Fazio
condannato: sentenza inappellabile.
Come insignificante e peraltro ottantenne cittadino italiano
ho il dovere non solo di rispettare ma anche di plaudire ad una siffatta
sentenza. Ma credo di saperne, in questo campo, più e meglio di tutta la
cassazione italiana riunita. Ho rispetto assoluto per l’ex Governatore Fazio:
lui è cattolicissimo e credentissimo, io assolutamente non credente. Motivo
questo che ci divide stellarmente. Lui manco mi volle ricevere quando avevo da
presentare mie personali rimostranze sia per quanto attiene alla vertenza della
Banca Mediterranea di Potenza, sia per quanto riguarda una vera e propria
espoliazione da parte di Ciancaglini nei miei riguardi. E ad essere sinceri,
ebbe indifferenze quando il mio inferiore di grado (per poco, però) De Sario mi
giubilò con Masera.
Eppure, io ho stima, rispetto, ammirazione per il dottor
Antonio Fazio. Strabuzzo gli occhi quando una pasticciera di Milano inventa un
sillogismo processuale secondo il quale un inesistente fatto viene infilato
irragionevolmente in una estranea norma. Vittorio Emanuele Orlando, il grande
giurista di Sicilia, aveva ammonito già negli anni Cinquanta ad avere acume e
genio nel coniugare fatto e norma.
I giudici della Suprema Corte hanno rigettato rutti i ricorsi
presentati contro la sentenza emessa il 28 maggio scorso dalla Corte d'appello
di Milano. Definitive anche le condanne a un anno e mezzo per l'imprenditore
Luigi Zunino e il fiduciario svizzero Francesco Ghioldi (quattro anni e tre
mesi). Gli imputati erano accusati, a vario titolo, di aggiotaggio, ostacolo
agli organismi di vigilanza e appropriazione indebita. La sentenza d'appello
aveva ridotto per tutti le condanne inflitte in primo grado: il tribunale di
Milano, nel maggio 2011, aveva infatti condannato Fazio a quattro anni,
Consorte e Sacchetti a tre anni, Fiorani a un anno e otto mesi. Il pg di
Cassazione, Oscar Cedrangolo, nella sua requisitoria questa mattina, aveva
invece sollecitato l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata,
rilevando "l'incompetenza territoriale" dei giudici milanesi, come
lamentato dalle difese degli imputati. Se la Corte avesse accolto le richieste
del pg, il procedimento si sarebbe completamente azzerato. La prescrizione,
inoltre, sarebbe scattata tra qualche giorno, il 12 dicembre prossimo. La
sentenza della Corte d'appello milanese aveva revocato la confisca di 39,6
milioni a Unipol, condannando invece la societa' a pagare 230 mila euro (a
fronte dei 900 mila disposti dai giudici di primo grado). La societa' Nuova
Parva era stata condannata a versare 100 mila euro (360 mila erano invece stati
stabiliti in primo grado).
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