Veleni di Mineo contro Renzi: "Subalterno a una donna. E lui sa che io so"
Il senatore fuoriuscito dal gruppo dem a Palazzo Madama. "Renzi non ha stile, infanga per non essere infangato". E fa allusioni. Minoranza Pd: "Meschinità". Giachetti: "Più che Cosa Rossa, necessaria la Croce Rossa"
ROMA - Corradino Mineo, senatore fuoriuscito dal gruppo Pd a Palazzo Madama, lancia pesanti allusioni su Renzi: "So quanto si senta insicuro quando non si muove sul terreno che meglio conosce, quello della politica contingente". "So quanto possa sentirsi subalterno a una donna bella e decisa. Fino al punto - rincara - di rimettere in questione il suo stesso ruolo al governo". "Io so, ma non rivelo i dettagli di conversazioni private", rivendica l'ex direttore di Rainews24. "Non mi chiamo Renzi, non frequento Verdini, non sono nato a Rignano", dice ancora.
E' sicuramente il passaggio più scottante della sua lunga nota. Per quell'obliquo e discutibile "lui sa che io so" e, ovviamente, per la comparsa di quella "donna bella e decisa" capace di far sentire "subalterno" un politico, il premier. Un commento che provoca subito una dura reazione delle donne del Pd. "Le donne del Pd sono solo schifate dalle allusioni di Mineo", dichiara la senatrice Laura Cantini della direzione Pd. "Pizzini senza destinatario e senza senso - aggiunge - che descrivono solo il livore del suo autore. Se la cosa rossa comincia così, andiamo bene". Una dichiarazione quella di Mineo che viene duramente criticata anche dalla minoranza dem. "Le parole di Corradino Mineo si commentano da sole. Sono meschinità che superano i confini della lotta politica", afferma il senatore del Pd Miguel Gotor.
Secondo Mineo, è Renzi il vero colpevole, per aver rivelato "conversazioni private" con l'obiettivo di infangare "per paura di essere infangato". Ma, ricorda appunto l'ex senatore dem, "sa che io so". Per Mineo, dunque, "Matteo Renzi non ha stile".
Uscito dal gruppo dem al Senato a fine ottobre, al termine di quello che lui stesso ha definito un "processo sommario" architettato dal capogruppo Zanda, durante il quale, aveva spiegato, gli era stato "contestato un tweet sulla scuola o il fatto che il Movimento 5 Stelle abbia applaudito un mio intervento", Mineo non ha dato le dimissioni da senatore, venendo accusato di incoerenza. "Non ho mai manifestato l'intenzione di dimettermi dal Senato - si difende lui nella nota -, se non in un sms che mandai proprio a lui (Renzi, ndr), disgustato dall'attacco volgare e strumentale che mi aveva mosso davanti all'assemblea del Pd, dopo la vittoria alle Europee. Fu Gianni Cuperlo a riprendermi per i capelli e spiegarmi che la politica, ahimè, è anche questo: scorrettezza cialtrona, e che bisogna saper resistere. Poi Grasso mi ricordò che avevo un mandato da onorare".
D'altronde, ribadisce ancora una volta Mineo, "io non ho bisogno della poltrona, a differenza di qualcun altro. Ho lavorato per 40 anni, salendo passo dopo passo il cursus honorum, da giornalista fino a direttore. Probabilmente ho ancora mercato, potrei tornare a fare quello che ho dimostrato di saper fare". Ma "non ora" punta i piedi Mineo, perché "ho preso un impegno accettando la candidatura che Bersani mi propose nel 2013 e lo manterrò, quell'impegno, in barba a chi vorrebbe asfaltare il dissenso". La reazione di Mineo è stata probabilmente provocata dalle parole dette su di lui dal premier, nell'ultimo libro di Vespa: "Ha lasciato il Pd ma non la poltrona".
Nella nota di Mineo torna un altro passaggio del suo tormentato rapposto col premier e segretario Pd. Nel giugno 2014, il senatore definì Matteo Renzi "un bambino autistico, che vorresti proteggere perché tante cose non le sa". Mineo, assieme a Vannino Chiti, era appena stato sostituito in Commissione affari costituzionali del Senato per decisione dell'Ufficio di presidenza del gruppo. La risposta di Renzi arrivò davanti all'assemblea nazionale del Pd: "Di me potete dire quello che vi pare, ma quella frase ha offeso quelle famiglie che hanno un figlio disabile. Non è giusto per chi vive una situazione di sofferenza".
Nella nota Mineo riparla dei "bambini autistici", dice che fu "Renzi a strumentalizzarli nel modo più squallido per spianarmi. Li ha usati per strappare un applauso in assemblea e non ha fatto poi seguire un solo provvedimento per andare incontro alle tante famiglie in difficoltà".
E' sicuramente il passaggio più scottante della sua lunga nota. Per quell'obliquo e discutibile "lui sa che io so" e, ovviamente, per la comparsa di quella "donna bella e decisa" capace di far sentire "subalterno" un politico, il premier. Un commento che provoca subito una dura reazione delle donne del Pd. "Le donne del Pd sono solo schifate dalle allusioni di Mineo", dichiara la senatrice Laura Cantini della direzione Pd. "Pizzini senza destinatario e senza senso - aggiunge - che descrivono solo il livore del suo autore. Se la cosa rossa comincia così, andiamo bene". Una dichiarazione quella di Mineo che viene duramente criticata anche dalla minoranza dem. "Le parole di Corradino Mineo si commentano da sole. Sono meschinità che superano i confini della lotta politica", afferma il senatore del Pd Miguel Gotor.
Secondo Mineo, è Renzi il vero colpevole, per aver rivelato "conversazioni private" con l'obiettivo di infangare "per paura di essere infangato". Ma, ricorda appunto l'ex senatore dem, "sa che io so". Per Mineo, dunque, "Matteo Renzi non ha stile".
Uscito dal gruppo dem al Senato a fine ottobre, al termine di quello che lui stesso ha definito un "processo sommario" architettato dal capogruppo Zanda, durante il quale, aveva spiegato, gli era stato "contestato un tweet sulla scuola o il fatto che il Movimento 5 Stelle abbia applaudito un mio intervento", Mineo non ha dato le dimissioni da senatore, venendo accusato di incoerenza. "Non ho mai manifestato l'intenzione di dimettermi dal Senato - si difende lui nella nota -, se non in un sms che mandai proprio a lui (Renzi, ndr), disgustato dall'attacco volgare e strumentale che mi aveva mosso davanti all'assemblea del Pd, dopo la vittoria alle Europee. Fu Gianni Cuperlo a riprendermi per i capelli e spiegarmi che la politica, ahimè, è anche questo: scorrettezza cialtrona, e che bisogna saper resistere. Poi Grasso mi ricordò che avevo un mandato da onorare".
D'altronde, ribadisce ancora una volta Mineo, "io non ho bisogno della poltrona, a differenza di qualcun altro. Ho lavorato per 40 anni, salendo passo dopo passo il cursus honorum, da giornalista fino a direttore. Probabilmente ho ancora mercato, potrei tornare a fare quello che ho dimostrato di saper fare". Ma "non ora" punta i piedi Mineo, perché "ho preso un impegno accettando la candidatura che Bersani mi propose nel 2013 e lo manterrò, quell'impegno, in barba a chi vorrebbe asfaltare il dissenso". La reazione di Mineo è stata probabilmente provocata dalle parole dette su di lui dal premier, nell'ultimo libro di Vespa: "Ha lasciato il Pd ma non la poltrona".
Mineo: "Renzi autistico, la Boschi è convinta di poterlo sostituire"
Nella nota di Mineo torna un altro passaggio del suo tormentato rapposto col premier e segretario Pd. Nel giugno 2014, il senatore definì Matteo Renzi "un bambino autistico, che vorresti proteggere perché tante cose non le sa". Mineo, assieme a Vannino Chiti, era appena stato sostituito in Commissione affari costituzionali del Senato per decisione dell'Ufficio di presidenza del gruppo. La risposta di Renzi arrivò davanti all'assemblea nazionale del Pd: "Di me potete dire quello che vi pare, ma quella frase ha offeso quelle famiglie che hanno un figlio disabile. Non è giusto per chi vive una situazione di sofferenza".
Nella nota Mineo riparla dei "bambini autistici", dice che fu "Renzi a strumentalizzarli nel modo più squallido per spianarmi. Li ha usati per strappare un applauso in assemblea e non ha fatto poi seguire un solo provvedimento per andare incontro alle tante famiglie in difficoltà".
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