ALLEGATO N.° 1
Sciascia dubita del
blasone dei Tulumello ancora nel 1982 quando si accinge a chiosare, da par suo,
il fragile e giovanile lavoretto storico di Nicolò Tinebra Martorana. Vale un
trattato di araldica quell’inciso “una sola famiglia aveva titolo nobiliare,
quella dei baroni Tulumello che fu rivale dei Matrona: incerta però resta la
legittimità del titolo.”
Sorprende come lo scrittore - noto onnivoro in materia di
letture - non abbia mai dato uno sguardo (oppure ha voluto pregiudizialmente prescinderne)
ai ponderosi dieci volumi sulla nobiltà siciliana dell’accreditato San
Martino-De Spucches. Sui Tulumello avrebbe trovato queste ricerche:
TOLUMELLO
O TULUMELLO
FEUDO GIBELLINI
[N.B.: Ma dopo l'Autore sembra cambiare opinione. V. infatti Vol. IX - quadro 1454 pag. 221 - onze
157.14.3.5 annuali di censi feudali - GIBELLINI - Cedolario, vol. 2463, foglio
204.
Giulio GIARDINA GRIMALDI, Principe di
Ficarazzi s'investì di due terzi del feudo di GIBELLINI a 3 dicembre 1787 come
figlio primogenito ed indubitato successore di Diego GIARDINA e MASSA
(Conservatoria, libro Investiture 1787-89, foglio 25).
1. - Quindi
vendette agli atti di Not. Salvatore SCIBONA di Palermo li 22 luglio 1796 a D.
Giovanni SCIMONELLI, pro persona nominanda annue onze 157, tarì 14, grana 3 e
piccioli 5 di censi sopra salme 57, tumoli 11 e mondelli 2 di terre, dovute sul
feudo di Gibellini; e ciò per il prezzo in capitale di onze 3500 pari a lire
44.625. Il detto Scimoncelli dichiarò agli atti di Notar Giuseppe ABBATE di Palermo
che il vero compratore fu il Sac. D.
Nicolò TOLUMELLO. Per speciale grazia accordata dal Re a 29 aprile 1809 fu
confermato lo smembramento di dette onze 157 e rotte dal feudo di GIBELLINI già
effettuate senza permesso Reale (Conservatoria, libro Mercedes 1806-1808, n. 3
foglio 77).
2. - D. Giuseppe Saverio TOLUMELLO
s'investì a 7 giugno 1809 per refuta e donazione a suo favore fatte dal Sac. D.
Nicolò sudetto agli atti di Notar
Gabriele Cavallaro di Ragalmuto li 22 aprile 1809 (Conservatoria, libro Investiture
1809 in poi, foglio 40). Questo titolo non esce nell'«Elenco ufficiale
diffinitivo delle famiglie nobili e titolate di Sicilia» del 1902.
L'interessato non ha curato farsi iscrivere e riconoscere.
Là dove Sciascia potrebbe avere ragione è negli oscuri
passaggi della baronia dal Giuseppe Saverio Tulumello a Luigi Tulumello, che
contestato barone di Gibillini fu nella parte finale del secolo. E.N. Messana
fornisce aneddoti e sapide denigrazioni nel suo lavoro (cfr. specialmente le
pagg. 299-307, ma passim.)
Impensabile comunque che dopo Garibaldi vi potesse essere più spazio per inezie
come le investiture feudali. E Luigi Tulumello, “baruni ranni” lo diventa dopo la morte del padre don Giuseppe
Tulumello - sposato plebarmente Messana, anche se Eugenio Napoleone M. sembra
minimizzare la cosa nei suoi incessanti osanna alla propria famiglia -, morte
avvenuta nel 1869. A dire il vero non troviamo mai indicato Giuseppe Tulumello
con il titolo di barone. Forse il plebeo matrimonio con una Messana, nipote di
un semplice gabellotto e poco onorevole esattore dell’odiata tassa sul
macinato fu d’ostacolo all’assegnazione
del blasone nelle incandescenti concertazioni di famiglia. Barone invece viene
detto il padre di Giuseppe, don Luigi Tulumello. Nell’ultimo “rivelo” del 1822
che si conserva in Matrice ecco come viene, emblematicamente, registrato il
nucleo familiare del potente don Luigi Tulumello:
cognome nome par.la anni
titolo
TULUMELLO
|
LUIGI
|
BARONE DON
|
||
TULUMELLO
|
MARIA
|
MOGLIE
|
DONNA
|
|
TULUMELLO
|
VINCENZO
|
F.O
|
13
|
|
TULUMELLO
|
ROSA
|
F.A
|
11
|
|
TULUMELLO
|
CARMELA
|
F.A
|
9
|
|
TULUMELLO
|
GIUSEPPE
|
F.O
|
5
|
Ovvia la preminenza del vero barone:
TULUMELLO B.NE
|
GIUSEPPE SAVERIO
|
BARONE DON
|
||
TULUMELLO B.NE
|
GRAZIA
|
MOGLIE
|
DONNA
|
Gli altri ceppi della famiglia, contraddistinti da deferenza
con il rispettoso epiteto di “don” o “donna”, sono, frammisti a tanti altri
Tulumello, sprezzanemtente segnati come ignobili, quasi che l’origine non fosse
stata identica anche per i Tulumello del Ramo Catallo (volgarizzazione del nome
Cataldo di un loro antenato):
TULUMELLO
|
SUOR MARIA TERESA
|
SUPERIORA
|
||
TULUMELLO
|
SR. MARIA MADDALENA
|
|||
TULUMELLO
|
D.A MARIA CONCETTA
|
EDUCANDA
|
||
TULUMELLO
|
D.A CAROLINA
|
EDUCANDA
|
||
TULUMELLO
|
D.A NICOLETTA
|
EDUCANDA
|
||
TULUMELLO
|
ROSA
|
VEDOVA
|
DONNA
|
|
TULUMELLO
|
ROSALIA
|
VEDOVA
|
DONNA
|
|
TULUMELLO
|
GIOVANNI
|
DON
|
||
TULUMELLO
|
CARMINA
|
MOGLIE
|
DONNA
|
La genesi del titolo nobiliare - anche se legittima - è
alquanto singolare. Si è visto come sia stato il sacerdote faccendiere don
Nicolò Tulumello, quello osannato del Collegio di Maria, ad acquistare l’ormai
fatiscente blasone del baronato di Gibillini dalla nobile ma sperperatrice
famiglia Giardina Grimaldi. Il sacerdote
era nato a Racalmuto nel 1759 viene così
lumeggiato in un elenco di sacerdoti che si custodisce in Matrice.
«n.° 334. D. Nicolò Tulumello - Colleg., Vicario Foraneo e
Direttore del Collegio di Maria e Fondatore del medesimo, pochi mesi prima di
morire si ritirò nell’Oratorio dei Filippini in Girgenti dove morì il 5 Marzo
1814, anni 65, e per ordine di Monsignor Granata Vescovo di Girgenti si
trasportò il cadavere di Lui nella chiesa di questo Collegio di Maria.»
Pochissimi sono i preti ed i religiosi di casa Tulumello: il
primo in assoluto è D. Michelangelo Tulumello, nato nel 1702 e morto il 13
gennaio 1768. La fortuna dei Tulumello, o meglio del ceppo nobiliare, è coeva
con il predetto sacerdote. Subentra don Nicolò Tulumello che di fortuna ne fece
anche troppa. E’ pressoche suo coetaneo don Giuseppe Tulumello, nato nel 1765 e
morto il 21 aprile del 1804. “Economo e fidecommisso della chiesa del Monte”,
ce lo indica il solito registro della Matrice. Chiude la piccola schiera don
Ignazio Tulumello, nato a Racalmuto nel 1826 e morto il 13 maggio 1897. “Don
Ignazio Tulumello fu Luigi, collegiale del collegio dei SS. Agostino e Tommaso,
confessore ordinario di questo Collegio di Maria, Arciprete di Castrofilippo”,
sendo il noto registro della Matrice.
Don Nicolò Tulumello diventa facoltosissimo - per quali vie
non è dato sapere - e compra il titolo nobiliare di Gibillini. Siamo nel 1796,
il giorno 22 di luglio: i trambusti della rivoluzione francese, le mattane
antifeudale del vicerè Caracciolo (1781-1786), la prammatica sanzione del 1788
dissolvitrice delle antiche leggi feudali del XIII secolo Volentes e Si aliquem, l’invasione del regno di Napoli da parte
delle truppe napoleoniche del 1798 e la fuga in Sicilia di ferdinando di
Borbone sulla nave ammiraglio di Nelson, dovevano mettere sull’avviso chi
avesse voglia ancora di feudi. Ma il prete Tulumello non se ne preoccupò più di
tanto. Con il suo fiuto eccezionale per gli affari, si accaparrò quelle 57
salme con la’ggiunta di 11 tumoli e 2 mondelli di terre nelle ubertose fiancate
a sud del Castelluccio. Di più, non trascurò di acquisire anche quel fardello
blasonato e di censi impalpabili. Ma lo fa con scaltrezza: egli è prete ed a
termine di legge non può divenire feudatario. Allora pensa a mettere in
contratto la solita furba clausola “pro
persona nominanda”. Come da copione, scoppiano liti per diritti successori
tra i nobili alienanti; di mezzo c’è Diego Giardina naselli; alla fine a
spuntarla è comunque l’astuto, piccolo prete di Racalmuto. Ma ecco il colpo di
scena: non è il prete a dichiararsi padrone del feudo ma la “persona da
nominare” è il piccolo Giuseppe Saverio Tulumello, figlio di don Vincenzo e di
donna Rosa Alfano. Portava quel nome Saverio - estraneo alla platea onomastica
dei Tulumello - sol perché il Vescovo di Girgenti Saverio Granata - amico del
prete don Nicolò - lo aveva voluto battezzare di persona nella cappella che
ancor oggi può ammirarsi nelle case di Pietro Tulumello. Per piaggeria, il
secondo nome è quello vescovo girgentano.
Perché don Nicolò, fra tanti nipoti, fratelli e parenti, ebbe
a scegliere proprio Giuseppe Saverio, non è dato sapere. Ad essere malevoli,
chissà cosa si potrebbe sospettare sino alle soglie del dilemma incestuoso.
Quel che troviamo (la malizia agli altri) tra i dati del
rivelo del 1808 è tutto qui:
TULUMELLO
|
NICOLO'
|
anni 54
|
REV. DON
|
ROSA MARIA
|
anni 46
|
COGNATA
|
Il giovane Giuseppe Saverio non lo troviamo censito a
Racalmuto. Fuori per studio? Il padre Vincenzo appare già a questa data
defunto. Ma lasciamo perdere: i nobili
meritano ossequio e discrezione specie da parte di chi i nobili lombi non può
in alcun modo vantarli.
Giuseppe Saverio ebbe nozze sterili e morì tutto sommato
giovane: a soli 61 anni. Anche qui, fra tanti nipote la meglio ce l’ha Luigi
Tulumello figlio di Giuseppe e di Maria Angela Messana. Nato il 25 luglio 1850,
diverrà il sindaco di Racalmuto e resterà celebre anche per un grave fatto di
sangue in cui fu sospettato.
Ma andando a ritroso, si è già detto che il capostite del
ceppo Tulumello finito agli onori del blasone fu tal Ignazio Tulumello sposato
con una non meglio identificata Rosa nel primo ventennio del ‘Settecento.
TULUMELLO
|
LUIGI
|
anni 27
|
DON
|
|
TULUMELLO
|
MARIA
|
M.
|
anni 22
|
DONNA
|
TULUMELLO
|
MARIA CONCETTA
|
F.
|
anni
9
|
|
TULUMELLO
|
VINCENZO
|
F.
|
DI MESI TRE
|
TULUMELLO
|
IGNAZIO
|
anni
41
|
DON
|
|
TULUMELLO
|
ROSALIA
|
M.
|
anni 24
|
DONNA
|
TULUMELLO
|
GIUSEPPE
|
F.
|
anni 5
|
|
TULUMELLO
|
ALOISIO
|
F.
|
anni
3
|
|
TULUMELLO
|
GIOVANNI
|
F.
|
MESI SETTE
|
La famiglia Tulumello ha antiche origini racalmutesi, ma non
nobili. Il primo ceppo si rintraccia nel censimento del 1593. Ci riferiamo al
registro:
DELLA
NUMERATIONI ET DISCRITTIONI GENERALI FATTA DI SUO ORDINI SU DETTA TERRA IN
QUESTO ANNO VI^ IND. 1593 - PRESENTA
BUSCELLUS - P/NT IN RACALMUTO XI JULII
VI IND. 1593. QUINTERNO DELL'ANIME DELLO QUARTERI DI SANTA MARGARITELLA FACTO
PER ORDINI DELLO ILL. NATALICIO BUXELLO DELEGATO DI SUA EX.a
Vi appare la vedova
Paolina Tulumello con i suoi due figli Fabrizio e Andrea.
60
|
1
|
60
|
TULUMELLO PAULINA
|
CAPO DI CASA DONNA VIDUA;
FRABICIO SUO FIGLIO ANNI 24; ANDRIO MIO FIGLIO ANNI 6
|
Anche nel Seicento i Tulumello sono di casa a Racalmuto. Ci sovvengono le “numerazioni di
anime” custodite in Matrice. Nel 1664, i ceppi era i seguenti:
TULUMELLO
|
GIUSEPPE
|
C.
|
2
|
5
|
7
|
|
TULUMELLO
|
ANNA
|
M.
|
C.
|
|||
TULUMELLO
|
MARIA
|
|||||
TULUMELLO
|
GERLANDA
|
|||||
TULUMELLO
|
NICOLAU
|
|||||
TULUMELLO
|
DOROTEA
|
|||||
TULUMELLO
|
URSULA
|
F.
|
TULUMELLO
|
PAOLO
|
C,
|
5
|
2
|
7
|
||
TULUMELLO
|
GIOVANNA
|
M.
|
C.
|
||||
TULUMELLO
|
ANDRIA
|
C.
|
|||||
TULUMELLO
|
ANTONINO
|
C.
|
|||||
TULUMELLO
|
VINCENZO
|
||||||
TULUMELLO
|
GIUSEPPE
|
CLERICO
|
|||||
TULUMELLO
|
ANTONINO
|
Del chierico Giuseppe Tulumello del 1664 si perdono le
tracce: nel registro degli ecclesiastici della Matrice non v’è cenno alcuno.
Un altro nucleo risale alla numerazione delle anime del 1660:
TULUMELLU
|
LEONARDU C.TO ELISABETTA M. C.TA
GIOSEPPE VITA F.
|
Ma i nobili risalgono con certezza ad un tale Ignazio
Tulumello di cui si sa essersi sposato con una imprecisata Rosa. Non è nobile
Negli sponsali del 1738-1744 l’amanuense della Matrice osa storpiare il
riverito cognome in Trumello, alla
paesana (Trumeddu), quando deve registrare le pubblicazioni di matrimonio del
figlio Giuseppe con Paola Cuva di Canicatti, anche questa segnata senza gli
orpelli ed i segni di deferenza, consueti negli atti parrocchiali dei nobili e
signorotti locali.
Ma Giuseppe Tulumello fa presto ad affermarsi in paese: nel
1785-86 egli figura tra i giurati dell’Università di Racalmuto, insieme agli
ottimati Lo Brutto, Scibetta, e Gambuto. Il sindaco è Antonino Grillo. Il
collettore risulta don Giuseppe Amella.
Ma è nel 1791-1792, forte anche dell’ascesa del sacerdote don
Nicolò Tulumello, che l’umile figlio dei Tulumello fa il grande salto nella
scala dei valori sociali del luogo: ora il tesoriere comunale è lui. A lui la
borsa. L’apice del Comune può restare agli altisonanti “magnifico rationale
Impellizzieri Santo”, al “magnifico Baldassare Grillo”, al “magnifico Salvatore
Lo Brutto”, a “Francesco Amella”, a “Paolo Baeri e Belmonte” - che sono sindaco
e giurati -, ma è lui che tiene i cordoni della borsa e così, improssivamente,
i fogli ufficiali della Curia panormitana lo designano con il nobilitante
appellativo di “don”. Finalmente! Ancora non barone come il nipote Giuseppe
Saverio, ma il primo tassello c’è tutto.
L’apice della gloria è rinviato a dopo l’Unità, per merito
dell’erudito - e collerico - barone Luigi Tulumello, il figlio della plebea
Maria Angela Messana, che non punto ritegno e si umilia dinanzi agli arroganti
Matrona, quando in gioco c’è un vago pericolo per lo “sparlettiero” e
scervellato figlio-barone.
Poi la miseranda fine, specie a danno di Arcangelo Tulumello,
per debiti, per sottrazioni indebite. Dice lo Spucches che i Tulumello, al
tempo della riforma sabauda dei titoli nobiliari, fatta ai primi di questo
secolo, non ebbero neppure le poche lire per rivendicare il loro non vetusto -
ma pur sempre legittimo - blasone. Oggi, gli eredi sono dignitosissimi.
Apprezzati. Stimati. Ma ciò ad onta della svanita nobiltà dei loro avi. Tutto
per merito loro. Del resto, tanti Tulumello sono Matrona per parte materna:
quella che nell’Ottocento sarebbe suonata eresia, oggi è motivo di
giustificatissimo vanto.
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