Lillo Taverna
Caro Piero, con la dissennata schiettezza che mi contraddistingue e e che talora
ti indispettisce, ti dirò che i due aforismi, così staccati dal testo di un
articolo ribollente di rabbia rappresa, non ci azzeccano con la vicenda Cavallaro
che stiamo vivendo, contestando e coartando. Le frasi estrapolate dal contesto acquisiscono
significati, strani, aberranti, impropri
ad uno Sciascia sempre corrucciato e compunto, ai suoi soliti stilemi, dunque. Copio giù in brutta scannerizzazione l'intero
articolo. Sulla estranea La Stampa del 6 agosto 1988 Sciascia ha voglia
dispaccare il mondo, di rompere il sedere al grande guru del giornalismo dominante Scalfari. Da Milano calunnia e dilaga il
figlio nientemeno del martire non so di che Generale della Chiesa. Il nostro
compaesano Garlisi ancora trema, imbarazzato cerca solo di eclissarsi. Articolo di circostanza, dunque. Serenità nulla, valore filosofico evanescente.
Lillo Taverna
Certo a me mi manda in brodo di giuggiole. Ecco lo Sciascia passato
all'Antimafia, a Borsellino, al culto del morto Falcone. Vien da ridere.
Sciascia resta contro i professionisti dell'antimafia. E cavolo se aveva
ragione e figurarsi oggi se ha ragione anche se a Racalmuto Cavallaro porta Grasso
che invero sembra recitare alla rovescia la metafora di Sciascia.
All'Antimafia, dopo Vigna, doveva andare un grande campione del professionismo
dell'Antimafia e invece Berlusconi fa le carte false per piazzare il placido Grasso.
Lillo Taverna
Diciamo, mestamente, Sciascia è morto, Scalfari non è più morto e nessuno di
noi oggi può mettersi "a fare i conti con un certo candore". Né tu caro Piero, né io, né Cavallaro, né Tano
Savatteri, né l'antimafia odierna,, né Ingroia e manco Di Matteo. Ad un certo
punto sembrò che ad Opera, quel tremendo carcere dai suicidi facili ove alberga
come eterno ostativo il nostro Alfredo Sole, potesse Riina, ciarlando con un
imbranato sodale d'alta statura (fisica) fosse in grado ancora di tirare le
somme persino con candore.
Lillo Taverna
Trascrivo questo spunto sui ragazzi diMalgradotutto: "SCIASCIA E I RAGAZZI
DI MALGRADOTUTTO. In definitiva, i giornali appaiono a Sciascia come lo
specchio del trasformismo, della sottomissione al potere politico,
dell’opportunismo: ma, lui confida ancora nella memoria e nella possibilità che
anche attraverso la realtà locale si possa realizzare quella libertà di stampa
che lui vede assente già dai tempi del caso Moro. E questa speranza si
concretizza nell’ultima fase della sua vita, quando nel piccolo paese di Racalmuto,
a cui sempre è rimasto legato e della cui vita è stato sempre partecipe, nasce
un giornalino, il cui nome Malgradotutto sarà definito dallo stesso Sciascia
“il più bel titolo che si sia mai stato trovato per un giornale“. “Era
contento, Leonardo- scrive Gesualdo Bufalino - perché quel titolo di giornale,
seppure non suggerito da lui, da lui, dalla sua opera tutta, era in ogni caso
ispirato. Nel senso che, contro le insufficienze degli uomini e la cecità della
storia, riproponeva un imperativo di lotta, rifiutava il disinteresse e la
resa. In termini di ideologia, è quello che si suol chiamare “l’ottimismo della
volontà” in contrapposizione a quel “pessimismo della ragione”, cui
quotidianamente le prime pagine dei giornali ci invitano.” Nel suo amato paesino,
quel “cuore” della Sicilia che Sciascia ha cantato, un gruppo di ragazzi
raccoglie l’eredità “giornalistica” dello scrittore, che non perse mai di vista
il mondo dei giovani, a cui si concedeva più volentieri che ai critici o ai
giornalisti affermati : basti pensare ai tanti incontri che ebbe con gli
studenti e nelle scuole, nel corso della sua vita, soprattutto per parlare di
mafia, di legalità, di giustizia, forse nella speranza che le future
generazioni non facessero gli errori delle precedenti. Questi “ragazzi” sono
Carmelo Arrostuto, Giancarlo Macaluso, Gaetano e Gigi Restivo, e Gaetano
Savatteri. A raccontarmi della nascita di Malgradotutto è Gaetano Savatteri,
oggi affermato giornalista e scrittore. A Roma, in una piccola trattoria, un
buon bicchiere di vino e il pesce spada affumicato evocano i sapori della
Sicilia, ed è facile ricordare l’entusiasmo, la sua adolescenza a Racalmuto,
così fortemente segnata dalla presenza di Sciascia. “ Racalmuto è un paese con
poco più di diecimila abitanti, la cui ricchezza è tramontanta con il tramonto
delle zolfare e delle saline, su cui si reggeva l’economia. Noi ragazzi
sapevamo di Sciascia, leggevamo i suoi libri, lo incrociavamo per strada…ed era
impressionante per noi ritrovare sulle sue pagine la vita di ogni giorno…” Gli
chiedo come mai questo titolo, così “sciasciano”… “ “malgradotutto” perché non
ci credevamo nemmeno noi, mentre ne parlavamo sul treno che ci portava ogni
giorno da Racalmuto ad Agrigento, dove sbrigavamo i nostri latinucci
quotidiani….avevamo sedicianni…che ne sapevamo noi di giornali e giornalismo?!”
- sorride Gaetano Savatteri, ripensando forse a quell’ingenua spavalderia di
chi ha poca età, quella stessa presunzione che però ti fa uscire dalla noia e
ti da la forza di sognare. Dunque, è la primavera del 1980 quando l’idea del
giornale prende corpo… “In effetti, non sapevamo esattamente da dove
cominciare, ma sapevamo che “ci voleva un giornale”, e lo mettemmo assieme
raccogliendo poche idee, scopiazzando i temi che si dibattevano sui quotidiani,
rivolgendoci ai fratelli maggiori e ai cugini più grandi per trovare qualche
firma più autorevole di noi. Poi, attraverso la mediazione di un genitore,
riuscimmo a chiedere un “pezzo” a quell’uomo silenzioso e riservato, che
avevamo visto qualche volta in piazza, che tutti chiamavano Nanà o “u
prufessuri”. Sapevamo chi era, avevamo letto i suoi libri e chissà quanto ne
avevamo capito allora…” Così chiedete a Sciascia di scrivere un articolo tutto
per voi… “Più che un articolo, eravamo tanto abituati alle cose di scuola che
gli “assegnammo” un tema: “L’uomo del sud”. Sciascia si mise a scrivere a mano,
buttò giù una cartellina che Giancarlo Macaluso dovrebbe pure avere conservato
da qualche parte. Ci spiegò che l’uomo del sud non esiste. Ci sentimmo mortificati,
forse l’avevamo irritato con quella richiesta così tassativa. E in risposta ne
avevamo avuto la demolizione. Ma ormai era fatta. Quello era l’ultimo articolo
per passare alle stampe.” E’ nella Chiesa del Carmelo con l’aiuto di Padre
Martorana che il ciclostile lavora senza sosta per permettere ai ragazzi di
“Malgradotutto” di raggiungere la “tiratura” di duecento copie, da vendere
durante la festa della Madonna del Monte, quando la gente è in piazza. E’ il
mese di luglio del 1980 e Racalmuto ha il suo “giornale”… “Noi ci sentivamo
davvero il centro del mondo…Trovammo anche un direttore ed un amico in Egidio
Terrana, più grande di noi, che è tuttora il responsabile della pubblicazione
del giornale. Un giornale che nasceva dalle nostre chiacchiere, dalle
chiacchiere di un paese, dall’amore e dal fuoco della discussione.”
Malgradotutto assieme a quella di Sciascia, ha ospitato le firme di Bufalino,
Consolo, Collura, Di Grado… “E ciascuno di noi ne ha portate altre, di amici e
colleghi che per una volta emigrano dalle loro testate regionali e nazionali
per scrivere su un piccolo giornale di provincia.” Un piccolo giornale di
provincia, che pure rappresenta la coscienza critica della comunità di
Racalmuto. Un giornale, che ha vissuto con il paese la lacerazione degli
affetti e delle vite quando la mafia a ripreso a sparare… “ Venti morti
ammazzati in due anni, una ferita ancora aperta nelle carni di Racalmuto.
Malgradotutto ha dovuto raccontare anche questo. E ha continuato a dire che
contro la mafia, anche ora che tutto sembra tornato nel silenzio, bisogna
tenere gli occhi aperti.”
- Chi li riconosce
più? Imborghesiti, impinguati, intrusi,
contorti, dileggianti e buonisti oggi tirano la carretta. Sono eleganti nel
dire, scrivono a quel dio, non si comprometto, compromettono.
Lillo Taverna
Quanto bello sarebbe se il neo prescelto (si fa per dire) Cavallaro indicesse
una tavola rotonda nella sua Fondazione su il tuo citato articolo sciasciano
del 6 agosto 1988, ma concedendo ampia parola ad eretici quale mi reputo, ad
ortodossi del culto sciasciano quale tu sei e a lingue non ossequienti.
Tacitando magari le lingue dei familiari e dei residui NOCINI che non ammettono
che Sciascia non fu né tuo , né mio ma manco loro: insomma che Sciascia fu solo
di SCIASCIA.
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