...per
mestiere spiego bene agli altri quello che per me non comprendo.
sabato 1 novembre 2014
Prefazionavo
il mio La DONNA del MOSSAD – Apologo sul
caso Sindona non mancando di ringraziare un uomo che mi aveva salvato da
guai gravi, da licenziamenti persino forieri di miseria: «Se non fosse stato
per Ivo Turchetti – scrivevo – il sottoscritto sarebbe stato stritolato, messo
alla gogna, mandato forse in galera dai vari Oteri, Ciancaglini ed un flaccido
calvinista di cui mi sono scordato persino il nome».
Oggi,
giornata di grandi fastidiose piogge a Roma sono stato al suo scarno,
intimissimo funerale. Caro Ivo tu sei stato l’uomo che nella congiuntura più
tragica della banca d’Italia hai saputo tenere la compagine impiegatizia di
questo glorioso ma ambiguo istituto nella parte giusta, né istericamente
ribelle né sornionamente plaudente.
Nei
tuoi vari e diversificati ruoli puoi dirti colui che molto contribuì
all’immagine del candido apparire della Banca d’Italia. Se democrazia, se
apertura all’irrompente accesso nelle stanze dei bottoni della classe operaia,
se senso civile, se bando alla iattante separatezza di Palazzo Koch vi furono,
tu tanto contribuisti.
Oggi
in quell’algida stanzetta della Residenza Salus non c’erano bandiere (e ti
spettavano) non c’erano fiori d’alto bordo (e ti spettavano), figure
rappresentative del potere, del governo dell’economia, del partito dei
combattenti rossi (e ti spettavano). Ne fui felice, l’artefice di tante
battaglie civili e democratiche era rimasto puro, candido, immacolato. Vi
eravamo, oltre a tuoi cari parenti stretti, pochisimi che davvero ti avevamo
voluto bene.
In
una delle tue divagazioni professionali della Banca d’Italia, venisti con noi
in una ispezione di vigilanza alla Cassa di Risparmio di Vercelli nel 1969. Non
fosti fortunato: il capo missine (impersonava una lunga evanescenza nordica) da una parte, ed il sottoscritto,
una crisalide allora in cerca della sua stazza ispettiva dall’altra. Ci stavi
in mezzo, dignitosissimo ma estraneo. Ti spiegavo una volta cosa avevo trovato:
un “sussidiario del conto economico” tra gli “effetti ricevuti per l’incasso”.
Si adirò Guasco e ci redarguì imponendoci il silenzio come se fossimo due
scolaretti. Certo che non gliela lasciai passare liscia. Stavo diventando il
ribelle che poi sono stato fino ad essere cacciato via dalla Banca d’Italia. Ma
senza infamia, per la tua difesa (potente e sapiente).
Al
culmine delle assurdità: ad un rifornimento dell’autostrada, ci gridarono (erano
gli anni di piombo): “fascisti, borghesi, ancora pochi mesi”. Ricordo che ti ci
arrabbiasti davvero. A me .. dicevi; a me! Eri stato anche partigiano ed eri
rosso integro.
Ora
debbo dirti, carissimo Ivo: Addio, Addio per sempre , con tantissima pena nel
cuore.
Calogero
Taverna
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