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futuro
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Pubblicato il 25 luglio 2008 di casarrubea
La Sicilia, diceva Goethe, è un luogo da dove puoi capire meglio il mondo.
E aveva ragione, ma non per motivi campanilistici, visto che l’illustre
letterato era tedesco, quanto perché, a ben guardare la storia e gli uomini che
l’hanno animata, dalla capitale siciliana partono e si concludono molte vicende
umane e politiche che hanno segnato i caratteri del nostro tempo. Sono stati,
talvolta, eventi apparentemente minuti, letti con una visione localistica, e
che pertanto non ci hanno consentito di vedere più ingrandite le cose. Per
capire, trarre una lezione. La Sicilia è legata, ad esempio, alla Slovenia da
molti fatti su cui è doveroso riflettere.
Banda Collotti: un
modello di banda anticomunista operativa nell'area di Trieste. Costituisce un
precedente della banda Giuliano nella Sicilia di Messana, già questore di
Lubiana (1941-'42). La foto mi é stata gentilmente fornita dalla storica
triestina Claudia Cernigoi.
Legami che scopri se ti metti a fare il Marlowe della situazione, su una
pista precisa, come un segugio. Basta un nome: Ettore Messana, siciliano di
Racalmuto, classe 1888, di professione ufficiale di polizia. Nel 1919 lo
troviamo impelagato nella strage di Riesi. Tiene “a battesimo”, a modo suo, le
lotte contadine. Venti morti. Poi si specializza nel ventennio nero, grazie
all’appoggio che gli forniscono uomini dell’apparato come Ciro Verdiani e
Giuseppe Gueli, che di polizia e di spionaggio se ne intendono più dello stesso
ministro fascista Buffarini Guidi. Nell’aprile del 1941 la sua carriera è a una
svolta. Le truppe italo-tedesche invadono il Regno di Jugoslavia e l’Italia si
annette gran parte della Slovenia. Messana diventa questore di Lubiana tra
l’aprile del 1941 e il maggio 1942, per poi svolgere la stessa carica a Trieste
(1942-1943) fino alla destituzione di Mussolini. Il questore non è uno
qualsiasi. Il suo nome compare in un elenco di 35 ricercati per crimini di
guerra. Aveva scatenato una lotta feroce contro gli sloveni, una crociata che
portò lo Stato fascista ad una decisione abominevole: la creazione di decine di
campi di concentramento per sloveni, sparsi tra l’Italia, e la Dalmazia. Vi
trovarono la morte migliaia di civili, uomini, donne e bambini, stroncati dalla
fame e dalle malattie. Solo a Gonars di morti se ne contarono 500 in un anno.
Il folle obiettivo di Mussolini era snazionalizzare gli sloveni e renderli
“civili” e italiani. Nel “sacro” nome di duemila anni di civiltà romana.
Pulizia etnica allo stato puro. A tracciare un profilo del Messana è la
Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra, su indicazione del
governo jugoslavo. Era il 1945 quando questo signore, sul quale pendevano gravi
atti di accusa minuziosamente documentati, anziché essere incarcerato dal
secondo governo di Ivanoe Bonomi (che aveva Alcide De Gasperi agli Esteri e lo
stesso presidente del Consiglio agli Interni) fu promosso ispettore generale di
pubblica sicurezza in Sicilia. Diventò il referente principale della banda
Giuliano e di Salvatore Ferreri, inteso Fra’ Diavolo. Due giovanotti che non
erano montanari che “tenevano passo” nel palermitano, come ci hanno voluto fare
credere rotocalchi e cinegiornali di cinquant’anni fa. Provenivano dritti
dritti dall’eversione nera di Salò, i cui simboli erano le teste di morto e il
gladio romano. “Nel periodo in cui fu questore a Lubiana – leggiamo in un
documento – si verificarono arresti giornalieri degli aderenti e dei simpatizzanti
del Fronte di Liberazione (Osvobodilna Fronta: OF). Si sparava agli sloveni
senza motivo e la causa delle morti si attribuiva alle loro fughe. […] Ettore
Messana è responsabile della fucilazione dei primi ostaggi nel periodo che va
dal 1 maggio 1942 (quando vennero fucilati Siper e Gasperlin) fino alla sua
partenza da Lubiana […]”.
Il 1947 fu l’anno che chiuse la carriera di questo poliziotto potente e
oscuro, che era iniziata nel biennio rosso. Nel 1945 pensava alla pensione e a
qualche pellegrinaggio al suo santo protettore che l’aveva transitato incolume
alla nuova Repubblica democratica. Ma dall’alto arrivarono altri segnali.
Qualcuno gli ordinò di restare in carriera, ora che il nuovo pericolo si
chiamava “comunismo”. Operò in un momento delicato, in quegli anni turbolenti
di lotte contadine e di speranze di pace. In apparenza era il banditismo il
nemico da battere. Ma guarda caso, i fuorilegge dell’isola vissero il loro
periodo migliore e il movimento democratico finì nella polvere. E ci furono due
stragi terribili, il battesimo di fuoco della neonata Repubblica: Portella
della Ginestra e gli assalti alle Camere del Lavoro. Tornavano in auge i
criminali metodi attuati durante la guerra, quando a Trieste la banda Collotti
infieriva contro comunisti e dissidenti sotto l’occulta regia delle autorità
nazifasciste. Uno squadrone della morte al servizio dello Stato. Un comunista
come Li Causi non ebbe peli sulla lingua e accusò Messana di essere proprio lui
il “capo del banditismo politico” nell’isola. E forse alla banda triestina
pensava anche il capomafia di Monreale don Calcedonio Miceli, quando al
processo di Viterbo, interrogato dal presidente del tribunale su Giuliano, ebbe
a dire che il “re di Montelepre” era il capo di un “plotone di polizia”. Per
nostra fortuna, non era solo un boss ad avere una simile opinione. Tant’è che
in un rapporto segreto del Servizio Informazioni e Sicurezza (Sis), scritto
nell’immediato dopoguerra, leggiamo: “ Alla questura di Lubiana si eseguivano
torture. Il ten. Scappafora dirigeva le operazioni di tortura, mentre il
questore Messana esortava personalmente gli aguzzini ad infierire contro le
vittime. […] Messana era considerato uno dei maggiori carnefici.” E, a
proposito dell’assassinio del grande dirigente sindacale di Sciacca, Accursio
Miraglia (4 gennaio 1947), in un lungo rapporto della questura di Agrigento si
evidenziano, nel dettaglio, le gravi lacune nella conduzione delle indagini:
“Non si ebbe intuito felice – scrive il funzionario – nelle indagini dirette a
far luce sul delitto, essendo state queste iniziate e proseguite con leggerezza
e superficialità ed in direzione prefissata”.
Una figura da incubo, insomma, quella di Messana, tanto più che passò
indenne dagli orrori del nazifascismo a rappresentante di primissimo piano
delle forze dell’ordine della Repubblica italiana.
La Slovenia è una terra martire, come la Sicilia, e tutti gli altri luoghi
dove la virulenza del fascismo che non voleva morire, fece stragi dei
lavoratori in festa o in lotta per i loro diritti. L’Archivio di Lubiana
contiene una sezione speciale costituita dai fondi Kraljeva Kuestura,
Carabinieri Reali, Alto Commissariato. I Carabinieri furono un’organizzazione
militare e politico-spionistica negli anni della Resistenza jugoslava che più da
vicino ci interessano (1941-1943). Così sappiamo di numerosi attentati contro
la Milizia confinaria, alla quale erano state assegnate le “camicie nere
d’assalto”, e dei militari italiani che procedevano a sistematici
rastrellamenti di villaggi e popolazioni slave. Per l’aggressione al ponte sul
fiume Lubljanika furono consegnati al Tribunale militare di guerra della
Seconda Armata, 48 detenuti. Degli arrestati, 28 furono condannati a morte. Per
tale esemplare azione Mussolini propose che a Messana e a Raffaele Lombardi,
maggiore dei CC.RR., fosse conferita la Commenda dell’ordine dei SS. Maurizio e
Lazzaro e il cavalierato dello stesso Ordine.
Con la destinazione di Messana a capo della questura di Lubiana,
l’attenzione verso gli antifascisti si fece sistematica e minuziosa. Furono
perseguitati gli ex arruolati nelle milizie rosse spagnole, i comunisti
precedentemente schedati che si trovavano a fare i militari presso i vari
battaglioni di stanza in Slovenia, i confinati politici. L’accanimento contro
gli sloveni, identificati tout court con i “comunisti”, è dimostrato
dalla presenza di veri e propri squadroni della morte che avevano il compito,
al di fuori delle vie ordinarie imposte dallo Stato di occupazione militare, di
eliminare in modo brutale i capi o gli elementi ritenuti pericolosi del fronte
di Resistenza. Così alle ore 14,30 del 4 dicembre 1941 lo studente ventitreenne
di Kranj, Francesco Emmar, fu ucciso con due colpi di pistola alla testa
sparatigli da uno sconosciuto in bicicletta. I casi come questo sono
innumerevoli ed è proprio difficile che si trattasse di una intensificazione
dei fenomeni di criminalità comune nel periodo della gestione del Messana e
dell’Alto Commissario Emilio Grazioli, anche lui nell’elenco dei criminali di
guerra. Antonio Melec, 21 anni di Pograje (Venezia Giulia) fu ucciso a Lubiana
il 28 dicembre 1941. Il suo cadavere fu trovato nei pressi del cimitero di
Grovlje. Presentava cinque colpi di arma da fuoco: quattro alla schiena e uno
alla nuca. Il numero rilevante delle persone uccise perché ufficialmente “in
fuga” o perché non si sarebbero fermate all’intimazione dell’alt, nasconde, in
realtà un piano criminale che costituì l’espediente di cui si servirono le
truppe di occupazione e i fascisti italiani nella Jugoslavia invasa, per
giustificare l’eliminazione di ogni focolaio di Resistenza, il peggiore incubo
del Messana. Questi eccidi, come quelli compiuti dall’imperialismo fascista in
Libia, Etiopia, Albania, Croazia, Grecia, Dalmazia, Spagna e Montenegro sono
stati rimossi dalla memoria collettiva degli italiani. Ma pesano sulla nostra
coscienza come una delle pagine più tristi e vergognose della storia del
Novecento. Ma tanto – si sa – ci si adagia sul falso mito degli “Italiani brava
gente”, col cuore in mano, tra canti, spaghetti e mandolini. Come in un brutto
film in bianco e nero degli anni Cinquanta.
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La Resistenza antifascista in Slovenia e l'ispettore
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Giuliano, braccio armato degli UsaIn
"bandito Giuliano"
Informazioni
su casarrubea
Ricercatore storico. E' impegnato da
anni in studi archivistici riguardanti soprattutto i servizi segreti italiani e
stranieri. Ha pubblicato i risultati delle sue indagini con le case editrici
Sellerio e Flaccovio di Palermo, Franco Angeli e Bompiani di Milano.
Questa voce è stata pubblicata in SAGGI e contrassegnata con Ettore Messana, fascismo,
stragi del '47. Contrassegna il permalink.
5 risposte a L’ispettore Ps, l’Italia
fascista e il battesimo della Repubblica
1.
angelo
ficarra ha detto:
A
Giuseppe Casarrubea
Bisogna insistere. Non arrendersi.
E’ necessario resistere. Non stancarsi di comunicare, di gridare la verità. Inventarsi sempre vie nuove di comunicazione. Non avere timore di ripetersi.
Recuperare una memoria di massa è l’unica via per costruire una democrazia.
Un abbraccio resistente
Angelo Ficarra
Bisogna insistere. Non arrendersi.
E’ necessario resistere. Non stancarsi di comunicare, di gridare la verità. Inventarsi sempre vie nuove di comunicazione. Non avere timore di ripetersi.
Recuperare una memoria di massa è l’unica via per costruire una democrazia.
Un abbraccio resistente
Angelo Ficarra
2.
Giuseppe
Bellavia Messana ha detto:
Il
mio è di certo un commento di parte essendo io, per parte di madre, un
pronipote dell’ Ispettore Messana.
Sono anche io un Messana della terra di Racalmuto dove la mia famiglia ha sempre contrasto le opere e gli intenti della Mafia. Io stesso mi trovo in “esilio” nella terra Piemontese per avere puntato il dito contro i mafiosi del Paese dove con la mia famiglia ho abitato. Sono un “comunista” convinto, ma questo non mi fa dimenticare le mie origini e la tradizione della mia famiglia.
Nel lontano ‘800 i miei avi, Don Luigi e i suoi due fratelli Don Serafino e Don Biaggio, diedero un forte freno al Banditismo. A tal proposito legga l’opera di Don Serafino Messana sull’ argomento o i bellissimi racconti che ne fanno Eugenio Napoleone Messana e Leonardo Sciascia.
E’ vero i Messana nel ‘900 furono fascisti, ma tutti i notabili dell’ epoca lo furono. Quindi ,mi faccia capire, dov’ è la colpa ?
La Professoressa Elettra Messana, cugina in primo grado dell’ Ispettore Messana, fu Fiduciaria dei Fasci e neanche lei venne epurata, infatti continuò indisturbata la sua opera di insegnante nell’ Istituto Magistrale Politi di Agrigento. Per i suoi meriti e cultura è stata anche isignita dell’ onorificenza della Medglia d’argento per la Cultura in piena Repubblica.
Mio nonno Don Luigi Messana Cavallaro, il Don Ferdinando delle “Parrocchie di Regalpetra” di Leonardo Sciascia, fu fascista, anche se non volle mai ricoprire mai cariche pubbliche.
Ma è anche vero che all’ Ispettore Messana fu messo il bavaglio del silenzio e la sua esistenza si è conclusa nell’ anonimato e nell’ indifferenza.
La sua stessa Racalmuto oggi non se ne ricorda più.
Ma dargli del criminale di guerra, supporre una sua presunta responsabilità sulla strage di Portella delle Ginestre, additarlo come una sorta di mostro mi pare eccessivo.
Come si può giudicare l’ opera e l’ operato di un uomo dopo che il contesto in cui egli si è mosso non esiste più ? Come si può comprenderne l’ opera senza conescere l’ uomo e il contesto in cui questo ha operato ?
Con le mie parole non voglio giustificare gli errori e gli orrori del mio prozio, sempre che le fonti siano corrette e attendibili. Ma voglio, pretendo ed esigo che si dia all’ uomo uno spazio che è dovuto.
Nella settecentesca casa dei Messana dove io ho vissuto gli anni felici della mia infanzia, lo zio Ettorino, come lo si chiamava in famigli, era un mito, una persona detta giusta e dedita al servizio con dedizione, stima, coraggio.
Sul caso Giuliano, sulla storia di frà Diavolo, su tutte le vicende dello zio si è sempre parlato e in modo diverso da come Lei ha scritto sul suo saggio.
Una foto di lui con De Gasperi è stata sempre esposta nel salotto buono della casa.
Già il Messana ritratto insieme al De Gasperi.
Ed è anche su questo fronte che dovrebbero muoversi le sue ricerche e i suoi studi. Sulla istituzionalizzazione del connubio tra mafie e poteri di cui il Messana rappresenta forse uno degli aspetti più eclatanti, da quello che si evince dalla sua opera, ma non di certo il solo o la triste eccezione.
E comunque mi permetta di sottolinearglielo, il Messana non è stato un mafioso .
Sui presunti arricchimenti, Le sottolineo che i Messana hanno goduto di ingenti ricchezze legate allo sfruttamento delle miniere e alle rendite di feudi che la famiglia ha sempre avuto fin dal lontano 1700.
Risultano imparentati con gli Spinola e i Del Carretto, con i Savatteri, i Nalbone, i Salvo, i Cavallaro, i Baroni Tulumello. Hanno avuto rapporti di amicizia con Crispi, Zanardelli, Imborgone.
I censi, le gabelle, le rendite e l’ ingente patrimonio di famiglia che proviene da una storia plurisecolare di Nobiltà e cultura, dalla antichissima tradizione di medici e aromatari, cioè farmacisti. Infatti la famiglia risulta iscritta anche nel “Libro d’ oro della nobiltà siciliana” .
Il potentato Messana e Matrona, legga per favore l’ opera di Leonardo Sciascia, ha fatto di Racalmuto, nel passato, uno dei Paesi di più grande lustro dell’ Agrigentino.
I Messana hanno dato poeti, storiografi, persone di lustro e di cultura, mai mafiosi.
Dette queste cose La saluto e mi aguro si possa creare tra noi due un rapporto di studi, ricerche, di informazioni che forse non cambieranno la sua visine della storia dell’ Ispettore Messana, ma di certo faranno emergere l’ uomo di cui Lei si è totalmente dimenticato.
Sono anche io un Messana della terra di Racalmuto dove la mia famiglia ha sempre contrasto le opere e gli intenti della Mafia. Io stesso mi trovo in “esilio” nella terra Piemontese per avere puntato il dito contro i mafiosi del Paese dove con la mia famiglia ho abitato. Sono un “comunista” convinto, ma questo non mi fa dimenticare le mie origini e la tradizione della mia famiglia.
Nel lontano ‘800 i miei avi, Don Luigi e i suoi due fratelli Don Serafino e Don Biaggio, diedero un forte freno al Banditismo. A tal proposito legga l’opera di Don Serafino Messana sull’ argomento o i bellissimi racconti che ne fanno Eugenio Napoleone Messana e Leonardo Sciascia.
E’ vero i Messana nel ‘900 furono fascisti, ma tutti i notabili dell’ epoca lo furono. Quindi ,mi faccia capire, dov’ è la colpa ?
La Professoressa Elettra Messana, cugina in primo grado dell’ Ispettore Messana, fu Fiduciaria dei Fasci e neanche lei venne epurata, infatti continuò indisturbata la sua opera di insegnante nell’ Istituto Magistrale Politi di Agrigento. Per i suoi meriti e cultura è stata anche isignita dell’ onorificenza della Medglia d’argento per la Cultura in piena Repubblica.
Mio nonno Don Luigi Messana Cavallaro, il Don Ferdinando delle “Parrocchie di Regalpetra” di Leonardo Sciascia, fu fascista, anche se non volle mai ricoprire mai cariche pubbliche.
Ma è anche vero che all’ Ispettore Messana fu messo il bavaglio del silenzio e la sua esistenza si è conclusa nell’ anonimato e nell’ indifferenza.
La sua stessa Racalmuto oggi non se ne ricorda più.
Ma dargli del criminale di guerra, supporre una sua presunta responsabilità sulla strage di Portella delle Ginestre, additarlo come una sorta di mostro mi pare eccessivo.
Come si può giudicare l’ opera e l’ operato di un uomo dopo che il contesto in cui egli si è mosso non esiste più ? Come si può comprenderne l’ opera senza conescere l’ uomo e il contesto in cui questo ha operato ?
Con le mie parole non voglio giustificare gli errori e gli orrori del mio prozio, sempre che le fonti siano corrette e attendibili. Ma voglio, pretendo ed esigo che si dia all’ uomo uno spazio che è dovuto.
Nella settecentesca casa dei Messana dove io ho vissuto gli anni felici della mia infanzia, lo zio Ettorino, come lo si chiamava in famigli, era un mito, una persona detta giusta e dedita al servizio con dedizione, stima, coraggio.
Sul caso Giuliano, sulla storia di frà Diavolo, su tutte le vicende dello zio si è sempre parlato e in modo diverso da come Lei ha scritto sul suo saggio.
Una foto di lui con De Gasperi è stata sempre esposta nel salotto buono della casa.
Già il Messana ritratto insieme al De Gasperi.
Ed è anche su questo fronte che dovrebbero muoversi le sue ricerche e i suoi studi. Sulla istituzionalizzazione del connubio tra mafie e poteri di cui il Messana rappresenta forse uno degli aspetti più eclatanti, da quello che si evince dalla sua opera, ma non di certo il solo o la triste eccezione.
E comunque mi permetta di sottolinearglielo, il Messana non è stato un mafioso .
Sui presunti arricchimenti, Le sottolineo che i Messana hanno goduto di ingenti ricchezze legate allo sfruttamento delle miniere e alle rendite di feudi che la famiglia ha sempre avuto fin dal lontano 1700.
Risultano imparentati con gli Spinola e i Del Carretto, con i Savatteri, i Nalbone, i Salvo, i Cavallaro, i Baroni Tulumello. Hanno avuto rapporti di amicizia con Crispi, Zanardelli, Imborgone.
I censi, le gabelle, le rendite e l’ ingente patrimonio di famiglia che proviene da una storia plurisecolare di Nobiltà e cultura, dalla antichissima tradizione di medici e aromatari, cioè farmacisti. Infatti la famiglia risulta iscritta anche nel “Libro d’ oro della nobiltà siciliana” .
Il potentato Messana e Matrona, legga per favore l’ opera di Leonardo Sciascia, ha fatto di Racalmuto, nel passato, uno dei Paesi di più grande lustro dell’ Agrigentino.
I Messana hanno dato poeti, storiografi, persone di lustro e di cultura, mai mafiosi.
Dette queste cose La saluto e mi aguro si possa creare tra noi due un rapporto di studi, ricerche, di informazioni che forse non cambieranno la sua visine della storia dell’ Ispettore Messana, ma di certo faranno emergere l’ uomo di cui Lei si è totalmente dimenticato.
Giuseppe
Bellavia Messana
Ancora,
nella sua opera non trovo riferimenti alla terza occulta presenza, la Chiesa ed
i suoi Prelati. Molte delle terre che i contadini tentarono di prendere erano
di proprietà degli antichissimi Vescovati di Sicilia. Lei non parla dell’
appoggio della Chiesa alla Mafia. Come mai ?
Parla della strage di Riesi.
Parla della strage di Riesi.
3.
vincenzo
de geronimo ha detto:
Gentile
Sing. Messana
Non sono uno storico, ma indubbiamente una persona alla quale piace leggere. Mi farò carico di provare a leggere alcune delle opere da lei citate.
Mi preme comunque ricordare che del ruolo della Chiesa, Cassaubea, ne parla nel suo Lupara Nera. Dove emerge con sufficiente chiarezza, l’ambiguità della “chiesa temporale” nei fatti che seguirono la caduta del fascismo. Per quanto riguarda il questore Messana il suo nome l’ho ritrovato più di una volta. E sicuramente in Denis Mack Smith e in “Giuliano e lo Stato” (vado a memoria voglia perdonare qualche inperfezione). Il fatto che i “potenti” fossero tutti fascisti e che il fascismo fosse “totalitario” nell’Italia del ventennio non riduce il peso delle responsabilità di coloro che vi aderirono e ne sostennero attivamente la barbarie. Anche io, come molti siciliani, posso “vantare” la mia discendenza da una nobiltà in gran parte fascista. Ma le scelte di chi mi ha preceduto e, oggi per tradizione, di molte persone a me vicine non sono accettabili e giustificabili di fronte alla serena visione di quello che fu il ventennio fascista e della nostra attuale drammatica situazione politica. Proprio quel’intreccio di sostegni e solidarietà fra famiglie, oggi tramutato in intreccio di interessi economici ha portato la nostra regione ad esprimere politicamente una classe che vanta costanti legami e partecipazione con la Mafia. Dobbiamo avere il coraggio di distinguere gli affetti familiari (leggittimi e romantici) dalle scelte politiche e sociali. Lei si è definito comunista. Mi auguro che sia una convinzione profonda. La condanna storica (purtroppo rimane solo questa) del questore Messana, a mio avviso è indispensabile oltre che legittima. Reuperare, per quano possibile la memoria storica di un uomo che non incarna da solo “il male”, ma ne è semplicemente parte ed ingranaggio è un altra faccenda. Auspicabile per la comprensione di una parte della storia d’Italia che oggi iniziamo a leggere sostanzialmente grazie alla desecretazione di documenti provenienti dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra, ma che l’Italia continua a dissimulare e nascondere. Con la ferma volontà di non volere fare ancora chiarezza su una delle pagine più tristi della storia dell’umanità.
Non sono uno storico, ma indubbiamente una persona alla quale piace leggere. Mi farò carico di provare a leggere alcune delle opere da lei citate.
Mi preme comunque ricordare che del ruolo della Chiesa, Cassaubea, ne parla nel suo Lupara Nera. Dove emerge con sufficiente chiarezza, l’ambiguità della “chiesa temporale” nei fatti che seguirono la caduta del fascismo. Per quanto riguarda il questore Messana il suo nome l’ho ritrovato più di una volta. E sicuramente in Denis Mack Smith e in “Giuliano e lo Stato” (vado a memoria voglia perdonare qualche inperfezione). Il fatto che i “potenti” fossero tutti fascisti e che il fascismo fosse “totalitario” nell’Italia del ventennio non riduce il peso delle responsabilità di coloro che vi aderirono e ne sostennero attivamente la barbarie. Anche io, come molti siciliani, posso “vantare” la mia discendenza da una nobiltà in gran parte fascista. Ma le scelte di chi mi ha preceduto e, oggi per tradizione, di molte persone a me vicine non sono accettabili e giustificabili di fronte alla serena visione di quello che fu il ventennio fascista e della nostra attuale drammatica situazione politica. Proprio quel’intreccio di sostegni e solidarietà fra famiglie, oggi tramutato in intreccio di interessi economici ha portato la nostra regione ad esprimere politicamente una classe che vanta costanti legami e partecipazione con la Mafia. Dobbiamo avere il coraggio di distinguere gli affetti familiari (leggittimi e romantici) dalle scelte politiche e sociali. Lei si è definito comunista. Mi auguro che sia una convinzione profonda. La condanna storica (purtroppo rimane solo questa) del questore Messana, a mio avviso è indispensabile oltre che legittima. Reuperare, per quano possibile la memoria storica di un uomo che non incarna da solo “il male”, ma ne è semplicemente parte ed ingranaggio è un altra faccenda. Auspicabile per la comprensione di una parte della storia d’Italia che oggi iniziamo a leggere sostanzialmente grazie alla desecretazione di documenti provenienti dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra, ma che l’Italia continua a dissimulare e nascondere. Con la ferma volontà di non volere fare ancora chiarezza su una delle pagine più tristi della storia dell’umanità.
Il
grosso limite del professore Casarubea, è quello di nutrirsi di un antifascismo
becero e antistorico e come non bastasse maniacale; merce avariata, che
impedisce di ragionare e di vedere le cose giuste nella loro ampiezza. Basti
dire che ignora sistematicamente due grandi figli della Trinacria:Giovanni
Gentile ed Ettore Maiorana. Il primo fu il più grande filosofo del novecento,
ammirato anche da Gramsci, rifondatore della scuola normale superiore di Pisa,
autore della più grande riforma scolastica di tutti i tempi; assassinato dai
partigiani, per la sua eroica scelta di militare nella RSI (la vera
resistenza).Il secondo che a detta di Enrico Fermi, fu uno scienziato al pari
di un genio del livello di Keplero, fu apertamente filo nazista e collaborò con
gli scienziati tedeschi al programma nucleare. Fu fatto sparire probabilmente
dai servizi segreti angloamericani, conoscendo i suoi convincimenti e la sua
scelta politica in un ambiente ( i ragazzi di via Panisperna a Roma) che
pullulava di ebrei antifascisti.Maiorana che si fece assegnare dall’albergo
napoletano, ove dimorava, una stanza che si affacciava sulla via ove sfilò
Hitler, durante la sua visita ufficiale, non merita un rigo dal professore,
impegnato a riesumare cadaveri di siciliani, senza onore e senza dingnità, ma
rigorosamente antifascisti.
Non capisco cosa
c’entri l’ispettore di Ps Ettore Messana con Giovanni Gentile ed Ettore
Maiorana: due personaggi che mi hanno sempre interessato per la loro levatura e
per l’interesse che hanno sempre suscitato in me. Non capisco pertanto le sue
considerazioni. Ma è un mio limite.
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