Prodromi,
avvento ed affermazione del fascismo a Racalmuto.
Risulta
alquanto singolare che il primo momento d’interesse per il fascismo si consumi,
a Racalmuto, nell’esclusivo e nobiliare circolo Unione. Era il sedici gennaio
1921. Nel sodalizio reso celebre da Sciascia nelle sue Parrocchie di Regalpetra
si volle l’abbonamento al giornale di Mussolini “Popolo d’Italia”. Quali movivi
vi sottendessero non è dato di sapere. Il verbale n. 4 recita testulamente:
«Abbonamento al giornale Popolo d’Italia:
Indi [il 16.1.1921] postoa in discussione l’abbonamento al giornale “Popolo
d’Italia”, esperitasi la votazione, riesce approvato a maggioranza di voti.
Previa lettura e conferma il verbale si sottoscrive. Il presidente: Bartolotta;
I soci: G. Grillo e S.Messana - Il Segretario: Sciascia.»
Non si
raggiunge l’unanimità, come di solito. Si fa firmare il verbale,
inconsuetamente a due soci. Il presidente è Bartolotta, all’epoca potente
vicesindaco e notabile del luogo che l’opinione pubblica accreditava come
referente della mafia del territorio.
La
verbalizzazione del Circolo Unione - diversamente, ad esempio, da quella del
Muotuo Soccorso - è estrememante succinta ed è del tutto rituale: ciò
conferisce maggior risalto a questa nota sull’abbonamento al giornale di
Mussolini agli albori del fascismo. Pensiamo che quell’atto da parte dei
‘galantuomini’ racalmutesi si debba alla svolta, notatasi anche in paese,
dell’opinione pubblica, in accentuata fase di disaffezione verso il movimento
socialista, in auge nel biennio precedente. Un riscontro lo troviamo nella
verbalizzazione del cennato Mutuo Soccorso di Racalmuto. Citiamo da un lavoro
dattiloscritto disponibile presso quel circolo (17 :
« Il 18 aprile 1920, il Mutuo Soccorso aveva
avuto anche un momento di simpatie
socialiste. Ciò, per merito del Vice Presidente Giuseppe SCIASCIA. In una
seduta consiliare, sovraccarica di
lavoro ed alquanto disordinata, inopinatamente il sig. Sciascia Giuseppe di
Giuseppe propone di abbonare il circolo
all'«AVANTI!». Il Presidente (ricopriva allora quella carica il sig. Restivo Pantalone
Salvatore, un benpensante con nessuna simpatia socialista) «propone di
respingere la proposta avendo scopo di
sovvertimento della Società». Le
votazioni dànno, però, torto al Restivo Pantalone: «su nove aventi
diritto al voto, viene approvato l'abbonamento con voti sei contro tre». Non è comunque nelle
intenzioni dello Sciascia stravincere o dare troppo peso politico all'episodio.
Questi fa verbalizzare che «tiene a dichiarare che, contrariamente all'allusione fatta dal
Presidente nel ritenere che
l'abbonamento al giornale Avanti sia fatto nell'esclusivo interesse di
sovvertimento della nostra società, ha creduto <invece> sottoporre
all'approvazione del Consiglio l'abbonamento in parola per scopo soltanto istruttivo e per allargare le cognizioni culturali
della società.» Ancor più contrario a quel vezzo socialista il controllo Vincenzo Tinebra. Ma questi non
può votare. Si attacca allora all'espediente di rimettere la decisione
all'assemblea «trattandosi di un giornale con scopi rivoluzionari e
sovversivi». Ma il V. Presidente si oppone perché «ciò non è competenza dell'assemblea». Il consiglio è
d'accordo col V. Presidente. La faccenda ha un seguito: il Presidente Restivo
Pantalone è uomo d'onore e, quindi, si dimette dalla carica. Porta a scusa di essere stato trattato «con poca
cordialità dall'amministrazione».
Tante insistenze e la smentita per il tramite di una commissione non valsero a
farlo desistere da quelle dimissioni. Ciò agevola il Vice Giuseppe SCIASCIA,
che finisce col diventare il numero uno
del circolo. Segue il Restivo Pantalone nelle dimissioni anche il controllo
Vincenzo Tinebra, che peraltro gli era
'congiunto'. La vicepresidenza SCIASCIA dura, ad ogni buon conto, lo spazio di
un mattino. Non ci vien detto neppure perché: le sue dimissioni vengono
approvate all'unanimità il giorno 27 maggio 1920. In seconda convocazione,
annota il segretario Giuseppe Collura. Subentra nella presidenza Giovanni
FANTAUZZO. [...]
« L'anno 1921 si apre con una nuova amministrazione,
stavolta tutta conservatrice ed antisocialista. Vi sono tagli persino
dittatoriali. Ne è alfiere un personaggio insospettabile sotto tale veste:
IGNAZIO INFANTINO. Viene strappata mezza
pagina del libro dei verbali. La calligrafia si fa rototondeggiante, linda,
precisa. Lo stile è curato. Col 31
gennaio 1921, inizia una nuova epoca al
circolo. Contrassegna la restaurazione il nuovo presidente Ignazio
Infantino. La sua amministrazione era stata eletta sulla base di una lista che, per la prima
volta, viene propagandata su fogli
dattiloscritti. Il Vice Presidente è la
notoria figura di Baldassare Tinebra. Il vecchio e antisocialista presidente dimissionario
Salvatore Restivo Pantalone accetta, ora, di retrocedere al grado di cassiere, pur di essere presente nell'opera di recupero
conservatore del Mutuo Soccorso. Tra i consiglieri notiamo personalità come
Casuccio Salvatore di Calogero o Rosina Salvatore. Calogero Volpe e Vincenzo
Tinebra gradiscono la carica di 'controlli'. A portabandiera vengono chiamati
Giuseppe Fantauzzo ed Angelo Collura.
La verbalizzazione della prima
seduta del nuovo corso val la pena di
riportarla pressoché integralmente. «Il presidente, visto il numero legale
degli intervenuti, dichiara aperta la seduta e delibera quanto appresso: «1° La Presidenza con l'accordo unanime
degli intervenuti, ritenuto che il voto a Vice Segretario era attribuito
al signor Scimè Chiodo Giuseppe di
Carmelo, perché egli era il candidato proposto dalla lista di opposizione a
quella ufficiale, lo proclama a Vice
Segretario di questo Sodalizio ad unanimità. - 2° Il consiglio Direttivo ad
unanimità, compresi i controlli aventi diritto di voto, ritenuto che il
giornale L'AVANTI non risponde alle
esigenze delle istituzioni costituzionali, che reggono il nostro Sodalizio,
propone la soppressione di detto giornale L'AVANTI, ed ad unanimità si delibera
la soppressione, dando mandato al Presidente di sopprimere detto giornale,
scrivendo al Direttore di detto giornale, di non più spedire il detto giornale
ad onta di essere pagato
anticipatamente. [..]»
« Nei primi anni del fascismo, la vita del circolo scorre
tranquilla e piuttosto anonima. [..]
Qualche segno dell'avvento del regime fascista si ha nel 1926. Il giorno
11 dicembre si verbalizza l'approvazione
dell'abbonamento al giornale IL POPOLO D'ITALIA dismettendo la compera
del giornale SICILIA NUOVA. Durante la discussione il Consigliere Luigi VELLA
si allontana, intuibilmente per
dissenso. [...] Si ha la forza per rifiutare l'abbonamento al giornale L'Aquila, nonostante la richiesta promani
dalla casa dei Balilla di Agrigento (5 novembre 1929). Ma per il
matrimonio del principe di Piemonte, «ad
unanimità il consiglio stanzia la somma di lire trecento» (2 gennaio 1930). Il
10 maggio 1930 (anno VIII) «il presidente mette a voti segreti col sistema
delle fagiole, per il prelevamento della somma per pagare le tessere agli
iscritti del circolo all'O.N.D. oppure pagare personalmente l'iscritto. Visto
il risultato ad unanimità di voti, approva il prelevamento della somma dal
fondo di cassa e l'iscrizione a corpo.» L'omologazione fascista si è dunque
consumata. Presidente è Salvatore
Mattina fu Gaetano. Segretario: Collura Alfonso. Era arrivata una circolare mandata dal
Podestà, con cui si esigeva l'iscrizione del circolo all'Opera nazionale
Dopolavoro. I tempi della libertà di
associazione erano definitivamente tramontati. L'assenso era d'obbligo. [..] Le
cariche sociali cessano di essere affidate a libere elezioni. «Ritenuto che la
nuova amministrazione - viene verbalizzato, con contorta prosa, il 9 dicembre
1932 - sarà approvata prima della fine
del c.m. per ordine del Commissario Comunale ddel'O.N.D. sig. Mattina prof.
Giuseppe, ed in esito alla circolare n. 8 dell'8 c.m.» al consiglio non rimane
altro che procedere ad una commissione
consultiva, incaricata di segnalare nominativi graditi.»
Per avere
un’altra testimonianza della propensione del Circolo Unione verso il fascismo
dobbiamo, invece, attendere (18) il 1932. E’ di risalto per la
nostra ricerca questo verbale:
«Nomina a Soci Onorari: L’anno
millenovecentotrentadue il giorno 26 del mese di giugno alle ore 20,30 nella
solita sala delle adunanze si è riunita l’assemblea generale straordinaria dei
Signori Soci per discutere e deliberare sul seguente:/ Ordine del giorno/ Nomina
a Soci Onorari./ Il Presidente/
constatato il numero legale dei Soci presenti in n. 35 dichiara aperta la
seduta ed invita l’assemblea a procedere alla nomina a Socio Onorario del
concittadino Sansepolcrista Comm. avv. Giuseppe Pedalino.
«Il Socio Rag. Sciascia Vincenzo a questo punto domanda la
parola, ed avutone l’assenso dal Presidente dichiara non solo di aderire toto
corde alla proposta per la nomina del Comm. Pedalino a Socio onorario di questo
Sodalizio, ma di nominare anche, con lui, gli altri nostri illustri
concittadini, Generale Egidio Macaluso, il gesuita Padre Francesco Paolo
Nalbone, e il gesuita oratore insigne, Padre Antonio Parisi.
«L’assemblea per acclamazione approva la proposta del
Presidente e del Rag. Vincenzo Sciascia e dà incarico al Presidente di
comunicare tale deliberato agli illustri nuovi Soci onorari. Dopo di che
l’Assemblea si scioglie. Previa lettura e conferma il verbale è approvato e
sottoscritto. Il Segretario: Vinci. - Il Presidente: Mendola».
Il
Pedalino aveva nel 1930 brigato per farsi riconoscere ‘Sansepolcrista’. Nel
1929 v’era stata la celebrazione del decennale dell’adunata del 23 marzo 1919
di piazza S. Sepolcro. I giornali avevano pubblicato l’elenco dei
sansepolcristi desunto dal numero del “Popolo d’Italia” del 24 marzo 1919” ed
il Pedalino non c’era. (Cfr., ad esempio, L’Impero - quotidiano fascista della
sera, Sabato 23 marzo 1929 - VII). (19 ) L’anno successivo, 56
milanesi - tra i quali il nostro Giuseppe Pedalino - mostravano di avere vinto
la loro piccola battaglia per il riconoscimento ufficiale si sansepolcristi,
come attesta questo telegramma:
«A S.E. Mussolini roma - ricevuto il 23 marzo
1930 ore 19,18 da Milano 89399 - Presenti alla seduta del 21 marzo partecipanti
all’adunata gloriosa del 23 marzo 1919 stop Esprimiamo cordiale devoto
ringraziamento pel Vostro pensiero benevolo verso di noi stop Avere posto la
vecchia guardia accanto autorità ci commuove ed esalta stop Noi chiediamo di
servirVi in ogni ora come nella primissima col giuramento con la fede con
l’opera con tutto noi stessi stop Pronti alla buona causa[seguono firme:
Giuseppe Pedalino è al quindicesimo posto].»
La
retorica dei firmatari non era valsa ad impedire una poliziesca attenzione sul
loro conto. Viene annotato con matita
rossa:”tenere in evidenza tutti nomi”, e con matita nera: “Fatte copie per i
fasc. rispettivi di tutti i firmatari dell’accluso telegr. - 27.3.1930 VIII”.
*
* *
Un
episodio del locale consiglio comunale desta l’ilare ironia di Leonardo
Sciascia e la corrusca pedanteria di Eugenio Napoleone Messana: l’attribuzione
della cittadinanza onoraria nel 1923 a S. E. Benito Mussolini. Annotata
Sciasca: (20 )
«Dopo il declino dei Lascuda [vale a dire dei
Tulumello, n.d.r.] si formarono due fazioni guidate da professionisti, dominavano
i medici, ché allora diversa era la professione del medico, a Regalpetra [alias
Racalmuto, n.d.r.] dico; [...] Le due fazioni elettorali non si distinguevano
tra loro né per colore politico né per programmi; l’unica distinzione stava nel
fatto che una fazione lottava senza la mafia el’altra alla mafia si appoggiava,
le possibilità di vittoria stavano dalla parte dei mafiosi, ma un risultato
imprevisto poteva avvenire che scattasse, sicché i mafiosi non giuocavano
aperto pur gettando tutto il loro peso su una parte. I socialisti, come si dice
delle puntate a cavallo nel baccarà,
quando il banco né tira né paga, non facevano giouco; l’avvocato [Vincenzo
Vella, n.d.r] che al tempo dei Fasci Siciliani aveva coraggio e speranza,
mugugnava amarezza e delusione.
«Questa arcadia da cui ogni tanto scappava fuori l’ammazzato
prosperò fino al 1923, degnamente chiuse la sua vita con questa deliberazione
del Consiglio Cominale:
«”L’anno millenoventoventitre nel giorno quattordici del
mese di dicembre alle ore diciotto. Il Consiglio Comunale di Regalpetra
[Racalmuto, n.d.r.] in seguito ad avvisi di seconda convocazione, diramati e
consegnati ai sensi degli articoli 119, 120 e 125 della legge, si è riunito in
adunanza straordinaria nella solita sala municipale con l’intervento dei
signori ..., ed all’appello nominale
risultarono assenti gli altri diciannove consiglieri di cui uno morto,
ed essendo in numero legale per validità della deliberazione ... PROPOSTA - Conferimento della cittadinanza onoraria a
S.E. Benito Mussolini - Il presidente rammenta all’onorevole consesso la viva
lotta che molti Comuni Siciliani, compreso il nostro, hanno sostenuto presso i
passati governi per la soluzione dell’annoso problema idrico. Finalmente,
soggiunge, solo il Governo Fascista ha saputo sollecitamente e pienamente
accontentare i voti di quanti di quel dono della natura vanno privi. Di fronte
a sì alto beneficio, questo Consiglio Comunale, interprete dei sentimenti di
tutto il popolo di Regalpetra, non potrà diversamente esprimere la sua
riconoscenza e devozione al Governo Fascista che conferendo la cittadinanza
onoraria al suo Capo Supremo S.E. Benito Mussolini - IL CONSIGLIO - a voti
unanimie con entusiastiche acclamazioni, ripetute dal pubblico assistente, ha
conferito la cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini.”
«Così sollecitamente e pienamente il governo fascista
risolse il problema idrico che i tubi che dovevano portare l’acqua a Regalpetra
giunsero a questo scalo ferroviario nel 1938, furono ammucchiati dietro i magazzini,
da principio se ne interessarono i ragazzi, per giuoco vi si inconigliavano
dentro, poi l’erba li coprì, restarono dimenticati nell’erba alta. L’acqua
arrivò nel 1950, fu festa grande per il paese. In quanto agli undici
consiglieri che avevano deliberato per la cittadinanza a Mussolini, un paio
restarono nella rete di Mori, gli altri non si iscrissero mai al fascio,
masticarono amaro per vent’anni. In compenso furono fascisti quei diciotto
(facevano diciannove col morto) che risultarono assenti, e si erano
evidentemente assentati per protesta, il giorno della deliberazione.
«Il sindaco quella proposta aveva fatto per guardarsi le
spalle, così si illudeva; dopo il telegramma che annunciava a Mussolini la
deliberata cittadinanza onoraria, un altro ne fece che denunciava il prefetto
come protettore della delinquenza, voleva dire della delinquenza dei fascisti
non di quella della mafia: come un fulmine giunse l’ordine di scioglimento del
Consiglio comunale, fu nominato commissario il capo dei fascisti regalpetresi.
[...]
«Dopo il 23, il diagramma degli omicidi si avalla; poi Mori,
con metodi già noti, ramazzò mafiosi e favoreggiatori, ma non si creda
riuscisse ad estirparli definitivamente, soltanto nella nostalgia per il
fascismo si può credere una simile cosa. Per quel che io ricorso, e più
indietro i miei ricordi non vanno, negli anni più euforici del fascismo c’era a
Regalpetra, nelle campagne intorno, un latitante cui per comodo tutti i furti e
gli incendi di case di campagna, che in quel tempo furono numerosissimi,
venivano attribuiti. Fu messa una taglia sul bandito (che era un proveruomo che doveva scontare una condanna per furto, e a
costituirsi non si decideva; viveva con le magre tassazioni che ai galantuomini
imponeva); e per la taglia lo ammazzarono, gli diedero alloggio e poi
l’ammazzarono: e il fratello del bandito sparò poi, in piazza e a mezzogiorno, all’uomo che quel servigio aveva
reso alla società, nell’opinione dei regalpetresi fece giusta vendetta. »
Il Messana
(21) spoglia del velo della fantasia l’episodio ed il contesto
storico della pagina sciasciana, e con il suo solito approccio politicamente
fin troppo scoperto, così ricostruisce la vicenda:
«Il Commendatore Bartolotta, ad un certo
punto, cominciò a sentirsi in pericolo personale e sentì bisogno di difesa. Era
lui il capo gruppo di maggioranza, l’uomo che aveva da tempo un seguito nel
paese e che era riuscito a conquistare il comune nel 1920. I capipopolo erano
il bersaglio preferito dei gregari del fascismo. Da ciò la persecuzione a
Racalmuto e lo sgomento del commendatore. C’era da cercare un pretesto per
allontanare l’occhio grifagno dei fascisti dalla compagine consiliare del
paese. L’occasione sembrò trovarsi allorchè Mussolini, già nelle sue qualità di
capo del Governo del regno d’Italia, s’interessò del problema idrico della
Sicilia. Prima del fascismo erano nati, noi l’abbiamo già visto per il paese
che trattiamo, molti consorzi fra comuni per l’approvvigionamento idrico delle
popolazioni. Tali consorzi però non avevano potuto iniziare la costruzione
degli acquedotti, se non tutti, parte di essi, per mancanza di anticipazione di
fondi della cassa Depositi e prestiti e per le remore burocratiche nella
approvazione dei progetti. A un certo punto Mussolini promosse una legge che snelliva
l’iter per lo sviluppo dei consorzi e ne semplificava le operazioni di
finanziamento e quindi di realizzazione delle opere. Siccome Racalmuto era un
paese già consorziato nelle ‘Tre Sorgenti’, venne ad essere beneficiato da tale
provvedimento legislativo. Il commendatore Bartolotta, prese la palla al balzo
e chiese al sindaco Scimè di conferire la cittadinanza onoraria del paese a
Benito Mussolini. Egli pensava che ciò avrebbe fatto desistere il prefetto dal
perseguitare il consiglio ed avrebbe anche allontanato le insidie che si
tendevano contro la sua persona. Il sindaco Scimè convocò il consiglio per il
13 dicembre 1923 alle ore 18 con un solo argomento all’ordine del giorno:
Conferimento della cittadinanza onoraria a S.E. Benito Mussolini per avere
risolto l’annoso problema idrico della Sicilia.
«Malgrado le pressioni e le preghiere di Bartolotta, il 13
dicembre di quell’anno la seduta rimase deserta. non si potè in modo assoluto
raggiungere il numero legale di consiglieri presente. Il 14 dicembre alla
stessa ora ebbe luogo la seconda convocazione. Non c’era più bisogno delle
presenze della metà più uno dei consiglieri in carica per essere valida
l’adunanza, per cui ai sensi degli articoli 119,120, 125 della legge comunale
allora vigente, essa ebbe luogo. Il commendatore Bartolotta aveva personalmente
pregato tutti i consiglieri di essere presenti, molti avevano promesso di
accontentarlo, ma all’appello risultarono presenti solo dieci e precisamente,
lui, che venne il primo, il sindaco Nicolò Scimè, Giovanni Macaluso, Nestore
Falletti, Salvatore Falcone, Carmelo Licata, Enrico Grisafi, Calogero Scimè,
Calogero Bellavia e Luigi Messana. Nelle more per l’inizio della discussione si
sguinzagliarono alla caccia di consiglieri tutti gli amici di Bartolotta, non
trovarono nessuno, solo Messana Pio, che faceva la siesta a casa nella sua
poltrona. Invano tentò di evitare con pretesti di recarsi al consiglio,
l’insistenza fi tale che dovette andarci. Quando giunse in aula la votazione
era già avvenuta, ma invitato dal Sindaco dovette associarsi, sicché Mussolini
diventò cittadino onorario di Racalmuto con undici voti su undici consiglieri
presenti e contro diciannove assenti. Le cose sono andate poi in modo alquanto
strano: gli undici che votarono sì per la cittadinanza onoraria a Mussolini non
divennero mai fascisti, anzi molti di essi rimasero i depositari
dell’antifascismo locale, i protestatari, i nostalgici della libertà e furono
definiti borbonici, si estraniarono completamente dalla vita pubblica, rimasero
a maledire e ad attendere la caduta dell’avventuriero, rinunziando a possibili
sistemazioni, non pochi dei diciannove assenti invece si accodarono e scesero
in piazza in “giummo” e stivali.
«Il problema idrico Mussolini lo risolvette solo a parole,
l’acqua delle Tre Sorgenti, ripetiamo, giunse in paese ben sette anni dopo la
caduta del suo governo e cinque anni dopo la sua fucilazione. Non avrebbe
potuto impiegare certamente di più se il suo avvento al potere non ci fosse mai
stato. Egli si limitò a mandare a Sciacca a spese dei vari comuni S.E. Teruzzi,
ministro del suo governo, nel 1925, per mettere la prima pietra dei costruendi
acquedotti, in parata tanto solenne che solo a Racalmuto costò L. 1000 di
allora. Dopo, vennero le lungaggini, le difficoltà senza possibilità di
ricorrere o di parlare.
«Il commendatore Bartolotta, rassicurato dagli applausi dei
fascisti presenti in aula allorchè si proclamò in consiglio l’esito della
votazione per il conferimento della cittadinanza a Mussolini, tentò anche di costituire
lui un fascio di combattimento, sperando di abbattere i fascisti locali.
«Nello stesso tempo indusse il Sindaco Scimè a ricorrere al
Ministero contro il prefetto per certe irregolarità commesse in provincia.
L’esito di tale azione fu drastico. Il consiglio comunale fu sciolto appena tre
settimane dopo il conferimento della cittadinanza al Capo del Governo. Il 7
gennaio si insediò il commissario prefettizio ragionere [sic] Angelo Zambuto.
Il commendatore finì in carcere la sua attività politica.»
Tra la
versione dei fatti dello Sciascia e quella del Messana vi sono piccole
divergenze: certo Messana è più informato, ma la sua prosa e troppo barcollante
per essere più efficace. La realtà storica appare, però, più intricante di quella resa dai due intellettuali
antifascisti di Racalmuto. Gli archivi di Stato forniscono ai volenterosi fonti
informative puntuali e oltremodo precise. Le carte dell’archivio centrale
romano (22) , da noi consultate, consentono questa ricostruzione:
«R. Prefettura di Girgenti - Gabinetto n.°
1266 del 19. 12. 1923. -
L’amministrazione comunale di Racalmuto sorta dalle elezioni generali del 1920
con carattere prettamente demosociale, per mancanza di una vigile ed attiva
opposizione, si abbandonò ben presto alla inerzia più assoluta, sicura di poter
vivere tranquillamente per le condizioni della politica locale e per la
protezione che alla stessa veniva accordata dagli esponenti della democrazia in
Provincia. Sindaco del Comune fu eletto il Dr. Scimè, ma anima dell’Amministrazione
è stato sempre il Dr. Bartolotta Giuseppe, che ha assunto la carica di
assessore anziano, e che rappresenta in Provincia uno dei campioni più forti e
fedeli della democrazia sociale.
«Con l’avvento del Fascismo al potere cominciarono a
muoversi delle timidi e lievi lagnanze contro la detta amministrazione, ma
finora ho creduto opportuno di soprassedere dall’adottare alcun provvedimento,
stimando doveroso procedere prima alla liquidazione delle amministrazioni a
carattere socialista ed anticostituzionale, che non funzionavano o funzionavano
male. Esaurito questo compito, credetti di rivolgere il mio pensiero al Comune
di Racalmuto e disposi un’inchiesta a carico [.... E’ emerso:]
«- Scarsissima attività del Consiglio: 15 sedute nel 1921;
10 nel 1922 e 7 nell’anno in cors;
«Quasi abbandonato l’ufficio di polizia rurale, lasciando
piena libertà alla maffia di scorazzare ed agire impunemente per le campagne,
perché le guardie rurali sono adibite ad altro. [...]
«A tutto questo è da aggiungere che la parte migliore della
cittadinanza ed il Fascio locale ha sempre intensificato la campagna contro
l’attuale Amministrazione della quale sono pure noti i rapporti sia pure
indiretti con la maffia, la quale viene se non protetta apertamente, certo
lasciata indisturbata a compiere le sue gesta. Tant’è vero che le guardie
campestri, anzichè prestare servizio in campagna come dovrebbero, vengono
adibite a servizi interni. Trattandosi di un importante comune, sarebbe
opportuno che venisse designata come R. Commissario persona capace ed energica,
estranea all’ambiente locale [..] Il Prefetto: Reale.
«10 gennaio 1924: Appunto per S.E. il Ministro: Comune di
Racalmuto.- Proposta scioglimento Consiglio comunale; popolazione 15.000 -
motivi della proposta: ragioni d’ordine pubblico per il pericoloso malcontento
della popolazione contro gli amministratori. Numerose irregolarità e deficienze
accertate da una recente inchiesta. Non risultano interessamentei.
«Il Prefetto della Provincia di Girgenti, veduto il R.D. 24
gennaio 1924 col quale venne sciolto il Consiglio Comunale di Racalmuto [...]
Ritenuto che il Commissario non ha potuto completare la sistemazione della
Finanza comunale e dei pubblici servizi e che la situazione dei partiti locali
non consente d’altro lato, d’indire subito le elezioni [..] decreta: il termine
per la ricostituzione del Consiglio Comunale di Racalmuto è prorogato di tre
mesi. Girgenti 16 maggio 1924. Per il Prefetto: F.to Giordano.
« 19 marzo 1924:
Indennità al Commissario straordinario: L. 50 - Il Cav. Enrico Sindico, ex
colonnello nel R. Esercito, si è appositamente trasferito da Spezia a Racalmuto
[...]
«Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 73 del 26 marzo
1924.
«”Relazione di S.E. il Ministro Segretario di Stato per gli
affari dell’Interno, Presidente del Consiglio dei Ministri, a S.M. il Re, in
udienza del 24 gennaio 1924, sul decreto che scioglie il Consiglio comunale di
Racalmuto, in provincia di Girgenti, MAESTA’, sul funzionamento
dell’amministrazione comunale di Racalmuto, sorta dalle elezioni generali del
1920, è stata recentemente eseguita un’inchiesta che ha accertato numerose
irregolarità. L’Ufficio comunale è disorganizzato, privo d’inventario e con
scritture contabili deficienti, la situazione finanziaria non è esattamente
accertabile, per la trascurata esecuzione delle verifiche di cassa, e per il
mancato esame dei conti, non è stato effettuato il passaggio dei fondi dal
cessato al nuovo tesoriere. Le tasse, applicate con criteri partigiani, danno
un gettito notevolmente inferiore alle previsioni del bilancio, mentre le spese
vengono erogate in eccedenza agli stanziamenti e talora senz’alcuna
autorizzazione; il dazio è concesso in appalto a condizioni onerose, è stato
omesso il reimpiego di somme provenienti da alienazione di patrimonio; lavori e
forniture sono state eseguite irregolarmente in economia ed in esse hanno
spesso avuto interesse gli stessi amministratori.
«Tra i pubblici servizi sono assai trascurati la nettezza
urbana, la pubblica illuminazione, la vigilanza annonaria e la polizia rurale.
La disordinata gestione della civica azienda ha provocato nella popolazione un
vivissimo malcontento e l’eccitazione degli animi è tale da far temere
turbamenti per la pubblica quiete.
«Anche ragioni di ordine pubblico, oltre che la necessità di
provvedere senza indugio al riordinamento amministrativo e finanziario della
civica azienda, rendono quindi indispensabile lo scioglimento del Consiglio
comunale con la conseguente nomina di un Regio commissario, ed a ciò provvede
lo schema di decreto che ho l’onore di sottoporre all’Augusta firma della
Maestà Vostra.
«Vitt. Emanuele III [..] visti gli articoli 323 e 324 del
t.u. della legge comunale e provinciale, approvato con R. d. 4.2.1915 n. 148,
nonchè il R.d. 24.9.1923, n. 2074: il consiglio è sciolto [...] il sig. cav.
Enrico Sindico è nominato Commissario straordinario con i poteri del R. d.
24.9.1923, n. 2074. Dato a Roma il 24.3.1924. V.E. III re d’Italia- Mussoluni.»
Il colonnello Sindico non diede buona prova:
nel dicembre di quell’anno veniva destituito:
«26.12.1924, risposta a 26.11.1924. -
Prefettura diGirgenti n. 600 Gab. - [...] dimissioni presentate dal Colonnello
Enrico Sindico [..] la relazione non rappresenta nulla di notevole, anzi [..]
non ha provveduto alla formazione del bilancio [..] Giudizio: mediocre.»
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