20 giugno 13.39.07
Ho bisogno assoluto di avere un recapito per inviare la
lettera ,ho telefonato al numero di cell che si trova sul sito ma non ho avuto
risposta .......da Racalmuto ti sarà facile avere l'indirizzo preciso o un
numero di fax grazie a presto
21 giugno 16.23.03
ho risolto ,ho chiesto l'amicizia al sito malgrado tutto ,mi
è stata concessa ed ho inviato subito la lettera al direttore.pedona se ti
disturbo,ma sono contenta di aver fatto anche questo piccolo passo
24 giugno 16.24.43
Finalmente troviamo e subito pubblichiamo il ponderoso
fascicolo processuale della denunzia che l'on.le comunista Montalbano avanzò
contro l'ispettore Generale dottore gr. uff. Ettore Messana da Racalmuto.
Sottolineo senza indugio il finale: archiviazione senza se e senza ma. Hanno i
detrattori postumi di oltre un sessantennio preso visione di questa
documentazione, l'hanno analizzata? cosa hanno da rimarcare? Quanti loro
castelli denigratori vanno in misero fumo? Hanno da fare qualche atto di
resipiscenza operativa, o aspettano sentenze giudiziarie. La famiglia del
calunniato sta finalmente reagendo: vuole il ripristino dell'ottimo nome di
S.E. Gr.Uff. Dottore Ettore Messana , ispettore generale di PS da Racalmuto
Ecco tutta la verità, processualmente appurata, in ordine
alle vicende del gr.uff. dottore Ettore Messana ispettore generale di PS di
Racalmuto. Ogni superfetazione denigratoria s'infrange contro la verità
processuale: è calunnia. Così relaziona al magistrato il gr. uff. Messana
quanto alla intricata storia del bandito Giuliano e al suo ruolo. Cosa hanno da
opporre i denigratori postumi e posticci? Il bandito Giuliano La strage di
Portella della Ginestra Documenti sulla strage Documento 13 VERBALE INTERROGATORIO
DELL’ISPETTORE VITO MESSANA Verbale di continuazione di dibattimento del 20
luglio 1951 [cartella 4, vol. V, n. 5] D’ordine del Presidente, introdotto il
testimone Messana Ettore fu Clemente di anni 66, nato a Racalmuto (Agrigento) e
domiciliato in Roma, Ispettore di Ps. Interrogato in merito ai fatti della
causa, risponde: «Fui mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato Generale di
P.S. per la Sicilia nel maggio 1945 e vi rimasi fino a tutto luglio 1947. Il
decreto che istituì l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di tale organo
fu quella di integrare l’opera repressiva e preventiva nell’eliminazione del
banditismo ed in genere della delinquenza associata in Sicilia». D. R. «Io ebbi
a mia disposizione 750 carabinieri, 350 agenti e 14 funzionari, che distribuii
in tutte le province della Sicilia da Messina a Trapani. Fui io che istituii i
nuclei di carabinieri e polizia nei centri dove a me sembrò che dovessero
essere istituiti. Le mie prime operazioni feci nelle province di Agrigento e di
Catania. Verso la fine del 1945 incominciò ad affiorare l’attività della banda
Giuliano. Tale fatto fece aumentare la mia attività tanto più che la banda
Giuliano e quella di Avila si erano poste al servizio dell’Evis». D. R. «Ebbi
notizia dei fatti di Portella nelle ore pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi
recai ad una riunione indetta dal prefetto Vittorelli, dove si stabilì una
certa azione da svolgersi. L’indomani mi recai a Piana degli Albanesi ed a San
Giuseppe Jato, ove già si era proceduto all’arresto di quattro persone ad opera
di un nucleo dipendente dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo
rastrellamento arrestando centinaia di persone sospette, le quali però furono
quasi tutte rimesse in libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna
responsabilità». D. R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura che si
limitò poi a denunciare solo i quattro arrestati». D. R. «In una riunione
tenuta anche alla presenza dell’Ispettore Generale di P. S. Rosselli, inviato a
Palermo dal Ministero, fu deciso da quest’ultimo che la direzione delle
indagini dovesse essere affidata al questore Giammorcaro e fu così che io
passai alle dipendenze di costui». D. R. «Si venne frattanto a conoscenza che
il 1° maggio era stato sequestrato, dopo la sparatoria, un campiere, certo
Busellini, del quale non si seppe nulla per tanti giorni e che poi fu trovato
ucciso in un fossato da un nucleo alle mie dipendenze». D. R. «Non so se il
ritrovamento del cadavere del Busellini avvenne a mezzo di cani poliziotti od a
mezzo solo di ricerche». D. R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del
cadavere del Busellini fu trovato un cartello con la scritta «questa è la fine
dei traditori», la qualcosa ci convinse che il delitto era stato consumato
dalla banda Giuliano. Tale convinzione ci facemmo anche per il delitto di
Portella poiché ci convincemmo che colui che aveva ucciso Busellini era uno di
quelli che aveva sparato a Portella». D.R. «Noi dell’Ispettorato, fin dal primo
momento, pensammo che la strage di Portella era da attribuirsi alla banda
Giuliano, perché il fatto era avvenuto nella zona così detta d’imperio della
banda stessa, mentre l’Angrisani ed il Guarino avevano orientamento diverso».
D. R. «Tale convincimento da parte dell’Ispettorato fu però rafforzato dal
rinvenimento del cadavere del Busellini». Contestatogli che nel verbale di
rinvenimento del cadavere del Busellini non vi è traccia del cartello rinvenuto
sul suo cadavere, risponde: «Può darsi che io abbia un cattivo ricordo di tale
fatto, ma pure mi sembra di ricordare così». D. R. «Le indagini continuarono e
solo nel giugno avvennero i primi fermi effettuati dal nucleo centrale
comandato dal colonnello Paolantonio, il quale mi riferiva lo sviluppo di
esse». D. R. «Il rapporto n. 37 fu redatto quando io non ero più Ispettore
Generale in Sicilia, essendo stato sostituito il 1.8.47 dal questore di Napoli
Coglitori». D. R. «Quasi tutti i fermi avvennero durante la mia permanenza in
Sicilia ed io, giorno per giorno, venivo informato di quanto si riusciva a
sapere dai fermati». D. R. «L’Ispettorato aveva dei confidenti ed inoltre era
in contatto con alcuni elementi che ci ponevano in comunicazione con il bandito
Ferreri Salvatore». D. R. «Io nessun contatto diretto ebbi col Ferreri, solo
ebbi rapporti con lui tramite i suddetti elementi di collegamento». D. R.
«Escludo che Ferreri mi abbia fatto sapere i nomi di coloro che avevano
partecipato all’azione di Portella; può darsi che qualche indicazione l’abbia
data al colonnello Paolantonio oppure ad un altro funzionario di P.S., certo
Zappone, che io avevo dislocato nella zona di Partinico e che fu ucciso a
Borgetto in un agguato». D. R. «Il nostro convincimento che l’azione di
Portella era dovuta alla banda Giuliano fu maggiormente rafforzato dal
riconoscimento effettuato da quattro cacciatori sequestrati in quella mattina
del 1° maggio, i quali in una fotografia di persona a cavallo riconobbero
proprio colui che ritenevano fosse il capo del gruppo che li aveva
sequestrati». D. R. «Il colonnello Paolantonio, fin quando io restai in Sicilia,
non mi parlò mai del fermo di alcuno ritenuto partecipe della strage di
Portella per confidenze avute dal Ferreri». D. R. «Escludo di aver avuto mai
rapporti con Pisciotta Gaspare, come escludo di avergli rilasciato un tesserino
di riconoscimento sia al suo nome che a quello di Faraci Giuseppe».
Contestatogli che il Pisciotta ha affermato invece di aver avuto rilasciato un
tesserino proprio da lui che glielo fece recapitare tramite Ferreri, risponde:
«Escludo nel modo più reciso che ciò sia avvenuto». Richiamato l’imputato
Gaspare Pisciotta e contestatagli la dichiarazione resa dall’Ispettore Messana
a proposito del tesserino, risponde: «Il tesserino lo ebbi tramite Ferreri,
portava la firma Messana, aveva i timbri dell’Ispettorato, fu strappato ed io spero
che colui che lo ha strappato, se ha coscienza, lo dirà». D. R. «Luca potrà
dire qualcosa in merito, può darsi che il tesserino esista ancora, ma a me
risulta che fu stracciato». Il teste Messana: D. R. «Io facevo da organo
propulsore nell’attività dei miei funzionari; dissi loro di indagare anche
sulla ragione per cui Giuliano fece l’azione di Portella ma nessuno di essi mi
parlò mai su tale fatto». D. R. «Andai via dalla Sicilia il 31.7.1947 e quindi
non mi occupai più della cosa». A domanda dell’Avv. Sotgiu, risponde: «Non
ricordo di aver rilasciato al Ferreri un tesserino di libera circolazione, ma
non escludo che esso possa essere stato rilasciato da altri sotto il mio nome,
essendo io il capo dell’Ispettorato. Devo dire per altro che la mia firma
ufficiale è quasi inintellegibile come Messana, anzi ritengo che sia del tutto
inintellegibile». D.R. «Non rilasciai tesserini di libera circolazione ai
confidenti, non so se ne furono rilasciati a mio nome dai miei dipendenti che
nulla mi riferivano intorno al rilascio di essi poiché ognuno ha i propri
confidenti ed intorno a noi si mantiene il più stretto riserbo anche con i
superiori». D.R. «Io fornivo il danaro che mi richiedevano per i confidenti ai
miei dipendenti, i quali mi rilasciavano ricevuta sulla quale si limitavano a
dire. -- per un confidente- senza indicarne le generalità». D.R. «Certamente i
rapporti col Ferreri iniziarono prima della strage di Portella. Ricordo di aver
saputo, attraverso la fonte Ferreri, che Giuliano voleva attentare alla vita
dei dirigenti del Partito Comunista di Palermo, fra i quali il Li Causi.
Informai per la opportuna vigilanza il questore e fu il colonnello Paolantonio
che avvisò direttamente il Li Causi». D.R. «Al padre del Ferreri feci dare un
porto d’armi, ma ciò rientrava nel progetto di venire all’arresto di Giuliano.
Sentii parlare del rinvenimento del predetto porto d’armi sul cadavere del
Ferreri, ma ciò non constatai personalmente». D.R. «Escludo che il padre del
Ferreri facesse parte della banda Giuliano». D.R. «Non mi risulta che dopo
l’amnistia dell’Evis Giuliano abbia mantenuto rapporti con persone
insospettabili». D.R. «Dopo di me all’Ispettorato ci fu Coglitore, poi Modica,
poi Spanò, poi Verdiani» D.R. «Non ricordo i nominativi dei componenti la banda
Giuliano». D.R. «Esiste un rapporto intorno alle bande armate dell’Evis ed
all’attività da esse spiegate, rapporto redatto dal nucleo centrale alle mie
dipendenze». D.R. «Sono a conoscenza dei nomi in esso compresi, può darsi che
l’elenco contenuto in detto rapporto non sia completo e non comprenda tutta la
materia, essendo potuta qualcosa essere sfuggita e qualcosa sopraggiungere».
D.R. «Non ricordo il nome di Genovesi Giovanni tra i confidenti della polizia,
né so se egli sia stato interrogato dal colonnello Denti». A domanda dell’avv.
Crisafulli, risponde: «Per il fatto di Portella venne in Sicilia un Ispettore
generale del Ministero, come di solito avviene quando succedono fatti di una
certa rilevanza». D.R. «Detto Ispettore riunì tutti gli organi di polizia in
questura e poiché ogni organo comunicò i risultati delle indagini svolte,
l’Ispettore volle che le varie attività fossero coordinate e quindi, senza
esautorare e sostituire alcuno, dette la direzione al questore Giammorcaro al
quale doveva essere comunicata ogni attività degli organi di polizia. Tutto ciò
per quanto riguarda i fatti di Portella». D.R. «Mi fu detto che il Ferreri fu
operato di appendicite». A domanda dell’avv. Sotgiu, risponde: «Non mi risulta
che al Ferreri sia stata rilasciata una tessera intestata a Salvo Rossi,
autista del colonnello Paolantonio». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde:
«Parlando di un rapporto Coglitore mi riferivo solo al rapporto firmato dal
maresciallo Lo Bianco relativo ai fatti di Portella» A domanda del Pisciotta
Gaspare, risponde: «Escludo di essere stato io a consegnare i mitra al Ferreri,
né mi risulta che ciò sia stato fatto da qualcuno dell’Ispettorato. A
quell’epoca avevamo penuria di armi». Il Pisciotta aggiunge: «I cinque mitra
servirono per l’azione di Portella, secondo quanto mi disse Ferreri». Dopo di
che il Presidente rinvia la prosecuzione del dibattimento all’udienza del
23.7.1951 ore 9,30.
25 giugno 14.10.40
26 giugno 12.29.50
Contra Omnia Racalmuto ...per mestiere spiego bene agli
altri quello che per me non comprendo. Richiamo quanto segue per contrappormi
nella doverosa salvaguardia del fulgido nome dell'Ispettore Generale di PS
gr.uff. dottore Ettore Messana da Racalmuto. ------------------------ Trascrivo
da un blog: Archivio Giuseppe Casarrubea senior (1899-1947) UN ARCHIVIO STORICO
SULL’ITALIA E SULLA SICILIA DEL XX SECOLO Chi siamo? L’archivio sorge per dare
seguito ad uno dei punti statutari dell’Associazione “Non solo Portella onlus”
fondata nel 1998 con lo scopo di rappresentare i familiari delle vittime della
strage di Portella della Ginestra (1° maggio 1947), e degli assalti contro le
Camere del Lavoro del 22 giugno 1947. Aderiscono all’Associazione i familiari
di altre stragi avvenute in Sicilia dal secondo dopoguerra in poi. L’archivio è
dedicato al dirigente sindacale “Giuseppe Casarrubea” assassinato durante
l’attacco terroristico contro la sezione del Pci di Partinico, un mese e 22
giorni dopo la strage di Portella della Ginestra. Il commando, stando ai
giudici di Viterbo (1950-’52), era ispirato dal neofascista Salvatore Giuliano
e da Pasquale ‘Pino’ Sciortino. Il processo contro i mandanti e gli esecutori
di queste stragi ebbe a fondamento un depistaggio della polizia giudiziaria: il
“Rapporto giudiziario” del 4 settembre 1947. Gli accusati furono sottoposti a
interrogatori e confronti dibattimentali durati due anni. Alla fine i giudici
conclusero assolvendo i mafiosi e parecchi imputati e negando l’esistenza di
mandanti. Nell’attentato di giugno perse la vita anche Vincenzo Lo Iacono e si
ebbero dieci feriti gravi, alcuni con menomazioni irreversibili come Leonardo
Addamo e Giuseppe Salvia. In una stessa notte furono prese d’assalto le
seguenti sedi di sinistra: la sezione comunista di Cinisi (attentato
dinamitardo senza vittime), sezione del Pci di San Giuseppe Jato (un ferito e
distruzione totale della sede), Camera del Lavoro di Borgetto (senza vittime),
sezione socialista di Monreale (senza vittime), sezione del Pci di Carini
(senza vittime). Gli attentati di giugno furono la “naturale” continuazione
dell’azione di provocazione terroristica della strage del 1° maggio. Entrambe
le stragi, processualmente unificate, ebbero gravi coperture da parte di alcuni
settori delle forze dell’ordine dipendenti dall’Ispettore di Ps, Ettore
Messana. Questi aveva cominciato la sua carriera ai tempi della strage di Riesi
(1919) e l’aveva conclusa dopo Portella della Ginestra, avendo avuto
all’interno del gruppo di fuoco che aveva sparato sulla folla dei manifestanti
per la festa del 1° maggio, il proprio confidente Salvatore Ferreri, inteso
Fra’ Diavolo. L’ispettore inoltre era stato nominato dal governo di Ivanoe
Bonomi, a quell’alta carica, nonostante fosse ricercato dalla commissione delle
Nazioni Unite nel 1945 per crimini di guerra compiuti in Slovenia, durante
l’occupazione fascista (1941-1943: sul tema si possono consultare diversi post
di questo stesso blog e una sequenza fotografica di eccezionale interesse).
_______________________________________ Controdeduco: Fin qui abbiamo ripreso
quanto il Casarrubea affastella in lode di una sua iniziativa che ci piacerebbe
sapere quanto no-profit sia stata. La faccenda ci lasciava indifferente finchè
il bloggista non ha osato infangare la figura dell'ispettore generale il
gr.uff. dottore ETTORE MESSANA da Racalmuto. Ci agganciamo allo sproloquio di
quest'ultimo squarcio sopra riportato per contestare le infondate, calunniose,
infamanti affermazioni che vi si contengono: a) il dottore Ettore Messana, che
si vuol sminuire persino nella qualifica del suo alto ufficio (era Ispettore
Generale di PS) non "diede nessuna copertura alle 'stragi' di Portella
della Ginistra o ad essa collegate o collegabili". ANZI!!! Il grande
merito di quest'altissimo ed apicale dirigente di PS fu quello di avere
sbaragliato il banditismo siciliano dell'epoca Giuliano. Ebbe sottoposti oltre
750 carabinieri e questo forse fu il guaio suo giacché è ben nota la ritrosia
della Benemerita a sottostare agli ordini di un "civile". Nacquero
dissapori, incomprensioni ed ostracismi che gli storici allla Casarrubea
fingono di ignorare pur di costruire i loro sillogismi storici fregandosene
della correttezza storica e del dovere di non infangare figure prestigiose di
funzionari che sacrificano tanto pur di servire lo Stato, quello democratico
che necessita di un rigoroso mantenimento dell'ordine pubblico. E in questo
quadro di obnubilamento della verità storica, non si dà manco peso alla
gravissima circostanza che il bandito Ferreri fu ucciso o suicidato in una
caserma dei carabinieri ad Alcamo mentre veniva torchiato con il sotterraneo
intento di estorcere confessioni che potessero oscurare la figura del dottore
Messana. Resta però integerrima la probità, la sagacia, la dedizione al dovere
e l'abilità persecutrice del banditismo siciliano del dottore Messana. Noi
abbiamo pubblicato quanto nel 1951 il fiero 'poliziotto di Stato' dottore
Messana ebbe a deporre da teste e con giuramento nel processo del 1951. Il
Casarrubea che dice di avere un archivio che spero non finanziato con soldi pubblici
piùcompleto e più esaustivo degli archivi di Stato quel documento non ce l'ha?
non l'ha visto? oppure pur conoscendolo l'ha voluto cassare per non
compromettere il suo "scoop" giornalistico ed editoriale (ben tre
libri penso ben remunerati da Bompiani)? Il Casarrubea sa benissimo che i
tentavivi di coinvolgere giudiziariamente il Messana in processi più pretesuosi
che fondati a nulla approdarono e nulla poté essere addebitato a questo
rigoroso inflessibile sagace Uomo di PS. Si guardi ad esempio il misero
tentativo del buon compagno onorevole Montalbano. E se è vero che il
Casarrubbea dispone di archivi unici ed esaustivi quel processo che noi abbiamo
pubblicato gli è sfuggito o ama driblare ciò che non gli conviene? Falso che il
Messana chiuse quasi ignominiosamente la sua cariera in Sicilia. Fu invece
autorità apicale sino al suo sessacinquesimo anno di età quando andò in
pensione per raggiunti limiti di età e dopo restò legato al Viminale rispestato
e ascoltato pur nel mutare dei governi dell'epoca. Austero e rigoroso non
accettava omaggi dubbi, omise persino di agevolare la carriera del figlio che
meritevolmente da medico-scienziato qual era esercitò la sua professione senza
estranei appoggi. Il dottore Messana finì i suoi giorni dignitosamente ma non
opulentemente in una casa INGC. Un esempio luminoso da imitare specie oggi, in
tempi cioè che si dicono inquinati da illeciti arricchimenti da parte di uomini
pubblici. Qui ci limitiamo a sottolineare questo infame passaggio di uno che
pensa di fare lui la storia a suo modo sovvertendo persino sentenze passate da
mezzo secolo in giudicato, e di fare revisioni di sentenze solo con pregiudizi,
senza fondamento, privo di congrua documentazione, sulla base soltanto di
pretestuosi e presuntuosi apodittici giudizi di valore. b) Sulle vicende di
Riesi del 1919 il Casarrubea non ha alcuna documentazione a comprova della sua
infamante accusa. Noi l'abbiamo e a suo tempo la esibiremo. Ci basta qui
contrapporre questi contrappunti: falso che l'eccidio di Riesi sia imputabile
al Messana. Se una folla inferocita o certi sediziosi delinquenti trucidarono
l'ufficiale dell'esercito responsabile della mitragliatrice nel campanile della
chiesa di Riesi non ragioni ma motivi li avranno avuti e se il Messana - da
provare ancora che fosse lui lì presente - non bebbe torto neppure un capello
questo è già indice della non responsabilità del giovane commissario di PS che
non lì cominciò la sua carriera. Ed infatti nessuna responsabilità fu
attribuita al giovane trentunenne commissario di PS; anzi l'evento che occorso
quando Vittorio Emanuele Orlando era stato giubilitato ed era subentrato il
Nitti della intesa con i socialisti e dell'apertura ai popolari venne indagato
con rigore e al Messana non si contestò alcunché e così potè percorre una
lusinghiera carriera nella PS sino al top per i suoi grandi meriti e la sua
riconosciuta valentia al servizio dell'Ordine Pubblico, dello Stato di diritto
insomma. Se non fosse stato per il Li Causi che solo per incidens e nella foga
del suo contrattacco politico allo Scelba "strumentalizzò"
quell'antico e incerto episodio, non ci sarebbe materia per imbastire una
siffatta calunnnnia contro il dottore Messana, mai incolpato giudiziariamente
di una tale"strage" tanto cara al Casarrubea.
Contra Omnia Racalmuto ...per mestiere spiego bene agli
altri quello che per me non comprendo. Richiamo quanto segue per contrappormi
nella doverosa salvaguardia del fulgido nome dell'Ispettore Generale di PS
gr.uff. dottore Ettore Messana da Racalmuto. ------------------------ Trascrivo
da un blog: Archivio Giuseppe Casarrubea senior (1899-1947) UN ARCHIVIO STORICO
SULL’ITALIA E SULLA SICILIA DEL XX SECOLO Chi siamo? L’archivio sorge per dare
seguito ad uno dei punti statutari dell’Associazione “Non solo Portella onlus”
fondata nel 1998 con lo scopo di rappresentare i familiari delle vittime della
strage di Portella della Ginestra (1° maggio 1947), e degli assalti contro le
Camere del Lavoro del 22 giugno 1947. Aderiscono all’Associazione i familiari
di altre stragi avvenute in Sicilia dal secondo dopoguerra in poi. L’archivio è
dedicato al dirigente sindacale “Giuseppe Casarrubea” assassinato durante
l’attacco terroristico contro la sezione del Pci di Partinico, un mese e 22
giorni dopo la strage di Portella della Ginestra. Il commando, stando ai
giudici di Viterbo (1950-’52), era ispirato dal neofascista Salvatore Giuliano
e da Pasquale ‘Pino’ Sciortino. Il processo contro i mandanti e gli esecutori
di queste stragi ebbe a fondamento un depistaggio della polizia giudiziaria: il
“Rapporto giudiziario” del 4 settembre 1947. Gli accusati furono sottoposti a
interrogatori e confronti dibattimentali durati due anni. Alla fine i giudici
conclusero assolvendo i mafiosi e parecchi imputati e negando l’esistenza di
mandanti. Nell’attentato di giugno perse la vita anche Vincenzo Lo Iacono e si
ebbero dieci feriti gravi, alcuni con menomazioni irreversibili come Leonardo
Addamo e Giuseppe Salvia. In una stessa notte furono prese d’assalto le
seguenti sedi di sinistra: la sezione comunista di Cinisi (attentato
dinamitardo senza vittime), sezione del Pci di San Giuseppe Jato (un ferito e
distruzione totale della sede), Camera del Lavoro di Borgetto (senza vittime),
sezione socialista di Monreale (senza vittime), sezione del Pci di Carini
(senza vittime). Gli attentati di giugno furono la “naturale” continuazione
dell’azione di provocazione terroristica della strage del 1° maggio. Entrambe
le stragi, processualmente unificate, ebbero gravi coperture da parte di alcuni
settori delle forze dell’ordine dipendenti dall’Ispettore di Ps, Ettore
Messana. Questi aveva cominciato la sua carriera ai tempi della strage di Riesi
(1919) e l’aveva conclusa dopo Portella della Ginestra, avendo avuto
all’interno del gruppo di fuoco che aveva sparato sulla folla dei manifestanti
per la festa del 1° maggio, il proprio confidente Salvatore Ferreri, inteso
Fra’ Diavolo. L’ispettore inoltre era stato nominato dal governo di Ivanoe
Bonomi, a quell’alta carica, nonostante fosse ricercato dalla commissione delle
Nazioni Unite nel 1945 per crimini di guerra compiuti in Slovenia, durante
l’occupazione fascista (1941-1943: sul tema si possono consultare diversi post
di questo stesso blog e una sequenza fotografica di eccezionale interesse).
_______________________________________ Controdeduco: Fin qui abbiamo ripreso
quanto il Casarrubea affastella in lode di una sua iniziativa che ci piacerebbe
sapere quanto no-profit sia stata. La faccenda ci lasciava indifferente finchè
il bloggista non ha osato infangare la figura dell'ispettore generale il
gr.uff. dottore ETTORE MESSANA da Racalmuto. Ci agganciamo allo sproloquio di
quest'ultimo squarcio sopra riportato per contestare le infondate, calunniose,
infamanti affermazioni che vi si contengono: a) il dottore Ettore Messana, che
si vuol sminuire persino nella qualifica del suo alto ufficio (era Ispettore
Generale di PS) non "diede nessuna copertura alle 'stragi' di Portella
della Ginistra o ad essa collegate o collegabili". ANZI!!! Il grande
merito di quest'altissimo ed apicale dirigente di PS fu quello di avere
sbaragliato il banditismo siciliano dell'epoca Giuliano. Ebbe sottoposti oltre
750 carabinieri e questo forse fu il guaio suo giacché è ben nota la ritrosia
della Benemerita a sottostare agli ordini di un "civile". Nacquero
dissapori, incomprensioni ed ostracismi che gli storici allla Casarrubea
fingono di ignorare pur di costruire i loro sillogismi storici fregandosene
della correttezza storica e del dovere di non infangare figure prestigiose di
funzionari che sacrificano tanto pur di servire lo Stato, quello democratico
che necessita di un rigoroso mantenimento dell'ordine pubblico. E in questo
quadro di obnubilamento della verità storica, non si dà manco peso alla
gravissima circostanza che il bandito Ferreri fu ucciso o suicidato in una
caserma dei carabinieri ad Alcamo mentre veniva torchiato con il sotterraneo
intento di estorcere confessioni che potessero oscurare la figura del dottore
Messana. Resta però integerrima la probità, la sagacia, la dedizione al dovere
e l'abilità persecutrice del banditismo siciliano del dottore Messana. Noi
abbiamo pubblicato quanto nel 1951 il fiero 'poliziotto di Stato' dottore
Messana ebbe a deporre da teste e con giuramento nel processo del 1951. Il
Casarrubea che dice di avere un archivio che spero non finanziato con soldi
pubblici piùcompleto e più esaustivo degli archivi di Stato quel documento non
ce l'ha? non l'ha visto? oppure pur conoscendolo l'ha voluto cassare per non
compromettere il suo "scoop" giornalistico ed editoriale (ben tre
libri penso ben remunerati da Bompiani)? Il Casarrubea sa benissimo che i
tentavivi di coinvolgere giudiziariamente il Messana in processi più pretesuosi
che fondati a nulla approdarono e nulla poté essere addebitato a questo
rigoroso inflessibile sagace Uomo di PS. Si guardi ad esempio il misero
tentativo del buon compagno onorevole Montalbano. E se è vero che il
Casarrubbea dispone di archivi unici ed esaustivi quel processo che noi abbiamo
pubblicato gli è sfuggito o ama driblare ciò che non gli conviene? Falso che il
Messana chiuse quasi ignominiosamente la sua cariera in Sicilia. Fu invece
autorità apicale sino al suo sessacinquesimo anno di età quando andò in
pensione per raggiunti limiti di età e dopo restò legato al Viminale rispestato
e ascoltato pur nel mutare dei governi dell'epoca. Austero e rigoroso non
accettava omaggi dubbi, omise persino di agevolare la carriera del figlio che
meritevolmente da medico-scienziato qual era esercitò la sua professione senza
estranei appoggi. Il dottore Messana finì i suoi giorni dignitosamente ma non
opulentemente in una casa INGC. Un esempio luminoso da imitare specie oggi, in
tempi cioè che si dicono inquinati da illeciti arricchimenti da parte di uomini
pubblici. Qui ci limitiamo a sottolineare questo infame passaggio di uno che
pensa di fare lui la storia a suo modo sovvertendo persino sentenze passate da
mezzo secolo in giudicato, e di fare revisioni di sentenze solo con pregiudizi,
senza fondamento, privo di congrua documentazione, sulla base soltanto di
pretestuosi e presuntuosi apodittici giudizi di valore. b) Sulle vicende di
Riesi del 1919 il Casarrubea non ha alcuna documentazione a comprova della sua
infamante accusa. Noi l'abbiamo e a suo tempo la esibiremo. Ci basta qui
contrapporre questi contrappunti: falso che l'eccidio di Riesi sia imputabile
al Messana. Se una folla inferocita o certi sediziosi delinquenti trucidarono
l'ufficiale dell'esercito responsabile della mitragliatrice nel campanile della
chiesa di Riesi non ragioni ma motivi li avranno avuti e se il Messana - da
provare ancora che fosse lui lì presente - non bebbe torto neppure un capello
questo è già indice della non responsabilità del giovane commissario di PS che
non lì cominciò la sua carriera. Ed infatti nessuna responsabilità fu
attribuita al giovane trentunenne commissario di PS; anzi l'evento che occorso
quando Vittorio Emanuele Orlando era stato giubilitato ed era subentrato il
Nitti della intesa con i socialisti e dell'apertura ai popolari venne indagato
con rigore e al Messana non si contestò alcunché e così potè percorre una
lusinghiera carriera nella PS sino al top per i suoi grandi meriti e la sua
riconosciuta valentia al servizio dell'Ordine Pubblico, dello Stato di diritto
insomma. Se non fosse stato per il Li Causi che solo per incidens e nella foga
del suo contrattacco politico allo Scelba "strumentalizzò"
quell'antico e incerto episodio, non ci sarebbe materia per imbastire una
siffatta calunnnnia contro il dottore Messana, mai incolpato giudiziariamente
di una tale"strage" tanto cara al Casarrubea. C) Il fatto che titini
spalleggiati da forze occupanti militari americane hanno incluso il nome del
Questore della "provincia italiana" di Lubiana tra i "loro
accusati" per fantomatici crimini di guerra può solo venire
strumentalizzato da chi, pieno di spirito antitaliano, ha da costruire
fattispecie caluniattrici del buon nome d'Italia e propiziarsi così facili
guadagni. Quell'accusa titina finì nel cestino perché pretestuosa,
calunnatrice. ricattatoria. Per altro abbiamo trovato documentazione che
comprova che il questore Messnaa in quell'iniziale anno di gestione della
inventata provincia italiana di Lubiana venne esautorato di fatto
dall'esercito. La giornalista triestina che pur di affermarsi televisiamente
rispolvera tristi vicende per adornarli di capi di accusa inconsistenti va solo
commiserata. Volere trascinare nel fango un riverito e abile funzionario di
Stato suona ignominia per chi pur paludandosi persino delle vesti sacre di
storico e di storico obiettivo delle vicende di Sicilia trita tutto nel mortaio
della sua sua scandalistica speculazione
Tempo fa raffazzonavo nel mio blog CONTRA OMNIA RACALMUTO
l'acritica trascrizione di un blog di Casarrubea cui aggiungevo questa acidula
nota: Lillo Taverna Mi dispiace: io sono uno spirito libero, assolutamente
libero; non ho titoli, non sono storico; capisco solo dove c'è puzzo di
imbroglio. Quindi do la patente del "coglione" a chi si è abbeverato
nel mare di minchiate, assolutamente non documentate, di questo sedicente
storico e archivista CASABURREA. Oggi quel post viene rivisitato. Per questo ne
ho fatto il contrappunto di cui sopra. Naturalmente ho altro e ben altro per
documentare che nulla di storico c'è nella sistematica e diffamatoria congerie
di accuse alla fulgida figura dell'ISPETTORE GENERALE di PS gr.uff. dottore
ETTORE MESSANA da RACALMUTO
27 giugno 16.14.18
Questa è la risposta del direttore di Malgrado
tutto:gentilissima signora ,solo adesso,mi creda,sto prendendo visione del suo
messaggio.Raramente.infatti,consulto la pagina facebook del nostro giornale.Se
il suo messaggio mi fossearrivato sull'indirizzo di postaelettronica del
giornale,che consulto quotidianamente,avrei sicuramente evitato questo ritardo
nel risponderle.Le dico subito che ,intanto publicheremo integralmente la sua
lettera sul nostro giornale,riservandoci in un secondo momento,di ritornare
sull'argomento,dopo un ulteriore approfondimentodell'intera vicenda.Con
cordialitàe stima Egidio Terrana
Ho risposto :La ringrazio e rimango in attesa di positivi
sviluppi
bene. Marpionesca risposta di Egidio ma bene!!!
28 giugno 11.21.17
Il primo maggio del 1947 si consumò l'infame stage di
Portella della Ginestra. L'abile poliziotto Messana con encomiabile destrezza
scopre che era stato il bandito Giuliano e la sua banda a compiere
quell'esecrabile eccidio. Ne dà ovviamente subito notizia al Ministro Scelba
che ne informa il Parlamento. La notizia esce sulla stampa di Roma e Palermo.
L'onorevole comunista, l'avvocato professore Giuseppe Montalbano a ciò si
aggancia per una denuncia contro il Messana quale responsabile del reato di
violazione del segreto d'ufficio. L'abile appiglio rivela l'imbarazzo del
parlamentare comunista nel difendersi dalla più grave denuncia per calunnia che
il Messana gli aveva sporto contro. La denuncia per calunnia si originava da un
infamante articolo del Montalbano che si chiedeva sul n. 152 de la "voce
di Sicilia": "Messana correo dei delitti di Fra Diavolo?" A ben
vedere l'odierna campagna di stampa diffamatoria verso il gr.uff. Ettore
Messana si aggancia a quel vecchio articolo del 1947 per le sue dissennate
insinuazioni calunniose. Ma per ora limitiamoci ad alcuni stralci degli atti di
quel francamente risibile processo presso il Tribunale Penale di Palermo del
1947 che abbiamo già integralmente pubblicato. E' lo stesso Montalbano che
attenua il carattere accusatorio affermando: "è vero che le mie accuse
contro il Messana sono poste in quell'artcolo sotto forma ipotetica..." Ma
quello che implacabilmente emerge già dopo mesi da quella insinuazione è quanto
il PM nel chiedere l'archiviazione argomenta il 2 ottobre del 1947 dissolvendo
senza ombra di dubbio ogni sia pure labile sospetto sulla figura del grande
ispettore. " Va appena rilevato - vi si afferma - che non può farsi luogo
a procedimento per calunnia contro il Montalbano, autore dell'articolo, non
avendo egli presentato a carico del dr. Messana alcuna denunzia all'Autorità
giudiziaria o ad altra Autorità designata dalla legge circa la pretesa - quanto
mai assurda - di costui correità nei delitti commessi dal bandito
Ferreri". L'adamantino comportamento del nostro grande compaesano ha
quindi il suggello del Procuratore della Repubblica Barone come si può
riscontrare nello stralcio processuale che qui sotto pubblichiamo. Signor
Casarrubea e accoliti della carta stampata vari quale dato, documento,
conoscenza, competenza avete voi per potere ora dopo sessant'anni mettere in
dubbio la certezza del Tribunale penale di allora che apoditticamente sancisce
che l'Ispettore Generale di PS, gr. uff, Dottore Ettore Messana è un alto
ufficiale di polizia non lambito da alcun sospetto circa "i delitti
commessi dal bandito Ferreri" essendo solo pretesa ASSURDA quella del
compagno comunista Montalbano (allora perché dopo travagliata fu la militanza
politica di quest'uomo di Santa Margherita Belice). Se dite di possedere
archivi, non avete dato peso a siffatti documenti priocessuali? Ma così non si
fa storia, solo prodromica calunnia. PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI PALERMO IL P. M. osserva che con denunzia del 25
giugno 1947, indirizzata al Procuratore Generale di Palermo, ripetuta il 30
stesso mese, l’on. prof. avv. Montalbano Giuseppe, deputato alla Costituente,
lamentava che il «Risorgimento Liberale», quotidiano di Roma, ed «Il Mattino di
Sicilia», quotidiano di Palermo, alcuni giorni prima avevano pubblicato la
notizia che egli, citato dall’Autorità Giudiziaria come teste nel processo
Miraglia, per due volte non si era presentato «perché cercava di sottrarsi dal
deporre per paura di essere messo a confronto con un Ufficiale di Polizia
Giudiziale». Nella persuasione che tale notizia fosse stata rivelata dal dr.
Messana Ettore, Ispettore Generale di PS. per la Sicilia, denunziava costui
quale responsabile del reato di rivelazione di segreto di ufficio, previsto e
punito dall’art. 326 C.P. Lamentava altresì che il «Giornale di Sicilia» del 22
giugno u.s., aveva pubblicato notizie molto delicate e riservatissime in merito
alle indagini in corso sul selvaggio eccidio di Portella della Ginestra,
riportando il tenore delle deposizioni rese nella fase istruttoria, non ancora
chiusa, dai testi Riolo, Sirchia, Fusco e Cuccia, e che lo stesso giornale, del
successivo giorno 25, precisava che le notizie pubblicate nel numero del 22
giugno erano state desunte da «atti ufficiali riferentisi all’inchiesta in
corso». Ravvisava in tali pubblicazioni la prova che funzionari addetti alle
indagini avessero rivelato segreti d’ufficio e denunziava gli ignoti
informatori da ricercarsi presumibilmente [presso] l’Ispettorato Generale di P.
S., diretto dal dr. Messana. D’altro lato quest’ultimo, venuto a conoscenza
della denunzia sporta a suo carico, indirizzava, in data 16 luglio u.s., a
questa Procura un esposto col quale chiedeva il procedimento d’ufficio per
calunnia contro il prof. Montalbano, anche in relazione ad un articolo
pubblicato nel n. 152 de «La Voce della Sicilia» del 1° luglio, a firma del
Montalbano, nel quale egli viene fatto apparire come correo dei numerosi delitti
consumati dal bandito Ferreri inteso Fra’ Diavolo, ucciso poi in conflitto in
territorio di Alcamo. Ciò posto, va subito rilevato che la doglianza del prof.
Montalbano per la notizia pubblicata dal «Risorgimento Liberale» e dal «Mattino
di Sicilia» è pienamente fondata per quanto ottiene l’offesa recata alla sua
personalità morale, essendo chiaro che l’autore dell’articolo scrivendo
ch’egli, sebbene due volte citato dal magistrato istruttore, non si era
presentato a deporre come teste «per paura di essere messo a confronto con un
funzionario di polizia» si proponeva di presentare il Montalbano sotto una luce
poco onorevole al pubblico dei lettori: è risultato, invece, dalla esauriente
istruttoria compiuta da quest’Ufficio che il prof. Montalbano si presentò
regolarmente tutte e due le volte alla Sezione istruttoria e che per la mancata
presenza del giudice non fu messo in grado – sia la prima che la seconda volta
– di rendere la sua deposizione. Intanto il magistrato inquirente dispose la
nuova citazione del prof. Montalbano per il giorno 25 luglio e,
nell’eventualità di dovere eseguire un confronto tra lui ed il dr. Messana,
telefonò a quest’ultimo invitandolo a tenersi per quel giorno a sua
disposizione nel proprio ufficio onde assicurarsene, occorrendo, la
comparizione. Tosto che il prof. Montalbano poté rendere la sua dichiarazione,
il giudice non ritenne di far luogo al confronto ed il dr. Messana fu sciolto
dall’obbligo di tenersi a disposizione. Or poiché la notizia del predisposto
confronto era nota soltanto al magistrato ed al dr. Messana, è sembrato logico
al prof. Montalbano ritenere che il Messana ne avesse informato i giornali,
rivelando così un segreto d’ufficio. Nel fatto lamentato non riscontra però il
requirente gli estremi del reato p. ep. dall’art. 326 C. P. e ciò a prescindere
da qualsiasi esame di merito sulla consistenza dell’addebito. Perché la
citazione non è un atto interno del processo, non è, cioè, un atto segreto
posseduto e custodito dal pubblico ufficiale: bensì è un atto esterno del
processo, la cui funzione si esaurisce all’esterno, concretantesi nella
chiamata del giudice, pel tramite dell’ufficiale giudiziario. Le notizie
d’ufficio sono quelle che debbono rimanere segrete, come le dichiarazioni
testimoniali, i verbali di confronto, gli atti generici ecc. Sicché la loro
rivelazione da parte del pubblico ufficiale si risolve in una violazione dei
doveri inerenti alla sua funzione. Come non costituisce segreto d’ufficio la
citazione, a maggior ragione non può costituire segreto d’ufficio un semplice
avvertimento fatto per telefono a persona ancora da citare pel caso di un
eventuale confronto. Il reato di violazione di segreti d’ufficio è, invece,
manifestamente configurabile nei due articoli pubblicati sul Giornale di
Sicilia, rispettivamente sotto il titolo «Colpo di scena: a Portella della
Ginestra ha sparato Giuliano» e «Soppresso a Portella della Ginestra perché
testimone della strage», perché in entrambi gli articoli appaiono palesati
fatti e circostanze che non potevano essere di dominio pubblico, e, quindi,
oggetto di cronaca, siccome acquisite dall’Autorità giudiziaria e dalla Polizia
giudiziaria durante le indagini tuttora in corso. Per di più lo stesso giornale
nel n. 149 del 25 giugno 1947, riportava un articolo in cui si ribadiva che le
notizie precedentemente pubblicate erano state desunte da atti ufficiali e da
conclusioni ufficiali di una inchiesta accertante la responsabilità del bandito
Giuliano. Nulla, tuttavia, autorizza a ritenere che il dr. Messana abbia dato ai
giornali le informazioni in discorso. Ben vero il prof. Montalbano ha
manifestato il convincimento che tali notizie fossero state propalate
dall’Ispettore Generale di PS. nella considerazione che ancora prima che le
indagini avessero preso una consistenza qualsiasi, il Messana si era affrettato
a comunicare al Ministro dell’Interno che autore della strage era stato
Giuliano con la sua banda, per cui avvenne che il Ministro ne informò
l’Assemblea Costituente: da qui l’interesse del Messana di dimostrare al
pubblico che egli non si era sbagliato. È evidente la buona fede dell’on.le
Montalbano nella incolpazione fatta al Messana, ma, alla stregua delle
risultanze istruttorie, l’addebito deve dirsi del tutto infondato. Parrebbe,
infatti, accertato che i redattori degli articoli incriminati trassero le
notizie, in discorso, da indagini direttamente fatte dai cronisti dei giornali,
che abilmente seguivano quelle che si svolgevano nell’ambito della polizia
giudiziaria e dell’Autorità giudiziaria (ff. 19 - 22 - 23 - 26, testi Pirri,
Melati, Petrucci, Seminara, e Marino), ma anche se ciò non fosse vero, nessuna
prova sussiste, atta a far ritenere che fosse stato proprio il Messana a
rivelare le risultanze delle indagini ufficiali, specie se si consideri che i
motivi posti a base dell’incolpazione contro il Messana valgono anche per tutti
i funzionari e gli agenti dell’Ispettorato di PS. che collaborarono col loro
Capo nelle operazioni di polizia, sicché per tutti poteva essere di
soddisfazione far sapere che l’Ispettorato non aveva sbagliato
nell’individuazione dei responsabili dell’efferato delitto. Non sono altresì da
escludere altre ipotesi circa la fonte alla quale le notizie poterono essere
attinte. Stando così le cose non si vede perché si debbano inseguire delle
ombre, quando si ha la prova di un’attività giornalistica, abilmente, ma anche
imprudentemente manovrata ai margini di uffici giudiziarii e di polizia. Il che
non è reato. Non essendo penalmente punibili pel titolo di violazione di
segreti di ufficio i fatti lamentati dal prof. Montalbano, discende la
conseguenza logica e giuridica che non possono riscontrarsi gli estremi della
calunnia nella incolpazione di fatti non costituenti reato. Parimenti non
incriminabile pel titolo di calunnia è l’articolo pubblicato nel n. 152 de «La
voce di Sicilia» sotto il titolo «Messana correo dei delitti di Fra-diavolo?».
Il contenuto dell’articolo è diffamatorio, ma di ciò non si è doluto il dr.
Messana, mancando in atti la prescritta querela. Va appena rilevato che non può
farsi luogo a procedimento per calunnia contro il Montalbano, autore
dell’articolo, non avendo egli presentato a carico del dr. Messana alcuna
denunzia all’Autorità giudiziaria o ad altra Autorità designata dalla legge
circa la pretesa – quanto mai assurda – di costui correità nei delitti commessi
dal bandito Ferreri. La pubblicità col mezzo della stampa di una falsa
incolpazione di reato, fatta sia pure con l’intento di provocare un
procedimento penale di ufficio, non ha nulla di comune con la denunzia che la
legge richiede per la sussistenza della calunnia. Per l’anzidetto essendo il
caso di provvedere ai sensi dell’art. 74 C. P. P. e succ. mod. CHIEDE Che il
Giudice Istruttore voglia ordinare la archiviazione degli atti. Palermo
2.10.1947. Il Procuratore della Repubblica. Barone. PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI PALERMO IL P. M. osserva che con
denunzia del 25 giugno 1947, indirizzata al Procuratore Generale di Palermo,
ripetuta il 30 stesso mese, l’on. prof. avv. Montalbano Giuseppe, deputato alla
Costituente, lamentava che il «Risorgimento Liberale», quotidiano di Roma, ed
«Il Mattino di Sicilia», quotidiano di Palermo, alcuni giorni prima avevano
pubblicato la notizia che egli, citato dall’Autorità Giudiziaria come teste nel
processo Miraglia, per due volte non si era presentato «perché cercava di
sottrarsi dal deporre per paura di essere messo a confronto con un Ufficiale di
Polizia Giudiziale». Nella persuasione che tale notizia fosse stata rivelata
dal dr. Messana Ettore, Ispettore Generale di PS. per la Sicilia, denunziava
costui quale responsabile del reato di rivelazione di segreto di ufficio,
previsto e punito dall’art. 326 C.P. Lamentava altresì che il «Giornale di
Sicilia» del 22 giugno u.s., aveva pubblicato notizie molto delicate e
riservatissime in merito alle indagini in corso sul selvaggio eccidio di
Portella della Ginestra, riportando il tenore delle deposizioni rese nella fase
istruttoria, non ancora chiusa, dai testi Riolo, Sirchia, Fusco e Cuccia, e che
lo stesso giornale, del successivo giorno 25, precisava che le notizie
pubblicate nel numero del 22 giugno erano state desunte da «atti ufficiali
riferentisi all’inchiesta in corso». Ravvisava in tali pubblicazioni la prova
che funzionari addetti alle indagini avessero rivelato segreti d’ufficio e
denunziava gli ignoti informatori da ricercarsi presumibilmente [presso]
l’Ispettorato Generale di P. S., diretto dal dr. Messana. D’altro lato
quest’ultimo, venuto a conoscenza della denunzia sporta a suo carico, indirizzava,
in data 16 luglio u.s., a questa Procura un esposto col quale chiedeva il
procedimento d’ufficio per calunnia contro il prof. Montalbano, anche in
relazione ad un articolo pubblicato nel n. 152 de «La Voce della Sicilia» del
1° luglio, a firma del Montalbano, nel quale egli viene fatto apparire come
correo dei numerosi delitti consumati dal bandito Ferreri inteso Fra’ Diavolo,
ucciso poi in conflitto in territorio di Alcamo. Ciò posto, va subito rilevato
che la doglianza del prof. Montalbano per la notizia pubblicata dal
«Risorgimento Liberale» e dal «Mattino di Sicilia» è pienamente fondata per
quanto ottiene l’offesa recata alla sua personalità morale, essendo chiaro che
l’autore dell’articolo scrivendo ch’egli, sebbene due volte citato dal magistrato
istruttore, non si era presentato a deporre come teste «per paura di essere
messo a confronto con un funzionario di polizia» si proponeva di presentare il
Montalbano sotto una luce poco onorevole al pubblico dei lettori: è risultato,
invece, dalla esauriente istruttoria compiuta da quest’Ufficio che il prof.
Montalbano si presentò regolarmente tutte e due le volte alla Sezione
istruttoria e che per la mancata presenza del giudice non fu messo in grado –
sia la prima che la seconda volta – di rendere la sua deposizione. Intanto il
magistrato inquirente dispose la nuova citazione del prof. Montalbano per il
giorno 25 luglio e, nell’eventualità di dovere eseguire un confronto tra lui ed
il dr. Messana, telefonò a quest’ultimo invitandolo a tenersi per quel giorno a
sua disposizione nel proprio ufficio onde assicurarsene, occorrendo, la
comparizione. Tosto che il prof. Montalbano poté rendere la sua dichiarazione,
il giudice non ritenne di far luogo al confronto ed il dr. Messana fu sciolto
dall’obbligo di tenersi a disposizione. Or poiché la notizia del predisposto
confronto era nota soltanto al magistrato ed al dr. Messana, è sembrato logico
al prof. Montalbano ritenere che il Messana ne avesse informato i giornali,
rivelando così un segreto d’ufficio. Nel fatto lamentato non riscontra però il
requirente gli estremi del reato p. ep. dall’art. 326 C. P. e ciò a prescindere
da qualsiasi esame di merito sulla consistenza dell’addebito. Perché la
citazione non è un atto interno del processo, non è, cioè, un atto segreto
posseduto e custodito dal pubblico ufficiale: bensì è un atto esterno del
processo, la cui funzione si esaurisce all’esterno, concretantesi nella
chiamata del giudice, pel tramite dell’ufficiale giudiziario. Le notizie
d’ufficio sono quelle che debbono rimanere segrete, come le dichiarazioni
testimoniali, i verbali di confronto, gli atti generici ecc. Sicché la loro
rivelazione da parte del pubblico ufficiale si risolve in una violazione dei
doveri inerenti alla sua funzione. Come non costituisce segreto d’ufficio la
citazione, a maggior ragione non può costituire segreto d’ufficio un semplice
avvertimento fatto per telefono a persona ancora da citare pel caso di un
eventuale confronto. Il reato di violazione di segreti d’ufficio è, invece,
manifestamente configurabile nei due articoli pubblicati sul Giornale di
Sicilia, rispettivamente sotto il titolo «Colpo di scena: a Portella della
Ginestra ha sparato Giuliano» e «Soppresso a Portella della Ginestra perché
testimone della strage», perché in entrambi gli articoli appaiono palesati
fatti e circostanze che non potevano essere di dominio pubblico, e, quindi,
oggetto di cronaca, siccome acquisite dall’Autorità giudiziaria e dalla Polizia
giudiziaria durante le indagini tuttora in corso. Per di più lo stesso giornale
nel n. 149 del 25 giugno 1947, riportava un articolo in cui si ribadiva che le
notizie precedentemente pubblicate erano state desunte da atti ufficiali e da
conclusioni ufficiali di una inchiesta accertante la responsabilità del bandito
Giuliano. Nulla, tuttavia, autorizza a ritenere che il dr. Messana abbia dato
ai giornali le informazioni in discorso. Ben vero il prof. Montalbano ha
manifestato il convincimento che tali notizie fossero state propalate
dall’Ispettore Generale di PS. nella considerazione che ancora prima che le
indagini avessero preso una consistenza qualsiasi, il Messana si era affrettato
a comunicare al Ministro dell’Interno che autore della strage era stato
Giuliano con la sua banda, per cui avvenne che il Ministro ne informò
l’Assemblea Costituente: da qui l’interesse del Messana di dimostrare al
pubblico che egli non si era sbagliato. È evidente la buona fede dell’on.le
Montalbano nella incolpazione fatta al Messana, ma, alla stregua delle
risultanze istruttorie, l’addebito deve dirsi del tutto infondato. Parrebbe,
infatti, accertato che i redattori degli articoli incriminati trassero le
notizie, in discorso, da indagini direttamente fatte dai cronisti dei giornali,
che abilmente seguivano quelle che si svolgevano nell’ambito della polizia
giudiziaria e dell’Autorità giudiziaria (ff. 19 - 22 - 23 - 26, testi Pirri,
Melati, Petrucci, Seminara, e Marino), ma anche se ciò non fosse vero, nessuna
prova sussiste, atta a far ritenere che fosse stato proprio il Messana a rivelare
le risultanze delle indagini ufficiali, specie se si consideri che i motivi
posti a base dell’incolpazione contro il Messana valgono anche per tutti i
funzionari e gli agenti dell’Ispettorato di PS. che collaborarono col loro Capo
nelle operazioni di polizia, sicché per tutti poteva essere di soddisfazione
far sapere che l’Ispettorato non aveva sbagliato nell’individuazione dei
responsabili dell’efferato delitto. Non sono altresì da escludere altre ipotesi
circa la fonte alla quale le notizie poterono essere attinte. Stando così le
cose non si vede perché si debbano inseguire delle ombre, quando si ha la prova
di un’attività giornalistica, abilmente, ma anche imprudentemente manovrata ai
margini di uffici giudiziarii e di polizia. Il che non è reato. Non essendo
penalmente punibili pel titolo di violazione di segreti di ufficio i fatti
lamentati dal prof. Montalbano, discende la conseguenza logica e giuridica che
non possono riscontrarsi gli estremi della calunnia nella incolpazione di fatti
non costituenti reato. Parimenti non incriminabile pel titolo di calunnia è
l’articolo pubblicato nel n. 152 de «La voce di Sicilia» sotto il titolo
«Messana correo dei delitti di Fra-diavolo?». Il contenuto dell’articolo è
diffamatorio, ma di ciò non si è doluto il dr. Messana, mancando in atti la
prescritta querela. Va appena rilevato che non può farsi luogo a procedimento
per calunnia contro il Montalbano, autore dell’articolo, non avendo egli
presentato a carico del dr. Messana alcuna denunzia all’Autorità giudiziaria o
ad altra Autorità designata dalla legge circa la pretesa – quanto mai assurda –
di costui correità nei delitti commessi dal bandito Ferreri. La pubblicità col
mezzo della stampa di una falsa incolpazione di reato, fatta sia pure con
l’intento di provocare un procedimento penale di ufficio, non ha nulla di
comune con la denunzia che la legge richiede per la sussistenza della calunnia.
Per l’anzidetto essendo il caso di provvedere ai sensi dell’art. 74 C. P. P. e
succ. mod. CHIEDE Che il Giudice Istruttore voglia ordinare la archiviazione
degli atti. Palermo 2.10.1947. Il Procuratore della Repubblica. Barone.
28 giugno 17.39.34
Mi passano questo film ... non l'ho voluto manco guardare.
Te lo rigiro solo per tuo uso (o non uso) e consumohttp://www.youtube.com/watch?v=lAmx2ns17ww&feature=share
www.youtube.com
28 giugno 21.33.17
Carissimo Gigi, il sei giugno scorso ebbi a scrivere alla
giornalista Claudia Cernigoi quanto sotto: finora non mi risultano risposte di
sorta. Ho cointerassato altri giornalisti siciliani coinvolti nella
denigrazione calunniosa del Messana. A me non risulta alcun seguito.
Naturalmente dopo il 6 giugno il mio archivio personale si è arricchio con
altri documenti e riscontri vari, ragion per cui conviene a lor signori il
silenzio. Non si fa storia con i sentiti dire e con il rinvio ricettizio
reciproco. Credimi, nessuno può smentire quanto cestosinamente ho ricostruito
avvalendomi anche della mia specialistica abilità ispettiva. Provare per
credere. Il direttore di Malgrado Tutto, che si dichiara autore di quanto la
signora Messana chiama scivolata giornalistica, si renda conto che insomma non
sarò giornalista, non sono scrittore né tampoco storico, ma come indagatore
delle verità nascoste (bancarie fiscali comunitarie o storiche che siano), non
sono da sottovalutare come mi è sembrato nell'incauta risposta che ha dato
allaSignora Messana. Claudia Cernigoi 6 giugno 18:17 lei dovrebbe essere
l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana già ispettore
generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di tanto grande
personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare ricerche che la
smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta di resipiscenza
operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona da oppiare. Certo
non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti sedicenti storici
fabbricanti di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma ora ha deciso. 13
giugno 17:32 Giornata afosissima e davvero torrida qui a Roma. Arrivo proprio
adesso dall'Archivio Centrale dello Stato. Ho consultato buste di polverose
carte da fare venire la TBC. Ho fatto fare 40 fotocopie che mi sono costate 18
euro per diritti di urgenza. Sono euforico. Sono relazioni originali del nostro
grandissimo concittadino, cugino del celeberrimo don Luigi Messana, l'ispettore
generale di PS Ettore Messana. Mi dispiace per il Link Sicilia: ha scritto
minchiate sul nostro questore. Non rettificherà? E altrettanto dico a Malgrado
Tutto, che finge di non leggere quello che scrivo. E che dire al sordo Giuseppe
Casarrubea? Mi glissa. Glisserà la nipote Giovanna del questore che è proprio
infuriata per le mascalzonate INFAMANTI DEL TUTTO INFONDATE? e che dirà il
Vespa che sul suo PORTA A PORTA ha ricicciato vomitevoli e false calunnie
storiche sul questore Messana. Proprio lui? Sicuramente male informato.
Riparerà con una controtrasmissione?. Alla giornalista triestina non so che
dire, come a quel paio di corrispondenti del Giornale di Sicila. All'ANPI d
Palermo ho paura di mandare i miei strali. In fin dei conti da vetero comunista
non posso buttarmi contro la mia stessa chiesa rossa. Solo che io ho due motti
che mi sibilano dentro PLATO AMICUS sed MAGIS VERITAS e l'altro appreso da quei
miei padri della chiesa quali Pajetta e C. La verità è sempre rivoluzionaria.
29 giugno 0.06.26
Non ringrazio Malgrado Tutto di quanto segnalatomi. Che
smentita è mai codesta? Le minchiate della signorina Cernigoi le ho smantellate
tutte e ancor più farò quando commenterò l'altra documentazione in mio
possesso. Quanto alla faccenda Lubiana rimando a quanto già scritto sulla base
della documentazione richiamata dallo storico di fama mondiale Sala. Sul resto,
la Cernigoi si appoggia incautamente su Casarrubea. Anche Gigi stasera sembrava
convinto che la storia di Riesi e quella della coerreità con fra Diavolo sono "cazzate".
Mi domando a questo punto Malgrado Tutto con chi sta? Con la Cernigoni e
Casarrubea o con la verità che credo di avere rispolverata sul gr.uff. Ettore
Messana? La pervicacia della signorina Cernigoni la sottoporrò alla valutazione
della nipote del Messana per le sue eventuali azioni giudiziarie.
29 giugno 8.38.43
Ancora una volta apprezzo la tua "forza"in questa
battaglia ,io seguirò ,con la massima fiducia, i tuoi suggerimanti .Oggi sono
ospite di mia cognata, appena mi sarà possibile ti chiamerò A presto
30 giugno 22.32.47
SUPERIOR STABAT LUPUS INFERIOR AGNUS: CERNIGOI ED ETTORE
MESSANA Malgrado Tutto, in via riservata, ha voglia di farmi sapere che la
signorina Cernigoi non è vero che non mi aveva risposto: mi aveva anzi
replicato e in malo modo. Ora qualcuna ha voglia di farmi sapere che la
poverina è stata vittima di chissà quale aggressione mafiosa. Comincio a temere
per me. Porto il tasco torto, infilzo la Cernigoi e il suo pigmalione siciliano
Casarrubea. Per me sono artefici di una indegna campagna di stampa
infondatamente calunniosa contro il Gr. Uff. dottore Ettore Messana, ispettore
generale di PS, da Racalmuto. morto da oltre sessant'anni e quindi
assolutamente non in grado di difendersi. Una concertazione cche reputo
indecorosa. Un esempio: nel celebre processo di Viterbo il Messana, fiero,
integro, rispettabile e ripettato, depone come teste e incisivamente,
documentatissimo, ripercorre tutta la sua vicenda diciamo della sua meritevole
lotta al banditismo siciliano capeggiato dal celeberrimo bandito Giuliano.
Nessun'ombra, nessun sospetto macchia questa fulgida figura cui si inchina il
Tribunale. Quella deposizione noi l'abbiamo pubblicata nei giorni scorsi: sono
atti pubblici consultabili stando persino seduti dietro un comodo computer. Noi
la ripubblichiamo qui. Ed invece no! La signorina Cernigoi devia, si lancia in
giudizi di valore gravemente lesivi dell'onore di questo grande servitore dello
Stato di diritto e sciorina una serie di valutazioni contro "l’ex
funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani". Noi non sappiamo chi sia
questo alto funzionario dello Stato Ciro Verdiani; pensiamo che venga qui anche
lui calunniato, ma non ne sappiamo nulla. Sappiamo solo che è perverso
diffamare Ettore Messana quasi fosse corresponsabile dell'operato del Verdiani
sol perché ne era stato una diecina di anni prima - ma è poi vero? -
'dipendente' . A noi ad esempio questo non risulta ma anche se vero mi richiama
la Cernigoni la favola di Fedro superior stabat lupus ....._- sei mesi fa mi
hai lordato l'acqua. - ma se non ero manco nato - e allora è stato tuo padre.
La figura di Messana è scolpita nel testo della sua deposizione al processo
Viterbo. Controllate. La Cernigoi se ne fotte ed ecco come dileggia il Messana.
Può avere tutta la solidarietà del congrega della carta stampata e di
Casarrubea, ma l'indegna denigrazione risulta qui inoppugnabile.
----------------------------------- Malgrado Tutto: Le riportiamo, per sua
informazione, la replica di Claudia Cernigoi.APPUNTI SU ETTORE MESSANA. Claudia
Cernigoi: Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna,
che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il
dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una
biografia. In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona,
denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti
ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto
ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa persona. [omissis] A fronte
di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato per
quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno "epurato" dalla
Pubblica Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia
Sicilia, a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria,
Ciro Verdiani, un "Ispettorato generale di PS per la Sicilia", un
"organo creato per la repressione della delinquenza associata, e
specificamente per la repressione del banditismo che faceva capo a Giuliano (il
"bandito" Salvatore Giuliano, n.d.a.)" (questa definizione è
tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla Corte d’assise
di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in merito alla strage
di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i due alti funzionari
di PS svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni stralci dalla
sentenza emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra, dove gli
uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per festeggiare il
Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e ferendone
molte altre. "L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo
della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con cui
si incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia,
Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare
Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato
dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse
con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di essere
dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il
Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo
madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività
dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano
fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire
una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare
Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex
generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò
l’uccisione di Giuliano in Sicilia", già "uomo di fiducia personale
di Mussolini", come scrive Giuseppe Casarrubea in "Storia segreta
della Sicilia", Bompiani 2005) ed operava con costui contro
Giuliano".
------------------------- Quanto alle altre infamie ribadite dalla giornalista
triestina, filoslava, non certo affetta da fervido patriottismo verso questa
nostra patria Italia, ho già proceduto a sbriciolarla e ancora meglio farò
quanto pubblicherò gli altri risultati delle mie ricerche archivistiche. Qui
accenno alla mia corrispondenza con Malgrado Tutto. Non ringrazio Malgrado Tutto di quanto segnalatomi. Che
smentita è mai codesta? Le minchiate della signorina Cernigoi le ho smantellate
tutte e ancor più farò quando commenterò l'altra documentazione in mio
possesso. Quanto alla faccenda Lubiana rimando a quanto già scritto sulla base
della documentazione richiamata dallo storico di fama mondiale Sala. Sul resto,
la Cernigoi si appoggia incautamente su Casarrubea. Anche Gigi stasera sembrava
convinto che la storia di Riesi e quella della coerreità con fra Diavolo sono
"cazzate". Mi domando a questo punto Malgrado Tutto con chi sta? Con
la Cernigoni e Casarrubea o con la verità che credo di avere rispolverata sul
gr.uff. Ettore Messana? La pervicacia della signorina Cernigoni la sottoporrò
alla valutazione della nipote del Messana per le sue eventuali azioni
giudiziarie.
Malgrado Tutto: Le abbiamo girato quanto sopra solo per sua informazione, non
deve ringraziare nessuno. Cordiali saluti
Dottore Calogero Taverna, ottuagenario: Bene, meglio così. Ma il problerma
resta: obiettivamente Malgradotutto ha diffamato Messana: Poco importa se si è
limitato a riportare un testo altrui. Non devo insegnare niente a nessuno. Sia
chiaro la diplomatica lettera della signora Giovanna l'ho stilata io. L'ho
fatto per farvi prendere le debite iniziative riparatrici. Vi sono amico e
spero che non persistiate in questo atteggiamento quasi di scaricabarile.
Comunque, la faccenda mi riguarda molto relativamente e così riparo alla mia
precedente sparata, vi ringrazio e spero nella vostra stima. Cordialità.
Domenica 09:11 Quando leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi
nel ritenere codesto questurino a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo
meschinello detrattore, in anonimato, del grande Ettore Messana che dovrebbe
essere stato suo superiore e che certamente non ebbe ad apprezzarlo. Al suo
paese irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e si cercò di
santificarlo. Riportiamo giù locandine manifesti e dicerie elogiative ma non
c'era molto da addurre a lode omaggiante. Si disse "uomo giusto". Un
epiteto alquanto singolare per uno che di mestiere aveva fatto il poliziotto di
un reparto politico decisamente fascista. E redigeva rapporti infamanti di
sospetti e dispetti a base di "corre voce", "si dice",
"non poteva non sapere", " era suo subordinato il vero
malfattore (se poi tale era)" "lo spalleggiava" "forse ne
fu compare" e niente più. Ma proprio niente di più sul suo grande
superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff. Dottore Ettore Messana. E
quando le scrive queste cose, quando ancora modesto funzionarietto di questura,
relegato ad una insignificante periferia, nell'ottobre del 1945, crede che è
giunto il momento di togliersi un sassolino dalla scarpa contro l'invidiato suo
ex Superiore che invece di carriera ne ha già fatta e con onore e per la stima
di un superbo uomo di Stato, nientemeno l'on. Alcide De Gasperi. E quel
insignificante rapportino finisce obliato e trascurato in mano non autorevole e
ci vuole tutta la malafede di rampanti speculatori dell'antitalianità per
riesumarlo e farne fonte di autorevolissima fede quando scricchiola da tutte le
parti. E ciò è tanto vero che Roma repubblicana e democratica e
indubitabilmente antifascista non vi diede peso alcuno. Del resto non ne aveva:
non un fatto, non una prova, non una certezza. Solo pettegolezzi astiosi di
bassa caserma poliziesca. lunedì 12 settembre 2011 Ricciardelli, l'amico e
collega di Palatucci che finì a Dachau Ma ecco cosa scriveva
ancora il Ricciardelli: "Fra le insistenti voci che allora circolavano vi
era anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui
venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti
personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in
carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che promettevaloro la
liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si
faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui
aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua permanenza a Trieste, per la
creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato speciale
di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non
riuscì ad affettuare operazionidi polizia politica degne di particolare
rilievo. Ma anche qui come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza
assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella
trattazione di pratiche relative a perseguitati politici, responsabili di
attività antifascista molto limitata. In proposito, si ritiene opportuno
segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità d’animo: In una notte del
gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed all’insaputa dello stesso
Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di oltre venti ebrei fra cui
si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e Leone, Romano Davide, Israele
Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero proposti al Ministero per
l’internamento, perché ritenuti politicamente pericolosi. E che il Messana
avesse agito per pura malvagità e, probabilmente, per cercare di accattivarsi
la benevolenza della locale federazione fascista, con la quale non
intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo stesso Ministero
respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti che furono
rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati particolari e per
conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i precedenti al Ministero,
poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale Questura, furono asportati o
distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione della città ai primi di maggio
u. s.) Risulta in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale
commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo
particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità
per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo
della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri
componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini,
presidente della commissione stessa.[3] gli italiani uccidono 15 uomini e donne
a Brdo presso Lubiana. Le vittimesi trovano al cimitero di Vic Destituito
Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste, se ne allontanò ben
presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data del 2 novembre era
ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato dimissionario
d’ufficio". [4] --------- Di tutta questa accozzaglia di
dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo
affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai
addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito
nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo
documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo si macchia a mio
avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa storia
Carissimo cugino Gigi Restivo credo che debbo alla tua cortesia se Malgrado
Tutto mi ha "passato" i contrappunti avversi di tal Carnigoi
triestina, filoslava e con scarso amore patriottico per questa nostra Italia.
Ti riporto quanto oggi per il canale riservato di cui dispongo le ho inviato:
"lei persiste nella sua ricostruzione storica rimarcando la sua
responsabilità quanto agli infamanti giudizi di valore contro il Messana. Se
lei è persona civile perché non dice che fine ha fatto quella congerie di
fallaci accuse titine? Non può credere che l'Italia degasperiana abbia
conferito l'alta onorificenza al Messana ignara o peggio correa di quella
caterva di accuse infamanti titina contro chi avesse avuto dallo Stato Italiano
incarichi in quella tragica storia della costituzione della provincia di
Lubiana che lei non può antipatriotticamente ridurre ad un crimine di guerra.
Storicizzi, si legga letteratura seria quale quella del prof. Sala e poi
giudichi. Io l'ho fatto e le dico che lei fa solo indegno scoop giornalistico.
Quanto a quello che scrive sulla base del Casarrubea, se la sente di
confermarlo?" Ti
faccio presente che la Cernigoi si basa su un fascicolo postumo di gente titina
che ha cercato invano di ricattare l'Italia. Non mette in conto neppure che
quelle accuse finirono cestinate perché infondate o ininfluenti. L'Italia
degasperiana - mica quella fascista o provvisoria o bonomiana - non diede peso
alcuno alle infondate accuse titine pur conoscendole. Credo che addirittura
esista nell'archivio del Ministero degli Esteri un dossier in proposito. L'ho
individuato ma per il momento ho lasciato correre. Tu che sei in cerca
spasmodica di documenti potresti sopperire. Ti darei gli estremi. Uno storico davvero professionale e serio quale il prof.
Sala, deceduto, ha pubblicato volumi sulla vicenda della "guerra
parallela" che consentì al Duce di istituire questa cosiddetta provincia
di Lubiana per insegnare ai tedeschi come occupare un territorio straniero e
gestirlo "umanitariamente". Emerge che il Messana cercò nel primo
anno della "provincia" di attuare quella politica "umanitaria e
civile" ma non potè fare molto perché "esautorato
dall'esercito". Questo emerge da una probante corrispondenza che
naruralmente la Cernigoi o ignora o intenzionalmente oblitera. Per il resto la Cernigoi si avvale della
"postuma" farneticazione del Ricciardelli, la quale credo di avere
disinnescato in miei post che mi pare hai letto (magari - scusami - molto
superficialmente). Ad ogni buon conto sto reiterandoli. Le altre due pagine che il Casarrubea &C si ostinano
a martellare per infamare indegnamente il Messana e cioè quelle che attengono
alla faccenda di Riesi del 1919 e alla pretesa correità con fra Diavolo
nell'ambito della tragica storia del bandito Giuliano, mi dicevi ieri che anche
a te apparivano "cazzate". Non so se confermi o hai dei ripensamenti.
Io resto maggiormente confermato in favore del Messana
------------------------------- Il bandito Giuliano ---------------------- La strage
di Portella della Ginestra Documenti sulla strage Documento 13 VERBALE
INTERROGATORIO DELL’ISPETTORE VITO MESSANA Verbale di continuazione di
dibattimento del 20 luglio 1951 [cartella 4, vol. V, n. 5] D’ordine del
Presidente, introdotto il testimone Messana Ettore fu Clemente di anni 66, nato
a Racalmuto (Agrigento) e domiciliato in Roma, Ispettore di Ps. Interrogato in
merito ai fatti della causa, risponde: «Fui mandato in Sicilia a capo
dell’Ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia nel maggio 1945 e vi rimasi
fino a tutto luglio 1947. Il decreto che istituì l’Ispettorato è dell’aprile
1945 e funzione di tale organo fu quella di integrare l’opera repressiva e
preventiva nell’eliminazione del banditismo ed in genere della delinquenza
associata in Sicilia». D. R. «Io ebbi a mia disposizione 750 carabinieri, 350
agenti e 14 funzionari, che distribuii in tutte le province della Sicilia da
Messina a Trapani. Fui io che istituii i nuclei di carabinieri e polizia nei
centri dove a me sembrò che dovessero essere istituiti. Le mie prime operazioni
feci nelle province di Agrigento e di Catania. Verso la fine del 1945
incominciò ad affiorare l’attività della banda Giuliano. Tale fatto fece
aumentare la mia attività tanto più che la banda Giuliano e quella di Avila si
erano poste al servizio dell’Evis». D. R. «Ebbi notizia dei fatti di Portella
nelle ore pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi recai ad una riunione indetta dal
prefetto Vittorelli, dove si stabilì una certa azione da svolgersi. L’indomani
mi recai a Piana degli Albanesi ed a San Giuseppe Jato, ove già si era
proceduto all’arresto di quattro persone ad opera di un nucleo dipendente
dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo rastrellamento arrestando
centinaia di persone sospette, le quali però furono quasi tutte rimesse in
libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna responsabilità». D. R. «Tutto
ciò venne fatto ad opera della questura che si limitò poi a denunciare solo i
quattro arrestati». D. R. «In una riunione tenuta anche alla presenza dell’Ispettore
Generale di P. S. Rosselli, inviato a Palermo dal Ministero, fu deciso da
quest’ultimo che la direzione delle indagini dovesse essere affidata al
questore Giammorcaro e fu così che io passai alle dipendenze di costui». D. R.
«Si venne frattanto a conoscenza che il 1° maggio era stato sequestrato, dopo
la sparatoria, un campiere, certo Busellini, del quale non si seppe nulla per
tanti giorni e che poi fu trovato ucciso in un fossato da un nucleo alle mie
dipendenze». D. R. «Non so se il ritrovamento del cadavere del Busellini
avvenne a mezzo di cani poliziotti od a mezzo solo di ricerche». D. R. «Mi
sembra di ricordare che sul petto del cadavere del Busellini fu trovato un
cartello con la scritta «questa è la fine dei traditori», la qualcosa ci convinse
che il delitto era stato consumato dalla banda Giuliano. Tale convinzione ci
facemmo anche per il delitto di Portella poiché ci convincemmo che colui che
aveva ucciso Busellini era uno di quelli che aveva sparato a Portella». D.R.
«Noi dell’Ispettorato, fin dal primo momento, pensammo che la strage di
Portella era da attribuirsi alla banda Giuliano, perché il fatto era avvenuto
nella zona così detta d’imperio della banda stessa, mentre l’Angrisani ed il
Guarino avevano orientamento diverso». D. R. «Tale convincimento da parte
dell’Ispettorato fu però rafforzato dal rinvenimento del cadavere del
Busellini». Contestatogli che nel verbale di rinvenimento del cadavere del
Busellini non vi è traccia del cartello rinvenuto sul suo cadavere, risponde:
«Può darsi che io abbia un cattivo ricordo di tale fatto, ma pure mi sembra di
ricordare così». D. R. «Le indagini continuarono e solo nel giugno avvennero i
primi fermi effettuati dal nucleo centrale comandato dal colonnello
Paolantonio, il quale mi riferiva lo sviluppo di esse». D. R. «Il rapporto n.
37 fu redatto quando io non ero più Ispettore Generale in Sicilia, essendo
stato sostituito il 1.8.47 dal questore di Napoli Coglitori». D. R. «Quasi
tutti i fermi avvennero durante la mia permanenza in Sicilia ed io, giorno per
giorno, venivo informato di quanto si riusciva a sapere dai fermati». D. R.
«L’Ispettorato aveva dei confidenti ed inoltre era in contatto con alcuni
elementi che ci ponevano in comunicazione con il bandito Ferreri Salvatore». D.
R. «Io nessun contatto diretto ebbi col Ferreri, solo ebbi rapporti con lui
tramite i suddetti elementi di collegamento». D. R. «Escludo che Ferreri mi
abbia fatto sapere i nomi di coloro che avevano partecipato all’azione di
Portella; può darsi che qualche indicazione l’abbia data al colonnello
Paolantonio oppure ad un altro funzionario di P.S., certo Zappone, che io avevo
dislocato nella zona di Partinico e che fu ucciso a Borgetto in un agguato». D.
R. «Il nostro convincimento che l’azione di Portella era dovuta alla banda
Giuliano fu maggiormente rafforzato dal riconoscimento effettuato da quattro
cacciatori sequestrati in quella mattina del 1° maggio, i quali in una
fotografia di persona a cavallo riconobbero proprio colui che ritenevano fosse
il capo del gruppo che li aveva sequestrati». D. R. «Il colonnello Paolantonio,
fin quando io restai in Sicilia, non mi parlò mai del fermo di alcuno ritenuto
partecipe della strage di Portella per confidenze avute dal Ferreri». D. R.
«Escludo di aver avuto mai rapporti con Pisciotta Gaspare, come escludo di
avergli rilasciato un tesserino di riconoscimento sia al suo nome che a quello
di Faraci Giuseppe». Contestatogli che il Pisciotta ha affermato invece di aver
avuto rilasciato un tesserino proprio da lui che glielo fece recapitare tramite
Ferreri, risponde: «Escludo nel modo più reciso che ciò sia avvenuto».
Richiamato l’imputato Gaspare Pisciotta e contestatagli la dichiarazione resa
dall’Ispettore Messana a proposito del tesserino, risponde: «Il tesserino lo
ebbi tramite Ferreri, portava la firma Messana, aveva i timbri
dell’Ispettorato, fu strappato ed io spero che colui che lo ha strappato, se ha
coscienza, lo dirà». D. R. «Luca potrà dire qualcosa in merito, può darsi che
il tesserino esista ancora, ma a me risulta che fu stracciato». Il teste
Messana: D. R. «Io facevo da organo propulsore nell’attività dei miei
funzionari; dissi loro di indagare anche sulla ragione per cui Giuliano fece
l’azione di Portella ma nessuno di essi mi parlò mai su tale fatto». D. R.
«Andai via dalla Sicilia il 31.7.1947 e quindi non mi occupai più della cosa».
A domanda dell’Avv. Sotgiu, risponde: «Non ricordo di aver rilasciato al
Ferreri un tesserino di libera circolazione, ma non escludo che esso possa
essere stato rilasciato da altri sotto il mio nome, essendo io il capo
dell’Ispettorato. Devo dire per altro che la mia firma ufficiale è quasi
inintellegibile come Messana, anzi ritengo che sia del tutto inintellegibile».
D.R. «Non rilasciai tesserini di libera circolazione ai confidenti, non so se
ne furono rilasciati a mio nome dai miei dipendenti che nulla mi riferivano
intorno al rilascio di essi poiché ognuno ha i propri confidenti ed intorno a
noi si mantiene il più stretto riserbo anche con i superiori». D.R. «Io fornivo
il danaro che mi richiedevano per i confidenti ai miei dipendenti, i quali mi
rilasciavano ricevuta sulla quale si limitavano a dire. -- per un confidente-
senza indicarne le generalità». D.R. «Certamente i rapporti col Ferreri
iniziarono prima della strage di Portella. Ricordo di aver saputo, attraverso
la fonte Ferreri, che Giuliano voleva attentare alla vita dei dirigenti del
Partito Comunista di Palermo, fra i quali il Li Causi. Informai per la
opportuna vigilanza il questore e fu il colonnello Paolantonio che avvisò
direttamente il Li Causi». D.R. «Al padre del Ferreri feci dare un porto
d’armi, ma ciò rientrava nel progetto di venire all’arresto di Giuliano. Sentii
parlare del rinvenimento del predetto porto d’armi sul cadavere del Ferreri, ma
ciò non constatai personalmente». D.R. «Escludo che il padre del Ferreri
facesse parte della banda Giuliano». D.R. «Non mi risulta che dopo l’amnistia
dell’Evis Giuliano abbia mantenuto rapporti con persone insospettabili». D.R.
«Dopo di me all’Ispettorato ci fu Coglitore, poi Modica, poi Spanò, poi
Verdiani» D.R. «Non ricordo i nominativi dei componenti la banda Giuliano».
D.R. «Esiste un rapporto intorno alle bande armate dell’Evis ed all’attività da
esse spiegate, rapporto redatto dal nucleo centrale alle mie dipendenze». D.R.
«Sono a conoscenza dei nomi in esso compresi, può darsi che l’elenco contenuto
in detto rapporto non sia completo e non comprenda tutta la materia, essendo
potuta qualcosa essere sfuggita e qualcosa sopraggiungere». D.R. «Non ricordo
il nome di Genovesi Giovanni tra i confidenti della polizia, né so se egli sia
stato interrogato dal colonnello Denti». A domanda dell’avv. Crisafulli,
risponde: «Per il fatto di Portella venne in Sicilia un Ispettore generale del
Ministero, come di solito avviene quando succedono fatti di una certa
rilevanza». D.R. «Detto Ispettore riunì tutti gli organi di polizia in questura
e poiché ogni organo comunicò i risultati delle indagini svolte, l’Ispettore
volle che le varie attività fossero coordinate e quindi, senza esautorare e
sostituire alcuno, dette la direzione al questore Giammorcaro al quale doveva
essere comunicata ogni attività degli organi di polizia. Tutto ciò per quanto
riguarda i fatti di Portella». D.R. «Mi fu detto che il Ferreri fu operato di
appendicite». A domanda dell’avv. Sotgiu, risponde: «Non mi risulta che al
Ferreri sia stata rilasciata una tessera intestata a Salvo Rossi, autista del
colonnello Paolantonio». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde: «Parlando di
un rapporto Coglitore mi riferivo solo al rapporto firmato dal maresciallo Lo
Bianco relativo ai fatti di Portella» A domanda del Pisciotta Gaspare,
risponde: «Escludo di essere stato io a consegnare i mitra al Ferreri, né mi
risulta che ciò sia stato fatto da qualcuno dell’Ispettorato. A quell’epoca
avevamo penuria di armi». Il Pisciotta aggiunge: «I cinque mitra servirono per
l’azione di Portella, secondo quanto mi disse Ferreri». Dopo di che il
Presidente rinvia la prosecuzione del dibattimento all’udienza del 23.7.1951
ore 9,30.
1 luglio 10.28.03
Una preziosissima relazione coeva, originale, non pataccata,
dell'Ispettore Generale di PS dr.Ettore Messana del 1946. Vi spicca l'ardua
lotta alla mafia, al banditismo, ai nuclei armati, alle intese di
"esponenti della mafia isolana con Ufficiali Americani qui di
stanza". In proposito Casarrubea e Cernigoi hanno avuto accesso agli
archivi americani che so sotto rigidissimo top secret? C'era una rivolta armata
allora in Sicilia e Messana vi rifulge per la sua repressione. E.V.I.S.,
C.R.I.S. grandi agrari alla Giuseppe Tasca di Lucio, bandito Giuliano che si
finanzia con sequestri di persone, rapine, ecc, - Armi automatiche, munizioni
cavalli, materiale chimico e sanitario, nascosto in grotte, aabilmente
simulate. E lo scaltro "poliziotto" Messana avvalendosi anche di
"notizie fiduciarie" può "affermare che la situazione va, man
mano, migliorando". Ecco perché signorina Cernigoi nel 1946 il suo
dispregiato grande ufficiale Messana sta in Sicilia quale ISPETTORE GENERALE a
sconfiggere la banda Giuliano , il C.R.I.S. (finanziato dagli americani quelli
che con i faziosissimi titini cercarono di fare di ogni erba un fascio dei
funzionari italiani operanti nella procincia di Lubiana inventando calunniose
accuse che finirono cestinate nei tribunali internazionali). Siamo nel 1946 e
già Aldisio è sotto tiro da parte di comunisti socialisti e movimenti politici
di sinistra. Messana è costretto a afere una scelta politica. Qui scrive che
"non trascura di seguire le correnti politiche che possono avere influenza
sugli attuali movimenti". Si attira l'odio dei comunisti Li Causi e
Montalbano che cercano di stritolarlo con accuse infamanti, ma finite in un
nulla di fatto nei vari tribunali. Allora si trattò di comprensibile lotta
politica. La riesumazione dei giorni nostri da parte di Cernigoi, Casarrubea,
Luparelli ed altri fatta in dispregio di tutte le assoluzioni e in non luogo a
procedere giudiziari è solo deprecabilissima diffamazione calunniosa,
soprattutto antistorica.
2 luglio 20.37.04
Il Questore - Via Catania 1 - 93100 Caltanissetta telefono:
093479111 fax: 093479677 email: gab.quest.cl@pecps.poliziadistato.it Primo
piano Capoluogo. Una segnalazione al 113 sventa furto in abitazione I fatti del
giorno Due pregiudicati nisseni scoperti dalle Volanti Altre notizie Capoluogo.
Celava 30 grammi di marijuana negli slip I fatti del giorno Denunciato
incensurato nisseno di 21 anni L’Ufficio Stampa della Questura ospite della
rubrica "Primo piano" dell’emittente televisiva TCS Attualità In
studio l’Ispettore Superiore sups Salvatore Falzone I fatti del giorno I fatti
del giorno Gela, la Polizia sventa guerra di mafia tra clan. Arrestato ex
collaboratore Gli investigatori della Squadra Mobile e del Commissariato di
P.S. decapitano i vertici del clan mafioso Rinzivillo I fatti del giorno I
fatti del giorno Capoluogo. Arrestato pregiudicato per resistenza e violenza a
p.u. Gli agenti chiamati ad intervenire dalla madre più volte aggredita dallo
stesso I fatti del giorno I fatti del giorno La Polizia in Gela confisca circa
un milione di euro di beni mafiosi La Squadra Mobile ha eseguito il decreto di
confisca contro il boss Alferi Giuseppe di Cosa Nostra La questura Il Questore
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Numero telefonico ed altro della questura di Caltanissetta
stanno sopra- Ti pregherei di farti passare il Questore o il capo di gabinetto
o comunque un funzionario e presentarti come la nipote del grande ispettore
generale Ettore Messana. Dici che ha iniziato la carriera a Caltanissetta prima
del 1919 e non sai quando l'ha lì terminata. In questura ci dovrebbe essere il
suo fascicolo personale visto che non risulta depositato in archivio di stato
per epurazione dell'archivio della stessa questura alcunché antecedente il 1920
come avrei appurato io quest'oggi 2 luglio 2014. Ti rivolgeresti quindi alla
sua cortesia pregandolo di fare rintracciare almeno i dati anagrafici e i dati
del servizio di tuo nonno che a Caltanissetta avrebbe operato attorno al 1919
come giovane commissario di P.S.- Pregalo di darmi appuntamento come tuo
fiduciario per prendermi i dati o peri collaborare per ricerche d'archivio in
Questura, facendogli magari presente che sono persino assiduo ricercatore degli
Archivi Segreti del Vaticano, che insomma sono stato alto funzionario come
ispettore di vigilanza della Banca d'Italia e fui persino superispettore del
ministro delle finanze Reviglio. Mio caro amico è anche il dottore Calogero Infurnari
già questore di Caltanissetta e che fu persino un protetto di tuo nonno
l'ispettore generale di PS Ettore Messana. Altro non mancherà alla tua ,loquela
per intontire questo funzionario periferico di PS.
3 luglio 8.34.06
Ma io mi domando, che cazzo ci sta a fare 'sto Viminale che
non difende il suo stesso prestigio, i suoi storici dirigenti, il suo pur
glorioso passato, la integrità morale degli uomini che hanno sacrificato la
pace in famiglia per l'eroico mantenimento dell'Ordine Pubblico in contingenze
asperrime. E' possibile che deve essere uno come me antimilitarista, comunista
fanatico, lontano le mille miglia dalla mentalità poliziesca a difendere la
memoria di un supremo ispettore di polizia quale il gr.uff. Ettore Messana che
fu integerrimo anche se rigido e destrorso Uomo di Stato dedito al mantenimento
di una ordinata convivenza civile.
3 luglio 17.04.22
«Fui mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato Generale di
P.S. per la Sicilia nel maggio 1945 e vi rimasi fino a tutto luglio 1947. Il
decreto che istituì l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di tale organo
fu quella di integrare l’opera repressiva e preventiva nell’eliminazione del
banditismo ed in genere della delinquenza associata in Sicilia». D. R. «Io ebbi
a mia disposizione 750 carabinieri, 350 agenti e 14 funzionari, che distribuii
in tutte le province della Sicilia da Messina a Trapani. Fui io che istituii i
nuclei di carabinieri e polizia nei centri dove a me sembrò che dovessero
essere istituiti. Le mie prime operazioni feci nelle province di Agrigento e di
Catania. Verso la fine del 1945 incominciò ad affiorare l’attività della banda
Giuliano. Tale fatto fece aumentare la mia attività tanto più che la banda
Giuliano e quella di Avila si erano poste al servizio dell’Evis». D. R. «Ebbi
notizia dei fatti di Portella nelle ore pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi
recai ad una riunione indetta dal prefetto Vittorelli, dove si stabilì una
certa azione da svolgersi. L’indomani mi recai a Piana degli Albanesi ed a San
Giuseppe Jato, ove già si era proceduto all’arresto di quattro persone ad opera
di un nucleo dipendente dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo
rastrellamento arrestando centinaia di persone sospette, le quali però furono
quasi tutte rimesse in libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna
responsabilità». D. R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura che si
limitò poi a denunciare solo i quattro arrestati». D. R. «In una riunione
tenuta anche alla presenza dell’Ispettore Generale di P. S. Rosselli, inviato a
Palermo dal Ministero, fu deciso da quest’ultimo che la direzione delle
indagini dovesse essere affidata al questore Giammorcaro e fu così che io
passai alle dipendenze di costui». D. R. «Si venne frattanto a conoscenza che
il 1° maggio era stato sequestrato, dopo la sparatoria, un campiere, certo
Busellini, del quale non si seppe nulla per tanti giorni e che poi fu trovato
ucciso in un fossato da un nucleo alle mie dipendenze». D. R. «Non so se il
ritrovamento del cadavere del Busellini avvenne a mezzo di cani poliziotti od a
mezzo solo di ricerche». D. R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del
cadavere del Busellini fu trovato un cartello con la scritta «questa è la fine
dei traditori», la qualcosa ci convinse che il delitto era stato consumato dalla
banda Giuliano. Tale convinzione ci facemmo anche per il delitto di Portella
poiché ci convincemmo che colui che aveva ucciso Busellini era uno di quelli
che aveva sparato a Portella». D.R. «Noi dell’Ispettorato, fin dal primo
momento, pensammo che la strage di Portella era da attribuirsi alla banda
Giuliano, perché il fatto era avvenuto nella zona così detta d’imperio della
banda stessa, mentre l’Angrisani ed il Guarino avevano orientamento diverso».
----------------------------- Il NOSTRO dunque inizia la sua esperienza quale
ispettore generale di PS in Sicilia e subito deve risponderne a Ferruccio Parri
che proprio destrorso e filofascista non era. Se con Bonomi è pur sospettabile
una qualche frequentazione massonica (e quale grande commesso dello Stato Italiano
non è stato massone?) le insinuazioni di Casarrubea non hanno più fondamento
alcuno dal momento che il Messana transita riverito ed ascoltato sotto Parri
sino al 9 dicembre del 1945, sotto Romita sino al i° luglio 1946 (DE GASPERI
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO), sotto lo stesso DE GASPERI quale ministro degli
Interni sino al 1° febbraio 1947. E guarda caso appena Scelba - sì proprio
Mario Scelba - sale allo scranno di Ministro degli Interni, quello che doveva
essere il suo protettore, il nostro Messana viene invitato ad accomodarsi
fuori, ma fuori per modo di dire visto che torna al Ministero a Roma e al
Viminale vi resta oltremodo autorevole e rispettato sino al suo pensionamento
per raggiunti limiti di età. MINISTRI DEGLI INTERNI BONOMI prof. Ivanoe , dal
18 giugno 1944 al 20 giugno 1945 PARRI prof. Ferruccio , dal 21 giugno al 9
dicembre 1945 [ » ] ROMITA ing. Giuseppe, dal 10 dicembre 1945 al 1° luglio
1946 DE GASPERI dott. Alcide , dal 10 luglio 1946 al 1° febbraio 1947 SCELBA
avv. Mario,dal 2 febbraio 1947 al 16 luglio 1953 [ » ] FANFANI dott. prof.
Amintore, dal 16 luglio 1953 al 18 gennaio 1954 ANDREOTTI dott. Giulio , dal 18
gennaio 1954 al 10 febbraio 1954 Gentilissima signorina Cernigoi, se Lei è o si
dichiara solerte e coscienziosa Storica crede davvero che un arcigno De Gasperi
poteva rendersi compiacente di quel Messana quale il Ricciardelli - che mi pare
di nessun prestigio godette e che comunque rimase impalato al suo basso ruolo
nonostante volesse accreditarsi, dopo essere stato capo della Politica del
fascismo, protettore degli ebrei.? Se Lei è una ricercatrice seria dovrebbe
convenire con me che le insinuazioni del Ricciardelli, con solo tutti quei
"si dice" "pare" "qualcuno afferma" " a ben
pensare" e via discorrendo e mai uno straccio di fatto documentato e
provato, meritavano di finire nel cesso come tutto indecorosamente vi finì. E
De Gasperi poi fu Ministro degli Esteri e dovette occuparsi di quella
calunniosa congerie di accuse a TUTTI i nostri funzionari in Slovenia che
Titini, pronubi gli Americani, confezionarono senza alcuna prova, obiettività,
credibilità. E anche quella falsa congerie di calunnie di una Nazione Estera
che cercava vendetta e non giustizia finì nel cesso, archiviata con un non
luogo a procedere. E così il duro grintoso non malleabile De Gasperi si tenne
vicino e si affidò e officiò il Messana fregandosene degli strilli di un Li
Causi che per giunta avrebbe dovuto alzare un monumento al Messana che
informato dal suo confidente Fra Diavolo seppe che Giuliano stava ordendo un
agguato alo stesso Li Causi per ucciderlo. E se a Li Causi nulla successe lo
deve prorio a Messana che lo protesse e lo avvisò del pericolo. Leggersi gli
atti provessuali per darmi ampiamente ragione. Qualche mio amico e parente
vorrebbe chissà quali documenti a comprova di quanto ho riscontrato a discolpa
del Messana. Come si fa a documentare che una calunnia è una calunnia se non
dimostrando che non vi sono prove documentali ma che vi sono sentenze passate
in giudicato di Tribunali persino Militari persino Stranieri che tanto
affermano! Sono forse prove serie quelle che la Cernigoni dice di trovarsi a
Lubiana, redatti un paio di anni dopo da parte di inviperiti nemici di questa
Italia e scritti per giunta in sloveno e basati solo su postume dichiarazioni
tanto vaghe quanto sospette? Se si è antitaliani: subito e si mette anche la
mano sul fuoco!!
4 luglio 11.20.00
Su ciò che hai scritto,la cara giornalista e
storica,dovrebbe riflettere e coraggiosamente darti delle risposte....
9 luglio 16.04.56
ho letto la diffida della Cernigoi e la tua risposta ,se non
ti disturbo posso chiamarti?
Sì!
9 luglio 22.49.05
Carissima Giovanna, io al tuo posto un messeggaio
messaggio riservato a codesta Claudia Cernigoi glielo
manderei e in questi termini, se trovi di poter mandare messaggi a questo nome
in "cerca persone, luoghi e oggetti" di FB
con vivo rincrescimento la sto seguendo nel suo tentativo di
zittire il dottore Taverna, uno storico di vaglia, che la sta sbugiardando nei
suoi svarioni storici contro mio nonno il dottore Ettore Messana. Se un tempo
potevo pensare che lei esprimesse giudizi infondati ed infamanti contro mio
nonno con una qualche buona fede ora debbo pensare invece che ha interesse a
mantenere punti di vista che non posso permettere. Prima che io proceda per le
vie legali, può giustificare con me, che sono la nipote di sì alto e
irreprensibile servitore dello Stato di diritto italiano i suoi apprezzamenti
alla luce delle verifiche storiche che il dottore Taverna si è premurato di
rendere di pubblica ragione e che ora so che gliele ha segnalate.
10 luglio 14.46.18
"Ma è possibile che il Ministro Scelba si possa fidare
di un uomo di cui si presume che conosca anche il passato? Lasciamo stare che
Messana è nell'elenco dei criminali di guerra di una nazione vicina; questo può
far piacere ad una parte della Camera, la quale pensa: "Va bene, è un
massacratore; però, di stranieri!", ma Scelba come può ignorare che
Messana ha iniziato la sua carriera facendo massacrare dei contadini siciliani?
Il 9 ottobre del 1919, infatti, cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di
cui tredici morti: trucidati a freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un
comizio. I vecchi di quest'Aula ricorderanno come in quell'occasione il
Ministero Nitti ordinò un'inchiesta mandando sul posto il generale dei
carabinieri Densa, mentre la Magistratura iniziò un'inchiesta giudiziaria
soprattutto per accertare le cause della morte misteriosa di un tenente di
fanteria, che si rifiutò di eseguire l'ordine di far fuoco del Messana, che ne
disapprovò apertamente la condotta, e che il giorno dopo fu assassinato. Questi
i precedenti del commendator Messana, noti al ministro dell'Interno. Ci
troviamo, come vedete, di fronte ad un uomo che per istinto è contro il popolo,
e trova, nei legami con i nemici del popolo, il modo di esercitare la
professione di massacratore di contadini. Oggi, sfacciatamente, questo non può
farlo, per quanto nel clima creatosi in Sicilia è possibile -- in Sicilia,
terra dei "Vespri" -- che i poliziotti di Scelba, ministro siciliano,
aggrediscano un pacifico corteo di donne che dimostrano contro il
carovita." ___________ Questo è un veemente passo di un vociante
intervento al Parlamento del nostro grande LI CAUSI. Siamo nel luglio del 1947:
L'Ispettore Generale di PS gr.uff. Dottore Ettore Messana "per
rotazione". come costume in Polizia - lascia lo sfavorevole altissimo
incarico siciliano e s'insedia molto autorevolmente ed ossequiato in Viminale a
Roma- Messana in Sicilia in fin dei conti non fu mai alle dipendenze di Scelba.
Ora a Roma è collaboratore diretto del Ministro ma non può venire chiamato in
causa per la brutta evoluzione delle vicende brigantesche di Sicilia. Con
Messana a Palermo, l'EVIS ed altre aggregazioni malavitose subiscono colpi
micidiali. Senza Messana il bandito Giuliano mi pare che può briganteggiare per
altri tre anni. A ben leggere il passo di Li Causi. questi allude, insinua,
ammonisce, ma non ha alcun elemento vero, preciso e concordante per inchiodare
ad alcuna responsabilità il Messana, cui peraltro deve gratitudine per avergli
salvata la vita. Si attacca alla "tradizione" ad una pretesa memoria
di qualche residuato senatoriale di vecchissima data, ad una inchiesta dei
carabinieri non sortita a nulla, non approdata a nulla, non coinvolgente il
Messana neppure con un avviso di garanzia. Il Li Causi, causidicamente cerca di
ribaltare l'onere della prova. Non v'è prova alcuna circa una qualunque
responsabilità del Messana nei fatti di Riesi. Scaltramente il Li Causi usa
abili perifrasi, "iniziò la carriera facendo massacrare". In che
termini, a quale titolo, con quale arbitrio. Il Li Causi non si chiede neppure
come un giovanotto di 31 anni poteva "fare massacrare". A distanza di
28 anni con una guerra in mezzo non ha alcuno straccio di documento. Solo un
quasi prete valdese scrive nel 1934 alcuni ricordi di quella triste vicenda. E
lì il Messana non è citato, e lì i fatti gravi vengono addebitati all'Esercito
e ad un ufficiale dell'Esercito che per rabbia i rivoltosi trucidano. E' vero
si parla di una triade di dita che in contemporanea premono sul grilletto di un
mitra. Si accenna ad un "commissario" come mero compartecipe della
sparatoria. I morti che dice il prete valdese sarebbero stati NOVE. Inseguito
ed ucciso, solo l'ufficiale dell'Esercito. Vi era partecipe davvero il giovane
commissario Messana? Mi sono recato all'Archivio Centrale di Stato: quel che
emerge esclude ogni presenza del Messana. Mi sono recato all'Archivio di Stato
di Caltanissetta: NULLA! Ho interpellato la Questura di Caltanissetta: sorpresa
delle sorprese non c'era alcuna questura a Caltanissetta nel 1919. Solo qualche
anno dopo inizia a funzionare quell'importante istituzione. C'era soltanto un
nucleo di polizia agli ordini del Prefetto. La relativa documentazione dell'Archivio
Centrale dello Stato palesa una provincia all'epoca quieta e composta. Nessuno
sciopero per tutto il 1918 e nessuno per il primo semestre del 1919. Dei fatti
di Riesi dell'ottobre 1919 vi sono documenti che nel caso escludono ogni
coinvolgimento del Messana. All'epoca troppo giovante, ininfluente per avere
magari il piacere di venire citato. Ecco perché il Li Causi che deve
drammatizzare insinua sì ma subito gira al largo. Ebbene ora secondo la
signorina Cernigoi il Messana può venire disintegrato moralmente e civilmente
dovendo lui da morto provare la sua innocenza. Abbiamo riportato testualmente
le infamie che la Cernigoi spara contro il Messana colorando il tutto con
apodittici giudizi di condanna del Messana in ordine ai fatti di Riesi.
Condanne morali e legali con il ribaltamento dell'onere della prova. Questo
sarà l'alto grado di civiltà giudiziaria della Jugoslavia del Maresciallo Tito,
ma in Italia non ha diritto di cittadinanza. Si crucifigga pure un grande e
meritevole servitore dello stato - defunto - ma con prove indubitabili in mano.
Se vi fu una inchiesta dei carabinieri quella fu forse solo annunciata perché
non ebbe alcun seguito. E nel processo doveroso per l'uccisione dell'ufficiale
dell'esercito dei fatti di Riesi, nessuna chiamata di correo per Messana,
nessuna condanna per Messana, nessun coinvolgimento del Messana Anzi!! Il
giovanotto trentunenne Messana, che non poteva godere di nessuna protezione, lo
vediamo poi avanzare meritevolmente in carriera sino a raggiungere i posti
apicali della Polizia di Stato. Come i fatti di Riesi vengono ora a distanza di
quasi un secolo da parte di sedicenti giornalisti e giornaliste filoslavi è
sotto gli occhi di chi se ne sta interessando. Noi abbiamo cercato documenti,
fatto riscontri, consultato archivi pubblici e privati e siamo arrivati alla
conclusione dell'assoluta innocenza del Messana: Chi oggi l'accusa non può
pensare di scomunicarlo senza prove e senza fondamento. Lo sta infangando
criminalmente!!!
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