Un grande banchiere oggi, un ispettore
superiore della vigilanza sulle aziende di credito della Banca d’Italia, ieri
- il dottore Salvatore Grossi la pensa
per tanti versi in modo differente rispetto a certe nostre convinzioni meno
agiografiche verso questo glorioso istituto di via nazionale, 91. Eppure alla
fine convergiamo. Occorre restituire alla Banca d’Italia le prerogative che un
quinquennio di egemonia tremontiana hanno avvilito e svilito. Un surge che è nell’interesse di tuutta
l’Italia, specie in questo superamento del guado montiano che le recenti vicissitudini elettorali
impongono e già determinano.
La
storia delle nostre istituzioni bancarie, purtroppo, spesso ci mostra dissesti
non raramente conseguenti ad eventi delittuosi che coinvolgono anche la vita civile e politica della nazione.
La
storia della Banca d'Italia, da parte sua, è punteggiata da interventi che, a
seguito di tali eventi, hanno condotto a soluzione gli stati di crisi provocati
dagli eventi negativi, senza eccessivi turbamenti delle aspettative della
clientela e, soprattutto, senza perdite da parte dei depositanti.
Potrebbe
addirittura affermarsi che il nostro istituto di emissione detiene nel proprio
DNA la vocazione alla sistemazione dei danni provocati da irresponsabili atteggiamenti
(o peggio da deliberati propositi ) di
personalità alle quali vengono affidate anche le sorti della nazione.
La
Banca d'Italia nasce , infatti, proprio per mettere ordine nel dissennato sistema di emissione di biglietti di banca;
concessione che restò affidata alle istituzioni bancarie già detentrici di tale
privilegio nel periodo precedente l'unità statuale della nazione, senza alcun
preventivo vaglio delle capacità di autocontrollo delle stesse istituzioni.
Valga
in proposito rammentare esplicitamente la vicenda della Banca Romana, che
coinvolse finanche la corona d'Italia e mise a nudo l'incapacità della
burocrazia pubblica a contrastare gli eventi .
L'attribuzione
alla Banca d'Italia della facoltà di emissione (è restata, è vero, ancora per
qualche decennio, tale concessione anche al Banco di Napoli e al Banco di
Sicilia) costituì la designazione di
fatto della stessa Banca d'Italia quale Banca Centrale.
Si
è ancora lontani dalla costituzione di una “vigilanza bancaria”, ma non mancano
esempi che dimostrano come l'Istituto abbia saputo e voluto esplicitare la
propria funzione pubblica. Fu la Banca d'Italia, infatti a sostenere gran parte
dell'onere finanziario che incombeva sullo stato per partecipare al primo
conflitto mondiale e fu la Banca d'Italia a coordinare il sostegno della
incipiente industrializzazione del paese.
Si è ancora lontani dalla organica coesione
delle istituzioni bancarie in un corpo che possa essere qualificato “sistema
bancario”, ma l'attività svolta dalla Banca d'Italia avvia alla formazione di
un tutto organico e funzionalmente unitario; mancano le norme specifiche che
ufficializzino e qualifichino, appunto, l'organismo come unitario.
Bisogna
arrivare al 1926 perché sia riconosciuta alla Banca d'Italia la capacità
culturale e tecnica di cui dispone e quindi attribuire con legge a questa
istituzione l'onere ed il privilegio divigilare sull'operato delle banche.
Ma
è dalle crisi che emergono le capacità innovative atte a fronteggiare la
congiuntura negativa. Dopo la debacle della borsa di New York e la crisi
conseguente che investi il mondo capitalista, si avvertì la necessità di
attivare le misura adatte alla ripresa provvedendo al riordino dell'assetto
industriale e del sistema bancario.
Il
periodo storico (anno 1936) consentiva una azione dirigistica che fosse in grado di provvedere a tale
riordino. Di qui la necessità di addivenire alla definizione del sistema
bancario con un indirizzo eminentemente pubblicistico ( la classificazione
delle aziende di credito ne è patente dimostrazione).
L'incarico
fu svolto, nonostante il regime (o forse grazie ad esso) dalla intellettualità
liberale il cui pensiero non si era mai dissolto e che dominava fra le forze
vitali della cultura in genere e di quella economica in specie.
Cultura che nella o accanto alla Banca
d'Italia e nel mondo bancario spesso ebbe la sua sede.
Cultura che anche successivamente trovò
accoglienza e fertilità nella Italia nata dalla resistenza.
(Appare superfluo ricordare i nomi dei padri
costituenti e delle alte gerarchie dei partiti che avevano avuto alimento e
ispirazione ideale dal pensiero liberale, pur variamente esplicitato .)
Cultura
che in Banca d'Italia fu guida e collaborazione nelle scelte economiche e che
costituì guida ed indirizzo per i tecnici esperti di cose e procedure bancarie,
grazie alla presenza di analisti sempre attenti alle evoluzioni o involuzioni
della “congiuntura”.
Gli
studiosi ed i tecnici hanno avuto e continuano ad avere il ruolo di diffusori
di idee e metodi grazie alla continua frequentazione dei centri di studi
universitari e/o dei circoli economici bancari e produttivi.
Cultura
che in campo internazionale viene favorevolmente accolta per riconosciuta
esperienza e per elaborazione
intellettuale e apprezzata applicazione tecnica.
Cultura
che, aldilà dei contributi che
frequentemente apporta per la definizione di principi informatori della
attività bancaria (Comitato di Basile), rappresenta non infrequentemente giusto
temperamento dei possibili appesantimenti della operatività delle istituzioni
cui i principi stessi sono rivolti.
Cultura
che, almeno in passato, ha consentito di assumere provvedimenti tecnici
riconosciuti come essenziali interventi che non potevano essere criticati o
sanzionati da altre istituzioni di governo o di tutela dell'ordine pubblico.
E' pur vero che le istituzioni devono essere
ciascuna libera di espletare il proprio mandato in maniera indipendente e senza
che sia loro inibito di estendere
controlli su espressioni di attività di altre istituzioni. Ma è altrettanto
vero e giustificato che la cosa pubblica abbia campo libero, senza intralci e
contrasti di opinione, allorquando sia alle singole autorità riservata la
competenza tecnica specialistica necessaria all'esplicitazione della attività demandatale.
Talvolta
raffigurare come impropria o addirittura quale reato una iniziativa dettata
appunto da specialistica competenza (e pertanto non assoggettabile a
valutazioni esterne alla materia) diventa abuso o intimidazione (sia pure non
voluti) che portano a perplessità esiziali perché ritardanti , se non
addirittura impedenti, provvedimenti utili al buon funzionamento dell'apparato
da tutelare e/o vigilare.
I
conflitti fra apparati statuali sono talora inevitabili allorquando trattasi di
valutazioni sulla competenza della attribuzione della materia; devono però trovare remora allorquando lo
stesso evento voglia essere riguardato da punti di osservazione impropri.
E'
quanto purtroppo accaduto nel recente passato nel giudizio su un evento di
sicura competenza della vigilanza bancaria, sottoposto a vaglio anche tecnico
da istituzione giudiziaria e perciò in
tale prospettiva giudicato.
Né
vale a sanare l'errore commesso il giudizio diverso successivamente espresso in
sede di appello. La tardiva (presunta) riparazione, pur se restituisce
onorabilità e stima al ricorrente, non ha potuto sortire alcun effetto dal
momento che il tempo trascorso non consente nel caso di specie alcun intervento
sostanziale.
Non sembra inopportuno qui
sottolineare che una maggiore prudenza avrebbe potuto evitare la rinuncia al
mantenimento di un assetto utile all'interesse nazionale.
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