La verità storica sulla ribellione racalmutese del
1862
L’indulgenza che Sciascia propina al forestiero
prefetto Falconcini è sospetta per vari versi: ma forse Sciascia ebbe sotto
mano solo qualche sporadica fotocopia dell’opera del Falconcini e non poté
farsene un’idea precisa. Certe sortite di quell’ex deputato, impovvisato
prefetto, stentiamo a credere possano essere passate inosservate la loico
scrittore racalmuetse e - peggio - venire addirittura condivise. Si pensi che
Falconcini ad un certo punto credeva fosse in sua mercé arrestare la gente
sospetta per farla ‘cantare’ sotto processo: peggio di taluni eccessi della
moderna antimafia - giustamente stilettata dal grande racalmutese.
Falconcini stette pochi mesi a capo della provincia di
Girgenti. I suoi metodi dittatoriali, vessatori, improvvidi suscitarono
campagne di stampa avverse e attacchi in parlamento, tanto da spingere Silvio
Spaventa a destituirlo repentinamente, senza neppure chiedere una qualche
giustificazione. La misura era al colmo. Il Falaride di Girgenti veniva detto
sulla stampa. Ed a ragione, se diamo appena uno sguardo critico alle vicende
racalmutesi in cui fu odioso protagonista.
Falconcini, umiliato ed offeso da provvedimento
ministeriale, scrisse un libro a sua difesa - e sicuramente a sue spese - che
si premurò di mandare in Parlamento nella speranza - disillusa - che potesse
sortire un qualche effetto a suo favore. Stizzosamente, Ubaldino Peruzzi
tagliava corto con tal cav. Boggio deputato al parlamento di Torino - in
atteggiamento difensivo verso il defenestrato prefetto di Girgenti.
Scrivendogli testualmente «egli [falconcini] è stato dispensato, non
destituito, dalla carica di prefetto di Girgenti. Prendendo questa
determinazione il ministero non ha inteso infliggere al signor Falconcini
veruna punizione o biasimo, percché non ne abbia motivo.» Non era vero, ma la
sortita burocratica era di quelle da tappare la bocca a chiunque. Non c’era
però riprovevole dietrismo come lascia intendere Sciascia. Il prefetto era
venuto in Sicilia ed in quella sperduta landa del sud convinto di avere a che
fare con dei coloni africani cui raddrizzare le gambe.
Abbiamo il maligno sospetto che si sia lasciato
guidare anche dalla malevola animosità contro taluni nuovi ceppi borghesi
dell’oriundo avvocato Picone. Costui si era premurato di ospitare questa
espressione del nuovo stato sabaudo a casa sua. Poi, pare palesamente pentito
per i guai che ciò ebbe a procurargli. Stralciamo dalle sue Memorie. « 13
agosto 1862- leggesi a pag. 658
- Giunge il novello prefetto signor
Falconcini. Il dopo pranzo giunge un generale con due pezzi di artiglieria di
campagna ed altra truppa di linea, che la sera circonda la città. !4 agosto -
La sera parte tutta la truppa, lasciando sparutissima guarnigione. Disertano
taluni soldati, onde riunirsi a Garibaldi - 21.- Si pubblicano le copie
dell’ordinanza di Cuggia, prefetto di Palermo, per le quali si proclama lo
stato d’assedio in tutta Sicilia, le quali vengono lacerate. Il dopo pranzo si
vedono parecchie pattuglie di soldati, le quali si ritirano ai reclami di
taluni uffiziali della guardia nazionale, che trae a sé il peso della custodia
dell’ordine. 22.- Giungono lettere che annunziano l’entrata di Garibaldi in
Catania. 27.- Giunge un proclama di Garibaldi, per lo quale protesta a favore
del re, e contra il ministero. 30.- Giunge al prefetto di Reggio Calabria un
telegramma, che annunzia Garibaldi disfatto e ferito in Aspromonte. Lutto,
sgomento, pianto nelle famiglie dei garibaldini. 31.- Si vuol fare una
strepitosa dimostrazione contro il governo, ma non si giunge a farla. Il
malumore aumenta. SETTEMBRE. 1 a 6.- Lo spirito pubblico eccitato. Risse e
malumore per la novella moneta decimale. [ ...] 8.- Arrivano per la via di mare
circa cinquecento bersaglieri, che si dicono essere di coloro che attaccarono
Garibaldi. 9.- Si pubblica un’ordinanza di Cialdini, per la quale si dispone:
“Che le bande armate che saranno trovate in campagna, saranno trattate come
briganti, e che gli avanzi delle bande garibaldine, nel termine di cinque
giorni, dovranno presentarsi, e saranno trattati quali prigionieri di guerra.
Scorso quel termine lo saranno come briganti.” Gran malumore! 13.- Giunge il
32° di linea. [...] OTTOBRE. 1.- Per ordinanza del colonnello Eberhard è
comandato il disarmo, proibita l’asportazione e la detenzione delle armi, sotto
pena di fucilazione. 11.- Un vapore trasporta centosessanta detenuti di s.
Vito. 12 al 25.- Giunge il 4° di linea. Innumerevoli arresti di ladri, di
galeotti e di galantuomini alla rinfusa. [...] DICEMBRE. 14.- Si vede sulle
mura delle case, lungo il corso principale scritto: Abbasso Falconcini.
17.- Mi si invia, per la posta, un biglietto che dice: “ Si prepara una
combinazione, che sembra infernale, la quale se verrà ad effetto,la vostra casa
andrà in fumo. Ciò si fa non per colpir voi, ma il prefetto.” Questi abita il
quarto piano superiore al mio. [...] 1863 - GENNAIO. 13.- Proclama di
Falconcini, che promuove una soscrizione contro il brigantaggio di Napoli. 6.-
Egli con altro proclama, annunzia la sua destituzione. [...] FEBBRAIO. 12.-
Arrivo del novello prefetto Bosi.»
Ma veniamo alla rivolta racalmutese. Tra la variegata
documentazione Falconcini scegliamo per primo questo rapporto al Ministro
dell’Interno che ci pare il più obiettivo. «Al Ministro dell’Interno. Il paese
di Racalmuto è uno di quei luoghi ove malauguratamente ha regnato ben poco
l’impero della legge e dell’autorità, per le dissensioni esistenti fra gl’individui
delle due famiglie Matrona e Ferrauto, che atteggiandosi a partito politico si
facevano lecito ogni azione che fosse creduta invisa al partito avverso.
«Così rima dell’arrivo di Falconcini, n.d.r.] dovè sciogliersi il consiglio
comunale [...] Fu inviato un commissario nella persona del consigliere Di
Catania [col compito anche ] di ricostruire la guardia nazionale.
«[...] niuno iscritto delle classi 40 e 44era stato
obbediente alla chiamata [della leva]. [Racalmuto fu abbandonato] nella seconda
metà di agosto dal distaccamento di truppe sotto gli ordini del generale
Ricotti per operare nei dintorni di Catania [..]
«Il giorno 6 [settembre 1862] il paese cadde in preda
ad un terribile disordine. I malviventi, i rei di omicidio e furti, tutti latitanti alla giustizia, i coscritti
renitenti e persone di mal’affare sopraggiungevano nel paese, quale orda
invaditrice cui non opponeva resistenza la guardia nazionale sebbene eccitata e
capitanata dal giudice di mandamento.
«Era saccheggiata la caserma dei carabinieri ... si
appiccò il fuoco agli archivi del comune e della percettoria ed agli stemmi
sabaudi; fu aggredito e saccheggiato il corpo di guardia della milizia
nazionale; si saccheggiava il casino di compagnia, si aprivano le carceri ai
detenuti, si aggrediva la vettura corriera, derubando i passeggeri e bruciando in piazza fra l’orda popolare i
dispacci postali, e così paralizzata l’azione di ogni autorità, gli abitanti si
scambiavano fra loro secondo i partiti colpi di fucile che fortunatamente non
produssero lacrimevoli effetti.
« [...] nella notte del 7 settembre una colonna andò
sul posto per rimettere l’ordine, arrestare i colpevoli e fare eseguire in ogni
parte il proclama del generale Cialdini sullo stato d’assedio.
« [...] Gli arresti furono eseguiti dalla truppa nel
numero di sessanta circa.
«[....] molte delle persone compromesse nei disordini,
costituiti in banda di circa 150 soggetti, tutti debitori di reati o renitenti
alle leve, si accamparono in armi nei monti circostanti al paese quasi gettando
una sfida alla truppa, che non poteva agire contro di loro, preoccupata come
era nell’interno ad eseguire il disarmo, custodire gli arrestati e mantenere la
quiete.
«Una compagnia di bersaglieri sotto gli ordini del
maggior comandante il 6° battaglione, moveva da qui nella notte per dare la
battuta ai briganti ricoverati nel monte detto Castellazzo [secondo Picone -
per noi più correttamente - Castelluzzo [1] ]
Difetto di preventiva intelligenza colla prefettura di Caltanisetta [sic],
sebbene richiesta, fece sì che dato l’assalto dalla colonna i briganti
retrocessero e non trovata altra truppa che li attaccasse a tergo poterono
rifuggirsi isolatamente nella provincia suddetta, ma cessò la loro presenza
d’infestare le campagne e minacciare di nuovo Racalmuto.
«Rimasta in questo luogo una compagnia di bersaglieri,
che sembrò sufficiente a tenere in rispetto l’autorità del governo, ai 18
settembre fu eseguita la traduzione dei detenuti a Girgenti per disporne come
di ragione; ed infatti molti sono stati già liberati dal potere ordinario, i
veri colpevoli essendosi resi latitanti, ed altri in minor numero essendo
rimasti in carcere come dediti a qualunque azione criminosa.
«Sebbene l’autorità giudiziaria non potesse
raccogliere abbastanza prove per incriminarli, risultò da tutto l’insieme che
causa dei fatti avvenuti era l’animosità fra le famiglie Matrona e Ferrauto che
avevano diviso il paese. Allontanatesi quelle famiglie per timore di severe
misure, la popolazione riacquistò quiete invidiabile che rimane inalterata.
«Girgenti, li 8 ottobre 1862. Il prefetto:
Falconcini.»
Cattivo prefetto, pessimo profeta: i Matrona ed i
Farrauto furono costretti all’esilio - a quanto sembra - ma la quiete a
Racalmuto non arrivo; anzi i successivi fatti di gennaio mostrano un’arroventarsi
del clima di contestazione. Il popolo di Racalmuto non era dunque quella misera
cosa in mano agli ottimati corrispondenti ai Matrona ed ai Farrauto (famiglie
solo di recente giunte a Racalmuto: nel settecento; i primi al seguito di un
prete funzionario di conti succeduti ai Del Carretto; i secondi con armenti di
pecore, come si sopra visto). Non erano costoro che potevano dominare il non
irruento ma non succubo popolo di Racalmuto. Il prefetto era male informato.
Abbiamo insinuato dall’avvocato Picone.
La nota è importante, poi, per la storia del circolo
unione: preso di mira dal popolino, sichiamava ancora “circolo di compagnia”;
la prosa prefettizia sembra avvolorare ciò oltre ogni ragionevole dubbio.
Non crediamo che, se Sciascia avesse letto davvero
questo passo del libercolo del Falconcini, si sarebbe indotto ai sullodati
apprezzamenti positivi.
Il circondario di Girgenti era piuttosto disarmato in
quel periodo: tutto l’intero distaccamento bersaglieri, 6° battaglione,
presidiava il derelitto Racalmuto e sicuramente ne insidiava le donne, con
tanta rabbia dei barbuti - ed in gran parte latitanti - maschi del luogo,
pregiudizievolmente renitenti alla leva dei Sabaudi. Come dargli torto?
Il patetismo di Eugenio Napoleone Messana è di sicuro
sbracato, ma per taluni accenti coglie nel segno. «La goccia che fece traboccare il vaso dei malcontenti - scrive Messana
a pag. 248 - e delle disillusioni .. fu l’estensione alla Sicilia della leva
obbligatoria. [...] la ferma prevista per le prime leve era di anni cinque ed
era estesa a tutti i giovani dichiarati abili dalla commissione di leva. Tale
notizia giunse come una sciagura immensa. Cinque anni fuori dal proprio
ambiente per le terre sconosciute del continente parevano una cosa
insopportabile. E le proprie abitudini interrotte, le famiglie lasciate, le
braccia lavorative che venivano meno alle famiglie? Cinque anni poi, dai 21 ai
26 anni assorbivano il cuore della gioventù di un uomo. Gli sposati dovevano
lasciare le proprie mogli, gli innamorati dovevano rinunziare all’idea di
sposare: questioni tutte che gravano eccessivamente sui giovani siciliani,
dotati delle caratteristiche ambientali ben note, allora più marcate
dall’arretratezza e dall’analfabetismo. Si cominciò a cantare nel tipico lamentoso
motivo dei canti popolari siciliani, accompagnati dal singhiozzo dolce dello
scacciapensieri: “la leva c’è in Sicilia e maritari nun ni putemo cchiù:
com’hamma a fari?” » Non sarà
stato come dice Messana, ma la miscela dovette essere proprio esplosiva se il
pacifico popolo di Racalmuto ebbe tanta irrefrenabile ira. Era pretestuoso
pensare che un Matrona o un Farrauto potesse avere tanta forza da sobillare una
comunità se non altro indolente per atavica acquiescenza. A noi non era mai
capitato, nelle nostre ricerche storiche, di incontrarci una una ribellione di
stampo militare come quella del 1862. I redentori sabaudi un miracolo, in un
certo senso, erano riusciti a crearlo in Sicilia e proprio a racalmuto.
Il Falconcini, dopo, in piena irritazione per
l’umiliante defenestramento, sui misfatti di Racalmuto torna ed ora con accenti
più caustici e più offensivi. Scrive (cfr. il capitolo di pag. 55 intitolato:
“Vandalici fatti consumati in Racalmuto”): «Da Canicattì
Sottolineiamo subito quell’accenno al casino di
conversazione; quella devastazione; quell’insolenza da parte della plebaglia
(ma insufflata dai Farrauto). I “ddo”
racalmutesi finito in burla: inaudito; mai sotto i Borboni sarebbe
successo! Deserte allora le sale in quel settembre nero? C’è da esserne certi .. ma per il fatto che i
galantuomini erano tutti nelle loro villette di campagna a godersi le splendide
settembrate dell’altipiano racalmutese.
Quell’assalto al circolo - noi crediamo - fu più chiacchierato che reale. Del
resto anche i Farrauto erano autorevoli membri del nobile sodalizio.
Sciascia non era nuovo nell’ingigantire il settembrino
assalto al circolo dei galantuomini. In Parrocchie
di Regalpetra [2]
l’allora giovane scrittore - in vena quindi di visionarietà romantica -
ebbe a scrivere quel passo sfottente che abbiamo sopra riportato.
La simpatia per il prefetto (toscano e crediamo noi
con voglie filo massoniche con quel favorire i Matrona) crediamo sia dovuta al
culto che Sciascia ebbe per la famiglia di don Gasparino - e fu un culto tanto
inossidabile quanto sprovveduto. A distanza di anni, quando un certo tipo di
passioni si era affievolito, ecco come la locale pubblica sicurezza ripercorre
quelle oscure vicende. Siamo nel giugno del 1886 - quattordici anni dopo,
dunque - ed il Delegato di S.P. A. Coppetelli così riferisce al prefetto:
«Riscontro
alla Nota N. 419 Gabinetto, del 13 Giugno 1876 -
OGGETTO:
Intorno al reclamo della Società di mutuo soccorso degli operai, in Racalmuto.
Ill.mo Signore Signor Prefetto della Provincia di
Girgenti.
Racalmuto addì 14 giugno 1876.
Prima ch'io imprenda ad informare la S.V. Ill.ma
sulle cose esposte nel reclamo della Società, in oggetto indicata, non sarà
inutile lo accennare alle fasi, che subirono i partiti Municipali, in
Racalmuto, a datare dall'anno 1860 a tutt'oggi.
Anteriormente alla rivoluzione dell'anno 1860,
primeggiava in Racalmuto la famiglia Farrauto,
e pel prestigio, che esercitava su questa popolazione detta famiglia, sebbene
di principii alquanto retrogradi, continuò pure ad avere ogni ingerenza in
questa Amministrazione Comunale, fino all'anno 1862.
Man mano che la famiglia Farrauto, dall'anno 1860 all'anno 1862, era andata perdendo di
prestigio per l'opposizione, che le veniva facendo la famiglia Matrona, in allora composta di sette
fratelli, la quale conoscendo che vi sarebbe stato il suo tornaconto a
secondare il governo nazionale già instaurato anche in queste provincie,
cercava di entrare a far parte di questa Amministrazione Comunale. E da quì
incominciarono i rancori e gli odii tra le dette due famiglie.
Il territorio del Comune di Racalmuto, come in tutti
gli altri territorii dei Comuni di Sicilia, nell'anno 1862, era scorazzato
dalle bande dei renitenti e dei disertori delle due classi di leva militare
degli anni 1860 e 1861, ed a queste unitisi i latitanti per reati comuni, nel
settembre 1862, invasero questo paese commettendo atti vandalici, che non è
mestieri ch'io rammenti alla S.V. Ill.ma.
Non potrei dire con certezza, se per quella
influenza, che ancora esercitava la famiglia Farrauto o per qual altra ragione, il Comandante della truppa, che
venne spedito in Racalmuto, per quella circostanza, fece eseguire l'arresto dei
fratelli Matrona, come ritenuti
complici nei fatti del Settembre 1862.- Ma chiarita presto la loro innocenza,
vennero quasi subito lasciati liberi. In proseguo poi vennero arrestati taluni
della famiglia Farrauto, e qualche
aderente di quella, per lo stesso titolo pel quale furono arrestati i Matrona. Anche questi ultimi arrestati,
dopo un lungo tempo, vennero ridonati a libertà, perchè quanto loro si
attribuiva, non potè essere provato nelle vie giudiziarie.
In appresso le due famiglie Matrona e Ferrauto
vennero tra loro a conciliazione, e per tal modo, ben presto riuscirono ad
acquistare, in Racalmuto una certa supremazia, da riuscire cosa facile
l'entrare a far parte di questa Amministrazione Comunale insieme ad altri loro
aderenti, ciò che continuò ad essere fino a tutt'oggi, e fino a tutto l'anno
1874 senza incontrare ostacolo di sorta, se si eccettuano le guerricciole e gli
screzii, che si andavano manifestando tra il partito Matrona, che così chiameremo sin d'ora, e l'altro che andava
accentuandosi, capitanato dal Barone Sig.r Luigi Tulumello, giovine di qualche ingegno, e ricco per censo, ma di
poca esperienza nelle vicende dei partiti sì politici, che amministrativi.
Questi screzi si andavano manifestando per la
ragione, che in paese si facevano serpeggiare dei lamenti contro
l'Amministrazione Comunale, per la gravezza delle imposte comunali. Le cose
andiedero prendendo più vaste proporzioni, nei primi mesi dell'anno 1875, ed
allorquando per altre piccole differenze sorte tra i socii dell'unico Casino di Compagnia, di cui facevano
parte quasi tutti i civili di Racalmuto, senza distinzione di colore tanto
politico, quanto amministrativo, una porzione di detti socii, aderenti al
partito del Tulumello, tra i quali
il Sig.r Giuseppe Matrona fratello
dell'attuale Sindaco, si staccarono da detto Casino di Compagnia, e ne fondarono un'altro, che ora conta una
quantità abbastanza rilevante di socii.- Quì le ire e gli odii tra questi due
partiti si accrebbero e ne nacque una completa rottura.
Intanto si avvicinavano le elezioni parziali
amministrative dell'anno 1875, ed ognuno dei due partiti si adoperava per
riportare la vittoria a proprio favore. In questo stato di cose, oltrecché gli
animi erano esacerbati; un proclama datato da Racalmuto, e pubblicato nel
giornale, che viene in luce a Palermo, L'Amico
del Popolo, venne ad aggiungere fiamma a fiamma. Perchè poi la S.V.Ill.ma
possa apprezzare la sostanza di quel proclama, sebbene io sia persuaso, che non
le giungerà nuovo, pure quì unito glielo trasmetto contenuto nel suddetto
Giornale, come pure unisco altri due giornali nei quali trovansi le repliche a
quel proclama.
Le Elezioni Amministrative ebbero il loro
compimento, e riuscirono in senso favorevole al partito del Matrona. Questo proclama ebbe per
conseguenza una sfida a duello, sfida che faceva l'attuale Sindaco Sig.r
Cavalier Gaspare Matrona al Barone Sig.r Luigi Tulumello, creduto dapprima
autore di quel proclama. Quel duello poi non ebbe il suo effetto, poichè rimase
sospeso dopo essersi ricorso allo espediente di un giurì d'onore, di cui io non
conosco il vero tenore, non essendomi riuscito di trovarne un'esemplare.
In quella circostanza il Sindaco Sig.r Matrona, a
mezzo dei suoi aderenti, fece sentire alla Società di mutuo soccorso degli
Operai in Racalmuto, che sarebbe stato suo compito smentire per le stampe le
cose contenute in quel proclama a carico dello stesso Sindaco e dell'intera
Rappresentanza Comunale. Detta Società anziché aderire a quella proposta, fece
come suo quel proclama, e quindi la Società stessa invitò il Sig.r Sindaco
Matrona, come socio onorario a giustificarsi delle accuse, che gli erano state
fatte per quel proclama.
Questo procedere della Società Operaia diede luogo
ad una scena, che in seno alla Società stessa fece il Sig.r Matrona Napoleone
altro fratello del lodato Sig. Sindaco. La scena fu questa: il medesimo Sig.r
Napoleone Matrona recatosi alla sede della Società ov'erano radunati i socii, o
furono fatti radunare a bella posta, e colà appostrofò con termini non troppo
convenienti i socii, che vi si trovavano, facendoli aspra rampogna di quanto
avevano operato verso il fratello di lui Gaspare Matrona.
E quì non sarà fuor di proposito lo accennare al
nascere e allo sviluppo, che ebbe la Società Operaja in Racalmuto, e qual è al
presente. Istituita detta Società nell'anno 1873, e messo fuori il suo
programma, buona parte di questa cittadinanza vi si associò, tal che il numero
dei socii, in breve tempo, divenne abbastanza rilevante. Però dopo il fatto
sovra esposto, molti socii del partito del Matrona non vollero più appartenere
a detta Società, ed in quella vece vi entrarono parecchi soggetti, che per la
loro moralità e tristi precedenti, come si dirà in appresso, non le fa troppo
onore, tal che al presente la Società non conta, che il meschino numero di ottatre socii, compresi i socii
onorari.
Intanto il partito del Tulumello colse questa favorevole circostanza per maggiormente far
la guerra all'attuale Amministrazione Comunale, incoraggiando la Società Operaia ad agire anche col mezzo della stampa
per raggiungere lo scopo qual era ed è di abbattere detta Amministrazione.
I socii onorari Piccone Ignazio, Picone Giuseppe, e
parecchi altri furono quelli che stigmatizzarono la Società Operaja nel suo
nascere, propalando in paese, che chi vi associava era scomunicato; che la
Società Operaja era una istituzione detestabile, e che non era opera di buon
cittadino lo appartenervi.
Dicevasi questo perchè, allorchè fu istituita detta
Società, questa era sotto gli auspicii del Municipio; ma in contrario di quanto
dicevano allora, ora appartengono alla stessa Società per far guerra al
Municipio.
Tolti Garibaldi,
Campanella, Saffi e Floretta che nulla sanno dello scopo e del personale
della Società, e tolti pure Savatteri
Calogero, Romano Salvatore, Tulumello Luigi, Picone Marco, Mendola Calogero,
Travale Antonino, Presti Giuseppe e Tinebra Salvatore, che trovansi nella
Società, chi per solo spirito di opposizione, e chi per idee più o meno spinte,
pel resto però detta Società, in sè, ha degli elementi non troppo buoni, come
facilmente si desume dai cenni biografici di quattordici di coloro che ne fanno
parte, e sono i seguenti:
1° S c i b e t
t a Salvatore è autore dell'assassinio commesso a danno di Sicorella Salvatore, e
sotto tale imputazione fu per molto tempo in carcere; e poscia per la sua
scaltrezza venne prosciolto da quella imputazione denunziando altri, e
facendosi chiamare come testimonio. E questi è il Presidente della Società di
mutuo soccorso degli Operai di Racalmuto.
2° R o s s e l
l o Giovanni, fu imputato di omicidio mancato, in danno di Calogero Scimè; e non
saprei dire con certezza se ne riportò condanna.
3° M a r c h e
s e Giuseppe Primo, è uomo di carattere, irrequieto, ed abitualmente ubriaco.
4° L u m i
a Gaetano,è persona che gode pesima fama in Racalmuto; ma però non si conoscono
precedenti, che stiano a suo carico.
5° G r i l l
o Giuseppe figura nel novero degli ammoniti di questo Comune.
6° F a r r a u
t o Angelo riportò condanna per omicidio mancato in danno di Rocca Calogero.
7° G i a r d i
n a Pietro, ammonitofu imputato di tentata estorsione di denaro mediante lettera
minatoria diretta a Pinò Nicolò.
8° B e l l a v
i a Elia, vecchio camorrista, e molto tempo indietro fu anche sorvegliato.
9° L i c a t
a Nicolò, è persona ritenuta capace di commettere furti di destrezza.
10° S c i m è
Salvatore, nel 1860, in Bonpensieri con
altri compagni disarmarono molti cittadini, appropriandosi le armi, e nel 1861
fu uno dei presunti autori dell'assassinio in persona di Santo Cino Chillici.
11° F e r r a
u t o Vincenzo ha delle imputazioni, di cui ancora non si conosce l'esito.
12 G i a n c a n i Luigi è stato più volte carcerato per varie imputazioni dalle quali riuscì ad
essere prosciolto.
13 P a l u m b o Angelo viene ritenuto un tristissimo soggetto, ma non si conoscono
precedenti, che stiano a suo carico.
14 P a l u m b o
Antonino, come al N. 13.
Tutti gli altri socii, salve pochissime eccezioni,
appartengono all'infima classe dei zolfataj, oltrecché non godano veruna
fiducia in paese. Questa Società però, almeno pel tempo in cui io mitrovo in
Racalmuto, non ha dato luogo a verun rilievo sul conto suo; avendo dovuto
soltanto osservare che, con quella pacatezza e disinvoltura accompagnata da un
certo sussiego, con cui nel giorno 10 ultimo scorso Maggio si recò al Cimitero
Comunale per rendere osservanza alla memoria di Giuseppe Mazzini, del pari il
giovedì santo di quest'anno si portò alla visita dei Santi Sepolcri nelle varie
chiese di Racalmuto, con alla testa la banda musicale e la bandiera della
Società.
Tutto ciò premesso, ora imprenderò a riferire
intorno agli adebiti, che si fanno nel reclamo della Società Operaja di
Racalmuto, a carico dell'attuale Amministrazione Comunale.
Quel reclamo incomincia dal dire, che questo
Municipio fa ogni sforzo per disperdere la Società Operaja. A questo
proposito io non ho potuto rilevare altro, se non, che l'attuale
Amministrazione Comunale, non è amica della Società Operaia, del resto poi non
si conoscono fatti, che per parte di questo Municipio si faccia ogni sforzo per
disperdere, come dice il ricorso, detta Società.
Sullo stesso proposito, in altro punto di quel
reclamo si accenna all'aver dovuto chiamare l'attuale Sindaco a discolparsi
come socio onorario. In questo punto il ricorso vuole riferirsi su quanto
ha relazione al proclama di cui ho riferito di sopra, cioè quando la Società
venne invitata a combattere quel proclama, ed invece se lo fece suo. Dopo
questo fatto, sussiste che il partito del Matrona
cercò ed ottenne di far ritirare molti socii da detta Società, altri però si
fecero cancellare di propria iniziativa. Ma però inutilmente ebbi a far
pratiche per appurare, che si fossero posti in opera i mezzi a cui accenna il
reclamo per far ritirare dalla Società i detti socii.
Ciò che sussiste in realtà, si è che il Delegato
Sig. Macaluso si recò alla sede della Società, non saprei precisare con qual
pretesto, e dagli atti ivi esistenti, sottrasse tutte le carte, che si
riferivano alla vertenza passata tra il Sig.r Sindaco Cavalier Matrona, come
socio onorario, e la Società stessa.
Continua quel reclamo sempre allo stesso proposito,
e dice, che dallo stesso Municipio si tentò per varie volte e per mendicati
pretesti di sfrattare la Società dalla Sala, che dallo stesso Municipio gratuitamente gli fu
concessa per le ordinarie riunioni. A quanto mi è risultato, il Municipio,
su questo particolare, altro non fece, se non invitare per iscritto il mio
predecessore a chiamare il Presidente della Società operaja per esortarlo a
consegnare la chiave della detta Sala, perché il Municipio abbisognava di quel
locale per collocarvi il Distaccamento di Fanteria, ma il medesimo Presidente
essensodi rifiutato di ciò fare, le cose restarono quali erano, e più non se ne
parlò.
Finalmente in quel ricorso è detto, e sempre a
proposito che il Municipio cerca di disperdere quella Società, che si negano
le licenze di porto d'armi ad integerimi cittadini, che appartengono alla
Società Operaja, e che i relativi incarti giaciono polverosi sugli scaffali
municipali. Questo molti lovanno ripetendo, ma è tale un fatto da non
potersi credere, poiché gli aventi interesse, se non vogliono ricorrere alla
Superiorità per conseguire il permesso di porto d'armi, o almeno perché la
relativa pratica avesse il suo corso, io sono certo che avrebbero già ricorso
per ottenere la restituzione del vaglia postale, che insieme ai documenti
presentati vi si dovrebbe trovare il vaglia postale per l'ammontare della tassa
stabilita in £. 6=60, per ogni permesso di porto d'armi.
Aggiungerò poi, che tutte le investigazioni fatte in proposito riuscirono in senso
affatto negativo. Inoltre in detto ricorso si accenna alle violenze che si
esercitano alla vigilia delle Elezioni Amministrative. Su questo
particolare a quanto ho potuto appurare, mi è risultato, che il partito Matrona ha in tali circostanze cercato
di riuscire nel suo intento, valendosi snche di quella influenza, che ha sempre
costantemente esercitata in paese, ma non mi è riuscito di trovare un'elettore,
che dichiari di aver subite violenze, ciò che il partito contrario è andato e
va dicendo tuttora, e come si è esposto nel reclamo del quale si tratta.
Il medesimo ricorso accenna poi ad opere di lusso
fatte dal Municipio da dilapidare le ricche entrate del paese. Intorno a
questo punto tutti sanno, che l'Amministrazione Comunale spese forti somme per
la costruzione della Casa Comunale, per l'annessa Caserma dei Carabinieri
Reali, e per il teatro, ove tuttora si lavora per il compimento dell'opera
muraria, e che richiederà non poca spesa per condurlo a compimento.
Ma a che vale ora lamentare un fatto, che può dirsi
totalmente compiuto, e che riportò la sanzione del Consiglio Comunale, e quella
Superiore? Certo però si è che tali opere si potevano fare con meno sfarzo, ciò
che sarebbe ridondato a vantaggio di questi amministrati, poiché molte migliaia
di lire si sarebbero risparmiate.
Lo stesso si dica circa ai lamenti, che fa quel
ricorso intorno alla costruzione della strada obbligatoria intercomunale
Racalmuto Favara, essendo anche questo ormai un fatto compiuto ed autorizzato a
forma di legge; ma che però non manca di essere gravoso a questi Amministrati,
ciò che vanno ripetendo anche alcuni amici del partito Matrona, osservando che contemporaneamente si sta costruendo altra strada pure
obbligatoria tra Racalmuto e Montedoro, ciò che se è vantaggioso dal lato di
veder sviluppata, e presto, la viabilità intercomunale, non è men vero, che
costruendosene due ad un tempo, ciò viene ad aggravare, e non poco, il Bilancio
Comunale, e per esso questi Amministrati; e perciò non mancano coloro che vanno
lamentandosi della gravezza delle tasse Comunali. E da ciò che in detto ricorso
si grida all'arbitrio nelle deliberazioni di questo Consiglio Comunale, ed
alle flagranti violazioni della legge.
Quel reclamo finalmente accenna alla mafia
nell'avvenimento del 27 Agosto 1875, come lo si chiama in detto reclamo, e
segue quindi a dire, che la Società Operaja, e che la pubblica opinione e
l'Autorità giudiziaria seppero rendere èpina giustizia.
In riguardo a ciò le cose passarono come appresso.
Dopo, che il novello partito del Tolumello si era più scopertamente
manifestato l'anno scorso, massime per varii articoli pubblicati per i
giornali, e dopo la fondazione del nuovo Casino di Compagnia, come sopra si è
accennato, e finalmente dopo tutti gli altri fatti superiormente accennati che
precedettero, accompagnarono e susseguirono le Elezioni Amministrative di detto
anno, i componenti la Società Operaja, sembrava a quanto aseriscono gli
avversari di questa e del partito del Tulumello,
che facesse mostra d'imporsi all'altro partito, ciò che si volle desumere dal
vedersi alcuni socii di quella Società passeggiare innanzi il vecchio Casino di
Compagnia, in modo alquanto burbanzoso. Per contrapporsi a questo fatto, il
partito del Matrona valendosi di un
nucleo di persone dipendenti ed affezionate al partito stesso, la sera del 27
Agosto 1875, detto nucleo di persone si mise a passeggiare avanti il nuovo
Casino di Compagnia, in modo di motteggiare e quasi provocare i socii di detto
Casino, che colà trovavansi raunati. Di questo fatto se ne portò lamento a
questo Delegato di P.a S.a Sig.r Macaluso, ma al dire di coloro che portarono
tali lagnanze a quel funzionario, questi non ne avrebbe fatto verun conto,
contegno questo del Delegato Sig.r Macalsuo, che si vorrebbe attribuire a
troppa deferenza verso il Sindaco Sig.r Matrona Cavalier Gaspare. E siccome il
fatto anzidetto sembrava essere stato stabilito doversi rinnovare la successiva
sera del 28 detto mese, perciò alcuni socii del nuovo Casino, per evitare
quell'inconveniente, che avrebbe potuto avere delle triste conseguenze, questa
volta anziché rivolgersi al delegato di P.a S.a, si presentarono al locale
Pretore, e questi fattone parola al Delegato ed al Comandante la Stazione dei
Carabinieri Reali, perché cercassero di prevenire ed impedire al caso, che si
rinnovasse quell'inconveniente, che avrebbe potuto compremettere l'ordine
pubblico, ciò valse a scongiurare, che un tal fatto si rinnovasse la sera del
28 di detto mese.
Ed è per questo, che in quel reclamo è detto, che
l'Autorità giudiziaria, e la pubblica opinione seppedro rendere piena
giustizia.
Tutto quanto sopra ho esposto, non è che il risultato
delle informazioni che ho potuto procurarmi da persone, che possono meritare
qualche fiducia, e dico qualche fiducia, poiché è cosa assai difficile, trovare
in un paese qual è Racalmuto, persone totalmente indipendenti da poter avere
notizie esatte e spassionate, diviso, com'è, in due partiti, che sono formati
dal ceto ristretto delle persone civili, in confronto della massa ignorante dei
campagnoli e dei zolfataj, che compone la popolazione di questo Comune.
Da ultimo aggiungerò che le cose esposte nel
ricorso, che quì unito ritorno alla S.V. Ill.ma, non fanno che riprodurre i
sentimenti, da cui è animato il partito del Tulumello, partito, che cerca tutti i mezzi, onde vedere sciolto
l'attuale Consiglio Comunale, sperando con questo mezzo di rompere l'attuale
maggioranza del Consiglio stesso, senza far questione sulla scelta del Sindaco,
con la veduta, come tutto giorno va ripetendo detto partito, di far economie
sul Bilancio Comunale, e senza essere alieni, a queste condizioni di
riconciliarsi col partito contrario, conciliazione, a parer mio, che potrebbe
realizzarsi, quando a mezzo di persone autorevoli, potesse ottenersi una
sincera ripacificazione tra il Sig.r Giuseppe Matrona ed i suoi fratelli;
poiché una volta, che il Sig.r Giuseppe Matrona si staccasse dal suo partito,
sarebbe cosa facilissima far scomparire le divisioni, che affliggono questo
paese, poiché il ripetuto Sig.r Giuseppe Matrona può ritenersi il capo del
partito a cui appartiene, tanto più, che il Tulumello è da parecchi mesi, che ha preso stanza in Palermo
insieme alla sua famiglia, e non si sa, almeno per ora, che abbia intenzione di
ritornare in Racalmuto. Certa cosa poi si è, che una più attenta e ben ordinata
Amministrazione, esclusa ogni idea di personalità e di partito, potrebbe
vantaggiare di molto la finanza comunale, ciò che non andrebbe disgiunto
dall'utilità, che ne risentirebbero questi Amministrati, e tutto ciò non
toglierebbe al Sig.r Sindaco cavalier Gaspare Matrona, tutto quel merito, che
ha nell'aver rialzato le condizioni morali di questo paese, nell'aver non poco
contribuito, col concorso di tutto il ceto civile, a vantaggiare le condizioni
della pubblica sicurezza in questo Comune, messe in confronto, coi tempi, che
precedettero la sua ingerenza nell'Amministrazione Comunale, e finalmente
coll'aver cercato di rendere lustro e decoro al paese col compiere varie opere
pubbliche, che i suoi predecessori avevano iniziate.
Il Delegato
A. Coppetelli »
La suestesa relazione di pubblica sicurezza ci ragguaglia -
magari con un incerto italiano, ma con pignoleria sbirresca - su come veramente
erano andate le cose tra i Farrauto ed i Matrona: se poi si intruppano insieme
nelle beghe potitiche paesane, nulla di veramente grave era avvenuto fra loro.
Il contrasto tra gli ottimati racalmutesi scoppia dopo ed investe i Matrona e
quel Luigi Tulumello, giovane barone ed al contempo “di qualche ingegno, e ricco per censo, ma di poca esperienza nelle
vicende dei partiti sì politici, che amministrativi” per dirla come il
delegato Coppetelli.
Sappiamo ora con certezza che la frattura al casino di
compagnia avvenne in occasione delle elezioni del 1875 e le parole del
commissario di P.S. ci paiono del tutto pertinenti e credibili: «Le cose andiedero prendendo più vaste
proporzioni, nei primi mesi dell'anno 1875, ed allorquando per altre piccole
differenze sorte tra i socii dell'unico Casino
di Compagnia, di cui facevano parte quasi tutti i civili di Racalmuto,
senza distinzione di colore tanto politico, quanto amministrativo, una porzione
di detti socii, aderenti al partito del Tulumello,
tra i quali il Sig.r Giuseppe Matrona
fratello dell'attuale Sindaco, si staccarono da detto Casino di Compagnia, e ne fondarono un'altro, che ora conta una
quantità abbastanza rilevante di socii.- Quì le ire e gli odii tra questi due
partiti si accrebbero e ne nacque una completa rottura.»
Sciascia ha voglia di riesumare quella frattura: ma quando da
letterato passa a far lo storico fa confusione. «Intorno al 1890 - gli vien
l’uzzolo di scrivere - la lotta tra i Martinez [leggi: Matrona] e i Lascuda
[leggi: Tulumello] divenuta particolarmente feroce, il circolo attraversò un
brutto momento: i Lascuda e la loro coda l’abbandonarono, aprirono un circolo
denominato di cultura, in verità vi
si giocava a zecchinetta come nell’altro circolo, ma il barone di tanto in
tanto teneva conversazioni sui temi come “l’erezione del Mongibello” e “il
conquisto del Perù”. La scissione durò un paio d’anni, poi furono aperte
trattative, studiato un nuovo statuto: e il nome augurale della concordia sortì
dalla costituente assemblea. Lo statuto varato in tale occasione portava circa
400 articoli, e un lungo preambolo in cui le letture del barone Lascuda erano
sufficientemente testimoniate. Un tale capolavoro di cultura letteraria e giuridica
vive soltanto nei ricordi dei vecchi: quando il circolo diventò dopolavoro
fascista le copie dello statuto andarono disperse. Pare comunque che la
concordia ha davvero regnato, da allora ad oggi, sul circolo; le zuffe e gli
incidenti che frequentemente accadono non portano mai a scissioni o
pronunciamento.» [3]
Sbagliare di quattordici anni la data della frattura non ci pare un peccato
veniale, dal punto di vista storico almeno.
Sciascia colloca l’abbruciamento degli archivi comunali nel
1866 nelle Parrocchie [vedi pag. 25
op. cit.] ed è questa un’altra topica storica dello scrittore. Il crimine
avvenne, come abbiamo visto, nel 1862. Una cronaca coeva ce l’ha lasciata
l’avv. Giuseppe Picone nelle sue Memorie
Storiche Agrigentine [citiamo dalla copia anastatica del 1982]. Eccone i
passi: «7 [settembre 1862, pag. 659] Timori di strepitosa dimostrazione contro il
governo. Quarantatre impiegati firmano la loro dimissione. La guardia nazionale
si rinforza. Per influenza di taluni popolani, la dimostrazione non ha luogo.
La sera partono duecento soldati per Racalmuto, che dicesi insorto.» « 14
[settembre 1862, pag. 660] La sera
partono due compagnie di linea per Racalmuto, ove si dice, che circa
quattrocento rivoluzionarî si fossero fortificati al ‘Castelluzzo’.»
Ritorna, come Dio vuole, la calma e la vita cittadina
s’incanala lungo le battute strade della normalità e della banalità. Cogliamo
alcune note dalle carte dell’Archivio di Stato di Agrigento [Inventario n.° 32
- fascicoli riguardanti Racalmuto: 403-404 relativi agli anni 1860-1887;
fascicoli n.° 537-538-539 sul 1885.].
«Prefettura di Girgenti
- anno 1870 - Affare Racalmuto - Conto Consuntivo 1869 e carteggio relativo.
... dal
consigliere sig. Giudice Sac. Calogero in prima si fa opposizione al mandato n.°
96 per gratificazione accordata in lire 170 al Capo Comico sig. Sinigaglia
Angelo per portare la propria compagnia in questa giacché da parte dello stesso
Consigliere non si ritiene come utile il teatro, e poi non è il desiderio della
popolazione ...
Di risposta
la Presidenza ha fatto conoscere al consigliere Lo Giudice Sac. Calogero, ed ai
Consiglieri delle sue idee, come si è altieri di sostenere, non farsi una spesa
capricciosa, e senza utile scopo, mentre che il teatro al dilettevole unisce
l’utile, e non è un trastullo qualunque come potrebbe solo insanamente
asserirsi, ma scuola ai costumi, allo sviluppo; è una iniziativa al progresso
dolorosamente bisognevole a questo Comune per quanto se ne mostri restio.»
Al circolo la contesa sarà divampata; ma si può essere certi
che la maggioranza era per il teatro. Lo erano senza dubbio i figli di don
Gaetano Savatteri, teatranti di antica - anche se filodrammatica - passione.
« .. L’assessore sig.
Matrona Paolino ha dichiarato alla Presidenza lo stesso
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