniti in
matrimonio di fronte ai testi Carmelo Facciponti e Giuseppe Farrauto. Quindi ho
impartito loro la benedizione di rito.
Nota Bene: Non so perché il prete
Calamera chiami mio nonno Giovanni e non Giacomo (Johannis et non Jacobus).
Questa Carmela Tirone non è tua nonna ma la sorella: mio nonno nella sua non lunga vita (morì cinquantenne) ebbe tre
mogli. La terza, mia nonna gli sopravvisse ed a lungo ma pur madre di sette
figli di suo non si sposò più. Ma veniva da un matrimonio durato pochi mesi. Il
primo marito le morì in miniera, vittima del lavoro. Così andavano allora le cose a Racalmuto.
Queste e ben altre notizie si
desumono dal portentoso archivio della Matrice di Racalmuto. L’archivio civile
di Racalmuto è stato gravissimamente vulnerato nel 1862 per una rivolta
popolare contro la leva dei Savoia.
L’intero archivio parrocchiale di
Racalmuto l’ho potuto fotografare e masterizzare per concessione dell’arciprete
Alfonso Puma cui va ogni mio fraterno affetto e tanta stima. Mi è costato un
occhio della testa. L’ho varie volte messo a disposizione del Comune (e ne
avrebbe tanta necessità) ma la miopia o l’invidia dei maggiorenti locali mi è
stata sempre ostile ed ostativa. Voi figli o figli di figli racalmutesi
potreste dalle vostre lontane case navigare in questi dilettantissimi archivi e
cercare e trovare le vostre radici sino al 1554.Ora l’attuale parroco è
talmente misticheggiante che sta facendo ulteriormente deperire questi insostituibili
registri ed atti. Perché dall’America, da Buffalo, da New York, dal Canada non
reclamate il doveroso adempimento ai signori del Comune di Racalmuto,
all’attuale Commissario Prefettizio dott. Romano – che oltretutto mi pare
persona ammodo? Scrivete, esigete: voi otterreste. Per risparmiare poca spesa
si può mandare al macero un siffatto tesoro archivistico?.
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