La
relazione - un vero e proprio resoconto di un propagandista del fascismo - è
comunque perspicua per chiarezza, esaustività, penetrazione dell’ambiente
socio-politico. Il Reale doveva avere entrature preferenziali a Roma - anche in
ambito della direzione del P.F. - se può accennare, in conclusione, alla
eventualità - che poi si verificherà appieno - della venuta ad Agrigento di
“elementi autorevolissimi”. E saranno costoro a cambiare il volto del fascismo
agrigentino.
Frattanto,
valga il prospetto del prefetto Reale, ai nostri fini molto significativo
perché stranamento vi è omesso totalmente il paese di Racalmuto che in questa
ricerca è il nostro oggetto di studio.
«Provincia
di Girgenti
1°) - Comuni nei quali i Fasci
hanno una posizione dominante: (su un totale di 41)
Casteltermini
- Siculiana - Porto Empedocle - Sciacca - Caltabellotta - Santa Margherita -
Sambuca - Menfi - Montevago - Calamonaci - Campobello di Licata - Camastra -
Ribera - Licata - Naro - Canicattì (n.°
16)
2°) -Comuni nei quali esistono dei Fasci, sui quali non è
ancora possibile fare sicuro assegnamento, ma la cui situazione migliora
giornalmente:
Cammarata
- S. Giovanni Gemini - Castrofilippo - Grotte - Bivona - S. Stefano Quisquina -
Villafranca - Palma Montechiaro - Ravanusa - Realmonte - Montallegro -
Alessandria Rocca - Favara - Cattolica - S. Biagio Platani - Raffadali (n.° 17:
in
effetti sono sedici: il dattilografo omise di battere forse Racalmuto per mero
errore. Se aggiungiamo questo paese torna il totale di n. 41 centri
dell’agrigentino, n. d.r.)
3°) - Comuni dove il Fascismo non ha ancora presa,
specialmente perché combattuto dalla mafia:
Comitini -
Burgio - Lucca Sicula - Cianciana - S. Angelo - Aragona A Lampedusa, data la
grande distanza, e la difficoltà delle comunicazioni marittime (una volta alla
settimana) nulla si è potuto ancora fare.
4°) -
Girgenti - Situazione non buona, ma discreta, a motivo della esistenza degli
Stati Maggiori - attivissimi - dei partiti Riformista (che fa capo all’On. La
Loggia), Popolare (che fa capo al prosindaco Gr. Uff. Sclafani e all’On.
Fronda), e dei residui del partito Demo-Sociale (On. Pancamo e Guarino). I
primi due, specialmente difendono ostinatamente le proprie posizioni.
Fra giorni si verificherà la crisi nell’Amministrazione
Comunale Popolare-Riformista.
Molto vi sarà da guadagnare pel Fascismo se il R.
Commissario che verrà prescelto saprà lavorare bene e risanare moralmente e
finaziariamente il Comune.»
Il
prefetto Reale, alla fine dell’anno, diviene un vero e proprio fiduciario del
fascismo. Ecco, a dimostrazione, quanto scrive all’On. Avv. Francesco Giunta -
Segretario Generale del Partito Naz. Fascista - in data 11 dicembre 1923:
«Situazione
del Fascismo nella Provincia di Girgenti
Ottemperando allo incarico da V.S. On. Affidatomi a Siracusa
di vigilare e seguire da vicino il Fascismo in questa Provincia, pregiomi
riferire quanto segue:
E’
continuata più attiva che mai la ingerenza del Grande Uff. Sacerdote Sclafani, capo del Partito Popolare
nell’organizzazione del fascismo Provinciale.
Alla
lettera originale a firma sac. Sclafani in data 25 ottobre, da me mostratale a
Siracusa, con cui egli offriva l’incarico di costituire un Fascio in Comitini
(dove non era stato possibile finora la sua costituzione trattandosi di un
comune infestato dalla mafia) ad un tale Dr. Bongiorno, congiunto di un capo
della mafia locale, si sono aggiunti altri gravi elementi.
E’
infatti in mio potere una dichiarazione del Maggiore Cav. Orestano R.
Commissario di Palma, con cui attesta che il Sac. Sclafani inviò una lettera
analoga al Sac. Zimmili per richiedere “il nome di persona fidata al P.P. da
far passare subito al Fascismo e da incaricare della ricostituzione di quel
Fascio”.
E’
pure in mio potere un rapporto del Colonnello Sindico, R. Commissario di
Raffadali, col quale mi informa che a costituire il fascio di Joppolo “fu
incaricato certo Onorio Sacco, alter ego del Sac.
Camilleri, capo del P.P. che egli dirige secondo gli intendimenti di Padre
Sclafani”.
E
non più tardi di ieri ho potuto constatare de visu perché mi trovavo sul posto, un abboccamento tra il Sac. Sclafani e il
Sindaco di Porto Empedocle. Da informazioni certe mi risulta che lo Sclafani
d’accordo col detto Sindaco intende di riorganizzare quella Sezione Fascista,
per asservirla ai suoi fini.
E
non posso passare sotto silenzio un episodio che non conferì certo serietà
all’azione del Fiduciario nella riorganizzazione del Fascio di Sciacca.
Giova
premettere che egli anziché seguire le direttive opportunamente dategli da V.S.
On., di “lasciare in disparte gli elementi dei vecchi partiti” incaricò della
costituzione del fascio di Sciacca, fra gli altri l’avv. Giuseppe Imbornone di
oltre 60 anni che mai era stato Fascista, bensì era in quest’ultimo
periodo, riformista tanto che aveva nello scorso anno partecipato ad un
banchetto in onore dell’On. La Loggia.
A
prescindere dal fatto che l’Imbornone era stato candidato politico bocciato per
due volte, la sua scelta era inopportuna perché cognato e suocero rispettivamente di
Corrado Turano e vella Gaetano, l’uno detenuto nelle Carceri di Sciacca, come
capo di una vasta associazione a delinquere; l’altro espluso dal Fascismo
perché affiliato alla maffia consenziente il Fiduciario Provinciale.
L’Avv.
Calogero Guarino, capitano degli Arditi, decorato e ferito, essendosi dimesso dalla Commissione di reggenza per protestare
contro l’infiltrazione popolare, voluta dagli altri due membri riceveva da Girgenti un telegramma a
firma Dima con cui si accettavano le sue dimissioni, e quasi simultaneamente ne
riceveva un altro da Roma, a firma dello stesso Ing. Dima che gli riconfermava
lo incarico.
Tali
provvedimenti contraddittorii, oggetto di salaci commenti, valsero a dimostrare
che a Girgenti qualcuno sostituisce il Dima, e dà importanti disposizioni senza
neanche interpellarlo. Inutile ripetere chi possa essere questo qualcuno.
E
così a Sciacca in luogo della Sezione sorta nel 1920 esiste ora un piccolo
Fascio trucco composto prevalentemente di popolari.
A
Menfi, altro centro dove i combattenti e i mutilati, organizzati sin dal 1919,
si erano trasfusi nel Fascismo, fu incaricato della reggenza, insieme ad altre
figure insignificanti, il Gr. Uff. Bivona, di 75 anni, il quale nelle elezioni
del 1919 distribuì i voti di cui disponeva fra la lista di Nitti e quella di
Don Sturzo; nel 1921 li diede alla lista Verderame, voti annullati dalla Giunta
delle Elezioni per corruzione. Nel 1922, il Bivona fu successivamente
riformista (La Loggiano) e popolare (Sturziano). Ora è a capo del Fascismo di
Menfi, dove fece nominare Segretario Politico Berto Ravedà, intimo congiunto
del Segretario Provinciale del P.P. Sturziano Avv. Molinari.
A
Licata il Fiduciario Provinciale dopo avere tolto l’incarico al signor Ettore
Sapio amico e parente dell’On. Verderame lo affidò ad una Commissione di
Reggenza alla quale pure lo tolse per riaffidarlo al Sapio.
Ciò,
nel giro di pochi giorni, ha arrecato grave pregiudizio al partito anche perché
è notorio che l’Ing. Dima aveva chiesto al Generale Starace, l’espulsione del
Sapio per indegnità.
La
Sezione Fascista di Licata è ora una
succursale del partito riformista, che, è bene si sappia, in questa Provincia
fa causa comune coi popolari.
Analoghe
repentine metamorfosi si verificarono a Bambuca di Sicilia.
In
taluni Comuni della Provincia, refrattari al Fascismo perché completamente
asserviti alla maffia (Cianciana - Burgio - Aragona - Comitini - Favara) non
era stato possibile - anche perché io mi ero opposto risolutamente - costituire
dei Fasci. In queste ultime settimane, all’unico scopo di procurarsi segretari
politici disposti a votare per la sua rielezione il Fiduciario fece sorgere per
incanto delle sezioni Fasciste, composte di elementi apertamente devoti all’On.
La Loggia, o al partito popolare.
Il
Fiduciario Provinciale, sapendo della mia opposizione ad un Fascismo così
impuro ed equivoco, non mi avvertì neppure della costituzione di questi Fasci.
Le
elezioni compiute per la ricostituzione dei direttorii, tranne che a Girgenti
nella prima votazione durante la mia assenza, sono procedute ordinate, senza
dar luogo a incidenti o proteste. Specialmente la seconda votazione a Girgenti
si svolse calmissima.
I
risultati finora furono i seguenti:
1°)
A Girgenti riuscì la lista dei vecchi fascisti con carattere di opposizione al
Fiduciario Provinciale.
2°)
A Canicattì riuscì una lista ostile al Fiduciario Provinciale composta quasi
tutta di ex Ufficiali combattenti e decorati con a capo il valoroso Generale
Gangitano più volte decorato al valore e ferito.
3°)
A Porto Empedocle riuscì una lista degli elementi uscenti, fascisti di vecchia
data, contrarii al Fiduciario.
Vi
furono anche elezioni in comuni di minore importanza: Casteltermini, Bivona,
Siculiana e Palma con risultati var. In complesso però si è creata una
situazione artificiosa specie in queste ultime settimane per effetto della
sovrapposizione degli elementi popolari, riformisti, alla gerarchia Fascista.
I
maggiorenti demosociali si mantengono per lo più inattivi nella incertezza
dell’atteggiamento da assumere di Fronte al Governo Fascista. Una
organizzazione veramente forte e seria del Fascismo, ne potrebbe diminuire di
molto l’efficienza. Le Sezioni di vecchia data, in gran parte ostili al
Fiduciario Prov. Intendono affermarsi sul nome del predetto Generale Gangitano,
come Segretario Politico Provinciale, il quale ha sempre combattuto apertamente
la Democrazia Sociale. Per evitare questo pericolo si minacciano nuovi
scioglimenti da parte della Federazione Provinciale.
Per
conto mio, ho ritenuto conveniente mantenermi del tutto estraneo al movimento
fascista di quest’ultima fase. E ho pur dato disposizioni affinché i funzionari
dipendenti si astenessero da qualsiasi ingerenza.
Tali
direttive sono state rigorasamente osservate.
Date
le circostanze di fatto sopra riferite e delle quali potrei occorrendo dare la
documentazione, ritengo di dover confermare la proposta che ebbi l’onore di
farLe a Siracusa e cioé lo scioglimento
della Federazione Provinciale, con la nomina di una Commissione di Reggenza che
proceda ad una rigorosa revisione delle Sezioni ed il rinvio delle elezioni.
In
linea subordinata ritengo che si debba negare il riconoscimento alle Sezioni di
Comitini, Favara, Cianciana, Burgio, Bivona, Joppolo e Aragona.
Infine
per la ricostituzione delel Sezioni di Licata, Sciacca, Menfi e Sambuca, dove
le condizioni sono favorevoli allo sviluppo di un forte e sincero Fascismo,
propongo che vengano rigorasamente seguite le direttive opportunamente dalla
S.V. On. Date coll’ordine del giorno emesso a Siracisa, affidandone la
riorganizzazione a elementi estranei all’ambiente, e non asserviti ai vecchi
partiti locali.»
La
peculiarità di Agrigento di un fiduciario a capo della federazione fascista
provincila si trascinò sino al 26 gennaio 1924. Sotto tale data venne
incaricata di regge il fascismo agrigentino una Commissione Straordinaria, come
aveva proposto il prefetto Reale in via principale. Tale Commissione si resse
sino al 17 aprile 1924, quando venne eletto tal Girolamo Galatioto, che durò
sino al 4 aprile 1925. Dopo abbiamo un certo Paladino Raffaele, che a diverso
titolo, fu capo del fascismo agrigentino sino al 13 settembre 1925. Quindi è il
tempo del celeberrimo Achille Starace che fu commissario straordinario del
federazione di Agrigento dal 13 settembre 1925 al 17 maggio 1926. Il 17 maggio
1926 subentra l’On. Angelo Abisso: esso è il federale di Agrigento sino al 29
dicembre 1927.
Questi
sono i suoi successori:
1.
D’Andrea Calogero dal 29 dic. 1929 sino al 14 gennaio 1931;
2.
Basile Carlo Emanuele dal 14 genn. 1931 al 17 aprile 1931
(Commissario Straordinario);
3.
Morello Vincenzo dal 17 aprile 1931 all’ 11 giugno1932;
4.
Puccetti Corrado dall’11 giugno 1932 al 6 febbraio 1933;
5.
Gaetani Alfonso dal 6 febbraio 1933 al 1° aprile 1937;
6.
Guggino Emerico dal 1° aprile 1937 al 4 aprile 1940;
7.
Di Marsciano Ermanno dal 4 aprile 1940 al 3 maggio 1943;
Candrilli Manlio dal 13 maggio 1943 sino all’entrata degli
americani. ()
Ufficialmente,
la Federazione fu costituita il 15 novembre 1922. I personaggi che si sono
succeduti alla sua guida non sono tutti di grosso risalto. Alcuni dati
biografici aiutano a comprendere l’altalenare di personalità a vario spessore
che si registra nella direzione del fascismo agrigentino.
Dima
Narciso
Laurea in
ingegneria - assicuratore. Iscritto ai fasci sin dal 1919. Fiduciario della
Federazione dal 15 novembre 1922. Agente generale dell’INA per Girgenti.
Galatioto
Gerolamo
nato a
Ravanusa (Ag.) il 10 agosto 1894. Partecipò alla guerra del 1915-18 con il
grado di tenente di fanteria. Ebbe due medaglie di bronzo.
Paladino
Raffaele
nato a
Floridia (Sr) il 10 gennaio 1884. Laurea in lettere, insegnante. Figlio di
Esattore Comunale. Socialista rivoluzionario; interventista; nazionalista.
Iscritto al Fascio nel 1920. Espulso dal PNF nel marzo 1926 «quale elemento
disgregatore», fu riammesso nel maggio successivo. Non aderì alla RSI.
Starace
Achille
«”Buttatelo
giù per le scale”, fu l’urlo di Mussolini che scacciava definitivamente Starace
dal’anticamera della Sala del Mappamondo a Palazzo Venezia. Il “duce” lo aveva
privato di ogni carica e di ogni onore in breve tempo. Nel ‘39 Starace dovette
dimettersi da segretario del partito fascista e nel ‘41 da capo di stato
maggiore della milizia: la sua stella era tramontata per sempre. Cominciarono
per lui gli anni delle umiliazioni e della misera che non ebbero più termine
fino al giorno della sua esecuzione in Piazzale Loreto a Milano, il 29 aprile
1945.»
«La
sua vicenda personale non si chiude in se stessa, maè il riverbero di un
costume che andava mutando, la sua biografia è anche il racconto della vita
esemplare d’un gerarca fascista assai potente, di una sacra autorità del
Ventennio. E’ uno specchio in cui si riflettevano gli italiani del Littorio
irreggimentati in una coreografia alienante di cui Starace era regista discusso
e irriso ma ubbidito.
«La
condanna del fascismo è nelle cose di tutti i giorni e negli eventi della
storia. Rovesci e sciagure furono addebitati al regista, come conseguenza
d’un’apparente organizzazione del partito che non poteva reggere alla prova del
fuoco. Di lui si fece un capro espiatorio. Misero tutto sul suo conto. Lo distrussero,
e forse lo meritava. Mussolini lo scacciò, e forse aveva buone ragioni per
farlo. L’ingranaggio ormai lo stritolava e nessuno poteva riabilitarlo. Cercò
di risollevarsi da solo, con una morte dignitosa davanti al plotone
d’esecuzione.» ()
Nel “carteggio
riservato” della Segreteria particolare del Duce, custodito nell’Archivio
Centrale dello Stato di Roma, ben tre voluminosi fascicoli riservati () sono
destinati allo Starace. Vi è di tutto. Mussolini lo seguiva in tuttto. Dalle
cose pruriginose (pederastia, tradimenti tra fratelli, orge) a quelle
invereconde (le celebri avventure galanti) ai latrocinii, alle concussioni. La
parentesi agrigentina di Starace vi emerge per gli aspetti più inquietanti: la
sua amicizia con Abisso fu molto interessata. Non è provato, ma niente
smentisce la miserevole vicenda dei tanti soldi spillati all’on. La Lumia di
Licata dietro promessa di una resurrezione politica.
Un anonimo
faceva al “duce” in data 28/5/1932 questa delazione ()
«A
S.E. Benito Mussolini - Ministro degli Interni, Roma - Dopo un lavoro faticoso
e pericoloso di spionaggio, ho potuto appurare i dati di fatto che vengo ad
esporVi, nell’interesse generale del Fascismo e particolare della Provincia di
Agrigento.
«Da
parecchi anni l’On.le La Lomia, politicamente di Licata, corrisponde la somma
di lire cincquantamila annue all’On.le Starace.- Detti pagamenti, che ad oggi
ammontano a £. 350.000 sono stati fatti direttamente con vaglia bancari girati
dallo stesso all’attuale Segretario del Partito, oppure a mezzo del Senatore
Abisso, difensore della delinquenza siciliana. Per detta somma l’On. Starace,
fin dalla sua gestione commissariale nella provincia di Agrigento, si è
impegnato di difendere l’associazione Abisso-La Lomia fino alle estreme
conseguenze. In conseguenza di questo fatto l’On. Starace ha inviato come
Questore di Agrigento il Comm. Papa, che appena arrivato in sede si è premurato
di chiamare al telefono il Comm. Lo Dico, ex Preside della Provincia di
Agrigento, al quale comunicava un discorso cifrato, in seguito al quale, dopo
pochi giorni, avveniva nei pressi di Porto Empedocle .. nel villino campestre del detto Lo Dico ,
una riunione segreta alla quale partecipavano, il Questore, Lo Dico, il
senatore Abisso, il dott. Di Leo Calogero sanitario del comune di Sciacca e
fratello del Segretario Federale Agrigentino in pectore, il dottore Venezia medico
chirurgo dentista di Sciacca, fervente
propagandista repubblicano, l’nsegnante
Castellana Alfonso di Lucca Sicula, il cav. Liborio Friscia di Ribera, il Capo
Manipolo Friscia Gaetano di Ribera, il Marturana Salvatore di Agrigento, alcuni
rappresentanti dell’On.le La Lomia ed altri Abissiani della Provincia.
«Scopo
della riunione fu di impartire disposizioni perché fosse fatto molto rumore in
Provincia per la promessa dell’On. Starace del rovesciamento imminente della
situazione politica provinciale.
«In
seguito a tale riunione infatti in vari paesi della Provincia furono
sguinzagliati degli agenti provocatori che tentarono dappertutto di sollevare
incidenti. A prova della veridicità della promessa dell’On. Starace in quella
riunione l’On.le Abisso riferì per comunicazione avuta dall’On. Starace che il
ritardo del provvedimento di rovesciamento si doveva al fatto che presso la
magistratura di Sciacca giaceva una pratica per la riesumazione di un processo
di associazione a delinquere per stabilire se il padre del futuro Segretario
Federale di Agrigento fosse stato a suo tempo coinvolto in detta associazione.
Al che il Questore Papa prese la parola assicurando ‘in ogni caso la Segreteria
Federale sarà data a persona che pur sembrando neutrale tuttavia sarà al
completo servizio del Senatore Abisso’».
Nella
permanenza ad Agrigento, l’On. Starace ebbe modo di incontrarsi con due uomini
politici: l’on. Abisso e l’on. Cucco; del primo ne consolidò la fortuna, del
secondo ne stabilì l’umiliante radiazione dai ranghi (almeno sino al 1939). La
lotta alla mafia non c’entra affatto. Diversamente la sorte dei due politici
siciliani doveva esse parallella, identica essendo la radice mafiosa.
L’on.
Abisso fu tanto camerata dell’On. Starace da seguirlo in scandalose
frequentazioni di donnine romane. Le spie di Mussolini riferivano. Ma senza
effetto.
Abisso
Angelo
E’ figura
centrale dell’agone politico agrigentino, almeno dal 1913 sino al 1933 quando
il nobile Gaetani diviene federale di Agrigento. Equilibrismi polticici,
repentine conversioni, tradimenti, trasformismo determinano un effetto alone
sul personaggio, che resta equicoco, indefinibile, moralmente opaco. Ciò trascende
l’angusta economia di questa ricerca per il doveroso approfondimento.
Al nutrito
partito di fiancheggiatori - sprezzantemente chiamati abissisiani - si
contrappone quello dei denigratori ad oltranza. Nelle carte di archivio
abbondano le denunzie, le calunnie, le insinuazioni. L’on. Abisso finisce
nell’osservatorio della Segreteria particolare del Duce che apre a suo carico
un folto fascicolo informativo. () Il potente amico Starace riesce, in ogni
caso, a parare i fulmini mussoliniani. La stella politica di Abisso potè
appannarsi alla fine, ma non si oscurò per tutta la durata del fascismo.
D’Andrea
Calogero
Nato a
Campobello di Licata (Ag) il 30 maggio 1877, si laureò in giurisprudenza. Fu
avvocato ed insegnante. Partecipò alla guerra del 1915-18 col grado di
capitano, poi maggiore di fanteria. Iscrittosi al fascio il 20 novembre 1922,
fu preside dell’Istituto Tecnico di Agrigento. Rivestì anche la carica di Vice
Preside dell’Amministrazione Provinciale di Agrigento. Non aderì alla R.S.I.
Basile Carlo
Emanuele
nato a
Milano il 21 ottobre 1885, morì a Stresa il 1° novembre 1972. Barone
plurilaureato (giurisprudenza e lettere), giornalista e scrittore, era figlio
di un prefetto. Fu nominato senatore. E’ autore di romazi e novelle. Aderì alla
R.S.I. e fu quindi prefetto di Genova dal 25 ottobre 1943 al 26 giugno 1944.
Ebbe l’incarico di sottosegretario alle FF.AA dal 27 giugno 1944. Venne ad
Agrigento come commissario straordinario di questa federazione per consentire
una svolta in termini di affrancamento dalla influenza dell’On. Abisso. Vi
restò dal 14 gennaio 1931 fino al 17 aprile 1931. Passò le consegne alla
scialba figura di Vincenzo Morello di cui sappiamo che fu fascista fin dal
1920. L’11 giugno 1932 viene sostituito da Corrado Puccetti: da questo momento
la vicenda della federazione agrigentina esula dai limiti della presente
investigazione storica.
Quale
giudizio può formularsi sul primo quindicennio del fascismo agrigentino
(1921-1926)? Ci pare illuminante, pur nel suo settarismo e nella passionalità
per il ribollire delle passioni del tempo, la sguente anonima delazione che si
rinviene nella carte ministeriali romane ():
«La
storia politica della provincia di Girgenti, [Girgenti cambia denominazione in
Agrigento durante il fascismo, nel 1927, con il r.d. 16 giugno 1927, n.° 1143, n.d.r.] specie nell’ultimo quindicennio,
rappresenta quanto di più deplorevole possa esservi nella vita pubblica
italiana. Sparitò l’on. Nicolò Gallo, che dal 1884 ne fu quasi
ininterrottamente il dominatore, il suo posto venne assunto dall’on. Domenico
De Michele. Costui, ch’era stato del Gallo il luogotenente fedele non aveva di
lui né l’ingegno né la dottrina né l’ascendente, ma seppe mantenersi al potere
col favore di S.E. Giolitti, del quale fu seguace fedelissimo, e creando
attorno a sé una rete di interessi e di interessati. Contro questa oligarchia,
bollata col nome di cosca, insorsero le forze nuove della Provincia
ch’ebbero come principale loro esponente Giovanni Guarino Amella. Sono ancora
ricordate le polemiche, spesso virulente, dell’organo dell’opposizione “IL
MOSCONE”, nel quale al De Michele ed ai suoi seguaci si fecero le accuse più
atroci e più infamanti.
«In
tali consizioni di cose venne l’allargamento del suffragio e vennero le
elezioni del 1913, nelle quali le forze dell’opposizione riuscirono vittoriose
e furono eletti deputati Giovanni Grarino Amella, Antonino Parlapiano Vella e
Angelo Abisso. Costui, fino a pochi mesi prima semplice segratario al Ministero
dei LL. PP., aveva compreso l’enorme capovolgimento che il suffragio universale
avrebbe prodotto nelle imminenti elezioni e , dimessosi, si era lanciato a
capofitto nella lotta, aggregandosi alle file dell’opposizione, ma
proclamandosi “individualista e simpatizzante per i socialisti (discorso
politico del 1913 a casa Gerardi)”
«Ma
l’opposizione, divenuta maggioranza ed impadronitasi del potere politico ed
amministrativo in provincia, non credette di meglio che di .... seguire i
metodi dei precedenti padroni, anzi di perfezionare e incrementare tali metodi.
Il nepotismo più sfacciato, il favoritismo più aperto furono regola di vita per
essa, e poichédopo pochissimo tempo scoppiava la guerra, se ne trasse motivo
per inaugurare in provincia il più sconfinato dispotismo. Messo da parte l’on.
Antonino Parlapiano, che per temperamento e per tradizione non era adatto a
seguire in tutto e per tutto i metodi della nuova cricca, questa s’imperniò sul
binomio Guarino-Abisso, i quali durante la guerra furono i dominatori
incontrastati di tutti gli organi amministrativi, statali e parastatali della
provincia. Non solo l’amministrazione provinciale propriamente detta e quella
dei varii comuni passò nelle loro mani ed in quelle delle loro creature; non
solo per avere più incontrastato dominiol’on. Abisso ad es. Tenne a Sciacca,
malgrado il Consiglio comunale - pu da lui eletto - non fosse sciolto, un
Commissario prefettizio di sua scelta per ben 5 anni; ma Consorzio granario,
Commissione esoneri, Consiglio d’amministrazione del Banco di Sicilia etc. etc.
Commissioni militari di requisizione furono accentrati nelle loro mani
direttamente o a mezzo di persone parenti od amiche. Quello che fu fatto al
Consorzio granario, gli scandali delle varie Commissioni di requisizione, nelle
quali era magna pars il comm. Lo Dico odierno alter ego dell’on.
Abisso in quel di Girgenti, non hanno bisogno di illustrazione, perché ancora
se ne occupano le cronache dei tribunali con i varii processi, ancora non
chiusi, di truffe, falsi e malversazioni a carico dello Stato, commesse tutte
sotto le grandi ali dei due grandi patroni della provincia. E mentre i due
facevano a Roma professione d’interventismo, e l’on. Abisso indossava la divisa
di tenente del genio ma, sebbene appena trentenne, non andava al fronte pur
facendosi bello dell’amicizia di Valentino Coda (dove mai l’ebbe a conoscere
resta sempre un mistero!); a Girgenti e Palermo si cooperavani per imboscare il
maggior numero di gente, fratelli, cognati e cugini; per esonerare come
agricoltori barbieri e murifabbri, e per difendere avanti ai tribunali militari
il maggior numero di disertori o di falsificatori di esoneri. La cronaca del
tribunale militare di Palermo informi. Si cominciava così da parte dell’on.
Abisso a creare quella leggenda d’irresistibile avvocato penalista, che,
stabilitosi pieno ed intero il suo dominio politico, gli doveva assicurare il
monopolio delle Assisie di Sciacca e Girgenti e la fama di “detentore delle
chiavi del carcere”.
Appartiene
a questo periodo la persecuzione inflitta dall’on. Abisso, attraverso a tre
inchieste tutte quante negative, ad un capitano - Gravina - reo di aver preso
in contravvenzione lo zio di lui Friscia per vendita illecita di grano
requisito; contravvenzione sfumata per il tempestivo intervento del Commissario
dei Consumi che svincolava “a posteriori” il grano venduto. Ed appartengono a
questo periodo i contorcimenti politici dell’Abisso e la smargiassata della
“messa in stato di accusa dell’on. Giolitti per altro tradimento” da lui
chiesta a S.E. Salandra e da questi qualificata come una semplice “sciocchezza”
del deputato di Sciacca. Ciò che però non impediva, all’on. Abisso, al feroce
interventista del ‘15, di divenire, appena Giolitti tornò al potere, di
divenire un giolittiano ferventissimo, anzi il luogotenente generale dell’uomo
di Dronero in quelle famigerate elezioni del 1921, e di chiedere e di ottenere
da lui, alla vigilia dell’elezioni istesse, la nomina a commendatore motu
proprio, affissa poi subito alle
cantonate di Sciacca e provincia col relativo telegramma di S.E. Giolitti.
«Venne
il dopoguerra e venne di moda il bolscevismo. Ed allora Guarino ed Abisso, ma
questi più del primo, entrambi però sempre in combutta tra di loro, provvidero
a dare alla provincia di Girgenti il saggio migliore e maggiore del’opera bolscevica. Le occupazioni delle terre di Ribera e Menfi,
ma sopratutto quelle di Ribera, col tentato sequestro del Duca di Bivona e con
i vandalismi conseguenziali, furono opera diretta, ispirata, suggerita e
talvolta predisposta dall’on. Abisso. Il quale arrivò persino ad ottenere che
l’autorità politica impedisse l’esecuzione delle sentenze del magistrato (come
per il rilascio del feudo Scifitelli disposto con sentenza della Corte di
appello, ed impedito dal Prefetto di Girgenti!). Né si dica che ciò egli abbia
fatto per venire in soccorso ai combattenti, perché di tali occupazioni poco o
nulla si sono giovati gli autentici combattenti e le terre, quando non sono
state retrocesse ai proprietari per inadempienza delle pseude cooperative da
lui create, sono andate a finire in mano a gente che la guerra non vide neanche
da lontano. Esempio la lottizzazione dell’ex feudo Nadore in quel di Sciacca,
dell’ex feudo Fiore e Bertolino di Menfi; e, uno per tutti, l’esperienza
disastrosa della celebre Cesare Battisti di Ribera.
Intanto
alla Camera il binomio, per sorreggersi, seguiva una linea di condotta
veramente meravigliosa. Data l’instabilità dei governi, i due, per trovarsi a
cavallo, non votavano assieme se non quando l’esito della votazione era sicuro;
ma quando si trattava di votazione incerta i due demo-sociali (giacché Abisso
aveva finito per rinunciare al suo individualismo e seguire l’amico Guarino
anche nel partito di S.E. Di Cesarò) o si dividevano votando uno contra ed uno
a favore, oppure, mentre l’uno si squagliava, l’altro votava a favore. Così i
due poterono rimanere ministeriali con tutti i ministeri ed essere fautori e
sostenitori di quei Governi imbelli del passato, contro di cui così spesso e
volentieri, con riconoscenza ammirevole, ora si scaglia ogni tanto il fascista
on. Abisso. Il quale una sola volta dovette passare per oppositore, quando cioè
l’on. Nitti, accortosi ch’egli erasi prudentemente squagliato in una votazione
non volle accettare le congratulazioni che s’era affrettato a fargli dopo conosciuto
l’esito favorevole del voto! E ministeriali furono persino col ministero Fatta
[Facta, n.d.r.] del quale uno dei due avrebbe
volentieri fatto parte se i popolari non si fossero opposti facendo a loro
preferire il La Loggia.
«Intanto
il movimento fascista andava montando, e lo Abisso, sempre tempista e
previdente, disponeva che nei varii comuni della provincia sorgessero delle
sezioni fasciste composte da persone a sé fide, ma di seconda mano; gente di
scarto e sfiduciata al doppio scopo d’impedire che la gente per bene potesse
accostarsi e far proprio il movimento e di poterlo sconfessare, e buttare a
mare gli esponenti stessi senza sua compromissione, ove il movimento fosse
fallito. Né appena avvenuta la marcia su Roma egli permise che quelle sezioni
s’ingrossassero sia con elementi
proprii, sia permettendo l’ingresso di altri elementi estranei alla cricca, non
essendo sicuro che il regime potesse consolidarsi. Ma quando capì che esso
ormai durava, allora fece il gran passo, si separò dal Guarino ed entrò nel
fascismo con tutti i suoi adepti.
«Da
quel giorno è stata sua cura costante non solo di sfruttare nel modo migliore,
a vantaggio proprio dei parenti e dei gregari, la sua posizione dominante; ma
sopratutto quella di allontanare dal fascismo tutti coloro che gli potessero
dare ombra costringendo l’elemento migliore della provincia o a fare del
dissidentismo o a starsene a casa o a passare addirittura all’antifascismo. Del
resto non potrebbe essere diversamente. Infatti in provincia il fascismo non
esiste, come del resto non esiste antifascismo: non c’è che dell’abissinismo e
dell’antiabissinismo. Anche coloro che odiano il fascio possono esservi ammessi
purché passino sotto le forche caudine dell’omaggio e dedizione ad Abisso ed ai
suoi luogotenenti. Di esempii se ne possono citare a migliaia, ma noi citeremo
i più gravi ed importanti.
«Sciolto
il Consiglio comunale di S. Stefano Quisquina, poiché i veri fascisti di colà
non erano da lui benvisti, egli volle che il Fascio fosse rappresentato dai
sigg. Vincenzo Ippolito e Con osservanza., cioè dagli autentici maffiosi del
luogo. E costoro ebbero l’amministrazione comunale e furono i padroni del paese
finché, passati sinceramente o no poco importa, al fascismo i socialisti del
luogo e denunciato in alto loco i precedenti degli amministratori scelti dallo
Abisso, costui fu costretto di abbandonarli al loro destino.
«Così
in Alessandria della Rocca non ha esitato a silurare i vecchi fascisti del
luogo, rei di poca arrendevolezza a lui, per accogliere e mettere al loro posto
un suo ex-compagno demo-sociale reduce dal comitato aventiniano-matteottiano di
Girgenti.
«Né
basta. Abbattuto il La Loggia egli non ha esitato a fare rivolgere invito ai
partigiani di quello perché passassero nelle sue file, e bastò che il dott.
Traina di S. Margherita, anifascista nell’anima, si ponesse a sua personale
discrezione, perché egli senz’altro gli lasciasse il dominio del paese
abbandonando i suoi vecchi compagni, che rappresentano il minor numero.
«Quello
però che dimostra viemmeglio quale sia lo spirito che anima lo Abisso, è
dimostrato dal suo accordo col’ora defunto on. De Michele. Costui, dopo la
caduta, era passato nelle file del La Loggia di cui fu fino ad ieri il seguace
più ostinato, anche perché i Baiamonte suoi oppositori nel paese natìo di
Burgio erano passati al fascismo.
«Caduto
il La Loggia, il De Michele fece degli approcci per passare al fascismo, e
poiché i Baiamonte avevano mostrato di avere delle preferenze per il prof. Noto
Sardegna, inviso allo Abisso perché a lui superiore per intelligenza, cultura e
... tutt’altro, questi non esitò a dimenticare il passato e ad ammettere il De
Michele nel direttorio provinciale dietro promessa di appoggiare, contro Noto,
certo Ciaccio un vero Carneade di Sambuca, come possibile candidato del
Collegio di Bivona. Ed i Baiamonte furono cacciati in galera!
«Del
resto che lo Abisso faccia del fascismo a suo uso e consumo lo dimostra un
fatto per quanto piccolo e materiale: a Sciacca, sua cittadella, si sono spese
dal Comune fior di quattrini per creare un lussuoso circolo ANGELO ABISSO, che
tutti i fascisti, sopratutto se impiegati, debbono frequentare; mentre per la
Sezione del Fascio esiste una stanzetta angusta che sta quasi sempre serrata.
«Non
parliamo poi dei criteri amministrativi seguiti al Comune di Sciacca. Due
Consigli comunali, sebbene da lui eletti e composti tutti suoi gregari, si sono
dovuti dimettere rei soltanto di aver voluto qualche volta ribellarsi agli
ordini dello zio Salvatore Friscia, un ex-rappresentante che ha monopolizzato,
durante la guerra attraverso al monopolio dei permessi d’esportazione, ed oggi
attraverso altri sistemi, il commercio locale, e che crede il Comune essere
cosa sua personale. Ed oggi si propone come podestà un impiegato di prefettura,
mentre non mancano nel partito gente idonea alla carica, per il timore,
confessato, che queste possano avere, dopo nominate, delle velleità
d’indipendenza agli ordini delll Abisso e del suo luogotenente!
«Del
resto lo stesso sistema si segue negli altri comuni. A Menfi alter ego
dell’Abisso, è certo Volpe, un contadino semi analfabeta, ma esecutore
fedelissimo degli ordini ch’egli gli dà e suo rappresentante ... anche negli
affari professionali; a Girgenti domina incontrastato in suo nome il Comm. Lo
Dico, reduce dei fasti delle Commissioni di requisizione, e che pur essendo un
semplice procuratore legale NON laureato, divide con lo Abisso i maggiori
trionfi in Corte d’Assisie.
«Perché
poi la piaga maggiore che il dominio di quest’uomo ha portato in provincia, è
la difesa assunta della peggiore delinquenza, l’esautoramento completo della
giustizia. [...]
[Anonimo del 14.10.1926, n.d.r.]»
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