domenica 26 maggio 2013
Quei
vecchioni delle porte Scee dell'Iliade, che la guerra l'han già fatta, ed ora
saccenti e petulanti, se la godono come cicale sull'abero a perdersi in un
parlre fiorito, mi paiono molto lo specchio del mio vaneggiare.
Laggiù sulla
battigia del mare di Troia danai e troiani se le danno di santa ragione e
si uccidono e scorre sangue vero. Per loro è uno spettaclo come stasera alla
televisione Lazio e Roma si battono magari per rendere infelice il mio
romanista Marchini che chissà domani che destino politico gli riserba il
destino che aleggia su Roma.
E quel
vcchio incorreggibile satiro, come qualche donna con doppia ventina e coccia
vuole credere che io sia, atto quindi a non soddisfare la sua tritacarne che mi
puzza di disusso prolungato, che sbrodola dinanzi all'afrore tanto erotico di
una Elena già sazia del troiano e come nostalgica del veemente Menelao. Priapo
che i beveroni dei moderni Priami non aveva vede nella nuora la donna e lascia
il ritegno regale per un corteggiare da satiro ammosciato. Come si ripete
la storia degli uomini, come i vecchi di ogni tempo adusi a prodighi coiti ora
purtroppo dismessi, afflosciatosi il membro, amano rimembranze ardite. le
lor coetanee rattrappite là dove dimorava Venere stanno cialiere con
comari di pari vaneggio.
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