La controversa questione del beneficio del
Crocifisso.
Nell’intricata controversia giudiziaria del beneficio del
Crocifisso di Racalmuto, i Savatteri vi entrano prepotentemente per due volte:
nella prima, è attore il sac. Giuseppe Savatteri e Brutto, a ridosso
dell’Ottocento; nella seconda un patetico personaggio: Giuseppe Savatteri,
sposato con una Matrona. Siamo nell’ultimo quarto del secolo scorso. In entrabi
i casi i Savatteri finirono soccombenti e gabbati. Ma procediamo con ordine.
La vicenda del beneficio del Crocifisso è lunga, tortuosa ed intrigante ed ha dato
adito ad almeno un paio di complicate vertenze giudiziarie. Negli atti
giudiziari dell’arciprete Tirone avverso i coniugi Giuseppe Savatteri e
Concetta Matrona abbiamo la
ricostruzione della provenienza di tali beni. Come risulta da un atto del 3
settembre 1659, la Confraternita del SS. Crocifisso di Racalmuto aveva diritto ad un canone di proprietà
«primitivo veluti jus pheudi et
proprietatis su terre della Menta e Culmitella». Trattavasi, in base a quel che
si desume da altri atti, di un fondo di quattro salme e tumoli sei di terre
ubicate nel feudo Menta, contrada Fico Amara, detta - secondo l’arc. Tirone -
«in quei tempi Mercanti». Del resto
aggiunge l’arciprete che «il nome di contrada fico amara e Mercanti andiede in
disuso. Questa contrada prese nome di SS. Crocifisso.»
Non essendo stato pagato tale canone per più di un triennio,
ed essendo state le suddette terre abbandonate, la confraternita del SS. Crocifisso esperì il diritto domenicale di avocazione del
fondo per distruzione di migliorie, mancata corresponsione del canone ed
abbandono delle terre dell’enfiteuta che era tal Giaimo Lo Brutto. Essa, pertanto, fu immessa
nel pieno possesso delle cennate terre della Menta secondo il rito del tempo con atto notarile
del 3 settembre 1659, redatto innanzi a
quattro testimoni.
Gli atti giudiziari tacciono sulle vicende che
intercorsero tra il 1659 ed il 1767, un intervallo di tempo in cui si colloca
la dotazione dell’Oratorio Filippino. Intanto non so su che cosa basi l’arc.
Tirone il ruolo sostenuto dalla Confraternita del SS. Crocifisso. Di questa conosco il vago
accenno contenuto nell’elenco della Giuliana della Curia Vescovile - voce
Racalmuto, pag. 205 - che riguarda la
«conferma della Conf.ta del SS. Crocifisso - reg.tro 1669-70, pag. 488». Ma qualche chiarimento lo troviamo in
quest’atto del 10 ottobre 1648 del notaio Michelangelo Morreale. Trattasi della «recognitio
pro Archiconfraternitate SS.mi Crucifixi contra Donnam Vittoriam del Carretto e Morreale». In esso la Del Carretto (del ramo
collaterale dei locali conti) si obbliga di corrispondere al «Rev. D. Joseph Thodaro .. uti procuratori
venerabilis Archiconfraternitatis SS.mi Crucifixi fundatae in Ecclesia Sancti
Antonii huius terrae Racalmuti .. uncias quinque red. ann. cens. et red.bus
dictae Archiconfraternitatis cession. nomine Petri Piamontesio et alijs
nominibus in scripturis debitas, et anno quolibet solvendas supra loco qui olim
erat dicti quondam de Monteleone vigore contractus emphiteuci celebrati in
actis notarij Nicolai Monteleone die XXIIIJ Maij XII ind. 1584 et contractus
solutionis donationis et assignationis
in actis not. Simonis de Arnone die 31 aug. 1605 et aliorum
contractum in eis calendatorum.» inoltre
«supradicta Donna Victoria .. solvere promisit .. seque sollemniter obligavit
et obligat eidem de Thodaro dicto nomine pro se et pro successoribus in dicta
Archiconfraternitate in perpetuum uncias centum quatraginta una p.g. tempore
annorum decem in decem equalibus solutionibus et partitis anno quolibet facere
numerando et cursuro a die date literarum Civitatis Agrigenti ... Et sunt
uncias 141 in totalem complimentum omnium censuum decursorum annorum
retropreteritorum enumerandorum ab anno 1608 usque et per annum presentem
inclusive , ratione d. unc. quinque anno dictae Archiconfraternitate debitae
super dicta vinea.»
Quell’arcicofraternita era dunque operante dentro la
chiesa di S. Antonio e siamo nel 1648. Ne è procuratore il sac. d.
Giuseppe Todaro che muore il 7 maggio 1650.[1]Successivamente
alla morte del sacerdote Todaro, si rinviene l’atto del 3 settembre 1659 di cui
sopra; dopo dell’arciconfraternita si perdono le tracce e tutto fa pensare che
si sia estinta: si spiega forse così perché in un primo tempo i benefici di
quel sodalizio finirono all’Oratorio di S. Filippo Neri, per volere del Vescovo
Rini.
Nel 1767 il vescovo Lucchesi Palli si ritrova vacanti
quei beni dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso e con bolla dell’8 luglio 1767 li assegna al sac. D.
Francesco Busuito. La ricostruzione di un successivo beneficiario, il sac. Don
Calogero Matrona, fatta il 15 giugno 1870, è particolarmente vivace ed
intrigante.
«Con Bolla di erezione in titolo dell’8 luglio 1767 -
vi si legge fra l’altro - da Monsignor Lucchesi fu eretto nella Cappella del
SS.mo Crocifisso dentro la Chiesa Madre di Racalmuto un beneficio semplice in adjutorium Parochi di libera collazione da conferirsi a
concorso ai naturali di Racalmuto con le obbligazioni di coadiuvare il Parroco
nell’esercizio della sua cura, di celebrare in diverse solennità dell’anno
nell’anzidetta Cappella numero trenta Messe, costituendosi in dote del
beneficio taluni beni, che esistevano nella Chiesa senza alcuna destinazione,
dandosene anche l’amministrazione allo stesso Beneficiale. Riserbavasi però il
Vescovo fondatore il diritto di conferire la prima volta il beneficio, di cui
si tratta, senza la legge e forma del concorso in persona di un soggetto a di
lui piacimento.
«In seguito di che con bolla di elezione del 10 luglio 1767 dallo stesso
Monsignor Lucchesi fu eletto per primo Beneficiale il Sac. Don Francesco
Busuito di Racalmuto, allora Rettore del Seminario di Girgenti dispensandolo dall’obbligo del concorso, e
dalla residenza, e facoltandolo ad un tempo a sostituire a di lui arbitrio un
Ecclesiastico, per adempire in di lui vece le obbligazioni e pesi tutti al
beneficio inerenti.
«Appena verificatasi tale elezione, come risulta da un
avviso dato dal Parroco locale di quel tempo, dal Sac. Don Giuseppe Savatteri
qual uno degli eredi e successori di D. Giaimo Lo Brutto di Racalmuto impugnavasi la fondazione e ricorrendo al
Tribunale della Reggia Gran Corte Civile, otteneva lettere citatoriali contro
il detto Reverendo Busuito, affine di rivendicare i
fondi constituiti come sopra in dote al beneficio come appartenenti al suddetto
Lo Brutto. Sostenevasi dal Savatteri che la Confraternita del SS.mo Crocifisso dentro la suaccennata Chiesa Madre percepiva
onze cinque annue per ragion di canone enfiteutico sopra quattro salme di terre
esistenti nello Stato di Racalmuto contrada Menta dotate alla moglie del suddetto D. Giaimo Lo
Brutto dalla di lei zia D. Vittoria del Carretto, annuo canone destinato per
legato di maritaggio di un orfana. Nel 1659 i Rettori della cennata
Confraternita per attrarsi di pagamento del canone anzidetto e per
deterioramenti avvenuti nei suddivisati fondi, unitamente all’Arciprete e
Deputati dei Luoghi Pii senza figura di giudizio e senza le debite formalità
giudiziarie s’impossessavano di quei fondi e melioramenti in essi fatti dal
predetto Lo Brutto. Si credettero autorizzati a far ciò senza ricorrere alle
procedure giudiziarie da un patto enfiteuco solito apporsi in simili contratti,
in cui espressavasi, che venendo meno il pagamento o deteriorandosi il fondo
fosse lecito all’Enfiteuta di propria autorità ripigliarsi il fondo enfiteuco,
come tutto rilevasi dagli atti di possesso presso Notar Michelangelo Morreale di Racalmuto sotto il 3 settembre 13 Ind.
1659. Così postasi la Chiesa in possesso dei fondi, conosciutosi che pagate le
onze cinque per legato di maritaggio ed i pesi efficienti, il resto delle fruttificazioni
rimaneva senza destinazione, pensavasi dal Vescovo Monsignor Lucchesi per di
esse fondare il beneficio anzidetto, che indi conferivasi al sopra indicato
Sac. Busuito. Impugnavasi questo fatto dal sac. Savatteri e facevalo come sopra
citare a fin di chiarirsi nulla la suddivisata fondazione. Ma il beneficiale
frapposti buoni amici persuase il Savatteri a rimettere tutto al saggio
arbitrio di S.E. Rev.ma Monsignor Vescovo di Girgenti, il quale tutto riponendo
sotto lo esame dell’Assessore Canonico d. Nicolò A. Longe, fattesi varie
sessioni inanzi a lui con l’intervento dell’arciprete di Racalmuto per parte
del Beneficiale e di altra persona per parte del contendente Savatteri,
dichiaravasi dall’Assessore nullo l’impossessamento dei fondi e riconosciuta
evidentemente la usurpazione dei fondi fatta dalla Chiesa. Ma protrattosi a
lungo l’affare, pria di definirsi pubblicavasi la prammatica della prescrizione
del 22 settembre 1798, quindi il Beneficiale avvalendosi di tal legge non volle
più fare ulteriori trattamenti della causa, né arrendersi alle pretensioni del
Savatteri.
«Morto però il Beneficiale, il cennato Savatteri fece
ricorso al Re e dalla Segreteria Reale abbassavasi biglietto alla Giunta dei
Presidenti e Consultori per informare. Moriva intanto il Savatteri ed il di
costui erede Don Pietro Cavallaro e Savatteri agendo con più di moderazione
pensava di mettere l’affare in mano del Vescovo Monsignor Granata, e
desiderandosi dal ricorrente che il beneficio rimanesse, si contentava soltanto
che divenisse patrimoniale e proprio della di lui famiglia e suoi discendenti.
«Il Vescovo conosciuta la validità delle ragioni e la
pienezza del diritto del ricorrente, perché fondato il beneficio sopra beni
proprii di D. Giaimo Lo Brutto di lui autore, a vista della patente
usurpazione fattasi dalla Chiesa, della non ecclesiasticità del beneficio,
perché fondato senza la volontà del padrone dei fondi, pensò accordarne la
prelazione ai discendenti della famiglia Brutto. Quindi perché conobbe la
verità delle cose per conscienzioso temperamento pensò conferire anche in
minore età quel beneficio ad un chierico erede dei beni, che è l’attuale
investito Cavallaro. Ed infatti il conferì con
decisione del 16 giugno 1804. [...] Ottenne per ciò pria dispensa della Santa
Sede, perché al detto chierico avesse potuto conferire il beneficio nella
minore età di anni 14, lo dispensò dalla legge del concorso e dell’obbligo
della coadiuvazione del Parroco nello adempimento degli offici parrocchiali
sino all’età del sacerdozio e gli diede l’amministrazione dei beni dotalizii
[...]»
Al beneficiale don Ignazio Cavallaro succede il nipote (figlio della sorella) don
Calogero Matrona, con bolla di Monsignor Domenico Turano del 1° marzo
1875. Ma non fu una successione pacifica. Vi si rivoltò contro Giuseppe
Savatteri, unitamente alla moglie donna Concetta Matrona, con cause, ricorsi,
appelli che durarono decenni. Eugenio Messana, nello scrivere le sue
memorie su Racalmuto, risente ancora di quel
clima infuocato che in proposito si respirava ancora nella sua famiglia.
Il beneficio del Crocifisso è quindi oggetto di una bolla di collazione nel 1902 (cfr. reg. Vescovi 1902
pag. 703). Viene poi assegnato al padre Farrauto, per passare nelle mani di
padre Arrigo. Attualmente è accentrato presso la Curia vescovile di Agrigento.
Due fratelli s’impongono nella società racalmutese,
appena Giuseppe Garibaldi, nel 1860, ebbe la ventura di passare come
conquistatore per Racalmuto: Gioacchino e Calogero Savatteri. Eugenio Napoleone
Messana - loro parente - ne fa la consueta esaltazione nel libro di storia
locale qui più volte citato. [2] Noi ci
limitiamo ad alcuni contrappunti.
Calogero Savatteri muore giovane il 5 giugno 1878
“alle ore 10,45 colpito da eresipola” - scrivo di lui i suoi amici in un opuscolo
pubblicato a Favara nel 1879 (pag. XX). Nato il 17 giugno 1833 da Gaetano
Savatteri e Maria Antonia Grillo Cavallaro, non aveva ancora compiuto i 45
anni. A nove anni fu mandato in seminario, ove vi rimase sino a sedici anni,
per sette lunghi anni, dunque, assorbendone tutta la cultura clericale di cui
ne rimase irrimediabilmente intriso, anche quando ritenne di essere un massone.
Vi apprese molto bene il latino e ciò gli fu utile quando notaio - spesso al
servizio dell’arciprete Tirone, suo parente - ebbe a decifrare, mirabilmente,
gli antichi rogiti in latino dei vari Rolli delle locali confraternite
secentesche.
I giovanili ardori nella Sicilia del dopo Quarantotto
gli procurano qualche guaio con la polizia borbonica ma la forze persuasiva dei
Savatteri racalmutesi era allora già cospicua e dopo 15 giorni di carcere,
Calogero Savatteri può tornare libero e tranquillo in paese. I meriti
“partigiani” furono preziosi con l’avvento di Garibaldi. “Il Savatteri -
scrivono gli amici (pag. XV) - ritorna in paese nel 1863 laureato Notaro”, ma
qualcosa era cambiato. Non riusciamo a ben comprendere il senso di queste
parole: « vide che di governo era cambiata la sola forma ed il solo nome,
stante le sorti del comune essere affidate a quelle stesse persone che non avevano
idea d’innovazione». Si dà il caso che le “sorti del comune” erano tenute dai
neo-convertiti Matrona, dopo essere passati dalle file dei Borboni alle patrie
galere per le vicende controrivoluzionarie dei briganti del 1862.
Ma quale davvero il peso politivo eversivo di Calogero
Savatteri ? Abbiamo rinvenuto questa informativa della polizia del tempo[3]:
«Racalmuto
5 agosto 1868 - Associazioni politico-miste.
«Riservata - Al sig. Ispettore di P.S. Girgenti.
«Dalle avute informazioni, esistono soltanto due
loggie (sic) Massoniche, una in Racalmuto diretta dal signor Gioacchino
Savatteri ed altra in Grotte diretta dal signor Vincenzo Simone, aventi scopo
morale e umanitaria, per come si ha mantenendosi nei limiti del proprio
statuto, di cui tuttora chi scrive non è potuto averne copia; come pure ignora
i mezzi di cui dispongono non che il numero dei soci e quindi di conseguenza la
loro condotta politica e morale, mentre poi l’Ufficio Scrivente non à nulla da
osservare in contrario sulla condotta politica e morale dei due detti
Presidenti Savattieri e Simone che la P.S. e il Pese ritiene onesti .... Il
Delegato Mingo (?)»
«Racalmuto - Ufficio di P.S. - Dicembre 1870 -
Relazione politica riservata per i mandamenti di Racalmuto e Grotte ...
«Racalmuto: Non esistono nello stretto senso
della parola partiti politici, ma invece dei gruppi più o meno numerosi di
varie opinioni. Il primo è composto di uomini amanti delle attualità; il
secondo, retrivo, con a capo il clero, ed è il più numeroso; il terzo di principi
spinti non è ristrettissimo: tutti però mancanti di individualità positive alla
testa, non esercitano forte influenza sulla generalità dei cittadini, i quali
sono alieni dalla politica, tanto più che la Gioventù Civile, generalmente
parlando, sanno appena leggere e scrivere, e tranne qualche mese all’anno in
cui accudiscono ai propri affari di campagna, il rimanente lo passano nei
giochi, e nell’ozio per cui il paese non ha avvenire.
«Il partito che esiste realmente è tutto Municipale,
ed è diviso in due campi: il primo dominante composto dal Sindaco sig. Alaimo,
dei sig. Matrona, Picataggi, Abbate Chiarenza, Sferrazza, Savattieri, ed altri
di minor conto, il quale in verità ha dato una spinta di miglioramento al
Comune nelle Opere Pubbliche, ma non gode alcuna fiducia negli amministrati:
«Il secondo capitanato dai Signori Grillo, Farrauto,
Cavallaro ed altri, i quali riunito (?) quasi alla generalità dei Comunisti
accusano l’attuale Amministrazione Comunale di arbitri, rubberie (sic) ed
intrighi negli appalti; e ciò specialmente pei maneggi dei Matrona e Chiarenza
per cui si agogna lo scioglimento del Consiglio composto per lo più da uomini
inetti e deboli, come si asserisce.
«Si lagna pure politicamente il pubblico delle
deferenze e ruberie del Ispettore dell’Annona Cavallaro Calogero desiderandosi
perciò che gli venga tolto l’incarico.
«La popolazione nella generalità è docile, ed ha di
che comodamente vivere coi lavori agricoli, e più specialmente l’industria
delle zolfare, però è proclive piuttosto all’ozio, e la massa ha una certa
tendenza ai reati di sangue ed alle grassazioni, ma si è sommamente modificata dal 1860 in
qua, colla leva, con la penale e specialmente coll’attività, ed impegno delle
autorità preposte al mantenimento dell’ordine pubblico. [...]»
In altro
fascicolo (n.° 24) rinveniamo:
«Racalmuto 14 aprile 1872 - Mene repubblicane - Dal
delegato di Sicurezza pubblica di Racalmuto.
«Qui sono pochi che sentono una devozione alla
memoria dell’estinto Giuseppe Mazzini, e questi pochi sono troppo onesti da non
lasciarsi convincere dalle voci sovversive che potrebbero far correre talune
vecchie masserizie borboniche-clericali.
«Trovo al contrario che il pretume ed i borbonici,
che sino ad ieri tenevano la via dell’indifferentismo, pare che abbiano levato
il capo dopo l’arrivo in Girgenti di Mons. Turano, e sperano nel prossimo
trionfo della religione e della Chiesa.
«Il Turano è qui aspettato, e sarei d’avviso che sia
impedita ogni manifestazione di piazza, giacché reputo che se non non represse
possono produrre tristi conseguenze.»
«Racalmuto 20 giugno 1868 - “Loggie Massoniche”.
«La loggia Massonica di Racalmuto come pure quella
di Grotte, fino dai primi di ottobre decorso, fu per ordine del Grande
Oriente di Palermo fatta sciogliere.
«Tanto le significo in riscontro al contrassegnato
di Lei foglio. - Il Delegato di Sicurezza pubblica all’Ispettore di P.S. di
Girgenti.»
«Racalmuto 9
dicembre 1871 - Mene Mazziniane.
«In questo mandamento, e molto più in Racalmuto, non
ci sono uomini che s’ispirano a massime Mazziniane, e le opere dello stesso
Giuseppe Mazzini vengono osservate più dal lato letterario, che dal lato
politico. Né qui le dottrine dell’internazionale allignano, giacché la parte
Signorile occupasi del miglioramento della sua proprietà, ed il popolo minuto,
composto di picconieri e contadini, vive di non iscarsa fortuna, e si mantiene
alieno a qualunque idea politica; che d’altronde non sarebbe compresa, in
qualunque senso gli si volesse presentare, attesa la crassa ignoranza in cui
vive.
«Delegato di Sicurezza Pubblica di Racalmuto - al
Prefetto di Girgenti - Il delegato Salonico (?)».
Chi avrà avuto pazienza e seguito questa sfilza di
citazioni, avrà chiaro che i fratelli Savatteri bazzicarono sì la
massoneria, ma con tanta accortezza e tanta
deferenza verso le autorità da averne il plauso alla fin fine non troppo
scoperto. Le rappresentazioni teatrali - nei locali di loro proprietà, se non
andiamo errati - avevano più valore prossenetico, alla stregua di quanto
avverrà negli anni 50 di questo secolo nel teatrino della Matrice, che vero
peso propagandistico di chissà quali idee rivoluzionarie, o mene mazziniane,
per usare il linguaggio del delegato di Sicurezza Pubblica. I Savatteri avevano
una concessione mineraria a Gibillini, che nel 1886 risultava inattiva (cfr.
Rivista del Servizio Minerario - anno 1886).
Dopo, con Gioacchino Savatteri - sindaco defenestrato, alter ego dei
Matrona - il declino di quella famiglia fu inarrestabile, anche per il tracollo
degli affari minerari. Con Eugenio Napoleone Messana - nipote per parte di
madre - e con il prof. Calogero Savatteri, le sorti tornarono favorevoli e la
famiglia gode oggi di incontrastato rispetto. Quanto al circolo Unione, la
potente famiglia vi fu massicciamente presente nell’Ottocento. Con il declino
economico, anche quello presso il pretenzioso sodalizio. La vicenda dei nostri
giorni ha ben altra valenza per consentire cifre nobiliari nelle valutazioni e
negli apprezzamenti.
*
* *
Gaetano
Savatteri, il sindaco ‘garibaldino’, resta in carica sino 1862 l’anno della
grande crisi politica e sociale. Ne prende il seguito Nicolò Picataggi sino al
1863; è quindi la volta di Luigi Tulumello sino al 1864, e poi di Baldassare
Grillo (1864-67) e di Michelangelo Alaimo (sino al 1872); solo a questo siede
sulla poltrona di sindaco il celeberrimo don Gasparino Matrona, che deve
lasciare il posto dopo soli quattro anni (1872-1876) per scandali più di alcova
che politici. Quindi una breve parentesi: Giuseppe Grillo è sindaco solo per
pochi mesi nel 1876. E’ quindi la volta di un grande ritorno: l’avv. Gioacchino
Savatteri, il figlio primogenito di don Gaetano, viene eletto sindaco di
Racalmuto e vi rimane per ben dodici anni (1872-1888); è uno dei sindaci più
longevi dopo l’unità d’Italia. Lo supererà solo il barone Luigi Tulumello che a
capo dell’amministrazione durerà dal 1889 al 1907. Era stato preceduto per un
breve intervallo nel 1888-1889 da Alfonso Farrauto. Gioacchino Savatteri aveva
dovuto abbandonare perché sospettato di una grave malversazione. Il processo
durerà un’eternità e crediamo che sia rimasto irrisolto.
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