Questa foto
storica mi fa molto pensare, molto dice a quel microstorico di Racalmuto quale
orgogliosamente mi sento (e nient'altro). Il vestiario è molto emblematico e i
pantaloni alla zuava sembrano ancora quelli che facevano inorridire il bisnonno
di Tanu Savatteri al Mutuo Soccorso (non aveva altro di meglio da dire?). I
taschi poi e soprattutto certi birritta mi richiamano una pagina di Pirandello
che qui ho segnalato. Era sicuramente di domenica: il negozio di mio padre in
fondo alla piazzetta è chiuso. Vi è poi nel lato dei galantuomini una
baracchetta che credo il fascismo imponesse ma nessun bivaccatore: i
galantuomini dell'epoca si potevano ancora permettere di vietare il passeggio
ai poveri plebei. Di nobile, oltre a un bassotto che credo abbia il paltò, vi è
parcheggiata in divieto di sosta (diremmo oggi) la celeberrima balilla dei due
o tre che allora potevano permettersela (Matina, donn'Agreliu e penso Giudice,
se l'agghiacciante tragedia di quella famiglia non si era ancora consumata).
L'abbigliamento e i sorprendenti divari di statura fisica mostrano surfatara e
salinara che la domenica pomeriggio (peraltro piovosa come testimonia uno dei
primi e solitari soggetti che si vede nel pianerottolo da cui discendere a lu
chianu castieddu) fotografano una antropologica realtà racalmutese di gente o
in corte giacchette o in strani pastrani o mantelli. Grande patetica realtà
della nostra genuina ed ancestrale umanità racalmutese. Viva Racalmuto tutta
schietta senza parrocchie e senza soprannomi devianti.
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