domenica 4 marzo 2012
Allo spirare della
sera di questo sabato di marzo, avrò voglia di voltare pagina: altro stile ed
altro tono nei miei interventi e nei miei commenti nel blog di Sergio
(sempreché ovviamente reputi di ospitarmi).
Diomede dovrebbe cambiar tenda e non potrebbe più pensare o
ripensare male di Racalmuto: come forse reciterebbe il Martorio “socco scrissi
… scrissi”.
Io e Racalmutese Fiero amiamo non solo Racalmuto
(quello vero e non quello dal toponimo sofisticato) ma soprattutto i concreti
racalmutesi. E’ pur vero che questo non è stato percepito da tutti, ma
pazienza.
Solo che con Pitigrilli amo dire “Oh
Signore ordinami di baciare 10 lebbrosi e subito obbedisco, ma non farmi
parlare per più di 5 minuti con un imbecille: non ci riesco”. Racalmutese
Fiero è nisseno (ma atavicamente legato a Racalmuto) è manager d’altissimo
rango in quel di Milano e mai e poi mai può ambire a scranni paesani sindacali,
assessoriali, consiliari. E’ persona raffinatissima e schiva; ha sepolto il suo
dolore nel nostro cimitero monumentale. Per saperlo ho dovuto avvalermi della
mia semisecolare perizia ispettiva.
Non parla mai di sé; io invece qualche volta ma non certo
per imbecilli moventi che qualche autoschediastico mi addebita.
Quando ispezionavo a modo mio il tessuto sociale paesano e
cioè sette anni fa per Giler, scoprii che Racalmuto si agghindava di oltre
undici mila aventi diritto al voto e tanto per il divagare di impiegate
nostrane. A me invece risultavano non più di ottomila e cinquecento “stanziali”:
otto mila integerrimi, cinquecento … non so come definirli. Purtroppo l’intera
classe politica racalmutese (maggioranza e opposizione, trombati e vittoriosi,
aspiranti e moralisti) gravitava più su questa realtà residuale che su quella
sana, libera e forte (con la colpa però dell’indolenza e “ma a ttia cu ti lu fa
fari?). Per colpa di quattro imbecilli - si dice ora – siamo (ma io
son pudico) in plaghe fecali. No! Signori, in fondo siamo tutti colpevoli e non
c’è assoluzione. Ma neppure condanne indebite, caro Diomede. Vedremo quello che
scriverai e se hai falsato, spopositato, perdonato, colpevolizzato, sapremo far
valere le nostre ragioni con i nostri onorevoli avvocati a Roma (almeno, lo
spero).
Intanto, un paese non può essere lasciato acefalo solo
perché il “missus” di Palermo si sfracella con la sua moto. Gli organi
palermitani sanno? Se sanno perché non intervengono? Certe fannullaggini vanno
perseguite.
Intanto Regalpetra Libera – unico organo di
vigilanza civile residuante - deve fare appello ai Cittadini di buona volontà
per una rimostranza. Deve essere nominato un sostituto subito, ma un sostituto
che non consideri il suo ufficio a Racalmuto una fonte integrativa
del già lauto stipendio, una integrazione a titolo di lavoro straordinario
settimanale. Deve essere l’organo apicale racalmutese, burocrate forse, ma ad
alta coscienza civica, sensibile alla vita di uno “spazio vitale” alla
Forsthoff che deve pur conoscere. E non mi dilungo.
E mi chiedo: in questa congiuntura chi meglio di Sergio
Scimé (per limitarci agli stanziali)? Qualcuno eccepirà ostacoli
legislativi, regolamentari, privilegi regionali. Ma sai che ridere? Si prendono
provvedimenti MOTIVATI a tambur battente. Si possono cambiare norme e
regolamenti dalla sera alla mattina (e qui mi auto cito: quante
volte vi ho assistito qui a Roma, magari perché faceva comodo alle banche o a
Berlusconi). In fin dei conti onorevolini del Pdl, del Pd, i Cimino (quasi
racalmutese) etc. che ci stanno a fare?
Calogero Taverna
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