Nel Giornale Officiale del 6 settembre 1860 i radi soci, che
continuavano a frequentare il circolo nel mese più adatto alla villeggiatura
nelle campagne circostanti, potevano leggere «Data in Palermo il 26 agosto
1860. - In nome di S.M. Vittorio Emanuele Re d’Italia, il Prodittarore decreta:
Art. 1: sono destituiti i giudici circondariali. A Racalmuto: [destituito]
Giacomo Sanfilippo » Il provvedimento
reca la firma di De Pretis. Il 13 settembre viene promulgata la legge
provinciale e comunale: Racalmuto è il XIV comune del circondario di Girgenti e
vanta una popolazione di 9.426 abitanti. E’ chiamato ad eleggere un consigliere
provinciale.
Il successivo martedì 19 settembre viene pubblicato
“l’indirizzo del consiglio civico e del municipio al Generale Dittatore”:
Racalmuto figura in mano di Gaetano Savatteri, presidente; Felice Cavallaro e
Giuseppe Savatteri. L’indirizzo è datato 18 agosto 1860. E.N. Messana fa ampie
digressioni sulla sindacatura del Savatteri a cavallo del 1860. Non abbiamo
elementi per contraddirlo (ma neppure per essere concordi). Forse Gaetano
Savatteri non si dimise mai dal settembre 1859, quando ebbe a succedere a
Giuseppe Tulumello Grillo.
Il 25 ottobre si celebra il plebiscito: Racalmuto risulta
naturalmente sabaudo all’unanimità: 1931 elettori iscritti; 1924 votanti; 1924 sì; nessun no; nessuna scheda
nulla. Vi sarà stato al circolo qualcuno che come Ciccio Tumeo si lamentava di
avere votato no e di vedere poi la sua scheda “cacata” con un sì?
28 ottobre 1860 - Art. 1: Sono nominati i giudici di
Mandamento - In Racalmuto: il signor Benedetto Diliberti. - Palermo 26 ottobre
1860. Il prodittatore: Mordini.
6 novembre - Racalmuto, il signor Salvatore Bellomo,
cancelliere di Mandamento.
Statistica
Racalmuto
Maggio
1860 Giugno 1860
1.
compagni d’arme n.° 48 40 militi a cavallo
2.
guardie di
polizia “ 22 5 guardie di
sicurezza
3.
Rondieri “ 4
4.
sopranumeri “ 38
A Racalmuto ufficialmente non v’è
dunque opposizione ai Savoia, come se li avessero voluti sin da quando se ne
erano andati senza rimpianti nel lontano 2 agosto 1718. Il Consiglio civico si
spreme le meningi per formulare un solenne indirizzo al nuovo re sabaudo.
Crediamo che si siano avvalsi della penna del mazziniano Calogero Savatteri,
figlio del presidente Gaetano. Lo stile è quello, del tutto analogo alle
lacrimevoli accenti delle lapidi funeree della madre «Donna Maria Grillo in
Savatteri fù Francesco Paolo nata a Racalmuto e quivi [morta] di anni 52 l’alba
del 20 Marzo 1862, col maledetto aneurisma», nonché del notar Pietro Cavallaro,
morto il 20 giugno 1860, lapide che ancor oggi si legge nella cappella della
navata sinistra della Matrice.
Il reboante messaggio recitava:
«Consiglio
Civico di Racalmuto.
Sire,
La
libertà da tanti suoli bandita dall’invidiato suol d’Italia, è nostra
finalmente, e nell’unità Italiana, e sotto l’egida del Vostro glorioso scettro,
consolida il suo più splendido trionfo, e segna il rovescio del nemico
austriaco.
I
gemiti degli oppressi Italiani Voi li sentiste, un’eco dolorosa trovarono nel
Vostro cuore, vi commoveste, e gettando il Vostro scettro nella bilancia della
politica, e quasi immolandolo sull’altare della Patria sposando la giusta causa
del popolo, foste celere a redimerlo, ed a porlo nell’esercizio dei suoi più
sacri diritti.
Il
molto sangue di cui fu prodiga la nostra Sicilia, ed i suoi ultimi, ed infiniti
patimenti, valsero molto per essa quando avventurosamente faceva acquisto del
Vostro amorevole paterno regime.
Undici
anni di efferata tirannide, e di crudele reazione non valsero ad intiepidirla
di affetto per la gloriosa dinastia di Carlo Alberto. Scosso nel 1848 il giogo
borbonico, chiamava alla reggenza dei suoi destini il Vostro rimpianto
fratello, liberatasi un’altra volta Vi proclama Suo Re, ed avventurosa per aver
tanto compiuto; oggi festeggia il Vostro arrivo, e corre esultante a
presentarVi le più calde ovazioni, e i più veraci sensi di obbedienza, e di
amore.
Sire,
fra gli omaggi che Vi giungono da ogni angolo della sicula terra, accogliete
pure benignamente gli affettuosi voti di sudditanza dei sottoscritti consulenti
civici di Racalmuto.»
Indirizzi
rassegnati a S.M. Vittorio Emanuele - Municipio di Racalmuto.
«Sire,
Il voto della nazionalità italiana, questo fervido desiderio
nutrito da ogni italico cuore, cresciuto tra i patiboli e le carcerazioni, tra
l’ostracismo e i martir, si è compiuto.- L’Italia è una: e nella storia di sì
lieti e grandi avvenimenti son Vostri gli allori, com’è Vostro il compimento.-
L’Italia è una; e sotto l’egida del vostro scettro che si fregia di ogni civile
e religiosa virtù, che si sorregge dall’amore dei popoli sarà felice; e sotto
la nobile insegna della Sabauda Croce acquisterà gloria e fortezza.
DescriverVi lo eccesso del contento, i sensi di suttitanza e
riconoscenza è superfluo. Sicilia tutta, avventurosa pel vostro arrivo esulta e
festeggia e da ogni parte si vola per offrire al rigenitore della Patria
comune, all’apostolo dell’indipendenza italiana, le più calde manifestazioni di
sincero ossequio e di verace amore.
Racalmuto che non fu l’ultimo alla riscossa, che fu solerte
a secondare, non è l’ultimo a presentare, per organo del Magistrato Municipale,
gli omaggi di sua obbedienza ed amore alla Maestà Vostra e a manifestarVi ad un
tempo, che se tutti i popoli dell’Isola idolatrano il Re Galantuomo,
l’entusiasmo di alcuno non sorpasserà mai quello del Popolo Racalmutese.
Gaetano
Savatteri, Presidente.»
Il Re
Galantuomo: ai civili, ai galantuomini di Racalmuto quell’attributo doveva
tornare gradito, familiare. Complimenti! Bravo davvero! E forse stavolta al
circolo i complimenti erano sinceri.
Il 20
gennaio 1861 si ebbero le elezioni: Emerico Amari entra “in ballottazione”. A
Girgenti: esito di ballottaggio. Eletto Specchi.
Il 12
febbraio 1861 a Canicattì viene eletto il barone D. Salvatore D’Ondes Reggio.
Il 5 aprile 1861 a Girgenti il ballottaggio ha il seguente esito: Dottor G.B.
Picone (di origini racalmutesi) n.° 372 voti; Marchese D. Ignazio Specchi n.°
367 voti: per 5 voti la vittoria va al Picone. Ma questi rinunzia. Si riaprono
i ludi elettorali. Garibaldi vuole Luigi La Porta da Sambuca. “Nel corso del
mese - scrive il Picone nelle sue Memorie,
pag. 656 - si anima intemperante lotta elettorale. I candidati sono Laporta e
il sindaco dottor Drago. Tutti i garibaldini o veri o finti propendono pel
primo, e vogliono imporsi agli altri cogli insulti, colle minacce. La società
operaia pubblica un proclama incendiario. Si viene quasi alle mani nel Casino
Empedocleo. Si procede alla votazione, e Drago riporta tre voti meno di
Laporta.»
Gli echi
al casino di conversazione racalmutese inevitabili, altrettanto irascibili,
infiammati. Le mandorle toccano quota ducati 22,20 per quintale. Finalmente una
buona notizia. Il 2 maggio sono da eleggere i consiglieri provinciali di
Girgenti. Racalmuto riesce a piazzare il barone d. Giuseppe Tulumello Grillo.
Rientra
così in scena l’antica famiglia nobiliare. Sciascia è insolente contro di essa.
Fuori tempo massimo, ancora fanatico della famiglia Matrona, antagonista, ha
parole di elogio per quest’ultima nella introduzione (mirabile) al testo del
Tinebra sulla storia di Racalmuto ed a pag. 11 chiosa: «Non nobile [la famiglia
Matrona] - e del resto nel pasese una sola famiglia aveva titolo nobiliare,
quella dei baroni Tulumello che fu rivale ai Matrona: incerta però resta la
legittimità del titolo - ma di grande e vera nobiltà nel comportamento, negli
intendimenti, nelle opere.» Ci consta invece che i Matrona erano per parte di
madre dei Moncada . Più nobili di
così! I Tulumello - discutiamoli quanto vogliamo - ma nobili lo furono sul
serio (per quello che significa nobili.
Abbiamo poi visto don Illuminato Grillo fregiarsi del titolo di barone.
Pensiamo a ragione.
Un
precesso d’investitura è lì in Palermo a testimoniare sulla indubitabilità del
loro blasone baronale su Gibillini (alias il Castelluccio). Quanto alla nobiltà del comportamento e degli
intendimenti dei Matrona, absit iniuria
verbis. Una pur vaga sbirciata ai vari incartamenti degli archivi
agrigentini (ed ora anche racalmutesi), svela ben altro.
Il giorno
7 giugno 1809 si ebbe l’investitura
unciarum 157.14.2.3 census super feudo gibillinorum, in personam D: Joseph
Tulumello. Fu l’eccellentissimo dominus
marchio D: Franciscus Migliorni Regius Consiliarius, et Secretarius Status Suae
Regiae Majestatis, ad accordare l’invetitura a D:
Franciscus Gaipa Procurator vigore procurationis in actis notarij D: Gabrielis
Cavallaro Terrae Recalmuti, in nome e per conto di Dn Aloysius Tulumello veluti tutoris, et pro tempore curatoris D:
Joseph Xaverij Tulumello minoris, del feudo di Gibillini nella rendita
prima segnata. E viene narrata la provenienza del titolo: l’aveva ottenuto dal
saserdote D. Nicolò Tulumello che gliene aveva fatto dono. Quel prete
Tulumello, operante a fine Settecento ed osannato per la pretesa fondazione del
Collegio di Maria, aveva acquistato il feudo dall’ Ill.re D: Julio Antonio Giardina et Grimaldi Principe Firacaridiorum
con atto del notaio Salvatore Scibona di Palermo in data 22 luglio 1796. Aveva
preteso che il suo nome non apparisse e che l’atto si stipulasse a pro di
persona da nominare. Trattandosi di feudo vi fu controversia anche giudiziaria
ma alla fine l’alienazione fu approvata dal re (“venditio et dismembratio fuit a Sua Regia Maestate approbata, et
confirmata vigore realis diplomatis de die vigesima nona aprilis anni currentis
- 1809 - executoriati sub die quinta proximi preteriti mensis maij”).
L’investitura fu formalmente ineccepibile:
il mandatario “fecit, flexis genibus juramentum, et
homagium debitae fidelitatis, et vassallagij manibus, et ore commendatam in
forma debita, et consueta juxta , sacrarum huius Regni constitutionum
imperialium, continentiam, et tenorem in manibus, et posse eiusdem
Excellentissimi domini de Migliorini illud recipientis nomine et pro parte Suae
Regiae maestatis Ferdinandi (D.G.) regis utriusque Siciliae, Hierusalem,
Hispaniarum, Hinfantis Ducis Parmae, Placentiae, Castri mani haereditarii
Etruriae Principis, eiusque heredum et successorum in perpetuum ...” Il
titolo baronale era dunque inattaccabilmente legittimo, la vetustà, magari ..
Ma Sciascia non sottilizza, stronca e passa oltre. Del resto come storico
locale, poco gli importa dell’esatteza di ciò che afferma se ciò gli offre il
destro di un aforisma, di un’acidula insinuazione, di un’atavica vendetta, di
una fantasmagoria, di un apologo. Sono pronto a sostenere il linciaggio, anche
nel nostro circolo Unione, se queste mie note verranno mai alla luce.
Il neo
eletto consigliere provinciale non era come compravano questi dati anagrafici
del matrimonio del Tulumello con donna Maria Angelica Messana:
1842
|
23/11/1842
|
TULUMELLO Dr. D. GIUSEPPE DELLI FURONO BARONE D. LUIGI
|
GRILLO D. MARIA
|
MESSANA D. MARIA ANGELA DEL FU CALOGERO E
|
NALBONE D. LUCIA
|
Atto Matrice N.° 86
|
Ecco cosa
scrive E.N. Messana sulla nobile consorte: «Luigi [Messana era un] borghese
arricchito dell’ultimo ‘700 attraverso il commercio degli zolfi, la
somministrazione del conte, che tenne per molti anni, e l’esazione, più tardi
della tassa del macino. Don Calogero Messana era stato fatto speziale dal padre
Luigi. La ricchezza ereditata dal padre gli consentì di sposare, con lauta
dote, l’unica figlia Maria Angela al barone Giuseppe Tulumello, divenuta poi
madre di Luigi ed Arcangelo che incontreremo nel corso di questo scritto.»
Giuseppe
Tulumello non era dunque figlio di Giuseppe Saverio Tulumello, l’unico ad avere davvero diritto al titolo di
barone. Ma pare che questi morì (l’11/1/1858) senza eredi ed il titolo passò a
Luigi Tulumello, il nipote del fratello Luigi.
Alla fine
del secolo XIX, proprio sul punto del declino definitivo della potente
famiglia, i tanti Tulumello ancora sulla breccia erano i seguenti:
n. ° lista commerciale
|
n.° lista politica
|
Cognome
|
Nome
|
paternità
|
data di nascita
|
Attività comm.
|
|||
285
|
493
|
TULUMELLO
|
LUIGI
|
fu Giuseppe
|
25 luglio 1850
|
Negoziante di zolfi
|
|||
286
|
494
|
TULUMELLO
|
NICOLO'
|
fu Giuseppe
|
10 febbr. 1853
|
Idem
|
|||
287
|
495
|
TULUMELLO
|
SALVATORE
|
fu Giuseppe
|
31 dic. 1860
|
Idem
|
|||
288
|
496
|
TULUMELLO
|
ARCANGELO
|
fu Giuseppe
|
13 sett. 1865
|
Idem
|
|||
289
|
497
|
TULUMELLO
|
NICOLO'
|
fu Luigi
|
14 ott. 1844
|
Idem
|
|||
290
|
498
|
TULUMELLO
|
SALVATORE
|
fu Luigi
|
18 aprile 1847
|
Farmacista
|
|||
291
|
499
|
TULUMELLO
|
VINCENZO
|
fu Luigi
|
16 giugno 1839
|
Neoziante di Cereali.
|
|||
292
|
500
|
TULUMELLO
|
GIUSEPPE
|
fu Vincenzo
|
4 ott. 1851
|
Negoziante di zolfi.
|
|||
293
|
501
|
TULUMELLO
|
GIOVANNI
|
fu Vincenzo
|
18 dic. 1853
|
Idem.
|
|||
294
|
502
|
TULUMELLO
|
BIAGIO
|
di Giuseppe
|
27 aprile 1865
|
Idem.
|
|||
Si può
star certi che tutti i dieci magnifici Tulumello fossero soci del Circolo
Unione; ne dominassero le assemblee, impallinassero gli sgraditi, ricoprissero
le cariche di prestigio. Ancora negli anni ’50, in piena decadenza nobiliare,
erano il sale del circolo. S’ispira a qualche membro della famiglia Sciascia
quando tratteggia nelle Parrocchie di
Regalpetra la satiriasi senile del barone Lascuda. I più anziani del
sodalizio sono ancor oggi in grado di farvi nome e cognome - quelli veri - di
ognuno dei coloriti personaggi sciasciani del Circolo della Concordia. A
Sciascia è stato perdonato il dileggio del circolo: una simile infamia a
nessuno mai è stata consentita; a nessuno
si consentirà mai.
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