«Signori Presidenti e componenti la Commissione d'inchiesta
- Canicattì.
«Uno solo è il tema del giorno, il sindaco di Racalmuto. E'
una anomalia quello, un anacronismo , un controsenso che per adempiere ad
un'opera eminentemente patriottica, bisogna ad ogni costo scalzare. Avanti
adunque, dietro vi sta l'abisso.
«Avvezzo l'integerrimo ad un arbitrio il più sconfinato ed a
vederci tacere e soffrire non comprendeva che quando si è all'orlo del
precipizio ed una calamità ci minaccia; quando le prepotenze, gli arbitrii, le
vendette ed i balzelli han raggiunto il favoloso e l'ingiusto; quando il denaro
del popolo trovasi impudicamente
scialacquato e le centinaia di migliaia spariscono come lampi; quando un comune
floridissimo batte alle porte della bancarotta; quando la libertà è un mito e
le votazioni avvengono nel modo, simile alla fiera proposta dell'assassino, il
quale appuntando il coltello alla gola ti dice o la borsa o la vita, l'uomo
libero, indipendente ed onesto non deve restarsene indifferente, né temere le
basse calunnie. I nemici dell'ordine gridano e s'impongono, quando gli onesti
tacciono e tremano; quindi è che generosi cittadini sorsero per protestare ed
opporsi a che le iniquità finiscano, ed il denaro del pubblico cessi una volta
di essere il patrimonio di una .. casta.
«Alcuni lodarono l'attuale stendardo tenutosi da undici anni
dall'integerrimo Sindaco Matrona triste avanzo della più efferata tirannide, ma
quello è lo stendardo che si è imposto con la minaccia, colle violenze e colle
vendette. E' lo stendardo che ha partorito il medio Evo in permanenza,
prepotenze, vessazioni ed angherie di ogni sorta con una franchezza tale da
mostrare che giustizia non esiste, e si vive senza governo. E' lo stendardo che
pospone la pubblica istruzione allo spirito di parte, si rimossero abilissimi
professori Farrauto, Capitano, Chiodo, Zambuto, perchè ebbero il coraggio di seguire l'impulso della
propria coscienza, e negare il voto ai
suoi affiliati; fu l'ill.mo che al professore provetto e direttore di quelle
scuole Sig. Cappadoro in un giorno di Venerdì Santo ed innanzi ad un pubblico
ebbe l'ardire d'insultarlo ed opprimerlo dicendo che non lo schiaffeggiava per non lordarsi le
mani. Imbecille di professore! dovevi conoscere che il funzionario, il quale si
fa superiore alla legge e la calpesta è un ingiusto aggressore. E' lo stendardo
sotto il quale i delitti si sono aumentati e di giorno in giorno aumentano;
pascoli abusivi, furti campestri, grassazioni dentro e fuori dell'abitato,
omicidi anche nella pubblica piazza. Signori dello stendardo siate sinceri e
veridici, per come ogni cittadino deve esserlo, e diteci: a chi il popolo ne
addebita la colpa? quali cause ne adduce? quali rimedii propone? E' lo
stendardo che di precipizio in precipizio ha rovinato la ricchezza pubblica e
la privata ancora. E' lo stendardo che
ha oberato di pesi civici un comune di speciale floridezza, sino a condurlo
alla disperazione, dando tasse esorbitantemente aumentate che di anno in anno
si aumentano e sempre insufficienti. E' lo stendardo che ha imposto
un'imposizione grave, insostenibile, estrema.
«Ma vorrà porsi un argine a tanto torrente? Non lo sperammo
quando 22 civili notabili tutti presentatisi in massa a reclamare, nulla
ottennero sin'ora. Quando una dimostrazione seria, preconcetta, imponente,
feroce di diciotto ammoniti, chiamati uno per uno e guidati dalla guardia
campestre Vinci e fratello, servitore del Sindaco ed ai quali si fan
passeggiare e fermare, dinanzi il nuovo casino, strisciando i piedi e
provocando ad una guerra civile, si vela sotto l'aspetto d'ubriachezza.
«Quando, mentre i Racalmutesi lavorano pesantemente, come
una mandria d'Iloti, o pagano una enorme tassa di sangue per la strada da
giorni aperta Racalmuto-Montedoro, un'altra se ne intende aprire,
Racalmuto-Favara, capricciosa, vessatoria ed ingiusta, e tuttoché legalmente
dichiarata non necessaria, né di pubblica utilità, come dall'Ufficio
prefettizio 30 aprile 1870, si ritorna su di essa e si approva, favorendo
l'interesse dell'Ill.mo alla di cui casa di campagna trovasi esclusivamente
destinata. Quando, tuttoché si è giustificato che il Consiglio Comunale in
Racalmuto non si radunava che sempre in seconda convocazione, ed i tre fratelli
Matrona dispongono di vistoso patrimonio di quel Comune, pure non si è
riparato. Quando nella relazione del valente
professor Ragusa, il quale palesa che in Racalmuto non osservò che scuro
, non si vuol vedere una dimostrazione di popolo tutto ufficialmente invitato
che non prese parte in odio al Sindaco. Quando .... basta, l'animo si commuove,
e minaccia di trasmodare la lingua: infreniamola per ora a prudenza.
«Or allora che questi, quando ci parlano tutti nell'anima,
si ha mille ragioni di credere che quel Sindaco sarà confermato. Ebbene Sigg.ri
della Commissione in questo caso altro non resterà all' Ill.mo che sulle orme
dell'amabil suo fratel cugino Giuseppe Geraci Matrona Sindaco di Castrofilippo,
il quale si suicidò in prigione, chiamarci uno per uno in segreteria e
trucidarci.
«Persuadetevi, Signori, finché l'ammonizione ed il domicilio
coatto non saranno a lui applicati, Racalmuto avvilito e depauperato non avrà
pace giammai.»
Chi fosse quel Francesco Nalbone non è dato sapere. Non si
può escludere un errore di trascrizione. Di certo non era un parente stretto de
gesuita, stando almeno alle accurate ricerche genealogiche del prof. Giuseppe
Nalbone. Il gesuita era nato a Racalmuto nel 1818 da Angelo Benedetto Giovanni
Nalbone e da Stefania Salvo: aveva quattro sorelle ed un fratello, Luigi
(1812-1883), sposato con Raffaella Mattina, da cui il filone dei notabili in
atto rappresentati in modo egregio dal medico Giuseppe.
Noi restiamo convinti che quella tremenda missiva sia stata
concepita dal gesuita ed il fatto che si sia nascosto dietro le brume della
firma ambigua non depone a favore del primo dei due gesuiti di casa Nalbone.
Quella lettera ci torna comunque a fagiolo perché ci dà una testimonianza
preziosissima sugli sviluppi del circolo unione. Siamo nel 1875; infuria lo
scontro tra il clan del giovane barone Luigi Tulumello e quello, saldissimo,
dei Matrona. I Matrona sono davvero arroganti, sperperatori del pubblico denaro
delle casse comunali per faraoniche opere pubbliche, vessatori e tassaioli,
mafiosi e massonicamente corazzati. Si
beffano di tutti gli avversari: professori e preti, gesuiti e notabili
avversari. Sia chiaro: il Nalbone anche allora era espressione di un casato
racalmutese potente. Quello che certi denigratori dell’attuali circolo unione
vanno dicendo è falso. Con il sacerdote Benedetto Nalbone (1709-1793) un ramo
di quella famiglia risalente agli albori anagrafici della nostra Racalmuto del
1554 aveva fatto un salto sociale cospicuo, inarrestabile. Il prete (figlio di
Giuseppe - 1671-1736 - e di Anna Maria Vassallo e nipote di tal Benedetto)
aveva raggiunto una cospicua posizione economica, consentendo al fratello
Giovanni Vito (1710-1755) di sposare una Baeri, Vincenza. Il nipote Francesco
Paolo (1758-1833) diviene notaio e sposa la potentissima Gesuela Busuito. Alle
fortune di famiglia si associano ora quelle del ricco prete don Francesco
Busuito , ultimo officiale del Santo
Officio di Racalmuto. Siamo al pronipote, anche lui notaio, don Angelo
Benedetto Giovanni che muore giovane ed è solo per questo che il ramo dei
Nalbone flette un po’ nella gerarchia dei valori nobiliari racalmutesi. Ma il
figlio Luigi è già in ripresa; nient’affatto codino, se ne impipa delle
scomuniche e vince l’asta per l’acquisto di “2 seminativi” in contrada
Sacramento espoliati alla chiesa e cioè alla compagnia Renda di Grotte. t. Vanta il fratello gesuita che abbiamo
detto. Sarà comunque il figlio Giuseppe - fratello del papa nero il gesuita
Francesco di Paola Nalbone - ad entrare prepotentemente nell’alta burocrazia
del comune e conseguire cospicue possidenze immobiliari. Il figlio Luigi
(1890-1950) può già considerarsi un facoltosissimo erede che si afferma a
Palermo.
La famiglia Nalbone contrasta, dunque, i Matrona ed è
affiancata con il barone Luigi Tulumello. Questi ha una partita aperta con i
Matrona che s’accende di acrimonia ogni giorno di più. Un contorno di “civili”
il Tulumello ce l’ha: il barone stringe attorno a sé i fedelissimi di rango;
devono lasciare il circolo di conversazione che pur frequentavano dalla giovane
età e tutti insieme devono fondare e frequentare un nuovo circolo, un “nuovo
casino” come dice il gesuita.
I Matrona evidentemente dominavano il tradizionale circolo
dei galantuomini: considerarono la secessione un grave sgarbo personale e se lo
legarono a dito. Sappiamo dal gesuita Nalbone che i padroni di Racalmuto - che
se mafiosi se furono, contigui alla mafia lo furono di certo - mandano
«diciotto ammoniti, chiamati uno per uno e guidati dalla guardia campestre
Vinci e fratello, servitori del Sindaco» e costoro «si fan passeggiare e fermare,
dinanzi il nuovo casino, strisciando i piedi e provocando ad una guerra
civile». I galantuomini dissidenti restano sgomenti, in 22 vanno dal sindaco
Matrona, invocano giustizia. Raccomandano l’anima al diavolo, si direbbe. Il
sindaco don Gasparino finge indignazione, fa fare accertamenti, ma alla fine
conclude che si trattava di volgari ma innocui ubriaconi: una bazzecola senza
importanza, tutti innocenti, una chiassata di ubriachi da non prendere neppure
in considerazione. L’arroganza del potere nei Matrona in generale e in don
Gasparino in particolar modo. Avranno gioito i soci del vecchio circolo unione,
rimasti fedeli a don Gasparino.
* * *
Ma in fin dei conti
la strusciata dei piedi dinanzi a nuovo casino dei galantuomini dissidenti è
stata poca cosa: ben più gravi furono le conseguenze di quella missiva del
gesuita. Proprio nel 1875 vi fu una inchiesta parlamentare sulle condizioni
sociali ed economiche della Sicilia che è rimasta celebre negli annali del
nuovo Stato italiano. Da Racalmuto giungono echi allarmanti: l’ordine pubblico
è dubbio; le elezioni sono sospette; il sindaco è circondato da bagarioti in
odore di mafia, etc. Il gesuita Nalbone infiamma gli animino dei codini e
questi sono diventati tanti; si annidano persino in casa Matrona con un prete
don Calogero - un favorito del vescovo, un beneficiario delle terre del
Crocifisso ... per una simoniaca concessione - che se ne infischia del
liberalismo dei fratelli minori e milita tra i borbonici. Un guazzabuglio che
appare a Roma inestricabile. Una sezione della Giunta viene allora inviata sul
luogo, ad indagare. Abbiamo il resoconto che dovrebbe essere stenografico, ma
che sa di postuma e compiacente rielaborazione. Don Gasparino ed i suoi hanno
modo di fare una gran bella figura: gli avversari ridotti a voce meschinella e
patetica, in pratica floscia ed insignificante.
Di quella prolissa inchiesta sono stati pubblicati gli atti;
a dire il vero una sintesi poca esauriente. Sciascia la lesse: lì c’erano elogi
sperticati di don Gasparino Matrona e dei suoi fratelli; traspare una sospetta
intesa massonica; restano oscurati gli intrecci negativi che coinvolgono la
potente satrapia racalmutese. Sciascia non lesse la lettera che abbiamo
riportato e finisce con l’essere fazioso quando, nel 1982, si prese la briga di
prefazionare il libro del Tinebra. Lì [cfr. pag. 11] ebbe a dire: «A loro, ai
Matrona, si devono scuole, uffici comunali, strade selciate, fognature,
macello, fontanelle rionali, teatro. [...] E non solo i Matrona si occuparono
di sanare e abbellire urbanisticamente il paese, di dargli splendido teatro e
di farlo attivamente funzionare, ma anche della sicurezza sociale. Dall’inchiesta
sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia, del 1875-76, citiamo i
passi che, nella deposizione del prefetto di Girgenti Rossi, riguardano
Racalmuto ... e della deposizione del
colonnello comandante la zona militare di Girgenti ..» Il prefetto, invero, si
guarda bene dall’esaltare i Matrona; questi invece vengono osannati da quel
colonnello, che non ha davvero il senso della misura. «Ci sono esempi -
dichiara - che dove hanno voluto estirpare il malandrinaggio ci sono riusciti,
e ne abbiamo uno bello, lodevole, nel circondario di Girgenti. A Racalmuto ci
sono cinque fratelli di cognome Matrona, possidenti di una certa istruzione.
Racalmuto era un paese tristissimo dove tutti i giorni succedevano reati di
sangue, furti e grassazioni. Questi cinque fratelli si sono messi d'ac’ordo e
hanno detto - non vogliamo più questi delitti -; montavano a cavallo armati
sino ai denti ed in pochissimo tempo hanno reso quel paese il modello non solo
della Sicilia ma del continente. Sulla strada per andare a Canicattì o a
Caltanissetta troveranno un bel palazzo dove ci sono scuole, locale per i
carabinieri, telegrafo, teatro; insomma hanno fatto di quel paese qualcosa di
buono, e sono cinque fratelli che lo hanno voluto ...» Certo Leonardo Sciascia
- che delle cose di mafia se ne intendeva, avendo tra l’altro scritto Il Giorno
della civetta - avrebbe dovuto
diffidare delle parole di quel colonnello che non trova nulla di male nel fatto
di privati, armati fino ai denti, che se ne vanno a cavallo a sterminare malviventi
e malandrini, come vigilantes all’americana. Le carte ufficiali - quelli
dell’archivio di Stato di Agrigento e quelle comunali - testimoniano invero su
tali arditezze dei Matrona; non c’è da rimanerne ammirati. Tutt’altro!
Il 20 dicembre 1875 era partita da Racalmuto questa lettera
anonima:
«Racalmuto che in questi ultimi tempi dà lo spettacolo di un
anormale stato, stava ansante aspettando una visita dalle Signorie loro ill.me
per dare una forma di esistenza che fosse conforme a giustizia, alla
riparazione e alla concordia secondo le promesse potenti inaugurate dal nostro
Augusto Sovrano
«E’ però lo allarme si rincrudelisce nel venire a conoscenza
che le loro Signorie hanno preso altra rotta, lasciando Racalmuto. [...] Sotto
la vernice di un lusinghiero quadro, esistono piaghe cancerrose (sic) per
Racalmuto che solo la loro sennata Autorità potrebbe sanare. Si chiede quindi
che fossero chiamati cittadini di qualunque gradazione; meno fratelli Matrona,
Cammillo sic Picataggi, Alfonso Farrauto, Giuseppe Grillo Cavallaro, Carlo
Lupi, fratelli Salvatore e Michiele (sic) Mantia, Arciprete, Michiele (sic)
Alaimo , Gioacchino Savatteri, ed impiegati tutti comunali, i quali hanno
saputo collidersi e colludersi chi più chi meno; e formano i gaudenti dell’azienda
Comunale.»
Sappiamo così da chi era formato il clan dei Matrona.
Sorprende che anche l’arciprete Tirone si fosse accodato ai potenti cinque
fratelli; Gioacchino Savatteri lascia il fratello Calogero con le sue manie
mazziniane e si accoda ai liberal-massoni Matrona. Per ripicca il fratello
Calogero accetta la tessera del Mutuo Soccorso, omai in mano ai Tulumello, e
finge lì di essere un socialista ed un mazziniano, come abbiamo visto sopra. Un
anno dopo la morte, il Mutuo Soccorso ne commemora l’anniversario, in pompa
magna. Ora è divenuto sindaco Gioacchino Savatteri, ma questi rifiuta lo
stendardo comunale nelle celebrazioni del fratello: è scandalo. Il Tulumello
stila una lettera di fuoco. Sarebbe stato scandalo aggiunto a scandalo: chissà chi
riesce a bloccare quella rovente accusa. Oggi gli eredi di Calogero Savatteri
detengono quella lettera non firmata.
All’archivio di
stato di Agrigento permane il carteggio sull’eroicomico gesto dei Matrona su
cui in definitiva quel colonnello citato da Sciascia poggia i grandi meriti di
lotta alla mafia di quella celebrata famiglia. Siamo nel novembre del 1873.
L’intera corte familiari di quegli ottimati se ne sta ancora in “campagna”, in
quella villa cioè esaltata da Sciascia per almeno due volte: nella citata
prefazione al libro del Tinebra e nella recente pubblicazione - a spese della
comunità comunale provinciale e regionale - “gli amici della Noce”. Nella
prefazione (pag. 13) abbiamo questa ammaliata descrizione «Mentre scrivo, nella
mia casa di campagna di contrada Noce, ho di fronte - da una collina all’altra
- la settecentesca casa di villeggiatura dei Matrona, grande ed armoniosa .. E
ancora negli anni della mia infanzia era luogo di meraviglia, di delizia.
C’erano palme e magnolie, siepi di rose e d’oleandro, alberi qui rari come i
corbezzoli, i giuggioli; e giganteschi pini di fitta ombra e odorosi. C’era
pure una grotta che nelle pareti e nella volta era stata rivestita di
cristallini, splendenti schisti di zolfo e di salgemma, di stalattiti. C’erano
le due fontane: una rettangolare, ad abbeverarvi i cavalli; l’altra rotonda, grande, in mezzo
una colonna con sopra un vaso traboccante di capelvenere - e il fresco suono
dell’acqua.» E la suggestione si accende di erotismo - insolito in Sciascia -
ne “Gli amici della Noce” [pag. 7]: «E delle villeggiature di quella grande
famiglia è rimosto favoloso ricordo: delle feste; delle colazioni sull’erba in
cui tra i lini e gli argenti, nel profumo delle magnolie, e luminose e
profumate come magnolie, donne di mai più vista bellezza splendevano; delle
carrozze dorate e stemmate; dei cavalli, dei cavalieri, dei lacché, degli
stallieri, dei cuochi.» E l’Autore squarcia il suo usuale velo pudico [pag.
11]: «Dal punto in cui ho l’abitudine di sedere ogni sera, - confida - alla
stessa ora, vedo un paesaggio in tutto simile a quello che fa da sfondo
all’Amor sacro e all’Amor profano del Tiziano: e la sera trascorre in esso come
una delle tizianesche donne serene e opulente. Poi di colpo, come un ventaglio,
quella visione si chiude: ed è la notte col suo pergolato di stelle e con la
luna così vicina che sembra la si possa colpire e far vibrare come un gong.»
Ma una cronaca meno ammaliante, anzi prosaicamente meschina,
la possediamo e riguarda proprio quella grande famiglia. Citiamola, senza
orpelli: «!3 dicembre 1873. Sin dal giorno 23 novembre ultimo scorso, la
contrada della Noce veniva turbata dalla presenza di più malfattori. Il fatto
che quattro persone armate, eransi rivolte giorni prima per la casina dei
ricchi borgesi fratelli Brucculeri, che scamparono dalla rete dandosi alla
fuga, e ricoverandosi nella casina del nominato Rosina Francesco, erasi pubblicato
nel nostro comune, ed ogni cittadino si asteneva di portarsi in quelle
campagne.
« ... il giorno 4 Dicembre, sei persone armate si
presentarono nel fondo di proprietà dei sopradetti Sig.ri Matrona, e
stabilendosi alla distanza di 100 metri dalla casina inviarono il giovane Luigi
Mansella, uno dei famoli della casina Matrona a domandare il pane. Il sig.
Matrona Gaspare, ben comprende la sfida, conoscendo essere quella la formola
dei briganti che si presentano pel bottino. Comprese il pericolo nel quale si
trovava l’intiera famiglia, mentre d’unità allo stesso e sua moglie, trovavasi
anco il fratello Michele con una figlia a 13 anni, ed una bimba di anni 3, e
l’altro fratello scapolo Napoleone [...] Chiamati a sé i due fratelli, il
nominato Vinci Calogero suo affezionato sovraintendente, il castaldo Gagliardi
Nicolò, Denaro Giuseppe, e lo stesso Mansella Luigi, ed uniti partono dalla
casina, lasciando a guardia delle tremanti donne i tre contadini Mansella
Giovanni, Letterio Gagliardi e Casa Tommaso. [Viene descritta qui prolissamente
la caccia ai briganti, n.d.r.] [E sia come sia, accorre in aiuto] il comandante
dei militi a cavallo sig. Leone Giuseppe. [In tal modo riescono ad arrestare 4
banditi: due però riescono a scappare, ma non vanno lontano visto visto che il
fratello Napoleone con Tommasa Casa] valse a disarmarli ed arrestarli.
«E la giunta, compresa della valorosa azione, sul riguardo:
«1° che il sig. Matrona Gaspare di anni 34, ammogliato senza
prole, colla qualità di Sindaco, e in ottimo e sicuro stato di fortuna;
«2° che il sig. Michele Matrona di anni 36, ammogliato e
padre di sette figli nello stato di fortuna come sopra;
«3° che il sig. Napoleone Matrona, scapolo di 31 anni ...
«tutti figli di Pietro di Racalmuto, arrischiarono
evidentemente la propria vita, per arrestare n.° 6 malfattori, che infestarono
la contrada Noce [...] determina di venire accordata, a ciascuno degli stessi,
una medaglia d’oro del valore di L. 100; sopra un lato sarà effigiato lo stemma
di Racalmuto con intorno il motto AL VALORE CIVILE, e nell’altro lato scolpito
il nome del benemerito, col motto ARRESTO BANDA ARMATA 4 dicembre 1873.
CONTRADA NOCE.
« ... Questa Amministrazione accorda le seguenti ricompense
pecuniarie:
«1° L. 70 a Danaro Giuseppe da Bagaria, contadino:
«2° L. 70 a Casa Tommaso da Bagaria, contadino;
«3° L. 70 a Mansella Luigi da Racalmuto, contadino;
«4° L. 40 a Letterio Gagliardi da Bagaria, contadino;
«5° L. 40 a Mansella Giovanni da Racalmuto.»
Quella storiella che puzza di ipocrisia e di peculato per
retribuzioni improprie dei propri scherani a spese del Comune - altro che un
don Gasparino che ci rimetteva di tasca sua! - ha convinto solo il colonnello
di Sciascia, che ancora un paio d’anni dopo la ammanniva ai commissari
dell’inchiesta parlamentare. Già il prefetto si era proprio indispettito per
tutte quelle manfrine dei Matrona che cercavano di fare apparire atti eroici
mere espressioni della loro prepotenza, del loro contorno di bagarioti, di quel
sovrastante a nome Vinci che abbiamo visto ben tratteggiato nella lettera
anonima che racconta della strusciata di
piedi avverso il nuovo casino del barone Tulumello. Va notato che il prefetto
stizzosamente boccia quella impudente delibera della giunta comunale di
Racalmuto con queste eloquenti parole: «le insegne e medaglie dei quali possono
fregiarsi i cittadini sono quelle concesse dal governo.» (nota del 25 marzo
1875). Più che un sindaco repressore della mafia, don Gasparino emerge dai vecchi documenti come un uomo al
top della cupola cui non si può impunemente far torto alcuno. Un incidente come
quello del 1873 - in effetti dei poveracci affamati e latitanti pietivano un
po’ di pane e non c’era nessun messaggio occulto - si ripeté qualche tempo
dopo. Riferisce il procuratore del re
alla Commissione d’inchiesta del 1875: «Quando poi ci inoltriamo verso
Palma, naro, Favara, Castrofilippo, Racalmuto questi reati pigliano proporzioni
più serie. Vi è la banda Sajeva, capitanata dal Sajeva, che va commettendo
grassazioni in un punto e in un altro. [....] Molte volte sono gli stessi
contadini che noi vediamo lavorando che hanno commesso delle grassazioni, come
accadde a pochi passi dal Comune di Grotte, dove si presentarono alla vettura
pubblica dove vi erano sei o sette signori fra cui il sindaco di Racalmuto,
hanno intimato al cocchiere di scendere, hanno fatto uscire tutti dalla
vettura, li hanno fatto mettere bocconi per terra, e li hanno depredati di 700
o 800 lire, e poi tranquillamente hanno imposto di andare avanti. Fuvvi chi
disse che erano quei lavoranti delle campagne, accorse la forza pubblica ... si
sono già fatti sette arresti.» Noi siamo certi che quell’affronto do
Gasparino non lo subì passivamente: poi
gli amici degli amici di Grotte furono sicuramente solerti nel recuperare il
maltolto e nel punire gli insolenti.
Eugenio Napoleone Messana ha pagine piene di spunti storici
pregevoli su questo periodo: egli tratteggia la figura di Gaspare Matrona (pag.
265-273) con qualche faziosità plaudente - forse per compiacere Sciascia, che
però gli fu ingrato - ma tutto sommato con sufficiente attendibilità e con
dovizia di documenti inediti.
Un quadro disarmante viene però dal testo delle deposizioni
che don Gasparino Matrona ed altri furono costretti a fare al distaccamento
della giunta d’inchiesta. Le lettere anonime sortino il loro buon effetto e
così il 21 dicembre del 1875 un senatore, un consigliere di stato, un deputato
e tanto di segretario ufficiale si insediano nel comune per indagare sui
massimi esponenti della politica locale e della pubblica amministrazione
sedente in Racalmuto. Trascriviamo dal
fascicolo 11, sott. 8 gli «Appunti degli
interrogatori tenuti dalla sottocommissione nella città di Racalmuto nel giorno
21 Dicembre 1875 - Sezione della Giunta Comm. Verga Sen. ff. da presidente,
Alasia, Consigliere di Stato, Cav. Luigi Gravina Deputato - Testimoni uditi:
1) Gaspare Matrona - Sindaco
2) Enrico Micali-Freri Pretore
3) Delegato di Pubblica Sicurezza
4) Bonfanti Antonio Maresciallo Carab.
5) Dr. Diego Scibetti Troise
6) Carlo Lupi
7) Giuseppe Grillo.»
Il fascicolo n.° 66 contiene la seguente trascrizione
stenografica:
«Racalmuto 21 Dicembre 1875.
Comm. Verga
Comm. Alasia
Deputato Gravina
------
Gaspare Matrona - Sindaco di Racalmuto.
= S.P.?
“Ottime le condizioni di S.P. qui si è dato sempre il buon
esempio a reprimere i birbanti. Le autorità hanno coadiuvato.
= Ammonizioni?
“Molti e bene ammonimenti. Si è visto tornare dal domicilio
coatto Caloggero [sic] Morello di Canicattì. E’ ritornato prima che finisse la
pena. La voce pubblica dice che la prefettura l’ha fatto tornare prima per
servirsene.
= Sono sorvegliati gli ammoniti?
“Non abbiamo che i Carabinieri ed a questi è affidato il
servizio.
= Le autorità disimpegnano il loro ufficio?
“Sì, succede qualche cosa ma non è scossa la S.P.
= Ma la S.P. anche in campagna?
“ Parlare di Racalmuto nelle campagne non ci può essere
sicurezza. C’è ancora il Sajeva di Favara, un altro di Girgenti e qualche
altro. Per Racalmuto non c’è che la classe dei solfatari che è a tenersi in
guardia. Però la cittadinanza ha sempre dato braccio forte alle Autorità.
= Attriti ce ne sono?
“ Da qualche tempo in qua c’èstato qualcosa, per quistione
municipale. La reale causa è la presenza di un Gesuita Padre Nalbone il quale
ha suscitato degli attriti; si è messo a capo di un partito elettorale.
= Ci è partito clericale?
“E sì, ci è.
= Le Autorità si sono immischiate?
“ No ... Io come sindaco non mi sono immischiato, ma quando
si è trattato di questione elettorale ho dovuto prendere parte ... Qui i
carabinieri hanno poco da fare, qui li chiamano Canonici.
= L’amministrazione comunale?
“E’ in buone condizioni, debiti non ne abbiamo. Non abbiamo
altra imposta che il dazio di consumo.
= Scuole?
Le scuole elementari, e le scuole facoltative le abbiamo
avute nel passato e le scuole serali.
= Asili?
“ Niente.
= La sovrimposta?
“ La sovrimposta l’abbiamo per la costruzione delle vie.
= Opere Pie?
“ L?antico monte frumentario, oggi tradotto in Monte di
pegnorazione. Vi sono poi le congreghe che sono ricche, ho fatto di tutto per
farle tradurre in opere di beneficenza, ma non ci sono riuscito.
= Amm.ne Giustizia?
“ Non ho che osservare. E’ in regola mentreché è
importantissima questa Pretura.
= E l’affare fanciulli nelle zolfare?
“E’ questione grave, ci è l’umanità da una parte e
l’interesse economico dall’altro.
= Produce danni fisici e morali?
“ Non quanto si crede. Per le zolfare credo che ci vorrebbe
una specie di consorzio. Qui la proprietà è divisa. Tutti siamo nella commodità
generale. Per togliere l’acqua occorrerebbe potersi avvalere della costruzione
di acquedotto dei terreni sottostanti; una specie di servitù di acquedotto o
meglio consorzio.
= Ferrovie?
“ Insiste per la linea Caldaje dicendo essere utile
all’industria per lo zolfo e le saline. Dice che la strada di Racalmuto è stata
dichiarata comunale. Si sono fatte due strade intercomunali.
= Pel servizio delle imposte?
Ci sono sempre reclami, ci è deèerimento sempre e variazioni
continuee nelle miniere.
= Ricchezza Mobile, ci è vessazione?
“ Si lamenta la lungheria nella via dei reclami, a me non
consta che ci siano lagnanze per arbitrio dell’Agente. Io credo che il lamento
non è di pagare la tassa, è di avere i vantaggi che ha il resto d’Italia,
manchiamo di strade.
= Macinato?
“ Procede bene. Racalmuto è molto ossequiente alla legge.
Raccomanda la ferrovia e l’affare della strada provinciale.
Pretore Enrico Micali-Freni
= S.P.?
“ S.P. non lascia nulla a desiderare. I cittadini si
prestano grandemente in favore della S.P. per la scoverta dei reati. Giorni
addietro per uno scrocco mercè il Sindaco si seppe tutto e si procedette
all’arresto.
= Ammonizioni?
“ Ce ne sono molte. Quelli per i quali finisce il biennio
saranno rammoniti. In quanto a sorveglianza è difficile perché il numero è
esuberante.
= Quell’individuo Caloggero Morelli ritornato dal domicilio
coatto prima del tempo?
“ Non lo so. In quanto ad ammonizioni io credo che
bisognerebbe amminire meno.
= Partiti?
“ Ci è un partito che cerca spiantare l’attuale
Amministrazione. Io credo che il partito attuale stia bene al potere.
= Chi è capo del partito contrario?
“ Il fratello dell’attuale Sindaco il quale per non
comparire mette avanti il barone Tulumello.
= Altri servizi? Imposte?
“ Procedono regolarmente; le Autorità non sono ostacolate.
= Ma le campagne sono sicure?
“ Ci sono piccole grassazioni. Io feci fare degli arresti
dei sospetti ed ora stiamo bene. Sono giovanotti che lavorano molto, guadagnano,
giocano e bevono. I carabinieri sono ottimi.
Delegato di S.P.
[E’ in missione di delegato da due mesi. La S.P. è
migliorata. Parla delle piccole grassazioni e degli arresti fatti e
dell’arresto fatto per lettera di scrocco di un tale di Bagheria. La classe
intelligente aiuta le autorità. E’ tornato qualcuno dal domicilio coatto.]
= Se con condotta regolare dal loro ritorno? E Calloggero
Morelli?
“ L’adopero qualche volta come confidente, perché mi fu
raccomandato dal mio predeccesore. Sino ad ora un bel servizio non l’ha ancora
reso.
= Partiti?
“ Matrona attuale sindaco e l’altro Tulumello.
= E lei cosa crede?
“ Credo che se trionfa l’altro il bene del paese non ci
guadagnerebbe certo.
= Amministrazione della giustizia?
“ Nessun reclamo.
Bonfanti Antonio - Maresciallo dei Carabinieri
= S.P.?
“ Non è cattiva. Vi è stata qualche cosa perché ora giocano
molto. Io credo che tra gli arrestati vi siano i rei delle grassazioni. Io
questi li ho visti sempre giocare, con delle donne, anche nelle bettole.
= Ma non ci sono ammoniti?
“ Come si può? Gli ammoniti sono 61 e noi siamo pochi. Qui
l’opera della forza pubblica è facile, ci è un sindaco ottimo ed ha un partito
di ottima gente.
Dott. Diego Scibetti-Troise - Consigliere Comunale
“ Raccomando le ferrovie delle Caldaje per Canicattì.
Vorrebbero che più sorvegliata la classe dei forestieri che vengono a lavorare
in Racalmuto. Aumentare la forza per sorvegliarli e mettere le librette.
= Crede nocivo ai fanciulli il lavoro delle miniere?
“ Non soffrono molto. Si sa che il peso che portano sempre
loro nuoce. Il paese reclama che non si pensi all’Amministrazione comunale,
all’Istruzione Pubblica, non vi sono che scuole elementari, il Comune ha invece
voluto spendere a cose di lusso e fare il palazzo.
= Ma le poteva fare, non vi sono debiti?
“ Debiti non appariscono ma ci sono. Di 100.000 lire che
furono stanziate per spese se ne sono spese 87.000 per la sola casa comunale,
circa 40.000 per la casa dei carabinieri; quindi i debiti ci sono. [Dice che
sarebbe inutile la via di Favara].
= Ma le elezioni si fanno regolarmente, le liste sono ben
fatte? Che cosa può fare in questo la Commissione d’inchiesta? Si sa che il
sindaco deve avere la maggioranza; prendete voi il di sopra!
In fatti di S.P. si aiuta l’Autorità?
“ Siamo tutti uniti nell’ajutare l’Autorità, in quel caso
termina ogni idea di partito. Ma nel Consiglio ci vorrebbe altri.
= Che?
“ Io ritengo di sì. La pretura, il delegato, i carabinieri
fanno il loro dovere.
= Imposte?
“ Niente ... Abbiamo ottimo esattore.
= Macinato?
“ Niente.
Carlo Lupi
= L’Amministrazione comunale?
“ Va benissimo l’amministrazione comunale perché il sindaco
è ottimo.
= S.P.?
“ Nell’interno è ottima ma nelle campagne ci è qualcosa.
= Le ammonizioni procedono bene?
“ Sì.
= I carabinieri?
“ Ottimi.
= Elezioni, imposte?
“ Niente
= A’ altro da dire?
“ [Parla del Matrona fratello del sindaco che è un
clericale, nemico di ogni progresso.
= Ma per la casa ci è debito?
“ No.
= E’ forte il partito Matrona?
“ Non tanto ... Il Matrona ed il gesuita che venne qui,
hanno cercato minare il paese. Il Matrona accusa il Municipio di aver fatta la
strada comunale per andare commodamente al suo podere.
= Ma si lagna il partito contrario per la mancanza di scuola
tecnica?
“ La scuola tecnica non avrebbe che un solo allievo.
L’avevamo e la togliemmo per mancanza di allievi.
= La scuola elementare quanti allivi ha?
“ Oggi sono dodici.
Giuseppe Grillo Cavallaro
S.P.?
“ Qualche cosa succede raramente.
= Imposte?
“ Niente a deplorare.
= Partiti?
“ Sì per ambizione.»
Pubblicato da
Calogero Taverna a 04:43
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