Riportiamo una relazione della Prefettura di Agrigento,
datata 16 dicembre 1919, sulle
condizioni dell'ordine pubblico e
della sicurezza nella Provincia (cfr.
Archivio Centrale dello Stato -
Ministero Interno - Ps - 1919, b. 121).
«Da qualche tempo ad opera di
aderenti al partito socialista ufficiale, per sfruttare l'attuale momento
critico di disagio generale, viene preso pretesto da qualsiasi argomento per
creare agitazioni più o meno "ingiustificate".
Si cerca così di tener compatte le masse per le prossime lotte elettorali
amministrative e di fare opera proficua
di propaganda per rafforzare il partito stesso in provincia, che finora ha
potuto fare solamente assegnamento su nuclei di scarsa importanza.
«Primo pretesto per il R.
Decreto 2 settembre scorso, recante provvedimenti per l'occupazione delle terre
incolte. Le associazioni agricole della Provincia, istigati da agitatori messi in giro dalla locale Camera del Lavoro,
iniziarono subito una campagna per ottenere dalla Prefettura l'applicazione del
decreto suddetto; e tale movimento, iniziato apparentemente con carattere di
legalità, degenerò subito in vera e
propria agitazione, tendente ad impedire ai
proprietari di terre l'aumento dei canoni annui di fitto e la modifica
dei patti di mezzadria e si ricorse persino ad intimidazioni su fittavoli e
mezzadri per indurli ad abbandonare le terre e renderle incolte, onde
facilitare l'occupazione.
«Quest'Ufficio contrappose subito l'opera propria e dei dipendenti
funzionari perché‚ l'agitazione non sortisse pratici risultati ed ottenere che
i minacciati disordini abortissero ovunque, sia assecondando le trattative di
componimenti colà dove i proprietari di terre si erano dimostrati proclivi ad
intavolarle, sia provvedendo con i mezzi a disposizione, a tutelare l’ordine
pubblico e a fare opera di propaganda per impedire l'abbandono delle terre e la
sospensione delle culture intraprese.
«Finita tale agitazione, i
socialisti ne inscenarono un’altra
ancora. Forti del lodo arbitrale del collegio dei probiviri di
Caltanissetta sulle pretese di aumento dei salari avanzate dagli operai di quel
bacino minerario, inducono la numerosa classe zolfifera della Provincia ad
invocare l'applicazione anche in questa
giurisdizione: Aragana, Favara, Cianciana, Racalmuto, Grotte, Comitini
abboccano all'amo.
«I proprietari delle miniere però resistono: gli operai di rimando proclamano lo sciopero.
«Quest'Ufficio, nell’interesse dell’ordine pubblico, interviene nella
vertenza e dopo pratiche loboriosissime ottenne ovunque la ripresa del lavoro,
riuscendo a persuadere le organizzazioni zolfifere che non poteva il lodo
accennato applicarsi alle industrie del genere di questa provincia, nella quale
la vertenza sorgeva ex novo e che, in ogni caso, dovevansi attendere le deliberazioni della
commissione di appello in Roma, cui era
stata deferito su ricorso degli industriali la soluzione della controversia.
Ottennero però nell’occasione gli zolfatari quasi ovunque aumenti di salario,
con pagamento di arretrati da parte degli esercenti, che accogliendo in parte le pretese dei propri
lavotarori, volontariamente vi si sobbarcarono.
«Visto abortire anche tale pretesto, i mestatori, che erano ricorsi per
mantenere desta l’agitazione anche coll’ausilio di compagni, all’uopo qui
venuti da fuori provincia, prova cotesta
che le fila del movimento vengono mosse dall’alto, si danno ad aizzare ancora
le masse per pretese irregolarità nella distribuzione degli sfarinati nei vari
comuni, per la cattiva qualità della
farina fornita e per invocare la distribuzione del grano in sostituzione della
farina stessa, alla popolazione che ne avesse diritto.
«E così, a Favara si cerca di scimmiottare i Soviet pretendendo che una
commissione di operai regoli la distribuzione degli sfarinati; a S. Giovanni,
S. Biagio Platani, Cammarata ed altrove si minacciano torbidi e si pretende l'aumento del contingentamento; a S.
Stefano Quisquina, rocca del socialismo in Provincia, si crea una vivissima
agitazione per ottenere grano invece di farina, pur non disponendosi di mezzi idonei alla
macinazione, prendendo a pretesto la cattiva qualità della farina, che, al
contrario, è ottima perché‚ fornita da stabilimenti che approvvigionano altri
Comuni, nei quali mai sono stati lamentati inconvenienti del genere. In
quest'ultimo Comune, ove sorge a tale scopo
un comitato permanente di agitazione, si pretende persino impedire alla
Commissione Militare di Requisizione il trasporto del frumento requisito e
depositato in quei magazzini
statali.
«A questo movimento, per ovvie ragioni di tornaconto e di speculazione, è stata trascinata tutta la
cittadinanza, e ciò ha costretto quest’Ufficio a dislocare colà un forte nucleo di truppa allo scopo di
assicurare il regolare funzionamento delle operazioni di requisizione e il
conseguente regolare approvvigionamento della Provincia; d'altra parte si è
interessato il Consorzio per addivenire a qualche aumento nell'assegnazione
degli sfarinati effettivamente non
corrispondenti al bisogno e tali provvedimenti sono valsi ad infrenare i più violenti e a tranquillizzare
i più timidi, esasperati al punto da
indurre il Sindaco a telegrafare a diversi deputati della Provincia, sia pure
di tendenze opposte, perché‚ patrocinassero presso il competente Ministero
l'accoglimento dei desiderata della popolazione, anche a costo di dare
soddisfazione ai socialisti, avversari irriducibili con l'amministrazione al potere.
«Anche tale agitazione è stata così ridotta in modesti confini.
L’ordine pubblico anche in S. Stefano Quisquina tende a ritornare normale.
«E' naturale e logico che il succedersi ininterrotto di tutte queste
agitazioni che io riferisco a codesto Ministero perché‚ si renda conto della
difficoltà che quest’Ufficio attraversa quotidianamente per far fronte alle
esigenze dell’ordine pubblico e per
evitare fatti che potrebbero avere su di esso grave ripercussione, ciò implichi
lo spostamento continuo dei mezzi
limitati di cui dispone, e la peregrinazione continua dall’uno all’altro Comune
della Provincia dei nuclei di agenti della Forza Pubblica che sono quindi
distratti dai servizi di Istituto e di quelli di Polizia Giudiziaria, nelle
campagne in ispecie.
«Tali fatti influiscono evidentemente sulla recrudescenza dei reati e conseguente allarme nella popolazione
rurale che non può accudire, con
tranquillità, al lavoro dei campi.
«Si aggiunga a tali circostanze la soppressione della locale Tenenza
Guardie Città, che contribuisce ad assottigliare il numero degli Agenti disponibili, per quanto
sostituiti dai soldati sui quali pochissimo assegnamento può farsi per i
servizi di prevenzione e anche di repressione dei reati.
«Anche ciò credo di portare a conoscenza di codesto On.le Ministero
perché‚ si compiaccia esaminare benevolmente la possibilità di mettere
quest’Ufficio in grado di ovviare agli
inconvenienti prospettati, aumentando convenientemente il numero dei
carabinieri in Provincia, per potere, sia rafforzando le stazioni, sia
costituendo nuclei speciali, porre almeno un argine al dilagare della
delinquenza e della propaganda sovversiva che intenderebbe farsi a base di intimidazioni, di sopraffazioni e di
violenze.
«IL PREFETTO: Nannetti».
Un quadro di grave turbolenza sociale nella Racalmuto
dell’agosto del 1920 emerge dai rapporti di polizia e dai ragguagli della
prefettura al Ministero degli Interni ( [1]) Le avvisaglie della rivolta d'estate
della popolazione racalmutese si erano avuti l’anno prima per il diffuso
malcontento in seno agli zolfatai.
Un telegramma prefettizio (n. 4113 dell'8 luglio 1919) aveva
informato il Ministero dell'Interno che «in Racalmuto centro minerario tutti
zolfatai scioperarono scopo protesta contro caro-viveri ed iniziarono
dimostrazione tosto sedata pronto intervento quel funzionario. Seguito promessa
attuazione nuovo calmiere scioperanti si sciolsero.»
Nella successiva estate la faccenda si complica. Per tre giorni (dal 14 al 17 luglio
1920) si hanno - precisa un telegramma
della solita prefettura agrigentina:
«dimostrazioni ostili
amministrazione comunale Racalmuto, togliendosi a pretesto insufficienza e
cattiva distribuzione sfarinati. Pro sindaco e giunta comunale cedendo
intimazione folla tumultuante ha rassegnato dimissioni. Nomina R. Commissario
imponesi perciò anche come mezzo calmare gli animi. Non avendo assolutamente
come provvedere ho delegato funzioni
commissario prefettizio al V. Commissario di P.S. Allisio Carlo già mandato in luogo finché‚
non sia possibile sostituirlo. Pregasi ratificare. Prefetto Nannetti.»
Segue un altro dispaccio al Ministero per segnalare
che proprio quel diciassette luglio del 1920 una «colonna di circa tremila
dimostranti tentò di saccheggiare e incendiare magazzino fave comm. Narbone
(sic) un maggiorente dell'amministrazione comunale.» Il prefetto Nannetti soggiunge di avere chiesto al «Comm. Mori [che]
sia colà [cioè a Racalmuto] inviato oggi
stesso parte nucleo carabinieri servizio rinforzo». La faccenda ha un corso che
indispettisce l'on. Abisso[che] sia
colà [cioè a Racalmuto] inviato oggi stesso parte nucleo carabinieri servizio rinforzo». La faccenda ha un corso
che indispettisce l’on. Abisso. Il Ministero chiede una prima delucidazione al prefetto di Girgenti che tra l'amaro ed il
velenoso così replica il 19 luglio:
«on. Abisso che prima era un mio non desiderato laudatore sotto tutti i
rapporti, oggi, per suo tornaconto politico, pare abbia cambiato giudizio [..] [E tanto perché a Racalmuto] procedono accertamenti con arresto responsabili, ciò che non si
vorrebbe dai partigiani on. Abisso, militanti partito avverso amministrazione
comunale, contro cui disordini furono promossi sotto pretesto deficienza
servizi approvvigionamento per i quali purtroppo si attraversa un periodo di difficoltà non avendosi
rifornimento stabile e non riuscendo
che, a stento, con grano requisito di produzione locale, soddisfare
giornalmente bisogni popolazione.»
I partigiani dell’on. Abisso, avversari del Nalbone ed altri
componenti dell'amministrazione comunale, erano personaggi eccellenti della
scena politica e sociale di Racalmuto. L'on. Abisso, per difenderli, lancia
un'interrogazione parlamentare, a risposta scritta, il 7 agosto del 1920. Il
prefetto è costretto a difendersi.
L'iniziale sicumera scema ed ora
chiarisce che
«V. Commissario Micucci fu da me fatto
sostituire con Allisio e Mazzora perché‚ Pro-Sindaco Racalmuto era fisso
nell'idea che funzionario fosse stato influenzato dai suoi avversari,
circostanza questa che dimostra infondatezza accusa on. Abisso. Quanto al
tenente presidente gruppo requisizione, egli ha affermato non aver mai detto
le parole attribuitegli da commissione zolfatai
presentatasi 15 dic. mese a quell'ufficio p.s.- Ha pure affermato non avere mai
ricevuto denunzie per vendite clandestine di grano a prezzi superiori ai prescritti.»
Certo, l'on. Abisso era stato perentorio e sferzante nella
sua interrogazione parlamentare. L'onorevole voleva sapere, senza mezzi
termini, quali provvedimenti intendeva
prendere il Ministero «contro quei funzionari che nel loro impudente partigiano
contegno [avevano] provocato gravi
tumulti nel comune di Racalmuto». La cronistoria di quei gravi tumulti la
troviamo negli stessi documenti ministeriali.
«Telegramma 10417 da Girgenti 5.8.920:
partenza ore 21.45 arrivo 6 1,30 - Min.
Interni:
«Dal
prefetto di Catania è stato trasmesso telegramma ieri di codesto Ministero
17583 relativo interrogazione On. Abisso contro contegno funzionari ai quali imputa tumulti
verificatisi Racalmuto dal 14 al 16 decorso luglio. - Premesso che disordini
Racalmuto ebbero inizio improvvisamente e che
malcontento per deficienza approvvigionamento servì per pretesto
avversari amministrazione comunale per abbatterla costringendo pro-sindaco
dott. ALAIMO a dimettersi, escludo che
unico funzionario in luogo Domenico Micucci all'inizio dei disordini e gli
altri V. Commissario Allisio Carlo e dott. Marzani Francesco, colà andati giorno
15 per sostituirlo perché‚
pro-sindaco ne dimostrò convenienza, abbiano provocato essi i tumulti. Devesianzi ai funzionari P.S.
se i disordini furono arginati e vinti senza conseguenze per le persone.»
Segue 'dettagliata' del 23.
«Aggiungo per quel conto che
dovesse farsene e allo scopo di essere il più possibilmente preciso su ogni
circostanza che il 15 luglio Commissione zolfatari, contadini ed operai
presentossi ufficio P.S. Racalmuto reclamando sostituzione tenente quel gruppo
requisizione cereali che dicevano non aver dato corso denuncia avuta vendita
grano prezzo lire 170 al quintale e che alle rimostranze popolazione avrebbe
risposto "mangiate patate". In
proposito riferii subito presidente Commissione Provinciale requisizione per
provvedimenti caso.
«Presidente dispose inchiesta ma ancora non conoscesi risultato che
perciò riservomi comunicare avendo fatto speciale sollecitazione. - Prefetto Nannetti -.»
In contemporanea, la
Prefettura di Girgenti ragguagliava il
Ministero su quelli che definiva ‘i disordini di Racalmuto' nei seguenti
termini:
«Trascrivo - esordisce il
prefetto Nannetti - il rapporto
presentatomi da quel V. Commissario di P.S. - "Con riferimento a precedente corrispondenza telegrafica,
pregiomi riferire alla S.V. Ill.ma che in questo Comune serpeggiava un
forte malcontento per la deficienza
degli sfarinati.
«"La mattina del 14 corrente un gruppo di circa 300 persone,
all'arrivo di due autocarri carichi di pasta, li circondavano per impedire che
la pasta venisse depositata nel magazzino
consorziale per tema di possibili sottrazioni. Intervenuto il V.
Commissario sig. Domenico Micucci, detta pasta venne depositata in questo
ufficio di P.S.
«"Nel frattempo si raccolsero circa 200 persone, che, precedute
dalla bandiera nazionale, si avviarono presso l'abitazione del pro-sindaco con
grida di abbasso, reclamando le di lui dimissioni.
«"Contro l'abitazione del pro-sindaco vennero lanciati sassi che
frantumarono i vetri di tutte le invetriate.
«"Però, per l'intervento del V. Commissario Sig. Micucci, la folla desistette da altre violenze e si
diresse verso la casa comunale con
minaccia di saccheggiarla se il pro-sindaco non si fosse dimesso.
«"Poco dopo il dott. Alaimo fece sapere che egli aveva già
presentate le proprie dimissioni e la folla ritornò in piazza continuando a
protestare per la scarsa distribuzione degli sfarinati. Indi, mercé‚
l'esortazione del predetto funzionario, i dimostranti si sciolsero. Il quindici
successivo, si ebbe altro tentativo di
dimostrazione, che, senza incidenti, venne sciolta.
«"La sera del 16, alle ore
20 e 15, essendosi ad arte propalata la notizia che l'ill.mo signor Prefetto
non aveva accettate le dimissioni del pro-sindaco e trattenuto a Girgenti, in
segno di punizione, il V. Commissario sig. Micucci, in Piazza Umberto 1ø
s’improvvisò una dimostrazione con grida 'Abbasso l'amministrazione comunale',
e per l'abolizione del tesseramento al mulino per la macinazione del grano. I dimostranti percorsero la Via Garibaldi,
frantumando molti vetri delle abitazioni private, non esclusi quelli di
quell'Ufficio di P.S.; e mentre lo scrivente parlamentava con il Presidente del
gruppo della requisizione grano, sig. Tenente Veniero Giuseppe, per un
componimento conforme ai desiderata della popolazione, parte dei dimostranti si
avviò alla casa del comm. sig. Angelo NALBONE e, quivi, dopo avergli frantumato
tutti i vetri, scassinarono la porta di un magazzino sottostante all'abitazione
dello stesso e vi appiccarono incendio, per cui, il comm. Nalbone, per
richiamare l'attenzione della forza, cominciò a sparare colpi d'arma da fuoco.
«"Recatomi sul posto con i pochi militari dell'arma presenti, dopo
aver subito fugati i dimostranti, mi diedi con l'ausilio anche dei vicini di
casa Nalbone, a fare opera di spegnimento. Durante le quali operazioni i
dimostranti si riversarono verso l'abitazione del pro-sindaco, ove, oltre di
avergli frantumato altri pochi vetri rimasti intatti il giorno avanti, gli
devastarono la villetta prospiciente all'abitazione, gli abbatterono parte
della ringhiera di ferro che cingeva la villetta dalla parte della strada e
tutta quella laterale che divide la villetta dal cortile d'ingresso. Tentarono
pure di forzare il portone di entrata, di scassinare la porta del magazzino con
cereali e quella della cantina, che resistettero, rubandogli due paia di
colombi, cagionandogli un danno complessivo di L. 2.000.-
«"Durante tale vandalismo il Prosindaco cominciò a sparare colpi
d'arma da fuoco per fare ivi accorrere la forza in di lui soccorso, ed in seguito ai quali colpi mi
recai subito in luogo con i militari dell'arma, ma il furore popolare aveva già
compiuto la sua opera, e, dopo non pochi superati stenti si riuscì a fare gradatamente
allontanare la folla.
«"Dalle indagini successivamente svolte si è potuto stabilire che
la causale dei disordini non è stato solamente il malcontento per la deficienza degli sfarinati
ma l'influenza politico-amministrativa locale dei maggiorenti del partito
contrario, per rovesciare l'amministrazione comunale.
«"Accertata la responsabilità degli esecutori dei lamentati
danneggiamenti, si è proceduto all'arresto di Macaluso Leonardo di Calogero, di
Rizzo Eduardo fu Vincenzo, di Rizzo
Francesca di Pietro, di Ippolito Stefana di Gaetano, di Scibetta Luigia
fu Luigi e Ansaldo Giovanna fu Mariano. E denunciati, per la loro
irreperibilità, i nominati Grego Giuseppe di Vincenzo, Cacciato Pietro
d'Ignoti, Chiodo Giuseppe fu Calogero, Campanella Salvatore fu Antonio, Cino
Francesco fu Calogero, fratelli Giuseppe e Luigi Lo Bue e Giuseppe Castelli
d'Ignoti, siccome tutti esecutori materiali;
e denunciati inoltre per istigazione il comm. Giuseppe Bartolotta fu
Luigi, l'avv. Emanuele Cavallaro fu Felice, Luigi Messana di Emilio, Alfonso
Vinci di Giuseppe, Nicolò Sferrazza di
Carmelo, Nestore Falletto fu Luigi, Francesco Caratozzolo fu Felice e l'avv.
Calogero Picone Chiodo fu Giuseppe”. Il Prefetto Nannetti.»
Quelle
suffragette in formato paesano e racalmutese trascondono la nota di colore.
Alla testa di quel codazzo manzoniano, tutto preso dal pane e dalla farina in termini di un più
o meno convinto populismo, erano donne fiere, irrituali, imperiose, ardenti e
passionarie. Ombre fluttuanti nelle memorie dei racalmutesi. Annidda la
Pisciara o Carmela l'Acqualora erano come loro se non loro. In una Racalmuto
maschilista, prevenuta contro le donne, un po’
codina, quegli esempi di
ribellismo femminile sono eccezioni, ma pur sempre casi di rimarchevole ribellismo.
Nessun commento:
Posta un commento