Dopo il 1375 Racalmuto appare sempre
con la specificazione dell’annesso “castrum”.]
Non avrei quindi dubbi a collocare la costruzione del castello tra il 1358 (Vedasi il documento del Cosentino, già segnalato) ed il 1395: rispetto a quest’anno la datazione va comunque di molto anticipata; in altri termini è più plausibile che il Castello chiaramontano sia stato costruito da quel Manfredi Chiaramonte cui si attribuiscono il castello di Mussumeli ed altri: attorno al 1375, dunque.
Non avrei quindi dubbi a collocare la costruzione del castello tra il 1358 (Vedasi il documento del Cosentino, già segnalato) ed il 1395: rispetto a quest’anno la datazione va comunque di molto anticipata; in altri termini è più plausibile che il Castello chiaramontano sia stato costruito da quel Manfredi Chiaramonte cui si attribuiscono il castello di Mussumeli ed altri: attorno al 1375, dunque.
Gradirei comunque le Sue
osservazioni, anche per ipotizzare una datazione che possa trovare entrambi
concordi.
Grazie e salutissimi.
Calogero Taverna
(Roma, 2 febbraio 2001).
Invero il Cutaia non appare propenso ad accogliere le
osservazioni del Taverna, come emerge da questa risposta:
Gentile dott. Taverna
grazie della documentata missiva.
Il discorso circa l'attribuzione del
Castelluccio rimane aperto. Ma in ciò sta il bello delle ricerche storiche. Se
tutto fosse noto non ci sarebbe piacere a studiarlo.
Associandolo al Bellumvidere
federiciano volevo provocare gli studiosi ad un approfondimento, che purtroppo
non c'è stato. Solo Lei si è interessato del problema!
Rimane comunque il fatto che i castelli
della Sicilia centro-meridionale sono ancora poco studiati e conosciuti.
Cordialmente
Angelo Cutaia
A dire il vero non può proprio dirsi che i castelli
medievali siciliani non siano stati studiati. Si pensi alle eruditissime
ricerche del Santoro o del nostro compianto architetto Capitano (i cui studi
sul castello chiaramontano di Favara – per noi coevo a quello di Racalmuto –
sono basilari e magistrali).
A nostro avviso, il problema della datazione del castello
racalmutese ha molteplici sfaccettature: diciamo che è a dir poco
“pentagonale”: 1) una è la data delle due torri (ammesso che siano coeve); 2) altra è quella del muro di connessione delle due torri; 3) altra ancora, la
facciata quale si ricava dall’ex-voto del Monte (che non è secentesco sibbene
della prima metà del settecento per tutta una serie di elementi iconografici
che studiosi attenti hanno già messo in risalto); 4) altra ancora è quella della pozione di stabile subito a
ridosso delle torri e prima di quello che in termini secenteschi racalmutesi si
chiamava “puntone” (cfr. Relazione de vescovo Bonincontro del 1608); altra
ancora è la data del bastione prospiciente la vecchia via S. Francesco a fronte
della chiesa di S. Giuseppe.
Problemi di datazione del Castello chiaramontano di RACALMUTO
Fotografia del 1935 (dalla pubblicazione di Raffaele
Grillo sul Bollettino dell’istituto storico e di cultura dell’arma del genio .
Anno I n. 2 Agosto 1935 – Castelli medioevali a Racalmuto, pag. 55)
In estrema sintesi, ci pare che potremmo dimostrare che le
due torri sono databili tra il 1358 ed il 1395: invero il documento
dell’archivio di stato di Palermo che per la prima volta parla in modo
indubitabile del CASTRUM (a dire il vero
vi si parla di castra al plurale ad indicazione del castello e del
castelluccio) è datato 1390 ma si tratta evidentemente di un errore del proto:
stando alla stessa indizione ivi segnata dobbiamo postergare il diploma al
1395.
Per converso il
famoso documento del 1358 indica ancora Racalmuto come “casalis” e del castrum
non vi è cenno alcuno in perfetta sintonia con quello che si legge nei
documenti vaticani, notoriamente precisi sino alla pignoleria quando si tratta
di termini a valenza giuridica o meglio ancora giuspubblicistica.
Se vogliamo
essere ancora più precisi, diciamo che in base ai documenti del du Mazel del
1375, il castello va datato sotto il dominio del famoso Manfredi Chiaramonte,
operante appunti in quel torno di tempo. Se volessimo dare comunque credito al
Fazello – che peraltro se lo merita – allora potremmo pensare a Giovanni
Chiaramonte ma non a quel Federico dello stesso Fazello e men che meno a
quell’altro Federico additato dal pruriginoso Inveges sibbene a quello cui si
accenna negli archivi segreti vaticani, ma ncor di più al Menfredi colà più
volte citato. [1]
Diciamo subito
che non ci convince la data del 1239 proposta dal Cutaia in quanto le torri
circolari venivano da Federico prescelte a scopo di difesa: i proiettili di
sasso dell’epoca, non trovando una superficie piatta ma curva, slittavano
innocui. Non è il caso del castello perché il muro infra-torri è così fragile,
ragion per cui bastava un semplice colpo d’ariete per sfondarlo. Ad evidenza, è
da pensare invece a torri di avvistamento che ben collegano il Castelluccio con
l’altro castello chiaramontano quello di Manfrida (Mussomeli). E’ questo un
ulteriore elemento per recepire gli elementi di datazione della diplomatistica
chiaramontana del manfredi già citato.
Non abbiamo
elementi di sorta per stabilire che Federico Chiaramonte, la figlia Costanza,
il defunto (se veramente vi fu) marito Antonio I del Carretto, il figlio
Antonio secondo del Carretto, il primo presunto barone di Racalmuto Gerardo del
Carretto, il fratello Matteo del Carretto, Giovanni I del Carretto, Federico
del Carretto abbiano mai dimorato nel c.d. castello chiaramontano di Racalmuto;
peraltro avevano quello che i documenti dell’epoca chiamano “hospitium magnum” [2]in
Agrigento e non si vede perché i rampanti avventurieri genovesi si dovessero
esiliare tra le brume insalubri del castello sopra la Fontana.
Sappiamo invece
che Ercole del Carretto (proprio quello
della saga della Madonna del Monte) abitò nel nostro maniero. Infatti ebbe a
morirvi giusta annotazione in uno dei processi d’investitura dei del Carretto:
lu quali dicto quondam magnifico Herculi
baruni fu mortu in lo castello di dicta terra et lo presenti lo vitti sepelliri
et secondo intisi dicto magnifico Herculi innanti sua morti fichi testamento[3]
E siamo al 27
gennaio 1517. [4] A
questa data, dunque, dovevano esservi confortevoli stanze, sicuramente a
ridosso delle due torri, e cioè in quella parte che finisce nel cennato
“puntone”.
Altro dato
importante risale al figlio di Ercole, Giovanni III del Carretto. Nel
Testamento del 1560, pubblicato da Calogero Taverna, viene esplicitamente
detto:
nec non in unceis mille erogatis per ipsum spectabilem
Testatorem in confectione, reparactione, et
fabricatione Castri dictae Terrae,
E mille onze
erano una enormità: si pensi che un secolo dopo con 100 onze lasciate dalla
tremenda virago donna Aldonza del Carretto si sarebbe costruita l’intera Batia.
Quel testamento
ci fa anche sapere che alla data del 1560 c’era una splendida cappella nel
palazzo chiaramontano di Racalmuto:
Item praefatus spectabilis dominus Testator voluit, et
mandavit quod omnes raubae sericae, et jugalia Cappellae existentes in Castro
dictae Terrae quae inservierunt pro Culto Divino, etiam illae raubae quae sunt,
ut dicitur de carmisino, et imburrato remanere debeant in Cappella dicti Castri
pro uso dictae Cappellae in Culto divino.
Se qualcosa era rimasto di quella cappella dopo il
vandalismo di padre Cipolla, [5] non crediamo che nel recente restauro ci si sia minimamente preoccupati di recuperare
quella interessantissima Cappella in Castro.
Ovvio che delle successive superfetazioni non ci
importa alcunché. Di certo la facciata attuale rispecchia di molto quella
stilizzata dell’ex voto del Monte. Vi è raffigurata la chiesa di S. Giuseppe così
come emerge da un Rollo custodito in Matrice e cioè dopo il 1751.
«Fabbrica calce 1736 anno
1751: muro d’occidente [della sacrestia] sino al livello delle canali
[dell’oratorio] palmi 43
oriente palmi ... inclusa la cantonera in pietre intagliate: canne 67.»
La necessità di recuperare il prospetto del castello
almeno secondo l’iconografia del 1751 pare più che auspicabile: certo
occorrerebbe l’esproprio degli attuali proprietari.
Un restauro del castello come sappiamo che era nel secolo
XVIII, il secolo dei lumi, è anche il nostro auspicio: un auspicio che è anche
il senso e la conclusione di questa nostra modesta fatica.
Giuseppe Taverna
[1] ) B
IBLIOTHÈQUE DES ÉCOLES FRANÇAISES D'ATHÈNES ET DE ROME
Lettres secrètes et curiales du pape
Grégoire XI (1370-1378)
par Mgr G. Mollat membre de l'institut
Paris 1962
BIBLIOTENA NAZIONALE ROMA
SS. 262.(03) B 503 - VII 21 (UMANISTICA)
AGRIGENTIN (AGRIGENTO) CIVITA 1059, 1060, 2988;
CUSTODIA O.F.M. 528; DOMICELLUS, V.
JOANNES DE CLAROMONTE, EP. V. MATTHEUS DE FUGARDO.
1059
Avignone 1372
a giurati e università prechè si rechino presso Federico
d'Aragona insistendo per la pace con la regina di Sicilia.
Calascibetta, Licata, Agrigento, Sciacca, (reg. Vat. 268, f. 295-297)
1060
Avignone 1° ottobre 1372
Guglielmo de Petraalta mandatur ut interponat partes suas
consolidationi Agrigentinae civitatis efficaciter et, cum consummata fuerit,
Francisco de Aragonia impendat obedientiam et reverentiam, sicut decet. (Reg.
Vat. 268, f. 298 v.° 299 v.°)
Dilecto filio nobili viro Guillelmo de Petraalta, comiti
Calabeloti Agrigentinae diocesis, salutem - Inter cetera - .. et m. dilecto
filio nobili viroJohanni de Claromonte, domicello Agrigentinae diocesis;
Emanueli de Aurea, domicello Mazariensi - Andree de Aurea, domicello Mazariensis
diocesis .... Manfredo de Claramonte, domicello Siracusanae diocesis -
Benvenuto de Guaffeis, domino Partannae Mazarensis diocesis
528
29 gennaio 1372
a Giovanni Chiaramonte per i suoi buoni offici tra la Regina
di Sicilia e Federico d'Aragona - secondo il tenore delle lettere per Nicoò
de Messana, Pietro d'Agrigento custodi
delle custodie di Messina e di Agrigento dell' O.F.M. (Reg. Vat. 268, f. 247)
^^^^^^^^^
Joannes de Claromonte Agrigentinus di ... 1060, 1065, 1391,
1395, 1557
idem domicellus panormitanus, 342, 419, 464, 477, 528, 1010
Mattheus de Fugardo
ep. Agrigentinus 419, 1364
Manfredus de Claromonte 537, 1060, 1395, 3033, 3256, 3398,
3670
Manfredus de Claromonte 537, 1060, 1395, 3033, 3256, 3398,
3670
537
Avignone 6 febbraio 1372
a Giovanni Chiramonte domicello dell'isola di Sicilia ed a
Manfredo de Claromonte de insula Siciliae - ut fidem credulam adhibeat
Bernardo, arcivescovo Napolitano (Reg. Vat. 268, f. 11)
1395
A Manfredo ed a Giovanni Chiaramonte rogantur ut obediant
Frederico de Aragonia cum quo regina Siciliae condidit tractatum concordiae,
credat Angelo de Luca, hostiario papae (Reg. Vat. 269, f. 254; Cerasoli t.
XXIV, p. 315, n. 112)
3033
Avignone 13 dicembre 1374
Manfredo Chiaramonte che interponga i suoi buoni uffici presso
il re pedr l'affare De Luca e cioè quod (il re) faciat fieri justitiae
complementum Angelo de Luca, servienti armorum papae, de 442 florenorum quos
Joannes Philippi Choni de Florentia mercator civitatis Panormitanae, cui eos
pro faciendo cambio Avione de eis tradidit, sibi retinet. (reg. Vat. 270, f.
187)
3256
Avignone 2 aprile 1375
Agli infrascritti si manda affinchè continuino nella fedeltà
e buona intenzione sua circa il re di Trinacria
e lo assistano con opportuni consigli nel doverno del suo regno,
nonostante le novità nella città di Messina fatte durante il suo ingresso, si
creda a Ernrico Melfitano, vescovo (Reg. Vat. 271, f. 118 r.° e v.°
a Manfredo de Claromonte, comiti Ragusie, Regni Trinacrie
admirato ed altri ( Enrico conte di Messina e di Monterosso e Aidone,
cancelliere del regno di Trinacria, ad Artale di Alagona conte di Mistretta,
mastro giustiziario di Sicilia, a Francesco Ventimiglia , conte di Geraci e di
Golisano, camerlengo del regno di Trinacria.
3398
Avignone 2 agosto 1375
A Manfredo de Claromonte affinchè assista l'inquisitore
dell'eretica pravità Symone de Puteo O.F. P. (reg. vat. 271, f. 45; Reg. Vat.
244 I, f. 33, n. 66)
[2]
) in quoddam hospitio magno existente in civitate
Agrigenti iuxta hospitium magnifici
Aloysio de Monteaperto ex parte meridie, ecclesiam S.cti Mathei ex parte orientis casalina heredum
quondam domini Frederici de Aloysio ex partem orientis, viam publicam ex parte
occidentis et alios confines (ARCHIVIO DI STATO
- PALERMO - REAL CANCELLERIA - BUSTA N. 38 - (Anni
1399-1401) pag. 177 recto a pag. 181 )
[3] )
Calogero Taverna, la signoria racalmutese dei del Carretto, Infotar Racalmuto
1999, p. 50
[4] ) ibidem.
[5] )
Leggere per capire il proverbio sciasciano di Occhio di Capra (pag. 104
dell’edizione Adelphi del 1990) Nun c’è
scuru, nun c’è fuddra/ ca nun c’è lu parrinu Cipuddra.
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