dal 13 novembre 1968 al 24
maggio 1972 Incarichi parlamentari Vicepresidente della Commissione Speciale
Per L'esame Del Disegno Di Legge N.1: "Autorizzazione All'esercizio
Provvisorio Del Bilancio Per L'anno Finanziario 1953-1954" dal 25 giugno
1953 all'11 giugno 1958 Vicepresidente della Giunta Per I Trattati Di Commercio
E La Legislazione Doganale dal 6 ottobre 1953 all'11 giugno 1958 Vicepresidente
della Camera dei Deputati dal 12 giugno 1958 al 15 maggio 1963 Vicepresidente
della commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia
dal 5 giugno 1963 al 4 giugno 1968 on. Girolamo Li Causi Bandiera italiana
Assemblea costituente Collegio Unico Nazionale Pagina istituzionale « Perché
avete fatto uccidere Giuliano? Perché avete turato questa bocca? La risposta è
unica: l'avete turata perché Giuliano avrebbe potuto ripetere le ragioni per le
quali Scelba lo ha fatto uccidere. Ora aspettiamo che le raccontino gli uomini
politici, e verrà il tempo che le racconteranno. » (Girolamo Li Causi.
Intervento alla Camera dei deputati nella seduta del 26 ottobre 1951[1])
Girolamo Li Causi (Termini Imerese, 1º gennaio 1896 – Palermo, 14 aprile 1977)
è stato un politico italiano. È stato il primo segretario del PCI siciliano.
Indice [nascondi] 1 Biografia 1.1 Incarichi istituzionali 1.2 Portella della
Ginestra 1.2.1 Documenti 2 Note 3 Bibliografia 4 Collegamenti esterni
Biografia[modifica sorgente] Già dirigente socialista, aderì al Partito
Comunista d'Italia nel 1924. Nel 1926 fu per alcuni mesi direttore de L'Unità.
Nel 1928 venne arrestato per la sua attività antifascista e condannato a 21
anni di carcere. Liberato nell'estate del 1943, diventò partigiano ed entrò nel
CLNAI. Venne quindi rimandato nella natia Sicilia per organizzare la presenza
del Partito Comunista, di cui divenne il primo segretario regionale. Il forte
impegno politico contro la mafia caratterizzò subito la sua azione e per questo
16 settembre 1944 fu vittima di un attentato da parte di un gruppo di mafiosi
guidato da Calogero Vizzini. In tale occasione, in cui vennero ferite 14 persone,
Li Causi venne attaccato durante un comizio in cui stava intervenendo insieme a
Gino Cardamone e Michele Pantaleone a Villalba[2]. Incarichi
istituzionali[modifica sorgente] Nel 1946 venne eletto deputato nell'Assemblea
Costituente. Fu eletto per la Prima volta in Parlamento nel 1948 e, attraverso
varie legislature, ricoprì la carica di Deputato e quella di Senatore. Fu
vicepresidente della prima Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno
mafioso. Portella della Ginestra[modifica sorgente] « Gli obiettivi immediati
delle forze alleate in Sicilia furono dunque: a) mantenere l'ordine conservando
nello stesso tempo buoni rapporti con la popolazione; b) ripristinare un
tessuto sociale affidabile e conforme agli interessi anglo-americani, come si venivano
delineando nel quadro strategico internazionale; c) stroncare le forze di
sinistra prima di un loro troppo profondo radicamento sociale. » (Nicola
Tranfaglia in "Come nasce la Repubblica", pagine fra 91 e 98) Li
Causi fu probabilmente l’uomo politico più direttamente impegnato sulla strage
di Portella della Ginestra: la denunciò all’opinione pubblica e ne seguì gli
sviluppi, individuandone la principale causa nella vittoria, alle elezioni
regionali, dell’alleanza elettorale di sinistra in un contesto di scontro tra
il separatismo isolano e il movimento contadino che chiedeva l’applicazione
della riforma agraria. Li Causi indirizzò inoltre durissime accuse anche alle
forze di polizia, denunciando i loro legami con mafiosi e saparatisti, e al
ministro Mario Scelba, più volte accusato di essere direttamente implicato
nella vicenda. Documenti[modifica sorgente] Il 10 maggio 1950, durante la sua
deposizione istruttoria, Girolamo Li Causi presentò alcuni significativi
documenti. Venne esibita per prima una lettera mandata da Salvatore Giuliano
all'Unità con richiesta di pubblicazione. Il timbro fa risalire la missiva al 2
ottobre 1948. Fra gli stralci di interesse investigativo si trova questo:
"[...] oggi potrei mostrare una lettera che un amico intimo del signor
Scelba, proprio alla vigilia delle elezioni, mi mandò e conteneva la promessa
[...]". Il secondo documento presentato, era una missiva autografa di
Giuliano che rispondeva al comizio dello stesso Li Causi tenuto a Portella
della Ginestra i 1º maggio 1949, quando venne scoperta la lapide dedicata alle
vittime. In questo discorso che fece scalpore all'epoca, Li causi chiese
direttamente a Giuliano di far i nomi dei mandanti della strage e nella lettera
esibita Giuliano rispondeva: "I nomi possono farli coloro che tengono la
faccia di bronzo, ma non un uomo [...]". Li Causi esibì infine una terza
lettera autografa di Giuliano, già pubblicata dall'Unità il 30 aprile 1950, in
cui il malvivente minacciava senza mezzi termini Mario Scelba in riferimento al
suo luogotenente Gaspare Pisciotta, in odore di tradimento. « Il Giuliano
allora si è avvicinato a me chiedendomi dove fosse mio fratello. Ho risposto
che si trovava in paese con un foruncolo. Egli allora mi ha detto: 'E' venuta
la nostra liberazione'. Io ho chiesto: -E qual è?- Ed egli di rimando mi disse:
'Bisogna fare un'azione contro i comunisti: bisogna andare a sparare contro di
loro, il 1º maggio a Portella della Ginestra. Io ho risposto dicendo che era
un'azione indegna, trattandosi di una festa popolare alla quale avrebbero preso
parte donne e bambini ed aggiunsi: 'Non devi prendertela contro le donne ed i
bambini, devi prendertela contro Li Causi e gli altri capoccia. »
(Dichiarazione di Gaspare Pisciotta, luogotenente di Salvatore Giuliano) Tutte queste
lettere, unitamente alla deposizione di Pisciotta in cui lo stesso sostiene la
presenza di una corrispondenza tra Giuliano e il Ministro Mario Scelba (latore
un deputato amico), non fornirono, secondo gli investigatori, riscontri
oggettivi al proseguimento delle indagini in direzione di un intreccio
destabilizzante fra Salvatore Giuliano e segmenti dell'ambiente politico. [1]
Note[modifica sorgente] 1.^ at Leinchieste.com 2.^ dai fatti raccontati da
Alfio Caruso nel libro Turiddu il postelegrafonico Bibliografia[modifica
sorgente] Girolamo Li Causi, "Terra di Frontiera. Una stagione politica in
Sicilia 1944-1960", a cura di Davide Romano presentazione di Italo Tripi e
della prefazione di Oliviero Diliberto Edizioni La Zisa, 2009. Francesco Petrotta,
Portella della Ginestra. La ricerca della verità, Ediesse 2007, ISBN
978-88-230-1201-1 Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino, Tango Connection,
Bompiani Carlo Ruta, Giuliano e lo Stato. Documenti e testimonianze sul primo
intrigo della repubblica, Edi.bi.si., Messina 2002 Collegamenti
esterni[modifica sorgente] Lo sbarco Alleato ed il riemergere della mafia
Portella della Ginestra Intervento di Girolamo Li Causi all'Assemblea
Costituente, seduta del 15 luglio 1947. Mafia e banditismo Estratto da un
documento del 18 settembre 1948, conservato presso l'Archivio Istituto Gramsci
Siciliano, fondo "Girolamo Li Causi" Il Filo Nero a cura di Vincenzo
Vasile Documenti statunitensi e italiani sulla Banda Giuliano, la X Mas e il
neofascismo in Sicilia (1944 – 1947) a cura di Giuseppe Casarrubea
realizzare questo
libro Casarrubea ha analizzato le carte desecretate da Bill Clinton nel 2000
presso il National Archive and Records Administration nel Maryland, nonché
altri documenti del Sis e del Sim. 6,75 new EUR in_stock Chi ha comprato questo
libro ha comprato anche Fra'Diavolo e il governo nero. «Doppio Stato»...
Casarrubea Giuseppe € 25,50 Lupara nera. La guerra segreta alla democrazia...
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americano. Presenze e interferenze straniere... Flamini Gianni € 8,00 Mostra
tutti i suggerimenti La recensione de L'Indice Secondo la versione ufficiale
dei fatti, nella Sicilia del 1943-1945 gli americani fecero leva sulla mafia
per muoversi meglio sul territorio, utilizzandola temporaneamente quale alleata
nella prima fase dell'occupazione; e il 1° maggio 1947, con le sinistre che
nell'isola stanno avanzando da tempo, a Portella della Ginestra, il gruppo del
bandito Salvatore Giuliano, nemico giurato dei "rossi", spara tra la
folla riunitasi per assistere a un comizio. Quest'ultima parte della versione
ufficiale ha già da tempo mostrato le proprie crepe: Giuliano non agì di
propria sola iniziativa. Oggi, Giuseppe Casarrubea, forse il massimo esperto
della questione, mette in luce i contatti del bandito con alcuni elementi
fascisti e, per questo tramite, con uomini dei servizi segreti sia italiani,
sia d'oltreoceano. Riceve una serie di rilevanti chiarificazioni il contesto
entro cui, nella Sicilia del dopo sbarco alleato, maturarono le condizioni del
massacro di Portella. L'idea di fondo, sposata anche da Tranfaglia
nell'introduzione al volume, è quella d'una sostanziale continuità, tra il '43
e gli anni della strategia della tensione, nelle strategie di lotta non
democratiche poste in essere sotto l'ombrello atlantico contro i comunisti in
Italia. Adottando opportunamente una prospettiva che fonde il piano nazionale
con quello regionale, Casarrubea dipana la gigantesca matassa dei contatti tra
fascisti, agenti segreti, settori della polizia, ambienti clericali, circoli
massonici, politici (Sturzo, Scelba, Finocchiaro Aprile), tutti consci del
fatto che la mafia debba essere considerata la "forca caudina di molte
scelte". L'Italia, in questi anni, è del resto immersa in un clima di guerra
civile latente, con i Far ben organizzati, il Movimento sociale in crescita, e
la piena attività di molti ex dell'Ovra, "brodo di coltura della
continuità post-fascista". Inizia qui la strumentalizzazione istituzionale
dei più combattivi nostalgici del fascismo a fini anticomunisti. Lo stesso
dicasi, appunto, della mafia, che gli americani stessi scelgono di mantenere
nella posizione di fulcro del "partito dell'ordine" in Sicilia. E se
Charles Poletti, capo del governo militare statunitense in Italia dal '43 al
'45, elogia apertamente il noto boss mafioso Vito Genovese, già nominato
"commendatore del Regno" da Mussolini, le autorità italiane fanno
anche di peggio. Ad esempio, nominare nel maggio 1945 ispettore capo di
Pubblica sicurezza in Sicilia nientemeno che Ettore Messana, ex questore di
Lubiana, classificato dagli alleati come un criminale di guerra: manterrà
stretti contatti con i mafiosi. Sono appena due esempi di quel
"solidarismo istituzionale" che nei decenni a venire si rivelerà gravido
delle più penose conseguenze. Casarrubea ipotizza addirittura che la banda
Giuliano nasca su impulso dell'Ovra stessa, attraverso personaggi quali Selene
Corbellini (banda Koch), per poi ricevere copertura dal controspionaggio
alleato. È comunque chiaro che contro l'ascesa delle sinistre in Italia si
giocò sporco fin dalla caduta del fascismo: su molti livelli, pochissimi dei
quali finora toccati dalle indagini giudiziarie. Daniele Rocca I vostri
commenti Media Voto: 5 / 5 | Invia recensione luca mazzei (14-02-2007) Una
ricostruzione della strage di Portella della Ginestra attraverso la
consultazione delgi archivi dei servizi segreti americani. Bellissimo Voto: 5 /
5 Alberto zamaal@libero.it (13-11-2005) Splendido saggio sulla strage di
Portella della Ginestra, su cui solo ora si stanno diradando le nubi del
mistero. Voto: 5 / 5
giotto.ibs.it
Scusami se ti sto inondando di post e scritti vari. Te li
invio a semplice notizia. Nn necessita he tu li legga. Grazie. Ciao a presto.
Non ringrazio Malgrado Tutto di quanto segnalatomi. Che
smentita è mai codesta? Le minchiate della signorina Cernigoi le ho smantellate
tutte e ancor più farò quando commenterò l'altra documentazione in mio
possesso. Quanto alla faccenda Lubiana rimando a quanto già scritto sulla base
della documentazione richiamata dallo storico di fama mondiale Sala. Sul resto,
la Cernigoi si appoggia incautamente su Casarrubea. Anche Gigi stasera sembrava
convinto che la storia di Riesi e quella della coerreità con fra Diavolo sono
"cazzate". Mi domando a questo punto Malgrado Tutto con chi sta? Con
la Cernigoni e Casarrubea o con la verità che credo di avere rispolverata sul
gr.uff. Ettore Messana? La pervicacia della signorina Cernigoni la sottoporrò
alla valutazione della nipote del Messana per le sue eventuali azioni
giudiziarie.
29 giugno 8.38.43
Ancora una volta apprezzo la tua "forza"in questa
battaglia ,io seguirò ,con la massima fiducia, i tuoi suggerimanti .Oggi sono
ospite di mia cognata, appena mi sarà possibile ti chiamerò A presto
30 giugno 22.32.47
SUPERIOR STABAT LUPUS INFERIOR AGNUS: CERNIGOI ED ETTORE
MESSANA Malgrado Tutto, in via riservata, ha voglia di farmi sapere che la
signorina Cernigoi non è vero che non mi aveva risposto: mi aveva anzi
replicato e in malo modo. Ora qualcuna ha voglia di farmi sapere che la
poverina è stata vittima di chissà quale aggressione mafiosa. Comincio a temere
per me. Porto il tasco torto, infilzo la Cernigoi e il suo pigmalione siciliano
Casarrubea. Per me sono artefici di una indegna campagna di stampa
infondatamente calunniosa contro il Gr. Uff. dottore Ettore Messana, ispettore
generale di PS, da Racalmuto. morto da oltre sessant'anni e quindi
assolutamente non in grado di difendersi. Una concertazione cche reputo
indecorosa. Un esempio: nel celebre processo di Viterbo il Messana, fiero,
integro, rispettabile e ripettato, depone come teste e incisivamente,
documentatissimo, ripercorre tutta la sua vicenda diciamo della sua meritevole
lotta al banditismo siciliano capeggiato dal celeberrimo bandito Giuliano.
Nessun'ombra, nessun sospetto macchia questa fulgida figura cui si inchina il
Tribunale. Quella deposizione noi l'abbiamo pubblicata nei giorni scorsi: sono
atti pubblici consultabili stando persino seduti dietro un comodo computer. Noi
la ripubblichiamo qui. Ed invece no! La signorina Cernigoi devia, si lancia in
giudizi di valore gravemente lesivi dell'onore di questo grande servitore dello
Stato di diritto e sciorina una serie di valutazioni contro "l’ex
funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani". Noi non sappiamo chi sia
questo alto funzionario dello Stato Ciro Verdiani; pensiamo che venga qui anche
lui calunniato, ma non ne sappiamo nulla. Sappiamo solo che è perverso
diffamare Ettore Messana quasi fosse corresponsabile dell'operato del Verdiani
sol perché ne era stato una diecina di anni prima - ma è poi vero? -
'dipendente' . A noi ad esempio questo non risulta ma anche se vero mi richiama
la Cernigoni la favola di Fedro superior stabat lupus ....._- sei mesi fa mi hai
lordato l'acqua. - ma se non ero manco nato - e allora è stato tuo padre. La
figura di Messana è scolpita nel testo della sua deposizione al processo
Viterbo. Controllate. La Cernigoi se ne fotte ed ecco come dileggia il Messana.
Può avere tutta la solidarietà del congrega della carta stampata e di
Casarrubea, ma l'indegna denigrazione risulta qui inoppugnabile.
----------------------------------- Malgrado Tutto: Le riportiamo, per sua
informazione, la replica di Claudia Cernigoi.APPUNTI SU ETTORE MESSANA. Claudia
Cernigoi: Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna,
che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il
dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una
biografia. In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona,
denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti
ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto
ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa persona. [omissis] A fronte
di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato per
quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno "epurato" dalla
Pubblica Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia
Sicilia, a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria,
Ciro Verdiani, un "Ispettorato generale di PS per la Sicilia", un
"organo creato per la repressione della delinquenza associata, e
specificamente per la repressione del banditismo che faceva capo a Giuliano (il
"bandito" Salvatore Giuliano, n.d.a.)" (questa definizione è
tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla Corte d’assise
di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in merito alla strage
di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i due alti funzionari
di PS svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni stralci dalla
sentenza emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra, dove gli
uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per festeggiare il
Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e ferendone
molte altre. "L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo
della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con
cui si incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia,
Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare
Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato
dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse
con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di essere
dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il
Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo
madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività
dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano
fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire
una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare
Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex
generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò
l’uccisione di Giuliano in Sicilia", già "uomo di fiducia personale
di Mussolini", come scrive Giuseppe Casarrubea in "Storia segreta
della Sicilia", Bompiani 2005) ed operava con costui contro
Giuliano".
------------------------- Quanto alle altre infamie ribadite dalla giornalista
triestina, filoslava, non certo affetta da fervido patriottismo verso questa
nostra patria Italia, ho già proceduto a sbriciolarla e ancora meglio farò
quanto pubblicherò gli altri risultati delle mie ricerche archivistiche. Qui
accenno alla mia corrispondenza con Malgrado Tutto. Non ringrazio Malgrado Tutto di quanto segnalatomi. Che
smentita è mai codesta? Le minchiate della signorina Cernigoi le ho smantellate
tutte e ancor più farò quando commenterò l'altra documentazione in mio possesso.
Quanto alla faccenda Lubiana rimando a quanto già scritto sulla base della
documentazione richiamata dallo storico di fama mondiale Sala. Sul resto, la
Cernigoi si appoggia incautamente su Casarrubea. Anche Gigi stasera sembrava
convinto che la storia di Riesi e quella della coerreità con fra Diavolo sono
"cazzate". Mi domando a questo punto Malgrado Tutto con chi sta? Con
la Cernigoni e Casarrubea o con la verità che credo di avere rispolverata sul
gr.uff. Ettore Messana? La pervicacia della signorina Cernigoni la sottoporrò
alla valutazione della nipote del Messana per le sue eventuali azioni
giudiziarie.
Malgrado Tutto: Le abbiamo girato quanto sopra solo per sua informazione, non
deve ringraziare nessuno. Cordiali saluti
Dottore Calogero Taverna, ottuagenario: Bene, meglio così. Ma il problerma
resta: obiettivamente Malgradotutto ha diffamato Messana: Poco importa se si è
limitato a riportare un testo altrui. Non devo insegnare niente a nessuno. Sia
chiaro la diplomatica lettera della signora Giovanna l'ho stilata io. L'ho
fatto per farvi prendere le debite iniziative riparatrici. Vi sono amico e
spero che non persistiate in questo atteggiamento quasi di scaricabarile.
Comunque, la faccenda mi riguarda molto relativamente e così riparo alla mia
precedente sparata, vi ringrazio e spero nella vostra stima. Cordialità.
Domenica 09:11 Quando leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi
nel ritenere codesto questurino a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo
meschinello detrattore, in anonimato, del grande Ettore Messana che dovrebbe
essere stato suo superiore e che certamente non ebbe ad apprezzarlo. Al suo
paese irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e si cercò di
santificarlo. Riportiamo giù locandine manifesti e dicerie elogiative ma non
c'era molto da addurre a lode omaggiante. Si disse "uomo giusto". Un
epiteto alquanto singolare per uno che di mestiere aveva fatto il poliziotto di
un reparto politico decisamente fascista. E redigeva rapporti infamanti di
sospetti e dispetti a base di "corre voce", "si dice",
"non poteva non sapere", " era suo subordinato il vero
malfattore (se poi tale era)" "lo spalleggiava" "forse ne
fu compare" e niente più. Ma proprio niente di più sul suo grande
superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff. Dottore Ettore Messana. E
quando le scrive queste cose, quando ancora modesto funzionarietto di questura,
relegato ad una insignificante periferia, nell'ottobre del 1945, crede che è
giunto il momento di togliersi un sassolino dalla scarpa contro l'invidiato suo
ex Superiore che invece di carriera ne ha già fatta e con onore e per la stima
di un superbo uomo di Stato, nientemeno l'on. Alcide De Gasperi. E quel
insignificante rapportino finisce obliato e trascurato in mano non autorevole e
ci vuole tutta la malafede di rampanti speculatori dell'antitalianità per
riesumarlo e farne fonte di autorevolissima fede quando scricchiola da tutte le
parti. E ciò è tanto vero che Roma repubblicana e democratica e
indubitabilmente antifascista non vi diede peso alcuno. Del resto non ne aveva:
non un fatto, non una prova, non una certezza. Solo pettegolezzi astiosi di
bassa caserma poliziesca. lunedì 12 settembre 2011 Ricciardelli, l'amico e
collega di Palatucci che finì a Dachau Ma ecco cosa scriveva
ancora il Ricciardelli: "Fra le insistenti voci che allora circolavano vi
era anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui
venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti
personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in
carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che promettevaloro la
liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si
faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui
aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua permanenza a Trieste, per la
creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato
speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui
non riuscì ad affettuare operazionidi polizia politica degne di particolare
rilievo. Ma anche qui come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza
assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella
trattazione di pratiche relative a perseguitati politici, responsabili di
attività antifascista molto limitata. In proposito, si ritiene opportuno
segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità d’animo: In una notte del
gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed all’insaputa dello stesso
Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di oltre venti ebrei fra cui
si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e Leone, Romano Davide, Israele
Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero proposti al Ministero per l’internamento,
perché ritenuti politicamente pericolosi. E che il Messana avesse agito per
pura malvagità e, probabilmente, per cercare di accattivarsi la benevolenza
della locale federazione fascista, con la quale non intercorrevano cordiali
rapporti, lo dimostra il fatto che lo stesso Ministero respinse la proposta.
Ordinando la scarcerazione dei predetti che furono rilasciati dopo oltre un
mese di carcere (per più dettagliati particolari e per conoscere tutti i nomi
degli arrestati, esaminare i precedenti al Ministero, poiché gli atti
dell’Ufficio Politico della locale Questura, furono asportati o distrutti dalle
truppe jugoslave di occupazione della città ai primi di maggio u. s.) Risulta
in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale commissione provinciale
per i provvedimenti di polizia, infierì in modo particolare contro i
denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità per quanto riguardava
i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo della pena. Tale
comportamento veniva aspramente criticato dagli altri componenti la commissione
e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini, presidente della commissione
stessa.[3] gli italiani uccidono 15 uomini e donne a Brdo presso Lubiana. Le
vittimesi trovano al cimitero di Vic Destituito Mussolini, nonostante avesse
eletto domicilio a Trieste, se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto
le sue tracce. Alla data del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste
fu dichiarato dimissionario d’ufficio". [4] --------- Di
tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime
delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato,
nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore
Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi
rispolvera questo documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo
si macchia a mio avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa storia
Carissimo cugino Gigi Restivo credo che debbo alla tua cortesia se Malgrado
Tutto mi ha "passato" i contrappunti avversi di tal Carnigoi
triestina, filoslava e con scarso amore patriottico per questa nostra Italia.
Ti riporto quanto oggi per il canale riservato di cui dispongo le ho inviato:
"lei persiste nella sua ricostruzione storica rimarcando la sua
responsabilità quanto agli infamanti giudizi di valore contro il Messana. Se
lei è persona civile perché non dice che fine ha fatto quella congerie di
fallaci accuse titine? Non può credere che l'Italia degasperiana abbia
conferito l'alta onorificenza al Messana ignara o peggio correa di quella
caterva di accuse infamanti titina contro chi avesse avuto dallo Stato Italiano
incarichi in quella tragica storia della costituzione della provincia di Lubiana
che lei non può antipatriotticamente ridurre ad un crimine di guerra.
Storicizzi, si legga letteratura seria quale quella del prof. Sala e poi
giudichi. Io l'ho fatto e le dico che lei fa solo indegno scoop giornalistico.
Quanto a quello che scrive sulla base del Casarrubea, se la sente di
confermarlo?" Ti
faccio presente che la Cernigoi si basa su un fascicolo postumo di gente titina
che ha cercato invano di ricattare l'Italia. Non mette in conto neppure che
quelle accuse finirono cestinate perché infondate o ininfluenti. L'Italia
degasperiana - mica quella fascista o provvisoria o bonomiana - non diede peso
alcuno alle infondate accuse titine pur conoscendole. Credo che addirittura
esista nell'archivio del Ministero degli Esteri un dossier in proposito. L'ho
individuato ma per il momento ho lasciato correre. Tu che sei in cerca
spasmodica di documenti potresti sopperire. Ti darei gli estremi. Uno storico davvero professionale e serio quale il prof.
Sala, deceduto, ha pubblicato volumi sulla vicenda della "guerra
parallela" che consentì al Duce di istituire questa cosiddetta provincia
di Lubiana per insegnare ai tedeschi come occupare un territorio straniero e
gestirlo "umanitariamente". Emerge che il Messana cercò nel primo anno
della "provincia" di attuare quella politica "umanitaria e
civile" ma non potè fare molto perché "esautorato
dall'esercito". Questo emerge da una probante corrispondenza che
naruralmente la Cernigoi o ignora o intenzionalmente oblitera. Per il resto la Cernigoi si avvale della
"postuma" farneticazione del Ricciardelli, la quale credo di avere
disinnescato in miei post che mi pare hai letto (magari - scusami - molto
superficialmente). Ad ogni buon conto sto reiterandoli. Le altre due pagine che il Casarrubea &C si ostinano
a martellare per infamare indegnamente il Messana e cioè quelle che attengono
alla faccenda di Riesi del 1919 e alla pretesa correità con fra Diavolo
nell'ambito della tragica storia del bandito Giuliano, mi dicevi ieri che anche
a te apparivano "cazzate". Non so se confermi o hai dei ripensamenti.
Io resto maggiormente confermato in favore del Messana
------------------------------- Il bandito Giuliano ---------------------- La
strage di Portella della Ginestra Documenti sulla strage Documento 13 VERBALE
INTERROGATORIO DELL’ISPETTORE VITO MESSANA Verbale di continuazione di
dibattimento del 20 luglio 1951 [cartella 4, vol. V, n. 5] D’ordine del
Presidente, introdotto il testimone Messana Ettore fu Clemente di anni 66, nato
a Racalmuto (Agrigento) e domiciliato in Roma, Ispettore di Ps. Interrogato in
merito ai fatti della causa, risponde: «Fui mandato in Sicilia a capo
dell’Ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia nel maggio 1945 e vi rimasi
fino a tutto luglio 1947. Il decreto che istituì l’Ispettorato è dell’aprile
1945 e funzione di tale organo fu quella di integrare l’opera repressiva e
preventiva nell’eliminazione del banditismo ed in genere della delinquenza
associata in Sicilia». D. R. «Io ebbi a mia disposizione 750 carabinieri, 350
agenti e 14 funzionari, che distribuii in tutte le province della Sicilia da
Messina a Trapani. Fui io che istituii i nuclei di carabinieri e polizia nei
centri dove a me sembrò che dovessero essere istituiti. Le mie prime operazioni
feci nelle province di Agrigento e di Catania. Verso la fine del 1945
incominciò ad affiorare l’attività della banda Giuliano. Tale fatto fece
aumentare la mia attività tanto più che la banda Giuliano e quella di Avila si
erano poste al servizio dell’Evis». D. R. «Ebbi notizia dei fatti di Portella
nelle ore pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi recai ad una riunione indetta dal
prefetto Vittorelli, dove si stabilì una certa azione da svolgersi. L’indomani
mi recai a Piana degli Albanesi ed a San Giuseppe Jato, ove già si era
proceduto all’arresto di quattro persone ad opera di un nucleo dipendente
dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo rastrellamento arrestando
centinaia di persone sospette, le quali però furono quasi tutte rimesse in
libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna responsabilità». D. R. «Tutto
ciò venne fatto ad opera della questura che si limitò poi a denunciare solo i
quattro arrestati». D. R. «In una riunione tenuta anche alla presenza
dell’Ispettore Generale di P. S. Rosselli, inviato a Palermo dal Ministero, fu
deciso da quest’ultimo che la direzione delle indagini dovesse essere affidata
al questore Giammorcaro e fu così che io passai alle dipendenze di costui». D.
R. «Si venne frattanto a conoscenza che il 1° maggio era stato sequestrato,
dopo la sparatoria, un campiere, certo Busellini, del quale non si seppe nulla
per tanti giorni e che poi fu trovato ucciso in un fossato da un nucleo alle
mie dipendenze». D. R. «Non so se il ritrovamento del cadavere del Busellini
avvenne a mezzo di cani poliziotti od a mezzo solo di ricerche». D. R. «Mi
sembra di ricordare che sul petto del cadavere del Busellini fu trovato un
cartello con la scritta «questa è la fine dei traditori», la qualcosa ci
convinse che il delitto era stato consumato dalla banda Giuliano. Tale convinzione
ci facemmo anche per il delitto di Portella poiché ci convincemmo che colui che
aveva ucciso Busellini era uno di quelli che aveva sparato a Portella». D.R.
«Noi dell’Ispettorato, fin dal primo momento, pensammo che la strage di
Portella era da attribuirsi alla banda Giuliano, perché il fatto era avvenuto
nella zona così detta d’imperio della banda stessa, mentre l’Angrisani ed il
Guarino avevano orientamento diverso». D. R. «Tale convincimento da parte
dell’Ispettorato fu però rafforzato dal rinvenimento del cadavere del
Busellini». Contestatogli che nel verbale di rinvenimento del cadavere del
Busellini non vi è traccia del cartello rinvenuto sul suo cadavere, risponde:
«Può darsi che io abbia un cattivo ricordo di tale fatto, ma pure mi sembra di
ricordare così». D. R. «Le indagini continuarono e solo nel giugno avvennero i
primi fermi effettuati dal nucleo centrale comandato dal colonnello
Paolantonio, il quale mi riferiva lo sviluppo di esse». D. R. «Il rapporto n.
37 fu redatto quando io non ero più Ispettore Generale in Sicilia, essendo
stato sostituito il 1.8.47 dal questore di Napoli Coglitori». D. R. «Quasi
tutti i fermi avvennero durante la mia permanenza in Sicilia ed io, giorno per
giorno, venivo informato di quanto si riusciva a sapere dai fermati». D. R.
«L’Ispettorato aveva dei confidenti ed inoltre era in contatto con alcuni
elementi che ci ponevano in comunicazione con il bandito Ferreri Salvatore». D.
R. «Io nessun contatto diretto ebbi col Ferreri, solo ebbi rapporti con lui
tramite i suddetti elementi di collegamento». D. R. «Escludo che Ferreri mi
abbia fatto sapere i nomi di coloro che avevano partecipato all’azione di
Portella; può darsi che qualche indicazione l’abbia data al colonnello
Paolantonio oppure ad un altro funzionario di P.S., certo Zappone, che io avevo
dislocato nella zona di Partinico e che fu ucciso a Borgetto in un agguato». D.
R. «Il nostro convincimento che l’azione di Portella era dovuta alla banda
Giuliano fu maggiormente rafforzato dal riconoscimento effettuato da quattro
cacciatori sequestrati in quella mattina del 1° maggio, i quali in una
fotografia di persona a cavallo riconobbero proprio colui che ritenevano fosse
il capo del gruppo che li aveva sequestrati». D. R. «Il colonnello Paolantonio,
fin quando io restai in Sicilia, non mi parlò mai del fermo di alcuno ritenuto
partecipe della strage di Portella per confidenze avute dal Ferreri». D. R.
«Escludo di aver avuto mai rapporti con Pisciotta Gaspare, come escludo di
avergli rilasciato un tesserino di riconoscimento sia al suo nome che a quello
di Faraci Giuseppe». Contestatogli che il Pisciotta ha affermato invece di aver
avuto rilasciato un tesserino proprio da lui che glielo fece recapitare tramite
Ferreri, risponde: «Escludo nel modo più reciso che ciò sia avvenuto».
Richiamato l’imputato Gaspare Pisciotta e contestatagli la dichiarazione resa
dall’Ispettore Messana a proposito del tesserino, risponde: «Il tesserino lo
ebbi tramite Ferreri, portava la firma Messana, aveva i timbri
dell’Ispettorato, fu strappato ed io spero che colui che lo ha strappato, se ha
coscienza, lo dirà». D. R. «Luca potrà dire qualcosa in merito, può darsi che
il tesserino esista ancora, ma a me risulta che fu stracciato». Il teste
Messana: D. R. «Io facevo da organo propulsore nell’attività dei miei
funzionari; dissi loro di indagare anche sulla ragione per cui Giuliano fece
l’azione di Portella ma nessuno di essi mi parlò mai su tale fatto». D. R.
«Andai via dalla Sicilia il 31.7.1947 e quindi non mi occupai più della cosa».
A domanda dell’Avv. Sotgiu, risponde: «Non ricordo di aver rilasciato al
Ferreri un tesserino di libera circolazione, ma non escludo che esso possa
essere stato rilasciato da altri sotto il mio nome, essendo io il capo
dell’Ispettorato. Devo dire per altro che la mia firma ufficiale è quasi
inintellegibile come Messana, anzi ritengo che sia del tutto inintellegibile».
D.R. «Non rilasciai tesserini di libera circolazione ai confidenti, non so se
ne furono rilasciati a mio nome dai miei dipendenti che nulla mi riferivano
intorno al rilascio di essi poiché ognuno ha i propri confidenti ed intorno a
noi si mantiene il più stretto riserbo anche con i superiori». D.R. «Io fornivo
il danaro che mi richiedevano per i confidenti ai miei dipendenti, i quali mi
rilasciavano ricevuta sulla quale si limitavano a dire. -- per un confidente-
senza indicarne le generalità». D.R. «Certamente i rapporti col Ferreri
iniziarono prima della strage di Portella. Ricordo di aver saputo, attraverso
la fonte Ferreri, che Giuliano voleva attentare alla vita dei dirigenti del
Partito Comunista di Palermo, fra i quali il Li Causi. Informai per la
opportuna vigilanza il questore e fu il colonnello Paolantonio che avvisò
direttamente il Li Causi». D.R. «Al padre del Ferreri feci dare un porto
d’armi, ma ciò rientrava nel progetto di venire all’arresto di Giuliano. Sentii
parlare del rinvenimento del predetto porto d’armi sul cadavere del Ferreri, ma
ciò non constatai personalmente». D.R. «Escludo che il padre del Ferreri
facesse parte della banda Giuliano». D.R. «Non mi risulta che dopo l’amnistia
dell’Evis Giuliano abbia mantenuto rapporti con persone insospettabili». D.R.
«Dopo di me all’Ispettorato ci fu Coglitore, poi Modica, poi Spanò, poi
Verdiani» D.R. «Non ricordo i nominativi dei componenti la banda Giuliano».
D.R. «Esiste un rapporto intorno alle bande armate dell’Evis ed all’attività da
esse spiegate, rapporto redatto dal nucleo centrale alle mie dipendenze». D.R.
«Sono a conoscenza dei nomi in esso compresi, può darsi che l’elenco contenuto
in detto rapporto non sia completo e non comprenda tutta la materia, essendo
potuta qualcosa essere sfuggita e qualcosa sopraggiungere». D.R. «Non ricordo
il nome di Genovesi Giovanni tra i confidenti della polizia, né so se egli sia
stato interrogato dal colonnello Denti». A domanda dell’avv. Crisafulli,
risponde: «Per il fatto di Portella venne in Sicilia un Ispettore generale del
Ministero, come di solito avviene quando succedono fatti di una certa
rilevanza». D.R. «Detto Ispettore riunì tutti gli organi di polizia in questura
e poiché ogni organo comunicò i risultati delle indagini svolte, l’Ispettore
volle che le varie attività fossero coordinate e quindi, senza esautorare e
sostituire alcuno, dette la direzione al questore Giammorcaro al quale doveva
essere comunicata ogni attività degli organi di polizia. Tutto ciò per quanto
riguarda i fatti di Portella». D.R. «Mi fu detto che il Ferreri fu operato di
appendicite». A domanda dell’avv. Sotgiu, risponde: «Non mi risulta che al
Ferreri sia stata rilasciata una tessera intestata a Salvo Rossi, autista del
colonnello Paolantonio». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde: «Parlando di
un rapporto Coglitore mi riferivo solo al rapporto firmato dal maresciallo Lo
Bianco relativo ai fatti di Portella» A domanda del Pisciotta Gaspare,
risponde: «Escludo di essere stato io a consegnare i mitra al Ferreri, né mi
risulta che ciò sia stato fatto da qualcuno dell’Ispettorato. A quell’epoca
avevamo penuria di armi». Il Pisciotta aggiunge: «I cinque mitra servirono per
l’azione di Portella, secondo quanto mi disse Ferreri». Dopo di che il
Presidente rinvia la prosecuzione del dibattimento all’udienza del 23.7.1951
ore 9,30.
1 luglio 10.28.03
Una preziosissima relazione coeva, originale, non pataccata,
dell'Ispettore Generale di PS dr.Ettore Messana del 1946. Vi spicca l'ardua
lotta alla mafia, al banditismo, ai nuclei armati, alle intese di
"esponenti della mafia isolana con Ufficiali Americani qui di
stanza". In proposito Casarrubea e Cernigoi hanno avuto accesso agli
archivi americani che so sotto rigidissimo top secret? C'era una rivolta armata
allora in Sicilia e Messana vi rifulge per la sua repressione. E.V.I.S.,
C.R.I.S. grandi agrari alla Giuseppe Tasca di Lucio, bandito Giuliano che si
finanzia con sequestri di persone, rapine, ecc, - Armi automatiche, munizioni
cavalli, materiale chimico e sanitario, nascosto in grotte, aabilmente
simulate. E lo scaltro "poliziotto" Messana avvalendosi anche di
"notizie fiduciarie" può "affermare che la situazione va, man
mano, migliorando". Ecco perché signorina Cernigoi nel 1946 il suo
dispregiato grande ufficiale Messana sta in Sicilia quale ISPETTORE GENERALE a
sconfiggere la banda Giuliano , il C.R.I.S. (finanziato dagli americani quelli
che con i faziosissimi titini cercarono di fare di ogni erba un fascio dei
funzionari italiani operanti nella procincia di Lubiana inventando calunniose
accuse che finirono cestinate nei tribunali internazionali). Siamo nel 1946 e
già Aldisio è sotto tiro da parte di comunisti socialisti e movimenti politici
di sinistra. Messana è costretto a afere una scelta politica. Qui scrive che
"non trascura di seguire le correnti politiche che possono avere influenza
sugli attuali movimenti". Si attira l'odio dei comunisti Li Causi e
Montalbano che cercano di stritolarlo con accuse infamanti, ma finite in un
nulla di fatto nei vari tribunali. Allora si trattò di comprensibile lotta politica.
La riesumazione dei giorni nostri da parte di Cernigoi, Casarrubea, Luparelli
ed altri fatta in dispregio di tutte le assoluzioni e in non luogo a procedere
giudiziari è solo deprecabilissima diffamazione calunniosa, soprattutto
antistorica.
2 luglio 20.37.04
Il Questore - Via Catania 1 - 93100 Caltanissetta telefono:
093479111 fax: 093479677 email: gab.quest.cl@pecps.poliziadistato.it Primo
piano Capoluogo. Una segnalazione al 113 sventa furto in abitazione I fatti del
giorno Due pregiudicati nisseni scoperti dalle Volanti Altre notizie Capoluogo.
Celava 30 grammi di marijuana negli slip I fatti del giorno Denunciato
incensurato nisseno di 21 anni L’Ufficio Stampa della Questura ospite della
rubrica "Primo piano" dell’emittente televisiva TCS Attualità In studio
l’Ispettore Superiore sups Salvatore Falzone I fatti del giorno I fatti del
giorno Gela, la Polizia sventa guerra di mafia tra clan. Arrestato ex
collaboratore Gli investigatori della Squadra Mobile e del Commissariato di
P.S. decapitano i vertici del clan mafioso Rinzivillo I fatti del giorno I
fatti del giorno Capoluogo. Arrestato pregiudicato per resistenza e violenza a
p.u. Gli agenti chiamati ad intervenire dalla madre più volte aggredita dallo
stesso I fatti del giorno I fatti del giorno La Polizia in Gela confisca circa
un milione di euro di beni mafiosi La Squadra Mobile ha eseguito il decreto di
confisca contro il boss Alferi Giuseppe di Cosa Nostra La questura Il Questore
Orari e uffici della Questura Commissariati Altri Uffici e Reparti Dove siamo I
fatti del giorno Controlla il permesso di soggiorno online PERMESSO DI
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Risposte alle tue domande. Servizi Bacheca Oggetti Rubati Motore di ricerca
degli oggetti rubati o ritrovati Carta dei servizi Progetto Alloggiati Web
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Numero telefonico ed altro della questura di Caltanissetta
stanno sopra- Ti pregherei di farti passare il Questore o il capo di gabinetto
o comunque un funzionario e presentarti come la nipote del grande ispettore
generale Ettore Messana. Dici che ha iniziato la carriera a Caltanissetta prima
del 1919 e non sai quando l'ha lì terminata. In questura ci dovrebbe essere il
suo fascicolo personale visto che non risulta depositato in archivio di stato
per epurazione dell'archivio della stessa questura alcunché antecedente il 1920
come avrei appurato io quest'oggi 2 luglio 2014. Ti rivolgeresti quindi alla
sua cortesia pregandolo di fare rintracciare almeno i dati anagrafici e i dati
del servizio di tuo nonno che a Caltanissetta avrebbe operato attorno al 1919
come giovane commissario di P.S.- Pregalo di darmi appuntamento come tuo
fiduciario per prendermi i dati o peri collaborare per ricerche d'archivio in
Questura, facendogli magari presente che sono persino assiduo ricercatore degli
Archivi Segreti del Vaticano, che insomma sono stato alto funzionario come
ispettore di vigilanza della Banca d'Italia e fui persino superispettore del
ministro delle finanze Reviglio. Mio caro amico è anche il dottore Calogero
Infurnari già questore di Caltanissetta e che fu persino un protetto di tuo
nonno l'ispettore generale di PS Ettore Messana. Altro non mancherà alla tua
,loquela per intontire questo funzionario periferico di PS.
3 luglio 8.34.06
Ma io mi domando, che cazzo ci sta a fare 'sto Viminale che
non difende il suo stesso prestigio, i suoi storici dirigenti, il suo pur
glorioso passato, la integrità morale degli uomini che hanno sacrificato la
pace in famiglia per l'eroico mantenimento dell'Ordine Pubblico in contingenze
asperrime. E' possibile che deve essere uno come me antimilitarista, comunista
fanatico, lontano le mille miglia dalla mentalità poliziesca a difendere la
memoria di un supremo ispettore di polizia quale il gr.uff. Ettore Messana che
fu integerrimo anche se rigido e destrorso Uomo di Stato dedito al mantenimento
di una ordinata convivenza civile.
3 luglio 17.04.22
«Fui mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato Generale di
P.S. per la Sicilia nel maggio 1945 e vi rimasi fino a tutto luglio 1947. Il
decreto che istituì l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di tale organo
fu quella di integrare l’opera repressiva e preventiva nell’eliminazione del
banditismo ed in genere della delinquenza associata in Sicilia». D. R. «Io ebbi
a mia disposizione 750 carabinieri, 350 agenti e 14 funzionari, che distribuii
in tutte le province della Sicilia da Messina a Trapani. Fui io che istituii i
nuclei di carabinieri e polizia nei centri dove a me sembrò che dovessero
essere istituiti. Le mie prime operazioni feci nelle province di Agrigento e di
Catania. Verso la fine del 1945 incominciò ad affiorare l’attività della banda
Giuliano. Tale fatto fece aumentare la mia attività tanto più che la banda
Giuliano e quella di Avila si erano poste al servizio dell’Evis». D. R. «Ebbi
notizia dei fatti di Portella nelle ore pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi
recai ad una riunione indetta dal prefetto Vittorelli, dove si stabilì una
certa azione da svolgersi. L’indomani mi recai a Piana degli Albanesi ed a San
Giuseppe Jato, ove già si era proceduto all’arresto di quattro persone ad opera
di un nucleo dipendente dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo
rastrellamento arrestando centinaia di persone sospette, le quali però furono
quasi tutte rimesse in libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna
responsabilità». D. R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura che si
limitò poi a denunciare solo i quattro arrestati». D. R. «In una riunione
tenuta anche alla presenza dell’Ispettore Generale di P. S. Rosselli, inviato a
Palermo dal Ministero, fu deciso da quest’ultimo che la direzione delle
indagini dovesse essere affidata al questore Giammorcaro e fu così che io
passai alle dipendenze di costui». D. R. «Si venne frattanto a conoscenza che il
1° maggio era stato sequestrato, dopo la sparatoria, un campiere, certo
Busellini, del quale non si seppe nulla per tanti giorni e che poi fu trovato
ucciso in un fossato da un nucleo alle mie dipendenze». D. R. «Non so se il
ritrovamento del cadavere del Busellini avvenne a mezzo di cani poliziotti od a
mezzo solo di ricerche». D. R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del
cadavere del Busellini fu trovato un cartello con la scritta «questa è la fine
dei traditori», la qualcosa ci convinse che il delitto era stato consumato
dalla banda Giuliano. Tale convinzione ci facemmo anche per il delitto di
Portella poiché ci convincemmo che colui che aveva ucciso Busellini era uno di
quelli che aveva sparato a Portella». D.R. «Noi dell’Ispettorato, fin dal primo
momento, pensammo che la strage di Portella era da attribuirsi alla banda
Giuliano, perché il fatto era avvenuto nella zona così detta d’imperio della
banda stessa, mentre l’Angrisani ed il Guarino avevano orientamento diverso».
----------------------------- Il NOSTRO dunque inizia la sua esperienza quale
ispettore generale di PS in Sicilia e subito deve risponderne a Ferruccio Parri
che proprio destrorso e filofascista non era. Se con Bonomi è pur sospettabile
una qualche frequentazione massonica (e quale grande commesso dello Stato
Italiano non è stato massone?) le insinuazioni di Casarrubea non hanno più
fondamento alcuno dal momento che il Messana transita riverito ed ascoltato
sotto Parri sino al 9 dicembre del 1945, sotto Romita sino al i° luglio 1946 (DE
GASPERI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO), sotto lo stesso DE GASPERI quale ministro
degli Interni sino al 1° febbraio 1947. E guarda caso appena Scelba - sì
proprio Mario Scelba - sale allo scranno di Ministro degli Interni, quello che
doveva essere il suo protettore, il nostro Messana viene invitato ad
accomodarsi fuori, ma fuori per modo di dire visto che torna al Ministero a
Roma e al Viminale vi resta oltremodo autorevole e rispettato sino al suo
pensionamento per raggiunti limiti di età. MINISTRI DEGLI INTERNI BONOMI prof.
Ivanoe , dal 18 giugno 1944 al 20 giugno 1945 PARRI prof. Ferruccio , dal 21
giugno al 9 dicembre 1945 [ » ] ROMITA ing. Giuseppe, dal 10 dicembre 1945 al
1° luglio 1946 DE GASPERI dott. Alcide , dal 10 luglio 1946 al 1° febbraio 1947
SCELBA avv. Mario,dal 2 febbraio 1947 al 16 luglio 1953 [ » ] FANFANI dott.
prof. Amintore, dal 16 luglio 1953 al 18 gennaio 1954 ANDREOTTI dott. Giulio ,
dal 18 gennaio 1954 al 10 febbraio 1954 Gentilissima signorina Cernigoi, se Lei
è o si dichiara solerte e coscienziosa Storica crede davvero che un arcigno De
Gasperi poteva rendersi compiacente di quel Messana quale il Ricciardelli - che
mi pare di nessun prestigio godette e che comunque rimase impalato al suo basso
ruolo nonostante volesse accreditarsi, dopo essere stato capo della Politica
del fascismo, protettore degli ebrei.? Se Lei è una ricercatrice seria dovrebbe
convenire con me che le insinuazioni del Ricciardelli, con solo tutti quei
"si dice" "pare" "qualcuno afferma" " a ben
pensare" e via discorrendo e mai uno straccio di fatto documentato e
provato, meritavano di finire nel cesso come tutto indecorosamente vi finì. E
De Gasperi poi fu Ministro degli Esteri e dovette occuparsi di quella
calunniosa congerie di accuse a TUTTI i nostri funzionari in Slovenia che
Titini, pronubi gli Americani, confezionarono senza alcuna prova, obiettività,
credibilità. E anche quella falsa congerie di calunnie di una Nazione Estera
che cercava vendetta e non giustizia finì nel cesso, archiviata con un non
luogo a procedere. E così il duro grintoso non malleabile De Gasperi si tenne
vicino e si affidò e officiò il Messana fregandosene degli strilli di un Li
Causi che per giunta avrebbe dovuto alzare un monumento al Messana che
informato dal suo confidente Fra Diavolo seppe che Giuliano stava ordendo un
agguato alo stesso Li Causi per ucciderlo. E se a Li Causi nulla successe lo
deve prorio a Messana che lo protesse e lo avvisò del pericolo. Leggersi gli
atti provessuali per darmi ampiamente ragione. Qualche mio amico e parente
vorrebbe chissà quali documenti a comprova di quanto ho riscontrato a discolpa
del Messana. Come si fa a documentare che una calunnia è una calunnia se non
dimostrando che non vi sono prove documentali ma che vi sono sentenze passate
in giudicato di Tribunali persino Militari persino Stranieri che tanto
affermano! Sono forse prove serie quelle che la Cernigoni dice di trovarsi a
Lubiana, redatti un paio di anni dopo da parte di inviperiti nemici di questa
Italia e scritti per giunta in sloveno e basati solo su postume dichiarazioni
tanto vaghe quanto sospette? Se si è antitaliani: subito e si mette anche la
mano sul fuoco!!
4 luglio 11.20.00
Su ciò che hai scritto,la cara giornalista e
storica,dovrebbe riflettere e coraggiosamente darti delle risposte....
9 luglio 16.04.56
ho letto la diffida della Cernigoi e la tua risposta ,se non
ti disturbo posso chiamarti?
Sì!
9 luglio 22.49.05
Carissima Giovanna, io al tuo posto un messeggaio
messaggio riservato a codesta Claudia Cernigoi glielo
manderei e in questi termini, se trovi di poter mandare messaggi a questo nome
in "cerca persone, luoghi e oggetti" di FB
con vivo rincrescimento la sto seguendo nel suo tentativo di
zittire il dottore Taverna, uno storico di vaglia, che la sta sbugiardando nei
suoi svarioni storici contro mio nonno il dottore Ettore Messana. Se un tempo
potevo pensare che lei esprimesse giudizi infondati ed infamanti contro mio
nonno con una qualche buona fede ora debbo pensare invece che ha interesse a
mantenere punti di vista che non posso permettere. Prima che io proceda per le
vie legali, può giustificare con me, che sono la nipote di sì alto e
irreprensibile servitore dello Stato di diritto italiano i suoi apprezzamenti
alla luce delle verifiche storiche che il dottore Taverna si è premurato di
rendere di pubblica ragione e che ora so che gliele ha segnalate.
10 luglio 14.46.18
"Ma è possibile che il Ministro Scelba si possa fidare
di un uomo di cui si presume che conosca anche il passato? Lasciamo stare che
Messana è nell'elenco dei criminali di guerra di una nazione vicina; questo può
far piacere ad una parte della Camera, la quale pensa: "Va bene, è un
massacratore; però, di stranieri!", ma Scelba come può ignorare che
Messana ha iniziato la sua carriera facendo massacrare dei contadini siciliani?
Il 9 ottobre del 1919, infatti, cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di
cui tredici morti: trucidati a freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un
comizio. I vecchi di quest'Aula ricorderanno come in quell'occasione il
Ministero Nitti ordinò un'inchiesta mandando sul posto il generale dei
carabinieri Densa, mentre la Magistratura iniziò un'inchiesta giudiziaria
soprattutto per accertare le cause della morte misteriosa di un tenente di
fanteria, che si rifiutò di eseguire l'ordine di far fuoco del Messana, che ne
disapprovò apertamente la condotta, e che il giorno dopo fu assassinato. Questi
i precedenti del commendator Messana, noti al ministro dell'Interno. Ci
troviamo, come vedete, di fronte ad un uomo che per istinto è contro il popolo,
e trova, nei legami con i nemici del popolo, il modo di esercitare la
professione di massacratore di contadini. Oggi, sfacciatamente, questo non può
farlo, per quanto nel clima creatosi in Sicilia è possibile -- in Sicilia,
terra dei "Vespri" -- che i poliziotti di Scelba, ministro siciliano,
aggrediscano un pacifico corteo di donne che dimostrano contro il
carovita." ___________ Questo è un veemente passo di un vociante
intervento al Parlamento del nostro grande LI CAUSI. Siamo nel luglio del 1947:
L'Ispettore Generale di PS gr.uff. Dottore Ettore Messana "per
rotazione". come costume in Polizia - lascia lo sfavorevole altissimo
incarico siciliano e s'insedia molto autorevolmente ed ossequiato in Viminale a
Roma- Messana in Sicilia in fin dei conti non fu mai alle dipendenze di Scelba.
Ora a Roma è collaboratore diretto del Ministro ma non può venire chiamato in
causa per la brutta evoluzione delle vicende brigantesche di Sicilia. Con
Messana a Palermo, l'EVIS ed altre aggregazioni malavitose subiscono colpi
micidiali. Senza Messana il bandito Giuliano mi pare che può briganteggiare per
altri tre anni. A ben leggere il passo di Li Causi. questi allude, insinua,
ammonisce, ma non ha alcun elemento vero, preciso e concordante per inchiodare
ad alcuna responsabilità il Messana, cui peraltro deve gratitudine per avergli
salvata la vita. Si attacca alla "tradizione" ad una pretesa memoria
di qualche residuato senatoriale di vecchissima data, ad una inchiesta dei
carabinieri non sortita a nulla, non approdata a nulla, non coinvolgente il
Messana neppure con un avviso di garanzia. Il Li Causi, causidicamente cerca di
ribaltare l'onere della prova. Non v'è prova alcuna circa una qualunque
responsabilità del Messana nei fatti di Riesi. Scaltramente il Li Causi usa
abili perifrasi, "iniziò la carriera facendo massacrare". In che
termini, a quale titolo, con quale arbitrio. Il Li Causi non si chiede neppure
come un giovanotto di 31 anni poteva "fare massacrare". A distanza di
28 anni con una guerra in mezzo non ha alcuno straccio di documento. Solo un
quasi prete valdese scrive nel 1934 alcuni ricordi di quella triste vicenda. E
lì il Messana non è citato, e lì i fatti gravi vengono addebitati all'Esercito
e ad un ufficiale dell'Esercito che per rabbia i rivoltosi trucidano. E' vero
si parla di una triade di dita che in contemporanea premono sul grilletto di un
mitra. Si accenna ad un "commissario" come mero compartecipe della
sparatoria. I morti che dice il prete valdese sarebbero stati NOVE. Inseguito
ed ucciso, solo l'ufficiale dell'Esercito. Vi era partecipe davvero il giovane
commissario Messana? Mi sono recato all'Archivio Centrale di Stato: quel che
emerge esclude ogni presenza del Messana. Mi sono recato all'Archivio di Stato
di Caltanissetta: NULLA! Ho interpellato la Questura di Caltanissetta: sorpresa
delle sorprese non c'era alcuna questura a Caltanissetta nel 1919. Solo qualche
anno dopo inizia a funzionare quell'importante istituzione. C'era soltanto un
nucleo di polizia agli ordini del Prefetto. La relativa documentazione
dell'Archivio Centrale dello Stato palesa una provincia all'epoca quieta e
composta. Nessuno sciopero per tutto il 1918 e nessuno per il primo semestre
del 1919. Dei fatti di Riesi dell'ottobre 1919 vi sono documenti che nel caso
escludono ogni coinvolgimento del Messana. All'epoca troppo giovante,
ininfluente per avere magari il piacere di venire citato. Ecco perché il Li
Causi che deve drammatizzare insinua sì ma subito gira al largo. Ebbene ora
secondo la signorina Cernigoi il Messana può venire disintegrato moralmente e
civilmente dovendo lui da morto provare la sua innocenza. Abbiamo riportato
testualmente le infamie che la Cernigoi spara contro il Messana colorando il
tutto con apodittici giudizi di condanna del Messana in ordine ai fatti di
Riesi. Condanne morali e legali con il ribaltamento dell'onere della prova.
Questo sarà l'alto grado di civiltà giudiziaria della Jugoslavia del
Maresciallo Tito, ma in Italia non ha diritto di cittadinanza. Si crucifigga
pure un grande e meritevole servitore dello stato - defunto - ma con prove
indubitabili in mano. Se vi fu una inchiesta dei carabinieri quella fu forse
solo annunciata perché non ebbe alcun seguito. E nel processo doveroso per
l'uccisione dell'ufficiale dell'esercito dei fatti di Riesi, nessuna chiamata
di correo per Messana, nessuna condanna per Messana, nessun coinvolgimento del
Messana Anzi!! Il giovanotto trentunenne Messana, che non poteva godere di
nessuna protezione, lo vediamo poi avanzare meritevolmente in carriera sino a
raggiungere i posti apicali della Polizia di Stato. Come i fatti di Riesi
vengono ora a distanza di quasi un secolo da parte di sedicenti giornalisti e
giornaliste filoslavi è sotto gli occhi di chi se ne sta interessando. Noi
abbiamo cercato documenti, fatto riscontri, consultato archivi pubblici e
privati e siamo arrivati alla conclusione dell'assoluta innocenza del Messana:
Chi oggi l'accusa non può pensare di scomunicarlo senza prove e senza
fondamento. Lo sta infangando criminalmente!!!
13 luglio 13.30.43
fammi sapere quando posso chiamarti senza disturbere grazie
a presto
13 luglio 16.09.36
anche adesso .... ciao. Tantissime cose
Mi pare che anche malgradotutto si sia nel fare da gran
cassa alle ignobili calunnie di sedicenti storici e di triestine giornaliste
nonché alle false ammissioni infamanti il gr. uff. ispettore generale di PS
dottore Ettore Messana da Racalmuto, di un sedicente falso nipote.
13 luglio 21.12.11
Sono uscita e torno in questo momento ,non sei in linea non
oso disturbarti ti chiamo domani mattina
come vuoi. Ciao
allora ti chiamo subito
14 luglio 20.02.16
Tutti a dire: Ettore Messana da Racalmuto. Questo ci onora e
mi onora. E Racalmuto ha il dovere di onorarlo. Ettore Messana in effetti diede
lustro a Racalmuto. Fu apicale nei ranghi ministeriali del Viminale. Per oltre
40 fu al servizio dello Stato Italiano. Servì lo stato di diritto italiano
sotto Vittorio Emmanuele Orlando, sotto Nitti, e NECESSARIAMNTE sotto Benito
Mussolini; quindi sotto Parri, sotto Bonomi, sotto De Gasperi, sotto Scelba e
penso infine sotto Fanfani. I cangianti colori politici dei capi di Stato
qualche volta lo coinvolsero, spesso no, ma unicamente sotto il profilo
personale: come funzionario di stato ebbe solo il culto dello Stato, il suo
compito era il mantenimento dell'ordine pubblico, assicurare allo Stato di
diritto la PUBBLICA SICUIREZZA e ciò fece encomiabilmente, sempre., su
posizioni di vertice e dal '45 con la superna qualifica di ISPETTORE GENERALE,
con tanti riconoscimenti, apprezzamenti, onorificenze: nessuna condanna penale
ebbe mai a sfiorarlo. Eppure sotto processo ne mandò tanti Invero non nacque a
Racalmuto, né la mamma era di Racalmuto, ma per via del padre fu racalmutese
puro sangue, e cioè del ramo dei Messana al vertice, quindi, della crestomazia
racalmutese- Il padre fu don Clemente Messana figlio di don Biagio Messana,
patriota, letterato, poeta, commissario di PS a Bologna. avvocato liberale,
destrorso, non proprio mazziniano. Il bisnonno di Ettore Messana fu quel
Calogero Messana di cui parla il nostro estroso Eugenio Napoleone Messana a
pag. 202 della sua appassionata cronaca di Racalmuto. Trattasi delle
"speziale Calogero Messana, [quello] della giunta dei moti del 1820 "
che aveva sposato "donna Lucia Nalbone". In quella Eldorado che era
divenuta Racalmuto sotto i tanto dileggiati (a torto) Borboni i Messana e i
Nalbone sono i nuovi, ma potenti, ricchi del paese; vale a dire emergere tra
quei galantuomini che vanno pomposamente a sedersi al Circolo della
Conversazione, divenuto poi paradigmatico per la penna del figlio di uno
zolfataio quale fu il grande scrittore racalmutese Leonardo Sciascia. Il nonno
del questore Ettore Messana sposa due volte, come sotto comproviamo, la prima
volta con una illustre palermitana e poi con donna Alfonsa Grillo. I Grillo
erano davvero baroni, nobiltà vera ed effettiva, non raffazzonata non si sa
come fece un certo prete campiere di una famiglia rampante a nome Tulumello.
Biagio Messana un po' avventuriero lo fu. Pare che amasse persino dilettarsi di
pornografia. Il patrimonio cominciò ad illanguidirsi. Ma con il secondo
matrimonio le sostanze di famiglia tornarono a ravvivarsi. Sennonché il figlio
Clemente, il padre di Ettore, ci pensa lui a sperperare alla grande, persino -
dicono - giocando a Palermo presso le bische nobili dell'Hotel delle
Palme,quello di Dell'Utri per intenderci. Il figlio Ettore che era nato nell'88
a Gela deve rifarsi la sua vita: studia con impegno. Si laurea e quindi segue
le vecchie orme del nonno: entra in PS. Raccomandazioni? non certo quelle che
il Casarrubea e la Cernigoni s'inventano pur di coprirlo di ignominia. Un po'
di massoneria era di casa tra i Messana e quella nell'era liberale era viatico
indispensabile per far carriera. Peccato mortale? Casarrubea e Cernigoi non mi
facciano ridere; pensino ai loro viatici ROSSI.
15 luglio 15.11.05
interessantissimo,mai avrei potuto sapere tutto questo ,le
mie origino mi piacciono.......molto
19 luglio 13.03.54
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Roma · . Volevo riportare integralmente quanto calunniosamente scrive la Cernigoi
contro il Messana. Non mi viene consentito. Mi limito però a trascrivere alcune
parti significative. .......................... terrelibere.org > libreria
> ipertesto > Il caso degli ispettori generali Verdiani e Messana Il caso
degli ispettori generali Verdiani e Messana Ipertesto stats 30075 letture tag
Tag: storiografia Il caso degli ispettori generali Verdiani e Messana Storia -
Epurazioni e riciclaggi nel dopoguerra Due alti funzionari di Polizia si
distinguono in epoca fascista per i crimini commessi a Lubiana come dirigenti
della locale questura. Nel dopoguerra, vengono reintegrati nei corpi della
Repubblica. Li ritroviamo in Sicilia, a dirigere un ispettorato per la
repressione del banditismo. Manco a dirlo, la loro vicenda si incrocia presto
con quella di Giuliano, con la strage di Portella della Ginestra, con mafia e
neofascismo… terrelibere.orgClaudia Cernigoi Due alti funzionari di Polizia si
distinguono in epoca fascista per i crimini commessi a Lubiana come dirigenti
della locale questura. Nel dopoguerra, vengono reintegrati nei corpi della
Repubblica. Li ritroviamo in Sicilia, a dirigere un ispettorato per la
repressione del banditismo. Manco a dirlo, la loro vicenda si incrocia [1] G.
Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”, Bompiani 2005, p. 130. [2] Questa e
le citazioni che seguono sono tratte dal testo di Tone Ferenc, “La provincia
italiana di Lubiana”, IFSML 1994, p. 59, 60. [3] Il racconto di Gueli si trova
nel sito [6] Sentenza Corte Straordinaria d’Assise di Trieste d.d. 27/2/47. [7]
Copia del rapporto originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato
di Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij, skatla 98, pp. 1502-1505. [8] Questi
documenti sono oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796,
III, 6, 11. [9] All’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare
Alleato e la polizia era organizzata sul modello anglosassone. [10] Relazione
in Archivio di Stato di Trieste, Prefettura gabinetto, b 18. L’Ispettore
Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia sotto il passato regime
fascista ed era stato internato in Germania sotto l’accusato di favoreggiamento
nei confronti di ebrei che sarebbero stati da lui aiutati a scappare. [11]
Definizione tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla
Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in
merito alla strage di Portella della Ginestra. [12] “…l’ex generale dei
Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di
Giuliano in Sicilia”, già “uomo di fiducia personale di Mussolini” (G.
Casarrubea, op. cit., p. 108 e 80). [13] Citazioni tratte da N. Buttazzoni,
“Solo per la bandiera”, Mursia 2002. [14] Una buona sintesi dello studio si
trova in rete al seguente indirizzo: www.edscuola.it/archivio/interlinea/banda_giuliano
. Questo sito non ha carattere di periodicita' non essendo aggiornato con
intervalli regolari. P.IVA 02977070834 made by liotren.com Hosting Linux, CMS e
applicazioni realizzate da Liotren.com
----------------------------------------------- Ho cercato di diffidarla
proprio oggi come da testo che pubblico qui sotto. Ha ingabbiato il suo post e
non so se ha recepito la mia diffida. So che mi segue qui e quindi no potrà
difendersi nelle sedi proprie come non preavvertita. ---- Lillo Taverna ·
Università Di Palermo Ho smantellato tutte queste sue affermazioni calunniose
per l'ispettore generale di PS dottore Ettore Messana. Mi sono premurato di
inviarle i miei studi, le mie ricerche, la mia inconfutabile ricostruzione. Mi
ha risposto offendendomi ma siccome non ho stima di lei mi ci sono fatte delle
grasse risate. Ma qui continua pervicacemente a denigrare il defunto Messana.
Vuol controbattere alle mie puntualizzazioni? Se ha materia!!! ::::::::
Aggiungo qui a maggiore chiarimento: La Cernigoi, nonostante l'abbia
sbugiardata circa le infamie che scrive infondatamente sul Messana, continua
imperterrita. Crede che insolentendomi possa acquisire inesistenti ragioni
presso il Tribunale della Storia. dottore Calogero Taverna BANDA GIULIANO, LA
DECIMA MAS E IL NEOFASCISMO IN SICILIA Coordinamento delle ricerche presso gli
Archivi Nazionali degli Stati Uniti (NARA, College Park,... edscuola.it|Di
Dario Cillo .. Mi piaceMi piace · · Condividi . Lillo Taverna Scrivi un
commento... .. .. . . Chat (4) ..
www.edscuola.it
19 luglio 20.30.06
Il prof. Casarrubea mi ha risposto molto urbanamente anche
se non rinnega nulla circa i suoi aspri giudizi sul Messana. Io gli ho risposto
già come segue e come potrai meglio vedere su FV
su FB...Pregiatissimo professore Giuseppe Casarrubea, solo
che mi pare che a Riesi non è neppure certa la presenza fisica di Messana.Di
certo. mi dispiace per il Li Causi, nessuno addebito gli poté venire fatto per
l'eccidio di cui alla cronaca quasi coeva di quel quasi prete valdese. Il Nitti
fece aprire una inchiesta ad un generale dei carabinieri, dice il Li Causi, ma
non sortì alcun effetto almeno contro il Messana che anzi ebbe elogi e meriti
tali da fare una fulminea brillante carriera. Quanto al processo per
l'uccisione da parte dei rivoltosi del tenente dell'Esercito il Messana non
venne per nulla coinvolto. Se no, il Li Causi non si fermava certo a quella
sortita alquanto curiale. Ne morirono otto, quindici o venti? Non importa il
numero, d'accordo, ma se manco questo dato è certo non è così che si può
massacrare la memoria di un Grande Servitore dello Stato di diritto, tanto poi
apprezzato da De Gasperi (e metto da parte Bonomi, Scelba ed altri). Ancor oggi
la famiglia sta subendo danni feroci per certi processi "storici"
diciamo avventati. Sulla Faccenda di fra Diavolo. mi basta la testimonianza
dello stesso Messana in uno storico processo ove non venne neppure sfiorato da
coinvolgimenti della magistratura penale. La vicenda di Lubiana l'ho
smantellata con documenti e atti processuali. Ma Lei non vi si addentra.
Lasciamo alla Cernigoi l’onere di provare le sue calunniose accuse credo in
sede giudiziaria, dato che la signora Giovanna Messana, proprio stasera me ne
accennava. Volere creare complementarità tra il Messana e il Verdiani per
faccende dell'OVRA è molto pretestuoso. Tra i due grandi questori credo che vi
erano differenze di età, grado e incombenze. Svolgerò meglio questo aspetto se
occorrerà. Il Messana lascia la Sicilia nel maggio o giugno del 1947, quando
stava addirittura mettendo le mai su Giuliano. I suoi successori, ben tre, non
brillarono, almeno sino al 1950. Dopo il 1947 il Messana al Viminale è autorutà
apicale. Mi si parla di uno scontro con Togliatti circa armi americane sbarcate
a Napoli del tutto legalmente e per accordi internazionali, cui intendeva
opporsi il nostro MIGLIORE. Io non sono né storico né giornalista né letterato:
ma i miei 50 anni di attività ispettiva presso la Vigilanza sulle Aziende di
Credito della Banca d'Italia e come superispettore di Reviglio molto mi sono serviti
per non fidarmi mai dei sentito dire ma di rinvenire la verità (o briciole di
verità) nell'obbiettivo esame di incontaminati documenti, carte di archivio,
registri e registrazioni. L'incontro mi è gradito per esternarle la mia grande
stima, al di là della contingente di opinioni). La ossequio.
20 luglio 9.26.28
Non c’è nulla da fare: tra le mezze calzette e i cavalli di
razza ce ne corre. Anche nell’ambito della storiografia. Io non sono né
ricercatore né storico né divulgatore giornalistico né tanto meno letterato. Ma
col vizietto antico del fare ispezioni a banche e grandi evasori sulla base
delle verifiche documentali, contabili e vecchie carte di archivio e lasciando
da parte le dicerie dei soliti untori mi sono messo di buzzo buono per cercare
di vederci chiaro nelle vicende del mio grande compaesano l’ispettore Messana.
Come al solito, tutti ad appuntarsi su tre incidenti del Nostro, nessuno che
andasse a scandagliare gli altri lunghi e prestigiosi squarci della vertiginosa
carriere di siffatto singolare servitore dello Stato di Diritto. I tre
incidenti possono così intitolarsi: Riesi 1919; Lubiana giugno ’41-maggio’42;
ispettorato generale di Sicilia giugno 1945-maggio 1947. Scopro che nel 1919 il
Messana non poteva essere l’autore di un eccidio alla Bava Beccaris, che a
Lubiana fece bene il suo dovere di servitore dello Stato Italiano e non certo
del Maresciallo Tito e la vicenda va vista alla luce di quanto uno storico
serio quale il Sala ha inquadrato e come una più avveduta e informata storiografia
super partes deve ancora appurare, che in Sicilia il Messana fu abile e
positivo con indubitabili meriti e che con i bandito fra’ Diavolo ebbe solo
abilità poliziesche quale suo prezioso confidente. Mi imbatto con la Cernigoi:
apriti cielo! Scoprivo i suoi altarini e divenivo persinoa 80 anni un
“ragazzaccio in vena di fare il bulletto”. Mi sono convinto che anche le mezze
calzette in televisioni e nei vari pluriformi blog fanno carriera e finiscono
col ritenersi autorità indiscutibili. Mi scontro, è vero, con uno storico vero
e saggio, il professore Giuseppe Casarrubea, e potete vedere voi stessi qui
sotto quanta urbanità, serietà, rigore scientifico e serietà professionale lo
contraddistingue. Grazie professore. Si dice che la classe non è acqua.
21 luglio 22.45.24
La signorina Cernigoi s‘improvvisa storica, giusperita,
magistrato, commissaria di PS e scrive quanto sotto. Avesse frequentato
L’Archivio Centrale di Stato, avesse almeno verificato quanto annota il prof.
Casarrubea sub 170 (cfr. Acs, Sis, b. 40, f. Criminali di guerra) nel suo
complesso studio STORIA SEGRETA DELLA SICILIA, pag. 198, si sarebbe evitate
(forse) tante censurabili castronerie, purtroppo gravemente calunniose della
titanica figura di alto servitore dello Stato di Diritto Italiano, l’ispettore
generale di PS Ettore MESSANA. La signorina Cernigoi si accoda immediatamente
alla pretesa dei Titini del maresciallo Tito di volere il Messana quale
“CRIMINALE DI GUERRA”, risibile pretesa finita miseramente nel cestino di vari
tribunali militari anche italiani, come doviziosamente appare nella ponderosa e
polverosa Busta del SIS seconda Sezione n. 40 cui rinvia giudiziosamente il
Casarrubea. Scrive a vanvera la Cernigoi: Criminali di guerra Il nome di
Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia
alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations
War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed
inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 [7], lo accusa,
sulla base di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione
“Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione, di crimini vari: “assassinio e
massacri; terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale;
deportazioni di civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo
di denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli
articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13
del Codice militare jugoslavo del 1944”. Nello specifico viene addebitata a
Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del
Tribunale militare di Lubiana dott. Macis) la costruzione di false prove che
servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena
capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La
responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da
documenti dell’archivio della questura di Lubiana [8], che fanno riferimento ad
una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e
dal vicecommissario Antonio Pellegrina sotto la direzione personale di Messana,
contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al
Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di
reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre
a pene minori. Noi abbiamo oggi consultato quel vecchio faldone. E di materia
che tutto smentisce quel che scrive la Cernigoi e che a dire il vero rettifica
il Casarrubea ne abbiamo trovato a iosa. Abbiamo chiesto un centinaio di
fotocpoie che costicchiano e abbiamo, previo pagamento di Euro 3, scattato un
altro paio di centinaia di foto. La Cernigoi si è tanto irritata con me da
insolentirmi oltre i limiti del lecito. Persiste nella sua uterina invenzione
di inesistenti verità “storiche” lesive dell’onore del insignito dell’ordine di
San Lazzaro Gr.Uff. Messana. Non so come potrà difendersi se la signora
Giovanna Messana la persegue giudiziariamente. Il professore Casarrubea ci
appare un gran gentiluomo oltre che storico insigne e riflessivo e spero voglia
accedere ad un dibattito sereno per un riscontro del vero, res melius perpensa.
22 luglio 1.12.20
23 luglio 17.58.36
Scrive il professor Giuseppe Casarrubea: "In un
documento segreto del SIS riguardante le attività della commissione per il
mantenimento in carica degli arrestati politici, figura, appunto l'ispettore
Messana, abitante a Roma in viale Beato Angelico92". Insidioso
quell'"appunto". E' evidente che va collegato a quanto affermato prima:
"Storicamente risulta ancora inspiegabile il fatto che personaggi che
godevano fama di essere stati criminali di guerra di paesi vicini all'Italia,
già compromessi col fascismo e le sue più alte gerarchie, potessero essere
stati lasciati al loro posto e anzi avessero fatto ulteriori carriere con i
nuovi governi di unità antifascista". (Cfr. Storia Segreta della Sicilia,
pag 96, note nn. 168 e 169). Il professore Casarrubea con l'onestà
intellettuale che lo contraddistingue non potrà negare che ha messo qui qualche
tocco malizioso che conferisce al testo una ambiguità perniciosa per il buon
nome del Messana. Noi siamo andati alla caccia di quel documento che sarebbe
dovuto essere esiziale per il prestigio del nostro insigne compaesano e siamo
riusciti a trovarlo. Depuriamo subito dell'effetto alone quel "SIS"
custode di segretissimi segreti. Il SIS (Servizio Informazioni Speciali o
similari) fu una malconcia branca amministrativa del Ministero degli Interni e
le carte della sua SECONDA SEZIONE sono ora all'Archivio Centrale di Stato,
lise stropicciatissime, spesso deteriorate e quasi illeggibili, alla portata di
ogni studioso. Il documento commentato dal Casarrubea che si trova in uno
scarno fascicolo portante il numero MP21 di quella che è rimasta busta 54 non
suffraga per nulla le tesi accusatorie dell'esimio professore di Palermo. Quasi
in carta velina, essendo copia di documenti dattiloscritti, il foglio reca in
fondo un paio di annotazioni molto importanti; porta una data che risalirebbe
all'estate del '44 e, bene in chiaro, postumo, il riferimento ad una pratica a
cui non è facile (almeno a me non è riuscito) risalire. Trattasi dell'elenco
nominativo di una "commissione per il mantenimento in carica di arrestati
civili". Segue una elencazione a scalare di altissime personalità da un
generale (il primo dell'ordine) ad un colonnello) con indicazione soltanto del
recapito e del numero telefonico. Il Messana occupa in quella commissione il
secondo posto. Autorità quindi ragguardevole, insospettata e insospettabile.
Abbiamo cercato di fotografare quel documento, ne è venuto per nostra imperizia
uno sgorbio che ugualmente pubblichiamo: all'occorrenza ne faremo trarre una
chiara fotocopia quale la struttura molto valida dell'Acs di Roma sa fornire
agli studiosi. Siamo dunque nel 1944; gli americani erano entrati da qualche
mese a Roma. E a Roma si trova il questore (allora) Messana. E abita appunto
nei pressi del Vaticano proprio in viale Angelico 92. Quello che per la
disattenta signorina Cernigoi sarebbe stato un demerito fu invece un atto di
coraggio civico e politi da parte del Messana: dopo il famoso 8 settembre del
1943 il Messana disdegna di passare a Trieste, dove operava da questore e dove
veniva remunerato con un buon stipendio, al servizio della Repubblica Sociale
di Salò e se ne torna dai suoi a Roma appunto nelle abitazioni presso il
vaticano. Altro che fascista, altro che fanatico razzista. Aveva sperimentato a
Lubiana cosa davvero erano i tedeschi anche quelli che non ostentavano la
doppia 'esse' (SS), A Roma c'era Kappler. Il Messana non si presenta al
Viminale. Sarebbe stato bene accolto ma avrebbe dovuto sottostare all'infame
comando tedesco. Chi conosce la storia di quel periodo capisce. Così il
Messana, senza più stipendio, si eclissa oltre Tevere. La nipote, allora
bambinella, ricorda quel periodo, gli americani che entravano, lo
sbandieramento tripudiante dei romani. E ricorda che con lei c'era questo suo
arcigno ma dignitosissimo nonno (che invero aveva particolare predilezione per
questa sua piccola Giovanna). Mi dice Giovanna Messana che in effetti per un
qualche periodo il Messana si nascose in una chiesetta presso Borgo San Pietro
assieme ad ebrei, molti dei quali furono grandi amici di questo Ispettore
Generale che la Ceernigoi vuol fare passare per un nazista antisemita. Noi
pensiamo he il Messana in questo periodo di rifugiato non dovesse
preoccuparsene più di tanto: cinquantacinquenne non poteva temere il pericolo
di venire arruolato; e a Roma si era troppo indaffarati in quei criminali
rastrellamenti dell'ultima ora per interessarsi ad un questore fuggitivo da
Tieste. Importante per noi sapere che in questo periodo il Questore Messana né
a Trieste nel clima criminale repubblichino né a Roma nell'altro nefasto delle
Fosse Ardeatine si contaminò con il Nazifascismo. Era intemerato e così poté
ritornare al Viminale: ecco perché gli affidarono la vice direzione di questa
Commissione cui accenna il Casarrubea. Quel liso documento del '44 depone a
tutto favore del Messana. Le insinuazione del professore palermitano sono
destituite di ogni fondamento. L'onore di Messana non rifulge proprio in quel
foglietto quasi illeggibile del Sis, seconda sezione.
23 luglio 19.07.32
dal pc di mia cognata ho letto quanto hai precisato ottimo
come sempre
grazie
25 luglio 2.21.02
Per la Cernigoi v’è certezza assoluta: il Messana è
CRIMINALE di GUERRA. Il suo giudizio è inappellabile. Lei si arroga il diritto
di giudicare e condannare. Con quale autorità, con quali prove, con quale
istruttoria? Non ha titolo, non ha elementi, non può provare nulla. Per me
diffamare qualcuno a mezzo stampa quale criminale di guerra sapendo che giammai
costui era stato condannato per siffatto gravissimo crimine è materia da codice
penale. Io l’art. 595 u.c. C.P. ce lo vedrei tutto ma non sono né pubblico
ufficiale né magistrato, né istituzione pubblica (in questo caso il Viminale
quale parte offesa). La Cernigoi non poteva non sapere che all’Archivio
centrale di Stato vi sono faldoni e faldoni del SIS, seconda sezione ove il
caso è ben sviscerato e l’adamantino comportamento del Messana vi riluce
inconfutabile. Scrive la Cernigoi: Criminali di guerra Il nome di Messana
risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla
Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War Crimes
Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed inviato
dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 [7], lo accusa, sulla base
di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo”
dell’Esercito italiano di occupazione, di crimini vari: “assassinio e massacri;
terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di
civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di
denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli
4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice
militare jugoslavo del 1944”. Nello specifico viene addebitata a Messana (in
concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale
militare di Lubiana dott. Macis) la costruzione di false prove che servirono a
condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale,
eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La
responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da
documenti dell’archivio della questura di Lubiana [8], che fanno riferimento ad
una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e
dal vicecommissario Antonio Pellegrina sotto la direzione personale di Messana,
contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al
Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di
reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre
a pene minori. Messana e gli altri furono anche accusati di avere creato false
prove nel corso di una indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16
persone innocenti furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis.
Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del
15/12/41, per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura
di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei
Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per
onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative
all’attentato di Preserje. Nello specifico Messana ricevette come
riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e
Lazzaro”. Ettore Messana fu anche segnalato con nota del 21/9/45 dall’Alto
Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma al Prefetto di Trieste, che
richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA [9]. Il risultato di questa
indagine è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore
Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa [10], dalla
quale citiamo alcuni passaggi. “… il Messana era preceduto da pessima fama per
le sue malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella
città aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei
mezzi brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle
rivelazioni (…) vi era anche (la voce, n.d.r.) che ordinava arresti di persone
facoltose contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di
conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi
avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che
prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di
denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio
in pellami da cui aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua permanenza a
Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del
famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm.
Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni
di polizia politica degne di particolare rilievo. Ma anche qui, così come a
Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di
umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche
relative a perseguitati politici (…)”. :::::::::::::::::: Ma al Ministero
degl’Interni, al SIS si sa bene che trattasi di tentativo titino di
criminalizzare l’intera Italia. Siamo nel 1945-46. Orde di ex partigiani titini
scendono persino col paracadute in Italia a tentare vendette, a commettere atti
di giustizia sommaria, a macchiarsi di infami delitti. Le carte del SIS sono
molteplici e inequivocabili. Non punge vaghezza alla Cernigoi di
contestualizzare le effervescenze punitive slave con questo clima terroristico
che disseminano in Italia? In Jugoslavia da parte dei Partigiani Titini si
confezionano reboanti capi di accusa contro i nostri concittadini rei soltanto
di esservi stati comandati in tempi di guerra magari con incarichi polizieschi;
si mandano granguignoleschi papielli accusatori. Ma sono le stesse commissioni
di guerra estere che rimettono, dopo una prima sbozzata, le accuse alle
competenti autorità italiane. E in Italia queste più ponderate carte arrivano e
queste carte si trovano a Roma, al SIS ed ora in ACS. Ebbene di tutta quella
paccottiglia della Cernigoi relativa al Messana, al Ministero giunge il foglietto
che noi pubblichiamo. Trattasi dello “STRALCIO RELAZIONE 12”: L’accusa titina
infierisce contro magistrati italiani, funzionari di P.S. e soprattutto contro
Grazioli che fu un personaggio non del tutto negativo stando agli studi di
Sala. Il MESSANA vi viene fatto entrare per il rotto della cuffia: non c’è
nulla di specifico contro di lui. Pretestuoso, prevenuto e diffamatorio è
volere a tutti i costi il questore come colui “che esortava personalmente gli
aguzzini ad infierire contro le proprie vittime”. Quali prove? Nessuna, quali
testimonianze? Nessuna, come si poteva affermare. e dalla parte lesa, qualcosa
del genere? Fandonia: un questore se ne sta nei suoi uffici, non scende negli
scantinati ad incitare scherani ai suoi ordini a violentare innocenti vittime.
Fantasie da menti malate o si vede che non si è mai stati in questura a
rispondere ad interrogatori sia pure serrati ma per la cultura giuridica
italiana sempre con il senso del limite. Tanto è vero che in Italia il SIS
neppure prende in considerazione questa calunniosa accusa titina contro il
Messana. Anzi il Messana viene inviato persino in Sicilia nell’aspra lotta al
banditismo filoamericano del fuori legge Giuliano di Montelepre. E il Questore
Ettore Messana viene promosso Ispettore generale di P.S., insignito di
onorificenze di altissimo livello e viene nominato Grande Ufficiale; e guarda
caso ottiene l’esclusiva commenda dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro, roba
sabauda insomma. La ruggine slava, che si può comprendere ma giammai condividere,
è solo appiglio per postumi scoop giornalistici che francamente sono
disgustosi. La Cernigoi sa che il Messana neppure fu scalfito da quelle
infamanti farneticazioni slave. Non c’era materia alcuna. Eppure quando gli
slavi accennarono a fatti e vicende che potevano destare sospetto,
l’istruttoria scattò accurata, precisa, inflessibile. Le carte del SIS lo
dimostrano. Consultarle per credere. Singolare la chiusa degli accusatori
slavi: “secondo le istruzioni di GRAZIOLI operavano anche i suoi organi civili
e principalmente il questore di Lubiana Ettore Messana, uno dei maggiori
carnefici” Ma di grazia quale furono queste “carneficine del Messana? Nulla di
nulla. Vi fu l’esecuzione di Tone TOMISIC che invero mi lascia perplesso. Ma
quella nacque da una sentenza “del tribunale di guerra di Lubiana preseduto dal
dr. MACIS”. Il Sis fece, dopo, una accurata inchiesta. Al SIS si ebbe modo di
appurare quale fu il ruolo del Messana. Il Messana aveva minuziosamente
ragguagliato la magistratura su l’operato della questura di Libiana. All’ Acs
abbiamo trovato il fascicolo. Trattasi della denuncia del 4 aprile del 1942 n.
05698/1942 Gab, di Prot. Il Messana è esaustivo, preciso, formale. Ne
riportiamo qui sotto alcune fotocopie. Basta darvi uno sguardo per sbugiardare
la Cernigoi e i titini circa l’inventata accusa che il processo era stato
intentato “in base a false testimonianze del commissario di P.S. PELLEGRINI e
di altre persone al servizio di Grazioli”. No! Invero erano stati i tedeschi
che avevano scoperto il covo dei partigiani slavi e avevano costretto la
questura ad irruzioni, interrogatori ed arresti0. Noi pensiamo che la stessa
sentenza del MACIS sia stata imposta dalla Ghestapo. Ma qui il Messana non
c’entrava più. Anzi tutto lascia capire che il Messana fosse tanto poco gradito
ai tedeschi da giubilarlo subito dopo quella esecuzione che tantò impressionò;
le SS non furono certamente estranei allo sbolognamento del Questore. Appare
infatti non gradito ai falchi del Viminale per cui ritirarsi come in subordine
a Trieste. Il suo ruolo fu così defilato da fare poi scrivere ai suoi
denigratori che ”costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica
degne di particolare rilievo”. L’addebito dispregiativo negli intenti di
allora, oggi suona come epitaffio laudativo del Messana: questi non fu 0 quindi
per nulla complice delle famose Foibe che oggi si sono riesumate per doverose
condanne.
25 luglio 14.57.46
signorina Cornigoi risponda a queste note Quando leggeremo
quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere codesto questurino a nome
Feliciano Ricciardelli un malevolo detrattore, in anonimato, del grande Ettore
Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e che certamente non ebbe ad
apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e
si cercò di santificarlo. Abbiamo un tempo riportato locandine manifesti e
dicerie elogiative ma non c'era molto da addurre a lode omaggiante. Si disse
"uomo giusto". Un epiteto alquanto singolare per uno che di mestiere
aveva fatto il poliziotto di un reparto politico decisamente fascista. E
redigeva rapporti infamanti di sospetti e dispetti a base di "corre
voce", "si dice", "non poteva non sapere", " era
suo subordinato il vero malfattore (se poi tale era)" "lo
spalleggiava" "forse ne fu compare" e niente più. Ma proprio
niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff.
Dottore Ettore Messana. E quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto
funzionarietto di questura, relegato ad una insignificante periferia.
Nell'ottobre del 1945, crede che è giunto il momento di togliersi un sassolino
dalla scarpa contro l'invidiato suo ex Superiore che invece di carriera ne ha
già fatta e con onore e per la stima di un superbo uomo di Stato, nientemeno
l'on. Alcide De Gasperi. E quel insignificante rapportino finisce obliato e
trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti
speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima
fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma
repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista non vi diede peso
alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova, non una certezza.
Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca. lunedì 12 settembre 2011
L’Ufficio di Presidenza dell’Associazione Amo Montemarano, in occasione dei 150
anni dell’Unità d’Italia, organizza il convegno dal titolo: “Servire la Patria.
L’Esempio di un Compaesano, un Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano
Ricciardelli”. L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso
l’Auditorium dell’Edificio Scolastico di Montemarano. Ma ecco cosa scriveva
ancora il Ricciardelli: “Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era
anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui
venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti
personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in
carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la
liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.” Inoltre gli si
faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui
aveva ricavato lauti profitti.” Qui siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in
esordio a metà del 1941 a Lubiana. Incontra subito difficoltà inaudite. Come
scrive in una lettera riportata dal grande studioso Sala, viene subito
esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini voleva una “guerra parallela” ma
solo per dimostrare ai tedeschi come può esserci una “occupazione umanitaria”.
Del resto a Lubiana vi esano molti coloni italiani e questi Mussolini voleva
anche proteggere dalle barbarie teutoniche che erano ben note. In un primo
momento, dicono gli stocici seri, si cercò a Lubiana di impiantare industrie e
attività economiche secondo le concezioni coloniali fasciste. Forse qualche
apporto vi fu da parte del Messana. Ma è da escludere. Ove si eccettui forse
l’avere comprato del legnami per farsi fare una “camera” per la quale nella
famiglia Messana si vagheggia ancora, di quello che insinua il Ricciardelli non
resta altro che il sospetto di una malevolenza di bassa cucina burocratica. E
la Cernigoi vi corre dietro: “Durante la sua permanenza a Trieste, per la
creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato
speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui
non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare
rilievo.” Insomma qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del
commendatore Gueli ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di
polizia degne di particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come
pasticcia il Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo: “Ma anche qui come a
Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di
umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche
relative a perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto
limitata. In proposito” Quali elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la
mancanza assoluta di ogni senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un
ppoliziotto che misura la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo
dunque a quelle infanganti veline che riempiono i dossier degli archivi di
Uffici di polizia, più o meno segreti. Mi si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli!
“Si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità
d’animo una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed
all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di
oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e
Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero
proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti politicamente
pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e, probabilmente,
per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale federazione fascista,
con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo
stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti
che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati
particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i
precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale
Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione
della città ai primi di maggio u. s.) Che possiamo obiettare? Come fa il R
icciardelli ad affermare che “non c’era addebito specifico” e che tutto avvenne
all’insaputa dello stesso ufficio politico della Questura (ove pare che
militasse proprio il Ricciardelli e quell’ufficio fascista, deleterio e
terrificante, era appunto ”politico”). Lui stesso aggiunge che per “più
dettagliati particolari e per i precedenti” occorreva esaminare gli atti del
Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora al ministero non abbiamo trovato
nulla, ovviamente tra le carte riversate all’ACS. E furbacchione soggiunge che
“gli atti dell’Ufficio Politico della Questura furono asportati o distrutti
dalle truppe jugoslave di occupazione ,, ai primi di maggio u.s. Peccato!
chissà quanti malefizi della politica ove dimorava il Ricciardelli avremmo
trovato. E tutto ci fa pensare che fosse alquanto pressato da quelle “truppe
jugoslave” per scrivere sotto ricatto quelle amenità da bassa cucina poliziesca
di forte olezzo fascista. Ma il fatto si riduce ad un denegato internamento di
ebrei. Il ministero non avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di
forte persecuzione razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si
fosse sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il
provvedimento assolutorio. Ma giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova
di di censurabile contro il Messana e tutto sa di meschineria diffamatoria, la
classica ripicca del subordinato. Da qui a fare del Messana un Criminale di
guerra dedito ai crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale
straniero o italico osò tanto. Procediamo nelle accuse del Ricciardelli.
“Risulta in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale
commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo
particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità
per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo
della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri
componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini,
presidente della commissione stessa.[3]” Il Messana era certo un duro, ma ciò
costituisce colpa? Colpa grave? Vogliamo metterci allora ad osannare il
Prefetto fascista Tullio Tamburini? E per chiusura il denigratore subalterno, a
forca di volere diffamare, finisce con testimoniare a favore proprio del
Messana. “Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste,
se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data
del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato
dimissionario d’ufficio”. [4] Che un forsennato poliziotto s’induca a tale
sortita che lo copre di ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si
accodi è faccenda incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il
Messana, dopo l’8 settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende
irreperibile a Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e
subordinati quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di
ufficio” incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva
essere perseguito. Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il
più tragico: in quel biennio Messana non c’era alla questura di Trieste,
Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista della
“politica”. E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non il
Messana che se ne torna a Roma pur di non collaborare con fascisti
repubblichini e tedeschi dalla doppia esse. Ammirevole! Ecco perché tempo fa
avevamo scritto: Di tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni,
maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema
di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore
Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO.
Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo documento che per di più potrebbe
risultare persino apocrifo si macchia a mio avviso di diffamazione
calunniatrice. Certamente non fa storia. signorina Cornigoi risponda a queste
note Quando leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere
codesto questurino a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo detrattore, in
anonimato, del grande Ettore Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e
che certamente non ebbe ad apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica
larga: gli si dedicò una via e si cercò di santificarlo. Abbiamo un tempo
riportato locandine manifesti e dicerie elogiative ma non c'era molto da
addurre a lode omaggiante. Si disse "uomo giusto". Un epiteto
alquanto singolare per uno che di mestiere aveva fatto il poliziotto di un
reparto politico decisamente fascista. E redigeva rapporti infamanti di
sospetti e dispetti a base di "corre voce", "si dice",
"non poteva non sapere", " era suo subordinato il vero
malfattore (se poi tale era)" "lo spalleggiava" "forse ne
fu compare" e niente più. Ma proprio niente di più sul suo grande
superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff. Dottore Ettore Messana. E
quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto funzionarietto di questura,
relegato ad una insignificante periferia. Nell'ottobre del 1945, crede che è
giunto il momento di togliersi un sassolino dalla scarpa contro l'invidiato suo
ex Superiore che invece di carriera ne ha già fatta e con onore e per la stima
di un superbo uomo di Stato, nientemeno l'on. Alcide De Gasperi. E quel insignificante
rapportino finisce obliato e trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta
la malafede di rampanti speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne
fonte di autorevolissima fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è
tanto vero che Roma repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista
non vi diede peso alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova,
non una certezza. Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca. lunedì
12 settembre 2011 L’Ufficio di Presidenza dell’Associazione Amo Montemarano, in
occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, organizza il convegno dal titolo:
“Servire la Patria. L’Esempio di un Compaesano, un Questore, un uomo Giusto:
dott. Feliciano Ricciardelli”. L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle
ore 18:00 presso l’Auditorium dell’Edificio Scolastico di Montemarano. Ma ecco
cosa scriveva ancora il Ricciardelli: “Fra le insistenti voci che allora
circolavano vi era anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose,
contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire
profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati
in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro
la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.” Inoltre gli
si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui
aveva ricavato lauti profitti.” Qui siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in
esordio a metà del 1941 a Lubiana. Incontra subito difficoltà inaudite. Come
scrive in una lettera riportata dal grande studioso Sala, viene subito
esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini voleva una “guerra parallela” ma
solo per dimostrare ai tedeschi come può esserci una “occupazione umanitaria”.
Del resto a Lubiana vi esano molti coloni italiani e questi Mussolini voleva
anche proteggere dalle barbarie teutoniche che erano ben note. In un primo
momento, dicono gli stocici seri, si cercò a Lubiana di impiantare industrie e
attività economiche secondo le concezioni coloniali fasciste. Forse qualche
apporto vi fu da parte del Messana. Ma è da escludere. Ove si eccettui forse
l’avere comprato del legnami per farsi fare una “camera” per la quale nella
famiglia Messana si vagheggia ancora, di quello che insinua il Ricciardelli non
resta altro che il sospetto di una malevolenza di bassa cucina burocratica. E
la Cernigoi vi corre dietro: “Durante la sua permanenza a Trieste, per la
creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato
speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui
non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare
rilievo.” Insomma qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del
commendatore Gueli ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di
polizia degne di particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come
pasticcia il Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo: “Ma anche qui come a
Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di
umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche
relative a perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto
limitata. In proposito” Quali elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la
mancanza assoluta di ogni senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un
ppoliziotto che misura la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo
dunque a quelle infanganti veline che riempiono i dossier degli archivi di
Uffici di polizia, più o meno segreti. Mi si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli!
“Si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità
d’animo una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed
all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di
oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e
Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero
proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti politicamente
pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e, probabilmente,
per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale federazione fascista,
con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo
stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti
che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati
particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i
precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale
Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione
della città ai primi di maggio u. s.) Che possiamo obiettare? Come fa il R
icciardelli ad affermare che “non c’era addebito specifico” e che tutto avvenne
all’insaputa dello stesso ufficio politico della Questura (ove pare che
militasse proprio il Ricciardelli e quell’ufficio fascista, deleterio e
terrificante, era appunto ”politico”). Lui stesso aggiunge che per “più
dettagliati particolari e per i precedenti” occorreva esaminare gli atti del
Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora al ministero non abbiamo trovato
nulla, ovviamente tra le carte riversate all’ACS. E furbacchione soggiunge che
“gli atti dell’Ufficio Politico della Questura furono asportati o distrutti dalle
truppe jugoslave di occupazione ,, ai primi di maggio u.s. Peccato! chissà
quanti malefizi della politica ove dimorava il Ricciardelli avremmo trovato. E
tutto ci fa pensare che fosse alquanto pressato da quelle “truppe jugoslave”
per scrivere sotto ricatto quelle amenità da bassa cucina poliziesca di forte
olezzo fascista. Ma il fatto si riduce ad un denegato internamento di ebrei. Il
ministero non avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di forte
persecuzione razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si fosse
sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il provvedimento
assolutorio. Ma giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova di di
censurabile contro il Messana e tutto sa di meschineria diffamatoria, la classica
ripicca del subordinato. Da qui a fare del Messana un Criminale di guerra
dedito ai crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale straniero o
italico osò tanto. Procediamo nelle accuse del Ricciardelli. “Risulta in modo
indubbio che il Messana, quale componente la locale commissione provinciale per
i provvedimenti di polizia, infierì in modo particolare contro i denunziati.
Difatti egli, anche per colpe di lieve entità per quanto riguardava i
denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo della pena. Tale
comportamento veniva aspramente criticato dagli altri componenti la commissione
e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini, presidente della commissione
stessa.[3]” Il Messana era certo un duro, ma ciò costituisce colpa? Colpa grave?
Vogliamo metterci allora ad osannare il Prefetto fascista Tullio Tamburini? E
per chiusura il denigratore subalterno, a forca di volere diffamare, finisce
con testimoniare a favore proprio del Messana. “Destituito Mussolini,
nonostante avesse eletto domicilio a Trieste, se ne allontanò ben presto
facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data del 2 novembre era ancora
irreperibile e in tale veste fu dichiarato dimissionario d’ufficio”. [4] Che un
forsennato poliziotto s’induca a tale sortita che lo copre di ridicolo, si può
tollerate ma che la Cernigoi vi si accodi è faccenda incomprensibile. Dunque,
quanto sopra che vuol dire? Il Messana, dopo l’8 settembre, si guarda bene
dall’aderire alla RSI, si rende irreperibile a Trieste, ci rimette anche lo stipendio,
e certi suoi colleghi e subordinati quali il Ricciardelli si affrettano a
dichiararlo “dimissionario di ufficio” incappando in un abuso in atti pubblici
che a guerra finita doveva essere perseguito. Ed è certo che per Trieste il
periodo repubblichino fu il più tragico: in quel biennio Messana non c’era alla
questura di Trieste, Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale
ufficio fascista della “politica”. E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto
di censura non il Messana che se ne torna a Roma pur di non collaborare con
fascisti repubblichini e tedeschi dalla doppia esse. Ammirevole! Ecco perché
tempo fa avevamo scritto: Di tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni,
maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema
di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore
Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO.
Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo documento che per di più potrebbe
risultare persino apocrifo si macchia a mio avviso di diffamazione
calunniatrice. Certamente non fa storia.
25 luglio 18.19.12
Reitero una mia lettera all’avvocato mio cigino Gigi Restivo
Uno storico davvero professionale e serio quale il prof. Sala, deceduto, ha
pubblicato volumi sulla vicenda della "guerra parallela" che consentì
al Duce di istituire questa cosiddetta provincia di Lubiana per insegnare ai
tedeschi come occupare un territorio straniero e gestirlo
"umanitariamente". Emerge che il Messana cercò nel primo anno della
"provincia" di attuare quella politica "umanitaria e
civile" ma non poté fare molto perché "esautorato
dall'esercito". Questo emerge da una probante corrispondenza che
naturalmente la Cernigoi o ignora o intenzionalmente oblitera. Per il resto la
Cernigoi si avvale della "postuma" farneticazione del Ricciardelli,
la quale credo di avere disinnescato in miei post che mi pare hai letto (magari
- scusami - molto superficialmente). Ad ogni buon conto sto reiterandoli. Altre
pagine di tre testi della Bompiani si ostinano a martellare per infamare
indegnamente il Messana e cioè quelle che attengono alla faccenda di Riesi del
1919 e alla pretesa correità con fra Diavolo nell'ambito della tragica storia
del bandito Giuliano; mi dicevi ieri che anche a te apparivano
"cazzate". Non so se confermi o hai dei ripensamenti. Io resto
maggiormente confermato in favore del Messana -------------------------------
bandito Giuliano ---------------------- La strage di Portella della Ginestra/
Documenti sulla strage/Documento 13 VERBALE INTERROGATORIO DELL’ISPETTORE VITO
MESSANA [rectius ETTORE] Verbale di continuazione di dibattimento del 20 luglio
1951 [cartella 4, vol. V, n. 5] D’ordine del Presidente, introdotto il
testimone Messana Ettore fu Clemente di anni 66, nato a Racalmuto (Agrigento) e
domiciliato in Roma, Ispettore di Ps. [Ettore Messana non nacque a Racalmuto,
bens^ a Gela da Clemente Messana. Nato nel 1988, per avere 66 anni dobbiamo
essere nel 1956, n.d.r.] Interrogato in merito ai fatti della causa, risponde:
«Fui mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia
nel maggio 1945 e vi rimasi fino a tutto luglio 1947. Il decreto che istituì
l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di tale organo fu quella di
integrare l’opera repressiva e preventiva nell’eliminazione del banditismo ed
in genere della delinquenza associata in Sicilia». D. R. «Io ebbi a mia
disposizione 750 carabinieri, 350 agenti e 14 funzionari, che distribuii in
tutte le province della Sicilia da Messina a Trapani. Fui io che istituii i
nuclei di carabinieri e polizia nei centri dove a me sembrò che dovessero
essere istituiti. Le mie prime operazioni feci nelle province di Agrigento e di
Catania. Verso la fine del 1945 incominciò ad affiorare l’attività della banda
Giuliano. Tale fatto fece aumentare la mia attività tanto più che la banda
Giuliano e quella di Avila si erano poste al servizio dell’Evis». D. R. «Ebbi
notizia dei fatti di Portella nelle ore pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi
recai ad una riunione indetta dal prefetto Vittorelli, dove si stabilì una
certa azione da svolgersi. L’indomani mi recai a Piana degli Albanesi ed a San
Giuseppe Jato, ove già si era proceduto all’arresto di quattro persone ad opera
di un nucleo dipendente dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo
rastrellamento arrestando centinaia di persone sospette, le quali però furono
quasi tutte rimesse in libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna
responsabilità». D. R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura che si
limitò poi a denunciare solo i quattro arrestati». D. R. «In una riunione
tenuta anche alla presenza dell’Ispettore Generale di P. S. Rosselli, inviato a
Palermo dal Ministero, fu deciso da quest’ultimo che la direzione delle
indagini dovesse essere affidata al questore Giammorcaro e fu così che io
passai alle dipendenze di costui» D. R. «Si venne frattanto a conoscenza che il
1° maggio era stato sequestrato, dopo la sparatoria, un campiere, certo
Busellini, del quale non si seppe nulla per tanti giorni e che poi fu trovato
ucciso in un fossato da un nucleo alle mie dipendenze». D. R. «Non so se il
ritrovamento del cadavere del Busellini avvenne a mezzo di cani poliziotti od a
mezzo solo di ricerche». D. R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del cadavere
del Busellini fu trovato un cartello con la scritta «questa è la fine dei
traditori», la qualcosa ci convinse che il delitto era stato consumato dalla
banda Giuliano. Tale convinzione ci facemmo anche per il delitto di Portella
poiché ci convincemmo che colui che aveva ucciso Busellini era uno di quelli
che aveva sparato a Portella». D.R. «Noi dell’Ispettorato, fin dal primo
momento, pensammo che la strage di Portella era da attribuirsi alla banda
Giuliano, perché il fatto era avvenuto nella zona così detta d’imperio della
banda stessa, mentre l’Angrisani ed il Guarino avevano orientamento diverso».
D. R. «Tale convincimento da parte dell’Ispettorato fu però rafforzato dal
rinvenimento del cadavere del Busellini». Contestatogli che nel verbale di rinvenimento
del cadavere del Busellini non vi è traccia del cartello rinvenuto sul suo
cadavere, risponde: «Può darsi che io abbia un cattivo ricordo di tale fatto,
ma pure mi sembra di ricordare così». D. R. «Le indagini continuarono e solo
nel giugno avvennero i primi fermi effettuati dal nucleo centrale comandato dal
colonnello Paolantonio, il quale mi riferiva lo sviluppo di esse». D. R. «Il
rapporto n. 37 fu redatto quando io non ero più Ispettore Generale in Sicilia,
essendo stato sostituito il 1.8.47 dal questore di Napoli Coglitori». D. R.
«Quasi tutti i fermi avvennero durante la mia permanenza in Sicilia ed io,
giorno per giorno, venivo informato di quanto si riusciva a sapere dai
fermati». D. R. «L’Ispettorato aveva dei confidenti ed inoltre era in contatto
con alcuni elementi che ci ponevano in comunicazione con il bandito Ferreri
Salvatore». D. R. «Io nessun contatto diretto ebbi col Ferreri, solo ebbi
rapporti con lui tramite i suddetti elementi di collegamento». D. R. «Escludo
che Ferreri mi abbia fatto sapere i nomi di coloro che avevano partecipato
all’azione di Portella; può darsi che qualche indicazione l’abbia data al
colonnello Paolantonio oppure ad un altro funzionario di P.S., certo Zappone,
che io avevo dislocato nella zona di Partinico e che fu ucciso a Borgetto in un
agguato». D. R. «Il nostro convincimento che l’azione di Portella era dovuta
alla banda Giuliano fu maggiormente rafforzato dal riconoscimento effettuato da
quattro cacciatori sequestrati in quella mattina del 1° maggio, i quali in una
fotografia di persona a cavallo riconobbero proprio colui che ritenevano fosse
il capo del gruppo che li aveva sequestrati». D. R. «Il colonnello Paolantonio,
fin quando io restai in Sicilia, non mi parlò mai del fermo di alcuno ritenuto
partecipe della strage di Portella per confidenze avute dal Ferreri». D. R.
«Escludo di aver avuto mai rapporti con Pisciotta Gaspare, come escludo di
avergli rilasciato un tesserino di riconoscimento sia al suo nome che a quello
di Faraci Giuseppe». Co0ntestatogli che il Pisciotta ha affermato invece di
aver avuto rilasciato un tesserino proprio da lui che glielo fece recapitare
tramite Ferreri, risponde: «Escludo nel modo più reciso che ciò sia avvenuto».
Richiamato l’imputato Gaspare Pisciotta e contestatagli la dichiarazione resa
dall’Ispettore Messana a proposito del tesserino, risponde: «Il tesserino lo
ebbi tramite Ferreri, portava la firma Messana, aveva i timbri
dell’Ispettorato, fu strappato ed io spero che colui che lo ha strappato, se ha
coscienza, lo dirà». D. R. «Luca potrà dire qualcosa in merito, può darsi che
il tesserino esista ancora, ma a me risulta che fu stracciato». Il teste
Messana: D. R. «Io facevo da organo propulsore nell’attività dei miei
funzionari; dissi loro di indagare anche sulla ragione per cui Giuliano fece
l’azione di Portella ma nessuno di essi mi parlò mai su tale fatto». D. R.
«Andai via dalla Sicilia il 31.7.1947 e quindi non mi occupai più della cosa».
A domanda dell’Avv. Sotgiu, risponde: «Non ricordo di aver rilasciato al Ferreri
un tesserino di libera circolazione, ma non escludo che esso possa essere stato
rilasciato da altri sotto il mio nome, essendo io il capo dell’Ispettorato.
Devo dire per altro che la mia firma ufficiale è quasi inintellegibile come
Messana, anzi ritengo che sia del tutto inintellegibile». D.R. «Non rilasciai
tesserini di libera circolazione ai confidenti, non so se ne furono rilasciati
a mio nome dai miei dipendenti che nulla mi riferivano intorno al rilascio di
essi poiché ognuno ha i propri confidenti ed intorno a noi si mantiene il più
stretto riserbo anche con i superiori». D.R. «Io fornivo il danaro che mi
richiedevano per i confidenti ai miei dipendenti, i quali mi rilasciavano
ricevuta sulla quale si limitavano a dire. -- per un confidente- senza
indicarne le generalità». D.R. «Certamente i rapporti col Ferreri iniziarono
prima della strage di Portella. Ricordo di aver saputo, attraverso la fonte
Ferreri, che Giuliano voleva attentare alla vita dei dirigenti del Partito
Comunista di Palermo, fra i quali il Li Causi. Informai per la opportuna
vigilanza il questore e fu il colonnello Paolantonio che avvisò direttamente il
Li Causi». D.R. «Al padre del Ferreri feci dare un porto d’armi, ma ciò
rientrava nel progetto di venire all’arresto di Giuliano. Sentii parlare del
rinvenimento del predetto porto d’armi sul cadavere del Ferreri, ma ciò non
constatai personalmente». D.R. «Escludo che il padre del Ferreri facesse parte
della banda Giuliano». D.R. «Non mi risulta che dopo l’amnistia dell’Evis
Giuliano abbia mantenuto rapporti con persone insospettabili». D.R. «Dopo di me
all’Ispettorato ci fu Coglitore, poi Modica, poi Spanò, poi Verdiani» D.R. «Non
ricordo i nominativi dei componenti la banda Giuliano». D.R. «Esiste un
rapporto intorno alle bande armate dell’Evis ed all’attività da esse spiegate,
rapporto redatto dal nucleo centrale alle mie dipendenze». D.R. «Sono a
conoscenza dei nomi in esso compresi, può darsi che l’elenco contenuto in detto
rapporto non sia completo e non comprenda tutta la materia, essendo potuta
qualcosa essere sfuggita e qualcosa sopraggiungere». D.R. «Non ricordo il nome
di Genovesi Giovanni tra i confidenti della polizia, né so se egli sia stato
interrogato dal colonnello Denti». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde:
«Per il fatto di Portella venne in Sicilia un Ispettore generale del Ministero,
come di solito avviene quando succedono fatti di una certa rilevanza». D.R.
«Detto Ispettore riunì tutti gli organi di polizia in questura e poiché ogni
organo comunicò i risultati delle indagini svolte, l’Ispettore volle che le
varie attività fossero coordinate e quindi, senza esautorare e sostituire
alcuno, dette la direzione al questore Giammorcaro al quale doveva essere
comunicata ogni attività degli organi di polizia. Tutto ciò per quanto riguarda
i fatti di Portella». D.R. «Mi fu detto che il Ferreri fu operato di
appendicite». A domanda dell’avv. Sotgiu, risponde: «Non mi risulta che al
Ferreri sia stata rilasciata una tessera intestata a Salvo Rossi, autista del
colonnello Paolantonio». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde: «Parlando di
un rapporto Coglitore mi riferivo solo al rapporto firmato dal maresciallo Lo
Bianco relativo ai fatti di Portella» A domanda del Pisciotta Gaspare,
risponde: «Escludo di essere stato io a consegnare i mitra al Ferreri, né mi
risulta che ciò sia stato fatto da qualcuno dell’Ispettorato. A quell’epoca
avevamo penuria di armi». Il Pisciotta aggiunge: «I cinque mitra servirono per
l’azione di Portella, secondo quanto mi disse Ferreri». Dopo di che il
Presidente rinvia la prosecuzione del dibattimento all’udienza del 23.7.1951
ore 9,30. Calogero Taverna a 21:57 Link a questo post
27 luglio 18.26.54
Io non so se potrò correttamente continuare a sentirmi
vetero comunista dopo che mesi di ricerche sul commissario Messana mi stanno
stravolgendo tantissimi giudizi e tantissime condanne. Su tutti questi
personaggi avrei da dire la mia che è capovolta anche rispetto ad assiomi che
per il meritevole storico Casarrubea sono verità di fede. Scelba, ricordiamocelo,
fu quello delle leggi Scelba che stroncarono il fascismo che stava
risuscitando. Sulla faccenda Giuliano quando andremo a studiare le carte della
NARA in America ne scopriremo delle belle. Il dottor Navarra non fu dei
migliori ma neanche dei peggiori di un certo nostro mondo. Se penso a Guarino
Amella, le mie certezze rosse schricchiolano. Se penso all'on. Montalbano, da
rabbrividire. E lo stesso Licausi dove voleva andare a parare? Perché se la
prese tanto con Messana, quando credo che sia stato lo stesso Scelba a
liquidarlo come ispettore generale di PS? Perché non si dà peso a quanto andava
relazionando a Roma sui finanziamenti americani alla EVIS il questore Ettore
Messana? Non è tempo di mandare al macero tutti i luoghi comuni sul comunismo
siciliano del dopo guerra? Revisionismo? Quando c'è di mezzo la verità, non 'è
revisionismo che tenga! Chi uccise il sindaco socialista di Favara nella prima
metà degli anni 'Quaranta? Ce lo vogliamo fare raccontare dal dottore Calogero
Castronovo che mi pare adesso consigliere comunale di questa meravigliosa ma
chiacchierata cittadina propinqua a Racalmuto?
28 luglio 17.43.19
22 ore fa SCRIVEVO Io non so se potrò correttamente
continuare a sentirmi vetero comunista dopo che mesi di ricerche sul
commissario Messana mi stanno stravolgendo tantissimi giudizi e tantissime
condanne. Su tutti questi personaggi avrei da dire la mia che è capovolta anche
rispetto ad assiomi che per il meritevole storico Casarrubea sono verità di
fede. Scelba, ricordiamocelo, fu quello delle leggi Scelba che stroncarono il
fascismo che stava risuscitando. Sulla faccenda Giuliano quando andremo a
studiare le carte della NARA in America ne scopriremo delle belle. Il dottor
Navarra non fu dei migliori ma neanche dei peggiori di un certo nostro mondo.
Se penso a Guarino Amella, le mie certezze rosse scricchiolano. Se penso
all'on. Montalbano, da rabbrividire. E lo stesso Licausi dove voleva andare a
parare? Perché se la prese tanto con Messana, quando credo che sia stato lo
stesso Scelba a liquidarlo come ispettore generale di PS? Perché non si dà peso
a quanto andava relazionando a Roma sui finanziamenti americani alla EVIS il
questore Ettore Messana? Non è tempo di mandare al macero tutti i luoghi comuni
sul comunismo siciliano del dopo guerra? Revisionismo? Quando c'è di mezzo la
verità, non 'è revisionismo che tenga! Chi uccise il sindaco socialista di
Favara nella prima metà degli anni 'Quaranta? Ce lo vogliamo fare raccontare
dal dottore Calogero Castronovo che mi pare adesso consigliere comunale di
questa meravigliosa ma chiacchierata cittadina propinqua a Racalmuto? Mi
risponde il prof. Casarrubea: E' proprio così, caro dottore. Bisogna mettere in
discussione verità date e cercare con altri strumenti, quelli della ricerca e
della fatica personale, come fa lei, le verità che ci servono per il futuro.
Mia riposta: La ringrazio proprio per queste Sue graditissime parole. Mi è
rincresciuto che la Cernigoi mi abbia frainteso e sia partita alquanto, mi
consenta, istericamente. Avendo tutta la vita fatte ispezioni bancarie e
tributarie la mia propensione è solo quella di cercare di intessere un dialogo
col dio - di solito il demone - ascoso nel profluvio di carte e documenti e
contabilità e pezze d'appoggio e contraffatte dichiarazioni. Proprio oggi mi
sono recato alla Biblioteca Nazionale qui a Roma e ho consultato il 1919 del
Giornale di Sicilia. Ho trovato le corrispondenze sul celebre caso di Riesi.
Sfido chiunque a dirmi che vi si parla di un certo commissario Messana. Se
penso ai film, ai convegni, all'ANPI di Palermo mi disoriento. Sono sincero:
Lei cade nel trabocchetto teso da Li Causi. Per ragioni che non so e in tempi
molto sospetti, quando forse voleva far carriera nel PCI (e il carrierismo là
fu feroce; ne so qualcosa per confidenze avute) volle fare apparire il
giubilato Ispettore Generale di P.S. gr.uff. comm. dell'Ordine di S. Maurizio e
Lazzaro dottore Ettore Messana la reincarnazione di Bava Beccaris per la
faccenda di Riesi, il negriero di Lubiana per l'istruttoria al processo Tomsic
e il "compare" di Ferreri alias fra Diavolo. In base alla mole di
documenti e di ricostruzioni storiche che ho potuto trovare o condurre
soprattutto per l'ausilio (magari non voluto) che Ella con i suoi tre preziosi
testi pubblicati da Bompiani, sono giunto alla conclusione che a Riesi Messana
non c'era o se c'era il suo ruolo fu marginale e nessun tribunale ebbe mai ad
inquisirlo; che la faccenda di Lubiana è uno dei tanti aspetti dell'insana
guerra che volle Mussolini e che il Messana, quale subalterno del Ministero
degli Interni, non durò a Lubiana più di un anno per non essere in grado di
quelle ferocie che i fascisti militanti esigevano. Ne ebbe conseguenze che
rasentano la retrocessione finendo come in subordine a Trieste dove ad avviso
degli stessi suoi denigratori non commise azioni di rilievo. Quindi non aderì
alla RSI, fu destituito dai fascisti tra i quali non escludo quel Ricciardelli
che poi diventa il malevolo Torquemada del Messana, fu privato dello stipendio;
scappò a Roma nascondendosi sino alla liberazione degli Americani quando poté
tornare al Viminale e per la sua fede monarchica e forse per le sue protezioni
massoniche ritornò in auge, destinazione Palermo. Qui visse i suoi brutti
momenti. Lei diligentemente scrive che ebbe a denunciare i criminali
finanziamenti degli Americani all'EVIS. Fatto questo, che con più ampiezza e
con maggiore efficacia emerge dalle relazioni autografe del Messana al suo
Ministro, quali ho rinvenuto in ACS (e mi pare che si tratti di rivelatrici
relazioni non pubblicate da alcuno). Il collegamento con Ferreri fu un atto
imposto. Lei stesso parla dell'incontro a Roma tra il padre del Ferreri,
Aldisio e in subordine il Messana. Su quale fu lo snodo di tale collegamento,
io non ho dubbi di sorta ed accedo alla verità processuale di Viterbo e cioè
alla deposizione esaustiva del Messana la cui prima interpretazione è quella
letterale e le superfetazioni analogiche e dietristiche io le ripudierei anche
per l'obbligo della "avalutatività" che bisogna seguire nelle scienze
sociale. Per questo dissento dalla sua tesi dello Stato connivente, quasi
prefigurazione dell'attuale processo di Palermo. Un lungo discorso per
insinuare una mia proposta. Racalmuto è la patria di Sciascia, una Fondazione
si erge a suo nome. Mi piacerebbe che Lei potesse presiedere un incontro per la
chiarificazione del ruolo e. se vi sono, delle colpe del compaesano racalmutese
Ettore Messana, magari per stabilire se gli si deve dedicare una strada in
commemorazione oppure no, per comprovata indegnità. E mi piacerebbe che nella
Fondazione SI ISTITUISSE UNA SORTA DI SEMINARIO PER RICERCHE STORICHE NON
PRECONCETTE DA LEI PRESIEDUTO. PENSO A GIOVANI CHE POTREBBERO ANDARE A STUDIARE
LE CARTE DELLA N.A.R.A. quali lei meritevolmente illustra nel suo LUPARA NERA
(e credo altrove). E non mi dispiacerebbe che vi partecipasse anche la
Cerrigoi, sempreché desista dalle non provate accuse contro il Messana.
28 luglio 21.32.14
E’ la seconda volta che mi capita nella mia ormai purtroppo
lunga vita. La prima volta avvenne nel lontano ultimo quarto degli anni
Settanta. Tra il luglio e il settembre del 1974 fui inviato dalla Banca
d’Italia a giubilare la Bana Privata Finanziaria che tutti ancora si ostinano a
chiamare la banca di Sindona. Falso. La Privata, contro tutti e contro tutto,
invocando le dieci righe l’art. 64 della vecchia legge bancaria, riuscii a
giubilarla. Nonostante Andreotti Macchiarella il Banco di Roma tutta la finanza
meneghina e mettiamoci per contorno l’arcivescovo Marcinkus, l’orso americano
del mio Soldi Truccati. Ma Sindona era ancora in auge nonostante profugo negli
USA di Cosa Nostra. Scrisse e tutta la stampa pubblicò: “pare che un certo
Calogero Taverna le abbia chiarito le cose”. Si rivolgeva allo scattoso Guido
Carli. Il Baffi mi sbeffeggiò in un convivio aziendale quale un quivis de
polulo . Ora è la Cernigoi che fa il bis. Le avevo scritto: 6 giugno 18.17.40
lei dovrebbe essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana
già ispettore generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di
tanto grande personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare
ricerche che la smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta
di resipiscenza operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona
da oppiare. Certo non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti
sedicenti storici fabbricanti di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma
ora ha deciso. Le avevo scritto molto riservatamente e a ben vedere in termini
molto educati, ad onta del mio caratteraccio. Ma la Cernigoi sfacciatamente, in
pubblico, dopo 14 giorni così osa irridermi (e contraddirmi): La Nuova Alabarda
20 giugno • APPUNTI SU ETTORE MESSANA. Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni
messaggi da tale Lillo Taverna, che mi "accusa" di "essere
l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana", del quale
Taverna starebbe ricostruendo una biografia. In effetti ho avuto modo di
scrivere alcune note su questa persona, denunciata come criminale di guerra
alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato
anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la
memoria su questa persona. Com’è noto, il 6/4/41 l’Italia fascista invase la
Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di Hitler, creando la “Provincia
italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di comando dei propri funzionari.
Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto il commissario Ettore Messana,
che resse l’incarico fino a giugno 1942, e successivamente fu a Trieste fino a
giugno 1943. Il nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra
denunciati dalla Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini
di guerra (United Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia,
redatto in lingua inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in
data 14/7/45 (Copia del rapporto originale in lingua inglese si trova
nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij, škatla 98, pp.
1502-1505), lo accusa (sulla base di documentazione che era stata trovata in
possesso della Divisione “Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione) di
crimini vari: “assassinio e massacri; terrorismo sistematico; torture ai
civili; violenza carnale; deportazioni di civili; detenzione di civili in
condizioni disumane; tentativo di denazionalizzare gli abitanti dei territori
occupati; violazione degli articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja
del 1907 e dell’articolo 13 del Codice militare jugoslavo del 1944”. Nello
specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di PS
Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dottor Macis) la
costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i
quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati
che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo
fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi
conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che
fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal
vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la
direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana”
della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko
(condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček
(a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a pene minori. Messana e gli
altri furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una
indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti
furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta
dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41,
per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura di
Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri
Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e
premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative: Messana
ricevette come riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S.
Maurizio e Lazzaro”. Il 21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di
Roma inviò una nota al Prefetto di Trieste nella quale era segnalato il nome di
Ettore Messana. Il Prefetto richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA
(ricordiamo che all’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare
Alleato e la polizia era organizzata sul modello anglosassone), il cui
risultato è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore
Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa, dalla quale
citiamo alcuni passaggi. “Il Messana era preceduto da pessima fama per le sue
malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città
aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi
brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni
(…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose
contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire
profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati
in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro
la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli
si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui
aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua permanenza a Trieste, ove rimase
fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del famigerato e
tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe
Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia
politica degne di particolare rilievo. Ma anche qui, così come a Lubiana, egli
si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di
giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a
perseguitati politici (…)”. Questa relazione è conservata in Archivio di Stato
di Trieste, fondo Prefettura gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva
già svolto servizio in polizia sotto il passato regime fascista ed era stato
internato in Germania sotto l’accusato di favoreggiamento nei confronti di
ebrei che sarebbero stati da lui aiutati a scappare. A fronte di tutto ciò ci
si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato per quanto commesso
sotto il fascismo, quantomeno “epurato” dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo
ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle
dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un
“Ispettorato generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per la
repressione della delinquenza associata, e specificamente per la repressione
del banditismo che faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano,
n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3
maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco
D’Agostino, in merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per
sapere come i due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli,
leggiamo alcuni stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella
della Ginestra, dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era
radunata per festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui
donne e bambini e ferendone molte altre. “L’Ispettore Verdiani non esitò ad
avere rapporti con il capo della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche
con lo stesso Giuliano, con cui si incontrò nella casetta campestre di un
sospetto appartenente alla mafia, Giuseppe Marotta in territorio di
Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli,
zio e nipote, quest’ultimo cognato dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso
Albano. E quel convegno si concluse con la raccomandazione fatta al capo della
banda ed al luogotenente di essere dei bravi e buoni figlioli, perché egli si
sarebbe adoperato presso il Procuratore Generale di Palermo, che era Pili
Emanuele, onde Maria Lombardo madre del capo bandito, fosse ammessa alla
libertà provvisoria. E l’attività dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché
qualche giorno prima che Giuliano fosse soppresso, attraverso il mafioso
Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire una lettera con cui lo si
metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare Pisciotta era entrato
nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex generale dei Carabinieri Ugo
Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di Giuliano in Sicilia”,
già “uomo di fiducia personale di Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea
in “Storia segreta della Sicilia”, Bompiani 2005) ed operava con costui contro
Giuliano”. Quanto a Messana leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS Messana
negò ed insistette nel negare di avere avuto confidente il Ferreri (Salvatore
Ferreri, detto “fra Diavolo”, sarebbe stato infiltrato nella “banda” di
Giuliano per farlo catturare; Ferreri sembra essere stato tra gli organizzatori
degli attacchi contro i sindacalisti a Partinico del 1947; fu ucciso dai
Carabinieri pochi giorni dopo il massacro di Portella della Ginestra), ma la
negativa da lui opposta deve cadere di fronte all’affermazione del capitano dei
Carabinieri Giallombardo, il quale ripetette (sic) in dibattimento che Ferreri
fu ferito dai carabinieri presso Alcamo, ove avvenne il conflitto in cui
restarono uccise quattro persone; e, ferito, il Ferreri stesso chiese di essere
portato a Palermo, spiegando che era un agente segreto al servizio
dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col Messana”; Salvatore Ferreri
era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma definito come pericoloso
pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già condannato in contumacia
alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di rapinare una
vettura automobile”. Verdiani morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso fece in
modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si dissolvesse sotto i
riflettori”. Per approfondire la questione dei rapporti tra la “banda” Giuliano,
l’Ispettorato generale di Messana e Verdiani ed i servizi segreti statunitensi
ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di personale che aveva
operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al citato studio di
Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”. Non crederete che l’abbia lasciata
in pace. L’ho costretta a offendermi e stizzita a chiudermi persino i canali di
FB. Diversamente da lei si è invece comportato quel gran signore e profondo
studioso del prof. Casarrubea. Come credo avete potuto legge qui da me.
Calogero Taverna
Martedì 9:31
La Nuova Alabarda 20 giugno • . APPUNTI SU ETTORE MESSANA.
Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi
"accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore
Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia. In
effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata
come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali
dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo
opportuno rinfrescare la memoria su questa persona. Com’è noto, il 6/4/41
l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di
Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di
comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto
il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno 1942, e
successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943. Il nome di Messana risulta nell’elenco
dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla Commissione delle
Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War Crimes Commission).
Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed inviato dalla Commissione
statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia del rapporto originale in lingua
inglese si trova nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij,
škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base di documentazione che era
stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo” dell’Esercito italiano di
occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri; terrorismo sistematico;
torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di civili; detenzione di
civili in condizioni disumane; tentativo di denazionalizzare gli abitanti dei
territori occupati; violazione degli articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione
dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice militare jugoslavo del 1944”.
Nello specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il commissario di
PS Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana dottor Macis) la
costruzione di false prove che servirono a condannare diversi imputati (tra i
quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati
che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e Pellegrino in questo
fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi
conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che
fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica” condotte dal
vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la
direzione personale di Messana, contro una “cellula sovversiva di Lubiana”
della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima citato, anche Michele Marinko
(condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček
(a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a pene minori. Messana e gli
altri furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una
indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti
furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta
dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41,
per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura di Lubiana
dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele
Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e premi in
denaro per la buona riuscita delle indagini relative: Messana ricevette come
riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e
Lazzaro”. Il 21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma inviò
una nota al Prefetto di Trieste nella quale era segnalato il nome di Ettore
Messana. Il Prefetto richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA
(ricordiamo che all’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare
Alleato e la polizia era organizzata sul modello anglosassone), il cui
risultato è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano
Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa, dalla quale citiamo
alcuni passaggi. “Il Messana era preceduto da pessima fama per le sue malefatte
quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città aveva
infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi brutali
e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni (…) vi era
anche (la voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose contro cui
venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti
personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in
carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la
liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si
faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui
aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua permanenza a Trieste, ove rimase
fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del famigerato e
tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe
Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia
politica degne di particolare rilievo. Ma anche qui, così come a Lubiana, egli
si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di
giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a
perseguitati politici (…)”. Questa relazione è conservata in Archivio di Stato
di Trieste, fondo Prefettura gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva
già svolto servizio in polizia sotto il passato regime fascista ed era stato
internato in Germania sotto l’accusato di favoreggiamento nei confronti di
ebrei che sarebbero stati da lui aiutati a scappare. A fronte di tutto ciò ci
si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato per quanto commesso
sotto il fascismo, quantomeno “epurato” dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo
ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle
dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un
“Ispettorato generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per la
repressione della delinquenza associata, e specificamente per la repressione
del banditismo che faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano, n.d.a.)”
(questa definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952
dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino,
in merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i
due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni
stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra,
dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per
festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e
ferendone molte altre. “L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il
capo della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano,
con cui si incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla
mafia, Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di
Gaspare Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo
cognato dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si
concluse con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di
essere dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il
Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo
madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività
dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano
fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano
pervenire una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere
che Gaspare Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta
dell’ex generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò
l’uccisione di Giuliano in Sicilia”, già “uomo di fiducia personale di Mussolini”,
come scrive Giuseppe Casarrubea in “Storia segreta della Sicilia”, Bompiani
2005) ed operava con costui contro Giuliano”. Quanto a Messana leggiamo che
“l’Ispettore Generale di PS Messana negò ed insistette nel negare di avere
avuto confidente il Ferreri (Salvatore Ferreri, detto “fra Diavolo”, sarebbe
stato infiltrato nella “banda” di Giuliano per farlo catturare; Ferreri sembra
essere stato tra gli organizzatori degli attacchi contro i sindacalisti a
Partinico del 1947; fu ucciso dai Carabinieri pochi giorni dopo il massacro di
Portella della Ginestra), ma la negativa da lui opposta deve cadere di fronte
all’affermazione del capitano dei Carabinieri Giallombardo, il quale ripetette
(sic) in dibattimento che Ferreri fu ferito dai carabinieri presso Alcamo, ove
avvenne il conflitto in cui restarono uccise quattro persone; e, ferito, il
Ferreri stesso chiese di essere portato a Palermo, spiegando che era un agente
segreto al servizio dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col Messana”;
Salvatore Ferreri era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma definito
come pericoloso pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già condannato
in contumacia alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di
rapinare una vettura automobile”. Verdiani morì a Roma nel 1952, e il suo
“decesso fece in modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si
dissolvesse sotto i riflettori”. Per approfondire la questione dei rapporti tra
la “banda” Giuliano, l’Ispettorato generale di Messana e Verdiani ed i servizi
segreti statunitensi ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di
personale che aveva operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al
citato studio di Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”. Mi piaceMi piace •
• Condividi . Commenti più in vista Piace a Maria Pia Calapà e altri 8. .. 2
condivisioni . Lillo Taverna Scrivi un commento... . . Lillo Taverna E’ la
seconda volta che mi capita nella mia ormai purtroppo lunga vita. La prima
volta avvenne nel lontano ultimo quarto degli anni Settanta. Tra il luglio e il
settembre del 1974 fui inviato dalla Banca d’Italia a giubilare la Bana Privata
Finanziaria che tutti ancora si ostinano a chiamare la banca di Sindona. Falso.
La Privata, contro tutti e contro tutto, invocando le dieci righe l’art. 64
della vecchia legge bancaria, riuscii a giubilarla. Nonostante Andreotti
Macchiarella il Banco di Roma tutta la finanza meneghina e mettiamoci per
contorno l’arcivescovo Marcinkus, l’orso americano del mio Soldi Truccati. Ma
Sindona era ancora in auge nonostante profugo negli USA di Cosa Nostra. Scrisse
e tutta la stampa pubblicò: “pare che un certo Calogero Taverna le abbia
chiarito le cose”. Si rivolgeva allo scattoso Guido Carli. Il Baffi mi
sbeffeggiò in un convivio aziendale quale un quivis de polulo . Ora è la
Cernigoi che fa il bis. Le avevo scritto: 6 giugno 18.17.40 Lei dovrebbe essere
l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana già ispettore
generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di tanto grande
personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare ricerche che la
smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta di resipiscenza
operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona da oppiare. Certo
non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti sedicenti storici
fabbricanti di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma ora ha deciso. Le
avevo scritto molto riservatamente e a ben vedere in termini molto educati, ad
onta del mio caratteraccio. Ma la Cernigoi sfacciatamente, in pubblico, dopo 14
giorni così osa irridermi (e contraddirmi): La Nuova Alabarda 20 giugno APPUNTI
SU ETTORE MESSANA. Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo
Taverna, che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti
infamanti il dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe
ricostruendo una biografia. In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su
questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite,
basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione
archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa
persona. Etc. etc. Che ne penserebbe la Cernigoi di un preteso storico che un
domani prendesse l’insolente e infondato articolo di Melchiorre Gerbino e lo
adducesse come prova indubitabile della denigrabilità della Nostra, procurando
anche danni d’immagine sulla sua famiglia? Non crederete che l’abbia lasciata
in pace. L’ho costretta a offendermi e stizzita a chiudermi persino i canali di
FB. Diversamente da lei si è invece comportato quel gran signore e profondo
studioso del prof. Casarrubea. Come credo avete potuto legge qui da me.
Calogero Taverna Mi piace • Rispondi • 7 min .. VOGLIAMO RADIOANCHIO E LA RAI
SENZA BERLUSCHINI non fatevi intimorire Mi piace • Rispondi • 1 • 21 giugno
alle ore 20.52 .. La Nuova Alabarda certo che no! Mi piace • 22 giugno alle ore
8.34 ..
Mercoledì 14:27
CIAO CARISSIMO ,SONO RIENTRATA QUESTA MATTINA ,STO LEGGENDO
QUANTO HAI SCRITTO SE NON DISTURBO TI CHIAMO DOPO COLAZIONE
Sono stato in biblioteca a cercare dati su tuo nonno. Sono
rientrato per il pranzo ed ora sono libero. Ben tornata
ti ho chioamato sul cell ora riprovo
bene
Giovedì 15:19
MI SCRIVONO e reitero anonimamente qui quanto sotto, a
dimostrazione di quale calunniosa campagna di stampa e cinematografica è stato
vittima il gr.uff. comm. Dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’Ispettore
Generale di PS, dottore Ettore Messana da Racalmuto. Non credo che dopo la gran
mole di documenti e ricerche che con qualche merito credo di avere acquisito e
pubblicato possano più avere diritto di asilo tante calunniose insinuazioni.
Credo che il prof. Casarrubea me ne abbia dato atto. Non così la Cernigoi, una
testarda goriziana, che persiste nelle sue denigrazioni dell’intemerato
Messana. Credo che abbia voglia di subire querele penali e soprattutto
citazioni civili per risarcimento anni. Quanto al Lucarelli non abbiamo avuto
modo, né io né la famiglia di contattarlo. Si vedrà. • * * * CREDO CHE QUESTE
NOTIZIE L'AVRAI GIA’ LETTE La Resistenza antifascista in Slovenia e l'ispettore
Messana casarrubea.wordpress.com Accursio Miraglia Ettore Messana, il braccio
destro di Scelba ha un ruolo nella strage di Portella della Ginestra ma anche
nell'insabbiamento delle indagini per la morte del sindacalista di Sciacca
Accursio Miraglia. Questi fatti sono stati oggetto di Blu notte di Lucarelli,
per esempio http://www.youtube.com/watch?v=ipJgrLQLRDQ
al minuto 9. Stranamente sono espressi meglio nella voce di wikipedia in
inglese che in quella italiana. "He
also claimed that police inspector Ettore Messana - supposed to coordinate the
prosecution of the bandits - had been in league with Giuliano and denounced
Scelba for allowing Messana to remain in office". [Le valutazioni
sono di parte e senza fonte.] Ma te prego! IL VIDEO è STAO STATO ELIMINATO
BUONA GIORNATA.
www.youtube.com
Venerdì 18:23
IL QUESTORE MESSANA E I FATTI DI RIESI Il crucifige di
Ettore Mesana si consuma il 15 luglio del 1947. Il gran sacerdote che ne vuole
la fine è l’on. Li Causi: tre i capi d’accusa (politica). Desumiamoli dallo
stesso Li Causi, da un suo arrabbiatissimo discorso all’Assemblea Costituente,
pronunciato nella Seduta del 15 luglio del1947. Per il sanguigno grande
esponente del comunismo siciliano del dopoguerra, Messana andava giubilato: A)
Perché c’era da domandarsi: «Scelba come può ignorare che Messana ha iniziato
la sua carriera facendo massacrare dei contadini siciliani? Il 9 ottobre del
1919, infatti, cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di cui tredici
morti: trucidati a freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un comizio. I vecchi
di quest'Aula ricorderanno come in quell'occasione il Ministero Nitti ordinò
un'inchiesta mandando sul posto il generale dei carabinieri Densa, mentre la
Magistratura iniziò un'inchiesta giudiziaria soprattutto per accertare le cause
della morte misteriosa di un tenente di fanteria, che si rifiutò di eseguire
l'ordine di far fuoco del Messana, che ne disapprovò apertamente la condotta, e
che il giorno dopo fu assassinato …» B) « Messana è nell'elenco dei criminali
di guerra di una nazione vicina; questo può far piacere ad una parte della
Camera, la quale pensa: "Va bene, è un massacratore; però, di
stranieri!"…» C) «Si ha, [ …] , questa precisa situazione, che il
banditismo politico in Sicilia è diretto proprio dall'ispettore Messana: e
l'ispettore di pubblica sicurezza, il quale dovrebbe avere per compito quello
di sconfiggere il banditismo -- il suo compito veramente sarebbe quello di
ssconfiggere il banditismo comune e non già quello politico -- l'Ispettore di
pubblica sicurezza, dicevo, diventa invece addirittura il dirigente del
banditismo politico.» Ecco qui i tre capi di accusa: Riesi del 1919; Lubiana
del 1941 (maggio)-giugno 1942; banditismo siciliano dal maggio 1945 al giugno
del 1947. Sono mesi che scartabelliamo faldoni, giornali, documenti vari,
pubblicazioni vecchie. Ebbene: non ci possono essere dubbi. Nessuno può dimostrare
che davvero in quel terribile 9 ottobre del 1919 ci fosse addirittura un
giovane agente di polizia che prese la “mitraglia” in mano nel campanile della
chiesa prospiciente piazza Garibaldi e falcidiò sei, si disse in un primo
momento, contadini rivoltosi; poi si disse dieci, poi invece si salì a quindici
(qui sopra) e, di recente, dovendo sperperare soldi comunitari, sempre a Riesi,
addirittura 20. Ci dispiace per Li Causi: non si può condannare alla damnatio
memoriae un glorioso ispettore generale di Stato sulla base di quello che
avrebbero dovuto ricordare a distanza di quasi trent’anni ‘vecchi padri
costituenti’. Vi poté pur essere stata una inchiesta del generale dei
carabinieri Densa ma questa ammesso che si sia mai conclusa nessun addebito poté
formulare e formulò contro il giovane trentunenne cmmissario Messana, che,
anzi, a fascismo consolidato e con Calogero Vizzini confinato, spiccò salti da
gigante nei gradi della polizia e proprio perché senza macchia alcuna, lui
figlio di un modesto e dissennato redditiere racalmutese, sperperatore del
proprio patrimonio, lo sfaccendato Clemente Messama, diviene – giovanissimo -
questore ed ebbe affidate questure strategiche del Nord. Ad onore e vanto della
sua patria natia, Racalmuto. Analogo discorso per quell’inchiesta giudiziaria:
noi abbiamo reperito una relazione del Prefetto di Caltanissetta del successivo
natale. Altri sono i colpevoli, i fatti avvennero in termini ben diversi dal
facile populismo cui si abbandona, comprensibilmente , il Li Causi. MESSANA, il
grande assente. NON COLPEVOLE. Nel 1934 dopo 15 anni – troppi o pochi a seconda
delle tesi che si vogliono formulare – un quasi pastore valdese scrive una
storia di Riesi. Quei truculenti fatti vengono rievocati. Sì, è vero: nella
memoria della gente è scolpito che una mitraglia militare sparò e uccise tanta
gente. Enfasi della memoria tanta. Si parla di un “commissario di Pubblica
Sicurezza”, si dice che insieme ad altri due un ufficiale dell’esetrcito ed un
semplice soldato, in tre, tutti insieme eccoli a premere il grilletto del
mitra. Fantasia. Improbabile. Ma a tutto concedere: il nome del Messana non
c’è. Davvero Li Causi nella foga ciceroniana finisce con l’inventare e quindi
diffamare e direi calunniare. Erano tempi incandescenti. Portella della
Ginestra fu più di una sventura nazionale e - se le carte della N.A.R.A. già
consultate dal prof. Casarrubea verranno tutte alla luce -sarà da parlare di
crimine americano. Finalmente. Altro che insana criminalità di un ex giovane
commissario di polizia in vena di scimmiottamenti dell’esecrando generale
Bava-Beccaris fatto dal Re senatore del Regno. Ma noi abbiamo cercato notizie
vere, coeve, indubitabili. Abbiamo consultato i microfilm del giornale L’Ora di
Palermo e il Giornale di Sicilia dell’epoca. Messana non ci sta. I fatti son
diversi da come amò trasfigurarli il Li Causi per sue polemiche politiche di
stampo rosso scarlatto. Da vecchio comunista, per il quale la verità storica va
piegata alla grande lotta di classe. Noi siamo per la lotta di classe ma di
quelli che reputano che la VERITA’ E’ SEMPRE RIVOLUZIONARIA. [segue]
Venerdì 20:02
per le notizie sul'onoreficenza di Maurizio e Lazzaro ho
trovato molto sulsitoOrdini dinasticicasa Savoia.it
Sabato 0:20
Mi riferivo a questa foto(se la vedi qui).
Domenica 0:08
Ma passiamo ora al giornale principe di Sicilia. Nella
stessa notte in cui avvennero i fatti delittuosi il cronista nisseno ecco come
compendia l’impressionante tumulto di Riesi. Subito dopo invierà un altro
messaggio un po’più esaustivo. GIORNALE di SICILIA: 9/10 Ottobre 1919 (foglio
interno) I gravi fatti di Riesi Conflitto fra dimostranti e forza pubblica.
Sette morti e numerosi feriti Caltanissetta: 8, notte. «Pervengono da Riesi
notizie incerte e contraddittorie riguardanti fatti colà avvenuti e che sarebbero
di una gravità eccezionale. Pare che le locali agitazioni d’indole più politica
che economica siano degenerate in veri e propri tumulti e che sarebbero anche
avvenuti conflitti in cui i dimostranti ne avrebbero avuto la peggio. Da
persona scappata dal luogo riesco a sapere che stamane quasi improvvisamene
parecchi nuclei di zolfatari e contadini si siano ribellati alla forza che
tentarono di disarmare, ma i carabinieri e i pochissimi soldati quando la loro
pazienza fu al minimo fecero fuoco in piazza Garibaldi di pieno giorno e che vi
sia o una mezza dozzina di morti e parecchi feriti. La notizia divulgatasi in
un baleno ha destato enorme impressione e tosto con una vettura automobile sono
partiti per Riesi il Procuratore del Re, il Giudice Istruttore capo cav.
Terenzio il maggiore dei carabinieri comandante la nostra divisione cav.
Tartari . Sono altresì partiti per ordine del Prefetto comm. Guadagnini e del
questore cav. Presti ragguardevoli rinforzi con il commissario cav. Caruso capo
di Gabinetto del Prefetto. Appena potrò avere precisi particolari mi affretterò
a comunicarveli. » ^ ^ ^ Abbiamo visto come è sintetico il cronista, ma abbiamo
dovuto notare l’esaustività e la precisione del periferico giornalista del
Giornale di Sicilia. La dinamica dei fatti viene così rappresentata. Agitazioni
più politiche che economiche – siamo già in pieno clima elettorale e il
trapasso dalla prima grande guerra al quasi immediato avvento del Fascismo fu
torbido specie per il ribollire dei delusi Reduci; fu trapasso che spiega
furori popolari e mene partitiche. Tanti dimostranti, apparentemente zolfatari
e contadini, ma anche mestatori, teste calde che ancora vestivano la divisa
militare si agitano scompostamente ed entrano “in conflitto” con le forze
dell’ordine. Il corrispondente ci dice che si tratta di “carabinieri” (ai quali
un giovane commissario è arduo pendare che possa dare ordini; e aquell’epoca il
Messana era solo questo) e “pochissimi soldati” non certamente comandabili da
un civile (e un commissario qiesto è; un civile che può concertare ma non dare
ordini a dei militari). Per me si deve escludere anche qui un qualche atto
inconsulto del Mesana. La furia di un popolo in rivolta desta paura. Vi sono
facinorosi che si “ribelano alla Forca” e cerano persino di “disarmarla”.
Crepita, sì crepita, è ipotizzabile, la mitraglia dell’esercito: una strage. Ma
il Messana, non citato che presumo persino assente, a tutto concedere non aveva
né l‘autorità né l’autorevolezza in quei concitati momenti di mettere da parte
il giovane ufficiale, che sappiamo aliunde essere di Villarosa e chiamarsi
Michele Di Caro, e addirittura - nolente l’ufficiale dell’esercito - sparare
lui e fare lui una carneficina di un popolo di lavoratori. Eppure questa
forsennata ipotesi è stata avanzata e addotta persino come verità
indiscutibile. Trattasi di infamia, di postuma denigrazione (ci riferiamo
all’intervento presso la Costituente dell’impetuoso Li Causi). Ecco una
frottola che non ha riscontro documentale e storico di sorta e che una diecina
di anni fa, magari per esigenze cinematografiche, divenire indiscussa
ricostruzione per raffigurare un Messana Stragista di Stato. Non si infama così
un integerrimo Gran-Commis di Stato. Il Messana non fu, non poteva essere, si
guardò bene dall’essere il COLPEVOLE artefice di quella infame strage. I
denigratori dovrebbero fare resipiscenza, almeno a mezzo stampa. E corregere i
loro calunniosi e infondati assunti. LE CRONACHE DEL GIORNALE “L’ORA” SUI FATTI
DI RIESI DELL’OTTOBRE DEL 1919. Data la mia deformazione professionale, mi sono
accostato al caso Messana come se dovessi esperire in tre-quattro mesi
un’ispezione bancaria approfondita ed essenziale per farne rapporto al signor
Governatore, come fui uso in vent’anni di sudditanza ispettiva presso l’0rgano
di Vigilanza della Banca d’Italia. Così parto dall’esordio, come dire dai
verbali del Consiglio di amministrazione, acquisendo i bilanci annuali del
passato. Per il gr. uff. comm. Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro dottore Ettore
Messana cerco di trovare le propaggini da cui è partito il Li Causi trent’anni
dopo per crucifiggerlo come sanguinario stragista di Stato nella pur sepolta
memoria dei fatti di Riesi risalenti all’ottobre del 1919. Tutti parlano del 10
dell’11 Ottobre e il validissimo professore Casarrubea, forse vittima di un
lapsus, sale addirittura al novembre del 1919. Accedo alla Biblioteca Nazionale
di Roma a Castro Pretorio e mi ingolfo nella consultazione di illeggibili
bobine dei microfilm dei due giornali importanti siciliani dell’epoca: l’Ora e
il giornale di Sicilia. Con strumenti che dovrebbero essere modernissimi e che
intanto occorre far funzionare manualmente metto alla fine le mani sulle
cronache di quell’esecrato eccidio. Mi accorgo che tra l’Ora e il Giornale di
Sicilia non vi sono differenze sostanziali nei riferimenti degli episodi che
fecero onestamente molta sensazione. Iniziamo dall’ORA che invero ho consultato
dopo. Sapendo quello che aveva pubblicato il Giornale di Sicilia mi limito a
questi brevi appunti: «L’ORA – 9 ottobre 1919. “Grave conflitto a Riesi – 7
morti e venti feriti. [….] Dopo l’arresto del noto agitatore socialista Barberi
Giuseppe --- L’esigua forza impotente a fronteggiare la grandissima
moltitudine…”» Quindi trascrivo: «L’ORA di Palermo – prima pagina del 12 ottobre
1919. - A Riesi torna la calma, Caltanissetta 10 notte. - - All’alba di stamani
truppe con agenti al comando del Commissario di P.S. Cav. Caruso e del maggiore
dei carabinieri Tartari sono entrati a Riesi senza incontrare resistenza
alcuna. - Nel conflitto 10 dimostranti rimasero uccisi e circa 50 feriti . -
Della truppa è stato ucciso anche il sottotenente del 76° Fanteria DI CARO
MICHELE di Villarosa e due soldati sono stati feriti. - Aperta una inchiesta
dal Procuratore del Re e il Giudice Istruttore. - Venne trattenuto soltanto
l’avvocato Carmelo Calì di Mazzarino.» Come primo assaggio non c’è molto quanto
a contorno. Certo 10 lavoratori uccisi e 50 feriti nel mondo del lavoro gridano
vendetta al cospetto di Dio. Ma come e perché doveva essere artefice malefico
il Messana resta un mistero. Quello che in queste mie ricerche mi colpisce e mi
addolora di più è il fatto che in tante postume celebrazioni, rievocazioni,
truculenti filmati e paludati testi di storia siciliana, non ho ancora trovato
una nota di commemorazione e di omaggio a questo figlio di Villarosa, il
sottotenente del 76° Fanteria il giovane MICHELE DI CARO a cui la vita cui fu
troncata crudelmente. Con un colpo di pistola, quindi intenzionalmente. Caduto
davvero nel compimento del suo dovere che era quello di mantenere l’ordine
pubblico – chiunque governasse, in quel tempo NITTI. Non so se gli fu conferita
una qualche medaglia, non so se Villarosa ha reputato di onorarlo e ricordarlo
come eroe. La cinica cronaca di quell’epoca non ritiene poi di fare i nomi di
quei modesti militi che furono feriti. In modo grave? Guarirono? Nessuno ha
fatto ricerche. Erano semplici militari. Possibilmente parenti di quei
rivoltosi, zolfatai e contadini che trucidavano e venivano trucidati. Fratelli
che uccidevano, ferivano fratelli Noi diremmo “compagni”. Fiumi di inchiostro
sono stati versati per queste vicende. Ma nessuna attenzione, nessun riguardo
per questi soldati che per un magro soldo mettevano a repentaglio la loro vita.
Non si ha tempo per loro: a distanza prima d mezzo secolo e dopo quasi un
secolo si sprecano soldi, si sperperano fondi pubblici, si fanno trasmissioni
televisive, si scrivono testi di presunta storia solo per esecrare, condannare,
crucifiggere il meritevole, il servitore della Patria, l’eroe dell’ordine
pubblico Ettore Messana. E ironia della sorte, né nei resoconti dell’Ora di
Palermo, né in quelli del Giornale di Sicilia, né nelle carte che si
custodiscono nell’ACS di Roma relativamente alle faccende del Ministero degli
Interni di quel periodo, né in successive storie paesane, né in sentenze
passate in giudicato troveremo mai il rispettabile nome di Ettore Messana, in
damnatio memoriae sol perchè il Li Causi lo ebbe in odio, ingiuriandolo quale
capo banda POLITICO (attenzione solo POLITICO) dei tempi tristi del banditismo
siciliano capeggiato dal celeberrimo Giuliano da Montelepre. Ma passiamo ora al
giornale principe di Sicilia. Nella stessa notte in cui avvennero i fatti
delittuosi il cronista nisseno ecco come compendia l’impressionante tumulto di
Riesi. Subito dopo invierà un altro messaggio un po’più esaustivo. GIORNALE di
SICILIA: 9/10 Ottobre 1919 (foglio interno) I gravi fatti di Riesi Conflitto
fra dimostranti e forza pubblica. Sette morti e numerosi feriti Caltanissetta: 8,
notte. «Pervengono da Riesi notizie incerte e contraddittorie riguardanti fatti
colà avvenuti e che sarebbero di una gravità eccezionale. Pare che le locali
agitazioni d’indole più politica che economica siano degenerate in veri e
propri tumulti e che sarebbero anche avvenuti conflitti in cui i dimostranti ne
avrebbero avuto la peggio. Da persona scappata dal luogo riesco a sapere che
stamane quasi improvvisamene parecchi nuclei di zolfatari e contadini si siano
ribellati alla forza che tentarono di disarmare, ma i carabinieri e i
pochissimi soldati quando la loro pazienza fu al minimo fecero fuoco in piazza
Garibaldi di pieno giorno e che vi sia o una mezza dozzina di morti e parecchi
feriti. La notizia divulgatasi in un baleno ha destato enorme impressione e
tosto con una vettura automobile sono partiti per Riesi il Procuratore del Re,
il Giudice Istruttore capo cav. Terenzio il maggiore dei carabinieri comandante
la nostra divisione cav. Tartari . Sono altresì partiti per ordine del Prefetto
comm. Guadagnini e del questore cav. Presti ragguardevoli rinforzi con il
commissario cav. Caruso capo di Gabinetto del Prefetto. Appena potrò avere
precisi particolari mi affretterò a comunicarveli. » ^ ^ ^ Abbiamo visto come è
sintetico il cronista, ma abbiamo dovuto notare l’esaustività e la precisione
del periferico giornalista del Giornale di Sicilia. La dinamica dei fatti viene
così rappresentata. Agitazioni più politiche che economiche – siamo già in
pieno clima elettorale e il trapasso dalla prima grande guerra al quasi
immediato avvento del Fascismo fu torbido specie per il ribollire dei delusi
Reduci; fu trapasso che spiega furori popolari e mene partitiche. Tanti
dimostranti, apparentemente zolfatari e contadini, ma anche mestatori, teste
calde che ancora vestivano la divisa militare si agitano scompostamente ed
entrano “in conflitto” con le forze dell’ordine. Il corrispondente ci dice che
si tratta di “carabinieri” (ai quali un giovane commissario è arduo pendare che
possa dare ordini; e aquell’epoca il Messana era solo questo) e “pochissimi
soldati” non certamente comandabili da un civile (e un commissario qiesto è; un
civile che può concertare ma non dare ordini a dei militari). Per me si deve
escludere anche qui un qualche atto inconsulto del Mesana. La furia di un
popolo in rivolta desta paura. Vi sono facinorosi che si “ribelano alla Forca”
e cerano persino di “disarmarla”. Crepita, sì crepita, è ipotizzabile, la
mitraglia dell’esercito: una strage. Ma il Messana, non citato che presumo
persino assente, a tutto concedere non aveva né l‘autorità né l’autorevolezza
in quei concitati momenti di mettere da parte il giovane ufficiale, che
sappiamo aliunde essere di Villarosa e chiamarsi Michele Di Caro, e addirittura
- nolente l’ufficiale dell’esercito - sparare lui e fare lui una carneficina di
un popolo di lavoratori. Eppure questa forsennata ipotesi è stata avanzata e
addotta persino come verità indiscutibile. Trattasi di infamia, di postuma
denigrazione (ci riferiamo all’intervento presso la Costituente dell’impetuoso
Li Causi). Ecco una frottola che non ha riscontro documentale e storico di
sorta e che una diecina di anni fa, magari per esigenze cinematografiche,
divenire indiscussa ricostruzione per raffigurare un Messana Stragista di
Stato. Non si infama così un integerrimo Gran-Commis di Stato. Il Messana non
fu, non poteva essere, si guardò bene dall’essere il COLPEVOLE artefice di
quella infame strage. I denigratori dovrebbero fare resipiscenza, almeno a
mezzo stampa. E corregere i loro calunniosi e infondati assunti. LE CRONACHE
DEL GIORNALE “L’ORA” SUI FATTI DI RIESI DELL’OTTOBRE DEL 1919. Data la mia
deformazione professionale, mi sono accostato al caso Messana come se dovessi
esperire in tre-quattro mesi un’ispezione bancaria approfondita ed essenziale per
farne rapporto al signor Governatore, come fui uso in vent’anni di sudditanza
ispettiva presso l’0rgano di Vigilanza della Banca d’Italia. Così parto
dall’esordio, come dire dai verbali del Consiglio di amministrazione,
acquisendo i bilanci annuali del passato. Per il gr. uff. comm. Ordine dei SS.
Maurizio e Lazzaro dottore Ettore Messana cerco di trovare le propaggini da cui
è partito il Li Causi trent’anni dopo per crucifiggerlo come sanguinario
stragista di Stato nella pur sepolta memoria dei fatti di Riesi risalenti
all’ottobre del 1919. Tutti parlano del 10 dell’11 Ottobre e il validissimo
professore Casarrubea, forse vittima di un lapsus, sale addirittura al novembre
del 1919. Accedo alla Biblioteca Nazionale di Roma a Castro Pretorio e mi
ingolfo nella consultazione di illeggibili bobine dei microfilm dei due
giornali importanti siciliani dell’epoca: l’Ora e il giornale di Sicilia. Con
strumenti che dovrebbero essere modernissimi e che intanto occorre far
funzionare manualmente metto alla fine le mani sulle cronache di quell’esecrato
eccidio. Mi accorgo che tra l’Ora e il Giornale di Sicilia non vi sono
differenze sostanziali nei riferimenti degli episodi che fecero onestamente
molta sensazione. Iniziamo dall’ORA che invero ho consultato dopo. Sapendo
quello che aveva pubblicato il Giornale di Sicilia mi limito a questi brevi
appunti: «L’ORA – 9 ottobre 1919. “Grave conflitto a Riesi – 7 morti e venti
feriti. [….] Dopo l’arresto del noto agitatore socialista Barberi Giuseppe ---
L’esigua forza impotente a fronteggiare la grandissima moltitudine…”» Quindi
trascrivo: «L’ORA di Palermo – prima pagina del 12 ottobre 1919. - A Riesi
torna la calma, Caltanissetta 10 notte. - - All’alba di stamani truppe con
agenti al comando del Commissario di P.S. Cav. Caruso e del maggiore dei
carabinieri Tartari sono entrati a Riesi senza incontrare resistenza alcuna. -
Nel conflitto 10 dimostranti rimasero uccisi e circa 50 feriti . - Della truppa
è stato ucciso anche il sottotenente del 76° Fanteria DI CARO MICHELE di Villarosa
e due soldati sono stati feriti. - Aperta una inchiesta dal Procuratore del Re
e il Giudice Istruttore. - Venne trattenuto soltanto l’avvocato Carmelo Calì di
Mazzarino.» Come primo assaggio non c’è molto quanto a contorno. Certo 10
lavoratori uccisi e 50 feriti nel mondo del lavoro gridano vendetta al cospetto
di Dio. Ma come e perché doveva essere artefice malefico il Messana resta un
mistero. Quello che in queste mie ricerche mi colpisce e mi addolora di più è
il fatto che in tante postume celebrazioni, rievocazioni, truculenti filmati e
paludati testi di storia siciliana, non ho ancora trovato una nota di
commemorazione e di omaggio a questo figlio di Villarosa, il sottotenente del
76° Fanteria il giovane MICHELE DI CARO a cui la vita cui fu troncata
crudelmente. Con un colpo di pistola, quindi intenzionalmente. Caduto davvero
nel compimento del suo dovere che era quello di mantenere l’ordine pubblico –
chiunque governasse, in quel tempo NITTI. Non so se gli fu conferita una
qualche medaglia, non so se Villarosa ha reputato di onorarlo e ricordarlo come
eroe. La cinica cronaca di quell’epoca non ritiene poi di fare i nomi di quei
modesti militi che furono feriti. In modo grave? Guarirono? Nessuno ha fatto
ricerche. Erano semplici militari. Possibilmente parenti di quei rivoltosi,
zolfatai e contadini che trucidavano e venivano trucidati. Fratelli che
uccidevano, ferivano fratelli Noi diremmo “compagni”. Fiumi di inchiostro sono
stati versati per queste vicende. Ma nessuna attenzione, nessun riguardo per
questi soldati che per un magro soldo mettevano a repentaglio la loro vita. Non
si ha tempo per loro: a distanza prima d mezzo secolo e dopo quasi un secolo si
sprecano soldi, si sperperano fondi pubblici, si fanno trasmissioni televisive,
si scrivono testi di presunta storia solo per esecrare, condannare,
crucifiggere il meritevole, il servitore della Patria, l’eroe dell’ordine
pubblico Ettore Messana. E ironia della sorte, né nei resoconti dell’Ora di
Palermo, né in quelli del Giornale di Sicilia, né nelle carte che si
custodiscono nell’ACS di Roma relativamente alle faccende del Ministero degli
Interni di quel periodo, né in successive storie paesane, né in sentenze
passate in giudicato troveremo mai il rispettabile nome di Ettore Messana, in
damnatio memoriae sol perchè il Li Causi lo ebbe in odio, ingiuriandolo quale
capo banda POLITICO (attenzione solo POLITICO) dei tempi tristi del banditismo
siciliano capeggiato dal celeberrimo Giuliano da Montelepre.
6 ore fa
Non trascorrono molte ore e il cronista nisseno cerca di
completare i riferimenti al Giornale di Sicilia sui fatti di Riesi occorsi alle
ore 11 del giorno precedente: è il 9 ottobre del 1919. Faticando molto, siamo
riusciti a trascrivere il fotogramma del microfilm del giornale siciliano. Vorremmo
che foste voi, senza intermediazione alcuna, a trarre il succo da una siffatta
concisa ma lucida corrispondenza. Noi ci siamo molto soffermati sul particolare
che artefici del bene e del male di quel giorno furono i Carabinieri,
coadiuvati da un nucleo sparuto di inesperti soldati. Emerge charissimamente
che ad iniziare a sparare contro la folla furono loro: i carabinieri.
Stranissimo, in cronache successive, in rievocazioni paesane, nel veemente
attacco del Li Causi, nelle celebrazioni di Riesi dei primi anni 2000, negli
studi seri del Casarrubea, in quelli pasticciati della Cernigoi, nelle
esaltazioni cinematografiche, nelle lugubri messe in scena del Lucarelli
televisivo, in tante corrispondenze di aspiranti giornalisti, questo
particolare viene del tutto pretermesso. Nessuno infatti può pensare che un
giovane commissario si possa permettere di dare ordini alla benemerita arma di
aprire il fuoco contro una inerme folla sia pure tumultuante. Non è elemento
questo da rendere inaccettabile che ad essere responsabile di quell'esecrabile
eccidio fosse il giovanissimo ed imberbe commissario Ettore Messana? Come dire
Ettore Messana non c'entrò. Solenne infamia quella di volerlo a tutti i costi
calunniarlo. Non è giunto il momento di fare ammenda di tutta la diffamazione a
mezzo stampa, blog, cinematografo e lugubri aggettivazioni del Lucarelli (sarà
un caso, quella trasmissione del 2005 non ci sta più in You Tube o aggeggi
analoghi)? La famiglia Messana ha subìto, sta ancora subendo, danni, disagi,
colpevolizzazioni, denigrazioni per una così concertata e martellata
diffamazione. Nessuno deve pagare? manco il periferico e pur edotto dei fatti,
il giornaletto racalmutese di Sciascia MALGRADO TUTTO? Per aggiunta e suggello,
ecco che veniamo a sapere che le mitragliatrici vengono dopo, ad eccidio
consumato: nessun ordine poté dare al sottotenentino Di Caro il nostro gr. uff.
comm. dell'ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, ispettore generale di P.S.,
dottore Ettore Messana. Carta canta!!! ------------- Caltanissetta 9, giorno
"I fatti i Riesi per quanto su essi siano sulle prime notizie alquanto
esagerate pure rivestono una gravità non comune. Ve ne mando i particolari nel
modo più succinto. Riesi è stato sempre uno dei centri di questa provincia che
ha dato non poche volte da dire alle autorità politiche e di pubblica sicurezza
dando sovente campo a noi cronisti di intrattenerci delle condizioni poco
tranquille della pubblica sicurezza: difatti reati audacemente rari nella
storia criminale sono colà avvenuti e non è la prima volta che dimostrazioni ed
agitazioni sono degenerate in conflitto. Le agitazioni minerarie poi hanno
sempre trovato modo di allignare e di prosperare anche perché la politica di
Riesi deve far capolino in tutto. Tra i maggiorenti anche il disaccordo è
regnato sovrano per quanto il deputato del collegio, on. Pasqualino, abbia
sempre messo in opera tutti i mezzi perché il pubblico interesse negli uomini
pubblici fosse sempre l’ideale da raggiungere. Parecchi anni fa tal Giuseppe
Butera, una specie di mattoide, messosi a capo di alquanti incoscienti provocò
dei moti gravissimi e si arrivò persino alla proclamazione della repubblica
Riesina! Poi venne la guerra e gli odii restarono sopiti mentre Riesi dava un
contingente altissimo alla diserzione dando i Tofalo, i Carlino e compagnia
bella; bisogna però riconoscere che la maggioranza di quella cittadina è
composta di gente per bene, ma intanto basta qualche centinaio di illusi e di
sconsigliati perché un intero centro resti in convulsione. Da qualche settimana
a Riesi dunque spirava vento di fronda, e ciò nonostante per volere di chi sta
in alto tutta la forza disponibile della Provincia di Caltanissetta e el
capoluogo era stata distaccata a Roma – a quanto se ne dice – perché l’ordine
pubblico della capitale così esigeva. Di modo che i tumulti di ieri hanno
trovata la cittadina sguarnita di forza in modo quasi assoluto giacché la forza
non si improvvisa specie quando niente affatto tranquilla era la situazione a
Caltanissetta, a Terranova, a Castrogiovanni e in molti altri paesi dove
l’agitazione agraria è assai intensa e gravida di pericoli. Anzi su proposta
del Prefetto pochi giorni fa il Ministero ha mandato qui il comm. Lonardone
ispettore generale del Ministero della Agricoltura per la composizione delle
vertenze agrarie in Provincia. Intanto così l’on. Pasqualino come l’on.
Colaianni e l’on. Lo Piano non avevano taciuto assieme al Prefetto la
situazione della Provincia, che ha finalmente bisogno dopo tanti anni di
incuria e di indifferenza ogni provvida cura giacché le nostre popolazioni sono
assetate di giustizia e di equità. Fatto sta che nelle scorse settimane la
situazione a Riesi parve – lo era effettivamente – peggiorata, avvennero degli
incidenti gravi la cui trasmissione non ci fu permessa e si procedette
all’arresto del Giuseppe Butera e di altri capoccia del socialismo cosi detto
ufficiale. Come vi dissi, la politica ha fatto il resto di tal che si è andata
rapidamente in questi ultimi giorni creata a Riesi una posizione veramente
eccezionale e da destare l’allarme nella cittadinanza e da preoccupare le
autorità. L’on. Pasqualino proprio oggi doveva recarsi a Riesi dove egli è
tanto benvoluto e stimato, appunto per mettere in opera il suo ascendente
presso quella popolazione onde indurla alla quiete ed alla tranquillità. Ma
aveva preferito fare prima una corsa a Castrogiovanni per abbracciarsi con
l’on. Colaianni che intanto non lascia mezzi intentati per comporre le vertenze
di indole economica nei paesi del suo collegio. Dimenticavo dirvi che a Riesi
da tempo per dimissioni di parecchi dei suoi membri quel Consiglio Comunale è
stato sciolto e l‘amministrazione della cosa pubblica è deposta nelle mani di
un R. Commissario, il cav. Scicolone, coadiuvato dal signor Grasso. Si è
cercato di togliere ogni pretesto a quelle masse illuse e fuorviate e financo
l’approvvigionamento del grano è proceduto in modo assolutamente eccezionale,
un vero e proprio trattamento di favore. Ma il pretesto è stato trovato lo
stesso e ieri di giorno verso le 11 si iniziarono le prime dimostrazioni che
assunsero ben presto il carattere di una violenta ribellione. La pazienza dei
pochi carabinieri fu messa a dura prova; qualche soldato fu sputato e preso a
sassate e quando fu tentato di disarmarli e quando di certo avrebbero avuto la
peggio fecero fuoco e caddero mezza dozzina e forse più di morti. Grida e
lamenti dimostrarono che c’erano anche dei feriti e non pochi. La esasperazione
della folla inviperita e delle donne raggiunse presto il colmo e la forza
impotente dovette ritirarsi lasciando la cittadinanza in balia dei rivoltosi.
Sono partiti da qui camions con mitragliatrici e forza in gran numero e si
conta di sapere la vera ragione o meglio la causa occasionale della rivolta
sanguinosa. Domani e forse oggi stesso l’on. Pasqualino sarà sul posto per
spiegare tutta la sua opera autorevole per il ritorno alla tranquillità.
Intanto l’autorità giudiziaria ha aperto una inchiesta per accertare le singole
responsabilità; parecchi arresti sono stati già operati e pare che moltissimi
altri ne seguiranno. Appena noti i nomi dei morti e dei feriti ve ne informerò
e vi invierò altri particolari. 0ve sarà il caso. Si sa che i rivoltosi furono
poche centinaia di contadini che sono rimasti padroni della città; tutte le
comunicazioni, anche quelle telegrafiche, sono interrotte; da Palermo sono
stati inviati considerevoli rinforzi La impressione per i fatti avvenuti è
delle più dolorose e si spera che l’ordine e la calma possano presto tornare.
"
4 ore fa
Ci stiamo sforzando di rinvenire la vera verità storica dei
fatti di Riesi del 1919. Abbiamo pubblicato giornali e cronache dell'epoca.
Questa qui non è una intollerabile mistoficzione? https://www.youtube.com/watch?v=PECKVrYtgTk
www.youtube.com
CREDIAMO DI AVERE DEL TUTTO SMANTELLATO LA TESI CHE VORREBBE
IL QUESTORE MESSANA COLPEVOLE COME QUI SI DICE. RESTA SOLO LA CALUNNIA,
L'INFAMIA. SE IN BUONA FEDE CI SI CORREGGA ANCHE SE CI SI CHIAMA ANPI HomeContenutoRSSCollegatiANPI
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d'Italia Cerca: HomeANPI PalermoEVENTIMEMORIA: I Decorati della Resistenza
SicilianaOSSERVATORIO DEMOCRAZIASpeciale 27 gennaio. Il dovere della
memoria..Articoli correlati ‘Strage di Riesi’ . 92° anniversario assassinio
Giovanni Orcel 13 ottobre 2012 . L ’ANPI domenica 14 ottobre 2012 alle ore 9,
ricorda Giovanni Orcel nel 92° anniversario del suo assassinio avvenuto il 14
ottobre 1920 in Corso Vittorio Emanuele all’altezza della Biblioteca centrale
dove con la Cgil, e il Centro Impastato deporremo una corona sotto la lapide
che lo ricorda. Giovanni Orcel è una delle figure più significative del
movimento operaio palermitano, segretario generale della FIOM dal marzo del 1919
operava per unire lotte urbane e lotte delle campagne sulla scia di Nicola
Barbato e anche del fratello Ernesto Orcel fondatore del Fascio dei Lavoratori
di Cefalù, ed in stretto collegamento con Nicolò Alongi, il dirigente contadino
assassinato dalla mafia nel febbraio del 1920. Orcel viene assassinato ad un
anno dalla strage di Riesi del 1919 dove vengono assassinati 15 contadini
compreso un tenente di fanteria che si era opposto all’ordine fascista di
sparare sui contadini che manifestavano per la riforma agraria. Ad ordinare il
fuoco in solidale intesa con la mafia è stato un fascista della prima ora,
Ettore Messana di Racalmuto, ufficiale di P.S., poi membro dell’OVRA, il
servizio segreto, efferato criminale di guerra questore a Lubiana negli anni 40
ed infine lo ritroveremo inspiegabilmente ….Ispettore generale di polizia in
Sicilia negli anni 1945! Entrambi i delitti, inequivocabilmente di matrice
fascista e mafiosa, sono rimasti impuniti. Su Giovanni Orcel leggi Giuseppe
Carlo Marino, 1976 nel libro “Partiti e lotta di classe in Sicilia da Orlando a
Mussolini” (Bari, De Donato, 1976); poi nel saggio di Giuseppe Carlo Marino
“Vita e martirio di Nicola Alongi, contadino socialista” e in numerosi altri
scritti. Il libro di Giovanni Abbagnato, Giovanni Orcel. Vita e morte per mafia
di un sindacalista siciliano. 1887-1920, ricostruisce l’attività di Orcel e le
lotte di quegli anni. Il logo del referendum per l’art. 18 ci ricorda che
Orcel, Alongi e la lunga scia di sangue di sindacalisti e cittadini uccisi,
lottarono per la difesa della dignità umana e la dignità del lavoro, che oggi i
governi della destra politica, in assenza di opposizione vera, stanno di fatto
abolendo. Nessun commento » Postato in Anpi notizie, ANTIFASCISMO, EVENTI,
Lotte contadine, memoria, Movimento Fasci Lavoratori Siciliani, segnalazioni
iniziative Tags: ANPI Palermo Centro Impastato CGIL Ernesto Orcel Ettore
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Giovanni Orcel Nicola Barbato Nicolò Alongi Strage di Riesi . . Sito Anpi
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antifascista della Costituzione "art. 21" Firma contro l'attacco
all'impianto antifascista della Costituzione "petizione Cgil" memorie
di Spagna Sito ANPI Nazionale
47 minuti fa
Registro ora questo filmato per timore che si proceda alla
cancellazione dato quello che ho ormai acquisito a dimostrazione
dell'incontrovertibile verità che sono solo calunniose le accuse nei confronti
dell'incolpevole questore Messana. A suo tempo deluciderò questo assunto e una
tesi oggi inespressa sulla base di documenti dell'archivio di stato e della
nuova documentazione che sta venendo fuori dagli archivi americani (N.A.R:A). A
suo tempo saremo ben più precisi. https://www.youtube.com/watch?v=lAmx2ns17ww
www.youtube.com
Fine della conversazione in chat
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