Carissimo Alfredo
Ricevo il libro a cura di don Gallo con le tue
collaborazioni epistolari e poetiche. Ti rispondo così come viene, di getto,
anche se batto sulla tastiera del computer.
Un po’ mi rassomigli nel metter le mani avanti, specie per
ciò che riguarda le tue poesie. Ma hai ben presente il tuo valore, diversamente
non pubblicheresti un bel nulla. Con me non si può barare molto: per mezzo
secolo ho sbarcato il lunario ISPEZIONANDO. Ho quindi deformazioni
professionali che mettono talora in gran dispitto persino mia moglie. Ma se
dopo 41 anni siamo ancora felicemente sposati vuol dire che il mio è difetto
perdonabile.
La tua valenza scrittoria è ormai assodata. Quella poetica
resta ancora nel chiuso della platea femminile che ti venera. Se tu avessi
potuto seguire i miei lazzi bloggistici (il mio blog si intitola CONTRA OMNIA
RACALMUTO) avresti saputo che io se non si tratta di Garcia Lorca non accetto
poeti: bella presunzione la mia, no? Sono fatto così e a ottant’anni non ho
alcuna voglia di cambiare.
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Il personaggio di cui incidentalmente parlo nel mio libro
Racalmuto nei Millenni, era figura astratta, metafora. Quello che ho creduto di
individuare nei primi nostri contatti epistolari, un fantasma da meglio
contornare. Mano mano è venuto fuori un personaggio in cerca d’autore. Il
personaggio saresti tu, l’autore dovrei essere io. Teatralità pirandelliana a
parte, ecco due “marionette che passione” di Rosso di San Secondo. Tu credi che
io sia quello che di sicuro non sono; io credo che tu sia quello in cui tu
difficilmente ti riconosceresti. Pensa un po’, se davvero sono il tuo autore,
scriverei o farei mettere in scena che il mio personaggio nasce con un DNA che
si è forgiato in almeno mezzo millennio con l’imperativo categorico che nessuna
mosca deve poter passeggiare impunemente sul suo naso. Che inopinatamente, già
tenero padre di una splendida creatura, già marito innamorato di una soave
ragazza, già non ancora maggiorenne almeno sotto la vecchia legislazione, già
prorompente di irrefrenabile vitalità, pieno di gioia di vivere, si trova forse
che sì forse che no immerso in una diabolica tregenda. Gli si dice che avrebbe
ucciso chi lo amava più di un figlio. Deve crederci, non lo ricorda, ma il suo
clan questo impone, e bisogna ciecamente ubbidire e convincersi anche che
davvero l’assassino è lui. Poteva anche essere in momenti di allucinazione psichedelica, poteva avere fumato ciò che il
borghese perbene fuma quando può farlo
nella discrezione altamente protettiva del suo rango. Ma quello, buttato in
strada a pochi anni, no. Fuma quando capita se capita appena può. Poi è
responsabile? Ma poi ha memoria?
Il mio personaggio è innocente, il crimine equiparabile al
parricidio, è solo nel suo inconscio, non l’ha mai commesso, ma lui non sa, sa
quello che è doveroso credere. L’assunzione di colpa glie l’hanno imposta e lui
succubo, ossequiente, accetta la verità aliena. E poi può anche espiare quella
colpa, commetterne altre e ben più gravi e queste sono colpe coscienti,
rispettose della legge che contrasta la legge quella stampata su fogli con
sigilli di stato. Deve far ritorsione contro le ritorsioni alle prime malefatte
che gli si sono accreditate. Ed infine, sta un una auto di morte, della morte
che altri dissemina, altri che lui deve accompagnare, far loro di copertura,
consentirne la fuga incolume.
Ma questo non dicono le verità processuali e quelle verità dispongono
anche di confessioni reiterate nelle supreme aule della giustizia umana. Già,
le verità processali? Magari quelle di un Ingroia che ha tanta sicurezza di sé
da volerci persino sottoporci al suo dominio presidenziale, anche nell’altro
potere: da quello giudiziario a quello governativo.
Torno sula terra. Mi parli dell’avvocatessa. Se tu ti fidi
vai avanti. Ebbi a scriverti che io non stimo i legulei. Mi ricordi che devo
telefonarle. Mi ricordo che ti avevo detto che non ne avevo voglia. Ma se tu
vuoi rimandami il numero e mi precipiterò. Poverina, non la conoso e quindi non
giudico. Ma non apprezzo qualcuno dimentico che scatta a far visita appena c’è
solfa di pubblicità, perché un ex democristiano poi pdeino ed ora aspirante
montiano, insufflato da un certo Tanu e canonizzato da un decrepito facitore di
gialli stano montando un intervento parlamentare che non avrà luogo per
chiusura della legislatura. Ecco perché non mi piace!.
Se ti vuoi avvalere di un altro legale di maggior fiducia e
ti dovessero occorrere contributi finanziari, sappi che sono qui pronto a
venirti incontro. Basta un cenno.
Mi aggancio quindi alla parte finale della lettera di
accompagno al libro. Ti dico, esulto per le attese positive che sentenze di
cassazione ti stanno suggerendo. Temo che il coinvolgimento diretto possa farti
prendere degli abbagli. Affidati qui ai professionisti, agli avvocati insomma,
a chi terzo ma competente può agire in serenità e senza passionali sbandamenti.
Mi hai ben capito e quindi non mi dilungo.
Ti abbraccio paternamente Calogero Taverna
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