martedì 14 gennaio 2014

Ecco la parte finale della mia intervista con padre Puma del 1995

Una rapina di Stato.


 

D.: Di fronte a questa - che io azzardatamente chiamerei - rapina di Stato, secondo lei il sacerdote deve mantenere un atteggiamento di dignitosa distanza o è chiamato ad elevare, se non altro, un grido di protesta?

R.: Ma credo che il grido di protesta sia stato spesso elevato. Io non accetto la supina rassegnazione che alcuni, impropriamente, dicono cristiana. La rassegnazione cristiana è valore ben diverso rispetto a ciò che suona omertà, silenzio, acquiescenza che per secoli hanno danneggiato questa povera gente siciliana. Tanto ha dato adito al rifiorire della mafia, all’ingrossamento delle fila della mafia, ai 43.000 killer che spadroneggiano e fanno tutto quello che credono. Tutto questo è l’effetto. Ma le cause non sono forse quelle a cui abbiamo accennato? Chi doveva provvedere non ha provveduto. Chi doveva agire non ha agito. Chi doveva gridare non ha gridato. Noi sacerdoti abbiamo questo compito di gridare perché si dice: il cane che non abbaia, non è un buon cane. Noi siamo come i cani da guardia che dobbiamo abbaiare, se non altro per scongiurare i pericoli. Ma non basta denunciare i pericoli, occorre provvedere. Mettersi a fianco della povera gente, a fianco dei sindacati, in un’azione a pro’ dei meno abbienti.

D.: Ci stanno le virtù teologali ed i peccati capitali ... Quanti sono .... sette i peccati capitali, mi pare. Quali sono le virtù teologali dei racalmutesi e quali i peccati capitali?

R.: Le virtù teologali - lo sappiamo - sono fede, speranza, carità. Vivere solo di speranza significa ... morire disperati. La fede non è soltanto fede che ci sia Dio, ma mettere in pratica i comandamenti e la legge di Dio, costi quello che costi. Qualcuno magari ci rimette la pelle. Amare non è vacuo parlare. Amore significa condivisione: soffrire con quelli che soffrono e magari qualche volta venire emarginati. Qualche volta ti sbattono la porta in faccia e tu devi essere inopportuno come dice S. Paolo.
I vizi capitali sono sette, ma sono ancora di più, i vizi. Quelli sono capitali, ma ce ne sono tanti altri, che magari possono sembrare virtù. ( ih!..ih!... sorrisetto beffardo).

D.: Mi rendo conto che non possiamo continuare su questo tasto perché la prudenza del sacerdote è ostativa. Scatta da parte mia il sacro rispetto verso la riservatezza totale del sacerdote che non può certo svelare i segreti più intimi dei suoi parrocchiani. Passiamo ad altro. Nel 1860 Garibaldi conquista anche Racalmuto. Distrugge tutti i pii lasciti che sono costati lagrime di sangue alle nostre pie trisavole del cinquecento o del seicento. Sussistevano vincoli: dovevano recitarsi sante messe in perpetuo per la loro anima. Pro Deo et anima testatricis è la formula ricorrente nei Rolli delle confraternite che si conservano in Matrice. Tali sacri vincoli, oggi come vengono onorati?
 
Garibaldi a Racalmuto. Parliamone male!


R.: Garibaldi da buon cattolico finisce col depredare chiese, conventi e pii lasciti. Pio IX, da papa, finisce recluso in Vaticano. E’ la storia. Oggi, quanto alle sante messe, supplet ecclesia. Noi sacerdoti continuiamo a dire le messe e sappiamo che una sola messa ha un valore infinito. E’ un atto riparatorio verso i pii benefattori dei secoli scorsi. Da condannare tutti i gesti che si risolvono in ingiustizia verso i poveri. Ed i provvedimenti eversivi garibaldini furono soprusi verso gli indifesi di Racalmuto.

D.: Presso la Matrice stanno questi Rolli delle confraternite. In gran parte sono i rolli dei lasciti per la buona morte. Tutto ciò deve ridursi, secondo lei, ad una memoria storica, più o meno sbiadita, o si può fare qualche cosa per una riesumazione di questi vincoli testamentari.

R.: Per quanto riguarda il valore monetario di quei lasciti, sappiamo bene come la moneta si sia svilita nel corso dei secoli. La Santa Sede in tali casi dispensa, i vescovi hanno facoltà speciali derogative. Noi sacerdoti, comunque, recitiamo sempre le messe dei legati. Le volontà testamentarie possono dirsi rispettate. Per il resto, anche i sacerdoti subiscono le leggi economiche. Il valore di quei lasciti si è dissolto per effetto dell’inflazione plurisecolare.
 


I "galantuomini" arraffano i beni della chiesa.


D.: Lo Stato, il comune di Racalmuto si è impossessato di beni immobiliari di grandissimo valore economico. Si è impossessato di stabili che non appartenevano alla Chiesa, ma a queste confraternite, che erano laiche, come prima accennato, e gestite con spirito laico. Certi "galantuomini" di Racalmuto si sono impossessati, a seguito delle leggi eversive, di terre, di feudi, di palazzi delle confraternite. Hanno arraffato a poco prezzo. I sacerdoti riuscivano ad intimorire la povera gente che abbandonava la terra che era pure riuscita a vincere nelle pubbliche gare di concessione ed i maggiorenti locali ne approfittavano. Gli atti della Matrice testimoniano impietosamente le piraterie dei notai, dei signorotti dell’ottocento racalmutese. Non pensa lei che prima o poi occorrerà chiamare in causa lo Stato, il Comune - per i privati, le leggi sono invalicabilmente ostative - per quella immonda rapina? Non va preteso un redde rationem?

R.: Per quanto riguarda il passato, credo che purtroppo non vi sia più nulla da fare. Meritoria fu a quel tempo l’opera dell’arciprete Tirone - intelligentissimo - che salvò il salvabile. Il Collegio di Maria, qualche chiesa, qualche convento. Oggi non è più possibile recriminare, non è neppure opportuno rivangare il passato. Con il Concordato, si è transatto su tanto contenzioso. Quello che si è salvato oggi è stato destinato al sostentamento del clero. Alcuni beni sono rimasti alla chiesa locale e servono per le attività pastorali e sociali. Attualmente c’è l’otto per mille dell’Irpef per consentire ai sacerdoti di vivere per l’altare. Auspichiamo che siano i fedeli con le loro offerte spontanee a fornire gli occorrenti mezzi finanziari all’intera struttura parrocchiale. Un’azione rivendicatrice dell’antica manomorta rifomenterebbe atteggiamenti anticlericali, decisamente da scongiurare. I fedeli apprezzano i loro sacerdoti, se operano con spirito evangelico e abnegazione. I fedeli di oggi son ben diversi da quelli dell’ottocento, anche a Racalmuto.

 


 

Il restauro di Santa Maria di Gesù



 

D.: Nel 1550 circa la Confraternita di Santa Maria di Gesù, ha costruito l’omonima chiesa, prima chiamata di "jusu", alla latina "deorsum", quindi "inferioris" e poi "maioris". Questa Chiesa finita poi ai francescani, per un arbitrio del solito vescovo spagnolo Horozco, è stata poi requisita negli anni sessanta dell’ottocento dallo Stato. Ultimamente hanno fatto dei lavori cosiddetti di restauro, distruggendo tutte le cripte che ci stavano. Sono sparite tombe antiche per le quali abbiamo dovizia di fonti documentali. C’era ad esempio la cappella del sac. Monserrato d’Agrò, un sacerdote degno. Non pensa che sia il caso di formulare una qualche protesta, anche di carattere culturale?

R.: Io ho seguito un po’ questi lavori del Cimitero. La chiesa era stata assegnata al Comune, ma lasciata alla disponibilità del clero locale per le funzioni religiose. Le cripte sono aste restaurate: quelle di sotto il pavimento si sono salvate. I documenti esistenti sono stati fotografati. Peccato che si sia provveduto molto tardivamente. Da tempo sin dagli anni cinquanta, io ed il mio predecessore ci eravamo adoperati per il restauro della chiesa. In altri tempi, purtroppo, non è stato possibile. Ritardi, remore anche da parte della Soprintendenza che rimandava sine die i sopralluoghi di rito, hanno impedito una tempestiva opera di restauro. Finalmente si è potuto fare un restauro. Critiche o non critiche, la chiesa di S. Maria di Gesù è salva. E’ dunque opera meritoria, questo restauro. Qualche figura, alcuni affreschi sono scomparsi. Il Crocifisso è stato salvato. Il quadro di Pietro d’Asaro, purtroppo, è anduto tutto a pezzi. Non è rimasto più niente, tranne la cornice. Quindi gli altari saranno restaurati, e così qualche statua lignea. Ringraziamo comunque il Cielo: la struttura portante è stata messa a posto. Il tetto è stato messo a posto. La facciata normanna pare che sia stata rifatta soddisfacentemente, anche se con risultati non condivisibili al cento per cento.

D.: Sto trascrivendo tutti gli atti notarili della confraternita di Santa Maria di Gesù. Lì emerge che alla fine del ‘500, quando Pietro d’Asaro credo che ancora dovesse mettere mano ai pennelli, si trovavano in quella chiesa un paio di quadri, La Madonna dell’Itria e la figura del Crocifisso (non il Crocifisso ligneo), che dovrebbero risalire al 1550. Secondo me, questi quadri furono poi regalati dai Del Carretto o venduti dalla Confraternita alla chiesa dell’Itria ed al Carmelo. Secondo me, quindi, si attribuiscono ancora infondatamente questi quadri a Pietro d’Asaro. Lo studio di questi Rolli rivoluzionerà, a mio sommesso avviso, certe versioni che si danno sull’attività pittorica di Pietro d’Asaro. Secondo lei, che tutti sappiamo essere tanto sensibile ai problemi dell’arte, reputa questa prospettiva, una prospettiva percorribile oppure no?

R.: Io sono convinto che non tutti i quadri che stanno a Racalmuto e che si attribuiscono a Pietro d’Asaro, siano effettivamente di Pietro d’Asaro. Tanti quadri gli sono stati attribuiti anche perché si pensava che un altro pittore più bravo di lui non ci fosse stato a Racalmuto. Sappiamo che i quadri erano fatti dietro commissione, sia dei Del Carretto sia parte dei privati. Quando la maestranza dell’Itria mise piede dentro la chiesa del cimitero, per accedere alla propria cappella attraverso una porta che ora risulta chiusa, niente di straordinario che quel quadro della Madonna dell’Itria sia stato portato nella chiesetta omonima, al centro del paese. L’altro quadro, quello più grande con il Crocifisso attorniato dai Santi ausiliatori, sembra appartenere al Carmine ove c’erano altri monaci. Può, comunque, darsi che non siano di Pietro d’Asaro, questi due quadri. Il quadro che si è rovinato pare invece indubbio che sia di Pietro d’Asaro. Il Crocifisso ligneo, molto bello, che ancora resiste mercé il mio interessamento, è del Seicento, (o almeno così si ritiene). Per l’attribuzione di quei due quadri prima menzionati, aspettiamo i risultati degli studi.

D.: Questi due quadri si trovavano in due cappelle della chiesa di Santa Maria di Gesù. Queste cappelle sono state soggiogate con atto notarile a due famiglie racalmutesi, per la sepoltura dei loro defunti. Fu stabilito che i quadri dovevano essere rimossi e ceduti a disposizione della confraternita. Al loro posto, i soggiogatari dovevano mettere un altro quadro. Uno di questi soggiogatari era il sac. Monserrato d’Agrò. Ho il sospetto che nel fare il restauro della chiesa non si sia tenuto conto di tutto questo patrimonio artistico e storico della vecchia chiesa.

R.: Anche gli ingegneri e gli architetti che mi avevano interpellato si erano travati in grande difficoltà perché dalle ricerche che loro avevano fatto non emergeva granché. Le notizie che avevamo allora erano rade e scarne. Ignoravamo anche tutti questi dettagli delle fonti che si custodiscono in Matrice. Sapevamo qualcosa del lascito per il maritaggio dell’orfana. Ma nessuno si era addentrato nei labirinti della contabilità della confraternita. Il restauro ha inteso ad ogni modo salvaguardare almeno la struttura portante della chiesa. Non si poteva ancora aspettare, magari per meglio salvaguardare le varie iscrizioni rinvenibili nell’antica chiesa. Ad esempio, all’ingresso della chiesa, sul portone principale vi sono delle iscrizione che non è stato facile decifrare. Pensavo ad una specie di monizione. Ho detto: vedete quello che si può salvare. Alcune fotografie sono state fatte. E sono testimonianze che potranno servire agli studiosi, un domani.

D.: Mi sembra che lei - e più fondatamente di me - guardi con un certo ottimismo a questi lavori di restauro della chiesa di Santa Maria di Gesù.

R.: Io - lo dico francamente - non mi aspettavo che sarebbero stati capaci di salvare tanto, quasi tutto. Non solo, ottimismo mio, ma anche obiettività. Meritano davvero un plauso perché sono riusciti a portare la chiesa all’antico splendore. Ricordo che nel ’50 ho celebrato una messa proprio in quella chiesa, e già c’era lo squallore. Sono passati quarantacinque anni e vedere la chiesa ritornata quasi come prima, pare quasi un miracolo.

 
Racalmuto, domani.




D.: Questa la storia. E le prospettive di Racalmuto? Quelle morali, quelle religiose, quelle della fede, quelle politiche, quelle economiche, secondo lei quali sono?

R.: Io credo che se il Signore ci assiste - ho molta fiducia nella Provvidenza, nei collaboratori - Racalmuto avrà un futuro migliore. Le chiese stanno per essere tutte restaurate e sono un patrimonio artistico e culturale, con grande vocazione turistica, anche. Dal punto di vista morale c’è da sperare in bene. Guardiamo ai tanti ragazzi, ai tanti giovani che si dedicano ad un meritevole volontariato. Gli oratori - ben quattro - sono segni tangibili di questa buona volontà, della saldezza dell’istituto familiare. Abbiamo, anche, alcune organizzazioni culturali, artistiche. Vedo che diverse mostre sono state organizzate in questi ultimi tempi, segni di una crescita culturale, di una maturità diffusa. Per quanto riguarda il fattore politico, credo che se non cambia qualcosa a livello nazionale, regionale, non riuscirà a cambiare nemmeno un piccolo paese. A Racalmuto, al popolo di Dio di Racalmuto, vada tutto il mio affetto, il sincero augurio del loro parroco, di questo sacerdote prossimo alle nozze d’oro con la Chiesa, alle nozze d’oro di un sacerdozio tutto speso qui, in questa terra del sale e dello zolfo, dei campi e delle vigne, del pavido commercio, della minuscola borghesia; in questo paese talora inverecondamente bagnato di sangue, in questo paese che ad ogni buon conto ha una insopprimibile voglia di redimersi, di migliorare, di essere civile, di avere fede in Dio, nella sua materna Madonna del Monte. Racalmuto, ove la gente nei tempi si è abbarbicata "come erba alla roccia". Pervicacemente. Ove la gente vuole costruire una città del sole, la città di Dio.

 
 
 
 
SOMMARIO

 
 
 


Cenni autobiografici

In tempo di guerra, in seminario

I militi fascisti a rovistare nelle cantine del seminario di Agrigento

Sciascia, i seminaristi e gli aspiranti gesuiti

Le grandi figure dei sacerdoti racalmutesi

Il cognato dell’arciprete, primo sequestrato dell’Italia del dopoguerra.

I tanti, diversissimi vescovi agrigentini di questo cinquantennio

Le confraternite cinquecentesche

Il vescovo spagnolo Horozco e Racalmuto

Che vuol dire essere arciprete a Racalmuto?
Il belato delle pecorelle
Sciascia e gli eretici di Racalmuto: fra Diego La Matina, il notaio Jacopo Damiano e la strega Isabella Lo Voscu.

Le opzioni umane dell’arciprete
e quelle dello spirito
Come è cambiato Racalmuto in quest’ultimo cinquantennio.

La morale sessuale di Racalmuto

La politica della Curia Vescovile di Agrigento.
Vi è stata una doppia morale matrimoniale?
Ricchi e poveri, tutti uguali?
I vescovi "rinascimentali" agrigentini.

Il laicato racalmutese

Fede e preti a Racalmuto

Quarantacinque anni di eventi
Una rapina di Stato.
Garibaldi a Racalmuto. Parliamone male!
I "galantuomini" arraffano i beni della chiesa.

Il restauro di Santa Maria di Gesù

Racalmuto, domani.

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