giovedì 28 gennaio 2016



ALLEGATO N.° 1

Sciascia  dubita del blasone dei Tulumello ancora nel 1982 quando si accinge a chiosare, da par suo, il fragile e giovanile lavoretto storico di Nicolò Tinebra Martorana. Vale un trattato di araldica quell’inciso “una sola famiglia aveva titolo nobiliare, quella dei baroni Tulumello che fu rivale dei Matrona: incerta però resta la legittimità del titolo.”

Sorprende come lo scrittore - noto onnivoro in materia di letture - non abbia mai dato uno sguardo (oppure ha voluto pregiudizialmente prescinderne) ai ponderosi dieci volumi sulla nobiltà siciliana dell’accreditato San Martino-De Spucches. Sui Tulumello avrebbe trovato queste ricerche:

TOLUMELLO O TULUMELLO

FEUDO  GIBELLINI

 

[N.B.: Ma dopo l'Autore sembra cambiare opinione. V. infatti Vol. IX - quadro 1454 pag. 221 - onze 157.14.3.5 annuali di censi feudali - GIBELLINI - Cedolario, vol. 2463, foglio 204.

 

 

Giulio GIARDINA GRIMALDI, Principe di Ficarazzi s'investì di due terzi del feudo di GIBELLINI a 3 dicembre 1787 come figlio primogenito ed indubitato successore di Diego GIARDINA e MASSA (Conservatoria, libro Investiture 1787-89, foglio 25).

1. - Quindi vendette agli atti di Not. Salvatore SCIBONA di Palermo li 22 luglio 1796 a D. Giovanni SCIMONELLI, pro persona nominanda annue onze 157, tarì 14, grana 3 e piccioli 5 di censi sopra salme 57, tumoli 11 e mondelli 2 di terre, dovute sul feudo di Gibellini; e ciò per il prezzo in capitale di onze 3500 pari a lire 44.625. Il detto Scimoncelli dichiarò agli atti di Notar Giuseppe ABBATE di Palermo che il vero compratore fu il Sac. D. Nicolò TOLUMELLO. Per speciale grazia accordata dal Re a 29 aprile 1809 fu confermato lo smembramento di dette onze 157 e rotte dal feudo di GIBELLINI già effettuate senza permesso Reale (Conservatoria, libro Mercedes 1806-1808, n. 3 foglio 77).

 

2. - D. Giuseppe Saverio TOLUMELLO s'investì a 7 giugno 1809 per refuta e donazione a suo favore fatte dal Sac. D. Nicolò sudetto agli atti di Notar Gabriele Cavallaro di Ragalmuto li 22 aprile 1809 (Conservatoria, libro Investiture 1809 in poi, foglio 40). Questo titolo non esce nell'«Elenco ufficiale diffinitivo delle famiglie nobili e titolate di Sicilia» del 1902. L'interessato non ha curato farsi iscrivere e riconoscere.

 

 

Là dove Sciascia potrebbe avere ragione è negli oscuri passaggi della baronia dal Giuseppe Saverio Tulumello a Luigi Tulumello, che contestato barone di Gibillini fu nella parte finale del secolo. E.N. Messana fornisce aneddoti e sapide denigrazioni nel suo lavoro (cfr. specialmente le pagg. 299-307, ma passim.) Impensabile comunque che dopo Garibaldi vi potesse essere più spazio per inezie come le investiture feudali. E Luigi Tulumello, “baruni ranni” lo diventa dopo la morte del padre don Giuseppe Tulumello - sposato plebarmente Messana, anche se Eugenio Napoleone M. sembra minimizzare la cosa nei suoi incessanti osanna alla propria famiglia -, morte avvenuta nel 1869. A dire il vero non troviamo mai indicato Giuseppe Tulumello con il titolo di barone. Forse il plebeo matrimonio con una Messana, nipote di un semplice gabellotto e poco onorevole esattore dell’odiata tassa sul macinato  fu d’ostacolo all’assegnazione del blasone nelle incandescenti concertazioni di famiglia. Barone invece viene detto il padre di Giuseppe, don Luigi Tulumello. Nell’ultimo “rivelo” del 1822 che si conserva in Matrice ecco come viene, emblematicamente, registrato il nucleo familiare del potente don Luigi Tulumello:

              cognome                      nome                  par.la      anni       titolo

TULUMELLO
LUIGI
 
 
BARONE DON
TULUMELLO
MARIA
MOGLIE
 
DONNA
TULUMELLO
VINCENZO
F.O
13 
 
TULUMELLO
ROSA
F.A
11
 
TULUMELLO
CARMELA
F.A
9
 
TULUMELLO
GIUSEPPE
F.O
5
 

 

Ovvia la preminenza del vero barone:

 

TULUMELLO B.NE
GIUSEPPE SAVERIO
 
 
BARONE DON
TULUMELLO B.NE
GRAZIA
MOGLIE
 
DONNA

 

Gli altri ceppi della famiglia, contraddistinti da deferenza con il rispettoso epiteto di “don” o “donna”, sono, frammisti a tanti altri Tulumello, sprezzanemtente segnati come ignobili, quasi che l’origine non fosse stata identica anche per i Tulumello del Ramo Catallo (volgarizzazione del nome Cataldo di un loro antenato):

 

TULUMELLO
SUOR MARIA TERESA
 
SUPERIORA
TULUMELLO
SR. MARIA MADDALENA
 
 
TULUMELLO
D.A MARIA CONCETTA
EDUCANDA
 
 
TULUMELLO
D.A CAROLINA
EDUCANDA
 
 
TULUMELLO
D.A NICOLETTA
EDUCANDA
 
 
TULUMELLO
ROSA
VEDOVA
 
DONNA
TULUMELLO
ROSALIA
VEDOVA
 
DONNA
TULUMELLO
GIOVANNI
 
 
DON
TULUMELLO
CARMINA
MOGLIE
 
DONNA

 

 

La genesi del titolo nobiliare - anche se legittima - è alquanto singolare. Si è visto come sia stato il sacerdote faccendiere don Nicolò Tulumello, quello osannato del Collegio di Maria, ad acquistare l’ormai fatiscente blasone del baronato di Gibillini dalla nobile ma sperperatrice famiglia  Giardina Grimaldi. Il sacerdote era nato a  Racalmuto nel 1759 viene così lumeggiato in un elenco di sacerdoti che si custodisce in Matrice.

«n.° 334. D. Nicolò Tulumello - Colleg., Vicario Foraneo e Direttore del Collegio di Maria e Fondatore del medesimo, pochi mesi prima di morire si ritirò nell’Oratorio dei Filippini in Girgenti dove morì il 5 Marzo 1814, anni 65, e per ordine di Monsignor Granata Vescovo di Girgenti si trasportò il cadavere di Lui nella chiesa di questo Collegio di Maria.»

Pochissimi sono i preti ed i religiosi di casa Tulumello: il primo in assoluto è D. Michelangelo Tulumello, nato nel 1702 e morto il 13 gennaio 1768. La fortuna dei Tulumello, o meglio del ceppo nobiliare, è coeva con il predetto sacerdote. Subentra don Nicolò Tulumello che di fortuna ne fece anche troppa. E’ pressoche suo coetaneo don Giuseppe Tulumello, nato nel 1765 e morto il 21 aprile del 1804. “Economo e fidecommisso della chiesa del Monte”, ce lo indica il solito registro della Matrice. Chiude la piccola schiera don Ignazio Tulumello, nato a Racalmuto nel 1826 e morto il 13 maggio 1897. “Don Ignazio Tulumello fu Luigi, collegiale del collegio dei SS. Agostino e Tommaso, confessore ordinario di questo Collegio di Maria, Arciprete di Castrofilippo”, sendo il noto registro della Matrice.

Don Nicolò Tulumello diventa facoltosissimo - per quali vie non è dato sapere - e compra il titolo nobiliare di Gibillini. Siamo nel 1796, il giorno 22 di luglio: i trambusti della rivoluzione francese, le mattane antifeudale del vicerè Caracciolo (1781-1786), la prammatica sanzione del 1788 dissolvitrice delle antiche leggi feudali del XIII secolo Volentes e Si aliquem,  l’invasione del regno di Napoli da parte delle truppe napoleoniche del 1798 e la fuga in Sicilia di ferdinando di Borbone sulla nave ammiraglio di Nelson, dovevano mettere sull’avviso chi avesse voglia ancora di feudi. Ma il prete Tulumello non se ne preoccupò più di tanto. Con il suo fiuto eccezionale per gli affari, si accaparrò quelle 57 salme con la’ggiunta di 11 tumoli e 2 mondelli di terre nelle ubertose fiancate a sud del Castelluccio. Di più, non trascurò di acquisire anche quel fardello blasonato e di censi impalpabili. Ma lo fa con scaltrezza: egli è prete ed a termine di legge non può divenire feudatario. Allora pensa a mettere in contratto la solita furba clausola “pro persona nominanda”. Come da copione, scoppiano liti per diritti successori tra i nobili alienanti; di mezzo c’è Diego Giardina naselli; alla fine a spuntarla è comunque l’astuto, piccolo prete di Racalmuto. Ma ecco il colpo di scena: non è il prete a dichiararsi padrone del feudo ma la “persona da nominare” è il piccolo Giuseppe Saverio Tulumello, figlio di don Vincenzo e di donna Rosa Alfano. Portava quel nome Saverio - estraneo alla platea onomastica dei Tulumello - sol perché il Vescovo di Girgenti Saverio Granata - amico del prete don Nicolò - lo aveva voluto battezzare di persona nella cappella che ancor oggi può ammirarsi nelle case di Pietro Tulumello. Per piaggeria, il secondo nome è quello vescovo girgentano. 

Perché don Nicolò, fra tanti nipoti, fratelli e parenti, ebbe a scegliere proprio Giuseppe Saverio, non è dato sapere. Ad essere malevoli, chissà cosa si potrebbe sospettare sino alle soglie del dilemma incestuoso.

Quel che troviamo (la malizia agli altri) tra i dati del rivelo del 1808 è tutto qui:

TULUMELLO
NICOLO'
anni 54
REV. DON
 
ROSA MARIA
anni 46
COGNATA

 

Il giovane Giuseppe Saverio non lo troviamo censito a Racalmuto. Fuori per studio? Il padre Vincenzo appare già a questa data defunto.  Ma lasciamo perdere: i nobili meritano ossequio e discrezione specie da parte di chi i nobili lombi non può in alcun modo vantarli.

Giuseppe Saverio ebbe nozze sterili e morì tutto sommato giovane: a soli 61 anni. Anche qui, fra tanti nipote la meglio ce l’ha Luigi Tulumello figlio di Giuseppe e di Maria Angela Messana. Nato il 25 luglio 1850, diverrà il sindaco di Racalmuto e resterà celebre anche per un grave fatto di sangue in cui fu sospettato.

Ma andando a ritroso, si è già detto che il capostite del ceppo Tulumello finito agli onori del blasone fu tal Ignazio Tulumello sposato con una non meglio identificata Rosa nel primo ventennio del ‘Settecento.

 

 

TULUMELLO
LUIGI
 
anni 27
DON
TULUMELLO
MARIA
M.
 anni 22
DONNA
TULUMELLO
MARIA CONCETTA
F.
 anni  9
 
TULUMELLO
VINCENZO
F.
 
DI MESI TRE

 

TULUMELLO
IGNAZIO
 
  anni  41
DON
TULUMELLO
ROSALIA
M.
anni  24
DONNA
TULUMELLO
GIUSEPPE
F.
anni    5
 
TULUMELLO
ALOISIO
F.
 anni   3
 
TULUMELLO
GIOVANNI
F.
 
MESI SETTE

 

La famiglia Tulumello ha antiche origini racalmutesi, ma non nobili. Il primo ceppo si rintraccia nel censimento del 1593. Ci riferiamo al registro:

DELLA NUMERATIONI ET DISCRITTIONI GENERALI FATTA DI SUO ORDINI SU DETTA TERRA IN QUESTO ANNO  VI^ IND. 1593 - PRESENTA BUSCELLUS  - P/NT IN RACALMUTO XI JULII VI IND. 1593. QUINTERNO DELL'ANIME DELLO QUARTERI DI SANTA MARGARITELLA FACTO PER ORDINI DELLO ILL. NATALICIO BUXELLO DELEGATO DI SUA EX.a

 

  Vi appare la vedova Paolina Tulumello con i suoi due figli Fabrizio e Andrea.

 

 

60
1
60
TULUMELLO PAULINA
CAPO DI CASA DONNA VIDUA; FRABICIO SUO FIGLIO ANNI 24; ANDRIO MIO FIGLIO ANNI 6

 

Anche nel Seicento i Tulumello sono di casa a Racalmuto. Ci sovvengono le “numerazioni di anime” custodite in Matrice. Nel 1664, i ceppi era i seguenti:

 

 

TULUMELLO
GIUSEPPE
 
C.
2
5
7
TULUMELLO
ANNA
M.
C.
 
 
 
TULUMELLO
MARIA
 
 
 
 
 
TULUMELLO
GERLANDA
 
 
 
 
 
TULUMELLO
NICOLAU
 
 
 
 
 
TULUMELLO
DOROTEA
 
 
 
 
 
TULUMELLO
URSULA
F.
 
 
 
 

 

 

 

 

TULUMELLO
PAOLO
 
C,
5
2
7
 
TULUMELLO
GIOVANNA
M.
C.
 
 
 
 
TULUMELLO
ANDRIA
 
C.
 
 
 
 
TULUMELLO
ANTONINO
 
C.
 
 
 
 
TULUMELLO
VINCENZO
 
 
 
 
 
 
TULUMELLO
GIUSEPPE
 
 
 
 
 
CLERICO
TULUMELLO
 ANTONINO
 
 
 
 
 
 

 

Del chierico Giuseppe Tulumello del 1664 si perdono le tracce: nel registro degli ecclesiastici della Matrice non v’è cenno alcuno.

Un altro nucleo risale alla numerazione delle anime del 1660:

 

TULUMELLU
LEONARDU C.TO ELISABETTA M. C.TA GIOSEPPE VITA F.

 

Ma i nobili risalgono con certezza ad un tale Ignazio Tulumello di cui si sa essersi sposato con una imprecisata Rosa. Non è nobile Negli sponsali del 1738-1744 l’amanuense della Matrice osa storpiare il riverito cognome in Trumello, alla paesana (Trumeddu), quando deve registrare le pubblicazioni di matrimonio del figlio Giuseppe con Paola Cuva di Canicatti, anche questa segnata senza gli orpelli ed i segni di deferenza, consueti negli atti parrocchiali dei nobili e signorotti locali.

Ma Giuseppe Tulumello fa presto ad affermarsi in paese: nel 1785-86 egli figura tra i giurati dell’Università di Racalmuto, insieme agli ottimati Lo Brutto, Scibetta, e Gambuto. Il sindaco è Antonino Grillo. Il collettore risulta don Giuseppe Amella.

Ma è nel 1791-1792, forte anche dell’ascesa del sacerdote don Nicolò Tulumello, che l’umile figlio dei Tulumello fa il grande salto nella scala dei valori sociali del luogo: ora il tesoriere comunale è lui. A lui la borsa. L’apice del Comune può restare agli altisonanti “magnifico rationale Impellizzieri Santo”, al “magnifico Baldassare Grillo”, al “magnifico Salvatore Lo Brutto”, a “Francesco Amella”, a “Paolo Baeri e Belmonte” - che sono sindaco e giurati -, ma è lui che tiene i cordoni della borsa e così, improssivamente, i fogli ufficiali della Curia panormitana lo designano con il nobilitante appellativo di “don”. Finalmente! Ancora non barone come il nipote Giuseppe Saverio, ma il primo tassello c’è tutto.

L’apice della gloria è rinviato a dopo l’Unità, per merito dell’erudito - e collerico - barone Luigi Tulumello, il figlio della plebea Maria Angela Messana, che non punto ritegno e si umilia dinanzi agli arroganti Matrona, quando in gioco c’è un vago pericolo per lo “sparlettiero” e scervellato figlio-barone.

Poi la miseranda fine, specie a danno di Arcangelo Tulumello, per debiti, per sottrazioni indebite. Dice lo Spucches che i Tulumello, al tempo della riforma sabauda dei titoli nobiliari, fatta ai primi di questo secolo, non ebbero neppure le poche lire per rivendicare il loro non vetusto - ma pur sempre legittimo - blasone. Oggi, gli eredi sono dignitosissimi. Apprezzati. Stimati. Ma ciò ad onta della svanita nobiltà dei loro avi. Tutto per merito loro. Del resto, tanti Tulumello sono Matrona per parte materna: quella che nell’Ottocento sarebbe suonata eresia, oggi è motivo di giustificatissimo vanto.

 

 

 

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