Qualche tempo addietro su un blog scivevo questo:
E’ veramente difficile volere fare qualcosa per il proprio paese, cercare di smuovere le coscienze dei compaesani, per un paese che qualcuno ha definito veramente straordinario. Scopo e la speranza principali, per me, sono constatare e vedere anche un piccolo cambiamento. Il desiderio di fare vivere le prossime generazioni in un paese normale, dove tutti hanno le stesse possibilità, dove i diritti non vengano erogati sotto forma di favori, mi spinge anche a scrivere su questo blog. Un paese dove la politica sia a disposizione dei cittadini, che operi per i cittadini, che non sia come al solito privilegio per alcuni, un paese dove si impedisca che le leggi si applichino per gli sconosciuti e si interpretino per gli amici. Forse sono un povero illuso, forse questo paese non cambierà mai, forse i suoi cittadini non hanno la forza o la voglia di gridare la loro rabbia e si sono rassegnati a subire gli eventi.
I ragazzi a “Regalpetra” si sono divisi in due categorie: quelli che hanno scelto di vivere nella illegalità e quelli che hanno scelto di stare nella legalità. Sarebbe scontato tifare per i secondi, ma... . I primi forse non hanno potuto accedere alla cultura e hanno pensato o hanno inculcato loro che c’erano altri modi per affermarsi nella vita. Quasi tutti hanno pagato la loro scelta con la vita o con il dolore del carcere. I secondi, non rischiano né la vita né il carcere, forse usano la penna e la parola per farsi strada, per conquistare e materializzare le loro ambizioni…..
Lillo Taverna Caro Roberto, leggiamo tutto di questo tormentato grande Sciascia; non limitiamoci ad estrapolazioni tanto fallaci quanto di comodo. Leggo quindi questo Sciascia: " Ho tentato di raccontare qualcosa della vita di un paese che amo, e spero di avere dato il senso di quanto lontana sia questa vita dalla libertà e dalla giustizia, cioè dalla ragione. La povera gente di questo paese ha una gran fede nella scrittura, dice - basta un colpo di penna - come dicesse - un colpo di spada - e crede che un colpo vibratile ed esatto della penna basti a ristabilire un diritto e fugare l'ingiustizia e il sopruso". Ma quanto al suo amore verso il tuo e mio pese Sciascia mentiva. Non più tardi di qualche anno nel chiuso del suo eremo credo nisseno scriveva. "Quando saremo lontani da questo piccolo paese in cui siamo nati e viviamo .... quello sarà veramente il nostro paese perché la lontananza darà dolci cadenze alla noia di oggi e all'angustia, e inventerà un po' amore quel che ora è insofferenza e reazione. Intanto, POICHE' ANCORA IN NESSUN MODO L'AMIAMO, una pausa della nostra insofferenza ci permette di immaginare come sarà nel ricordo di noi lontani ..." [Il Fuoco nell'anima, pubblicato post mortem in dileggio del perentorio volere ostativo di Sciascia morente]. Sciascia dunque non "soffriva" Racalmuto, caro Roberto. E di questi tempi anch'io comincio a pensare ma cosa vogliono codesti stanziali racalmutesi? Maniglia o Morena, Messana o Collura, Adile o Borsellino, Sardo o Brucculeri? Cavallaro o Savatteri, Buongiorno o Mulè? Tutto qui? Hanno codesti stanziali racalmutesi dieci chilometri lineari di alabastro e li lasciano sprofondare dalla sotterranea Italkali che fa brillare mine dandone burocratico avviso ad un distratto Petralia! Hanno acqua talmente estesa da dar da bere a tutto il paese ora assetato ed irrigare campi e prati e distese di una fatiscente forestale, e la lasciano imputridire da una rapace autostrada sterile, solo falsamente letteraria; hanno un patrimonio archeologico plurimillenario, si parla di dieci millenni, e lo lasciano negletto manomesso da tombaroli rapinatori; hanno spazi a distesa per raccolte di ogni tipo di rifiuti e l'abbandonano per andare a costituire con voto unanime consiliare una appetitosa azionaria che ci sta supertartassando contra legem, fregandosi del regolamento che impone limiti di costo, contributi comunali, e accorte esenzioni. Avevano iniziato a costruire un proficuo aeroporto e hanno prestato un supporto di falsa salvaguardia ambientale per farselo sottrarre. Hanno patrimoni archivistici nelle loro chiese e lasciano che disattenti preti possano disperderlo; hanno ben due manieri medievali e lasciano che vengano vilipesi per falsi mercemoni da supervalutazioni ingegneristiche o per risibili usucapioni. Piangono miseria per atavica ignavia e si attaccano a comode pitoccherie pubbliche. Lamentano tassazioni iugulanti e impediscono ogni equa ripartizione e applicazione. Hanno penne di fama nazionale e le lasciano scorrabandare per dileggi calunniatori e per remunerativi appoggi a commissariamenti essiccatori del locale progresso. Ha ragione lo Sciascia della prima ora (1949) "le cose che [qui] ci circondano ... mortalmente ci annoiano."]
Lillo Taverna
E’ veramente difficile volere fare qualcosa per il proprio paese, cercare di smuovere le coscienze dei compaesani, per un paese che qualcuno ha definito veramente straordinario. Scopo e la speranza principali, per me, sono constatare e vedere anche un piccolo cambiamento. Il desiderio di fare vivere le prossime generazioni in un paese normale, dove tutti hanno le stesse possibilità, dove i diritti non vengano erogati sotto forma di favori, mi spinge anche a scrivere su questo blog. Un paese dove la politica sia a disposizione dei cittadini, che operi per i cittadini, che non sia come al solito privilegio per alcuni, un paese dove si impedisca che le leggi si applichino per gli sconosciuti e si interpretino per gli amici. Forse sono un povero illuso, forse questo paese non cambierà mai, forse i suoi cittadini non hanno la forza o la voglia di gridare la loro rabbia e si sono rassegnati a subire gli eventi.
I ragazzi a “Regalpetra” si sono divisi in due categorie: quelli che hanno scelto di vivere nella illegalità e quelli che hanno scelto di stare nella legalità. Sarebbe scontato tifare per i secondi, ma... . I primi forse non hanno potuto accedere alla cultura e hanno pensato o hanno inculcato loro che c’erano altri modi per affermarsi nella vita. Quasi tutti hanno pagato la loro scelta con la vita o con il dolore del carcere. I secondi, non rischiano né la vita né il carcere, forse usano la penna e la parola per farsi strada, per conquistare e materializzare le loro ambizioni…..
Lillo Taverna Caro Roberto, leggiamo tutto di questo tormentato grande Sciascia; non limitiamoci ad estrapolazioni tanto fallaci quanto di comodo. Leggo quindi questo Sciascia: " Ho tentato di raccontare qualcosa della vita di un paese che amo, e spero di avere dato il senso di quanto lontana sia questa vita dalla libertà e dalla giustizia, cioè dalla ragione. La povera gente di questo paese ha una gran fede nella scrittura, dice - basta un colpo di penna - come dicesse - un colpo di spada - e crede che un colpo vibratile ed esatto della penna basti a ristabilire un diritto e fugare l'ingiustizia e il sopruso". Ma quanto al suo amore verso il tuo e mio pese Sciascia mentiva. Non più tardi di qualche anno nel chiuso del suo eremo credo nisseno scriveva. "Quando saremo lontani da questo piccolo paese in cui siamo nati e viviamo .... quello sarà veramente il nostro paese perché la lontananza darà dolci cadenze alla noia di oggi e all'angustia, e inventerà un po' amore quel che ora è insofferenza e reazione. Intanto, POICHE' ANCORA IN NESSUN MODO L'AMIAMO, una pausa della nostra insofferenza ci permette di immaginare come sarà nel ricordo di noi lontani ..." [Il Fuoco nell'anima, pubblicato post mortem in dileggio del perentorio volere ostativo di Sciascia morente]. Sciascia dunque non "soffriva" Racalmuto, caro Roberto. E di questi tempi anch'io comincio a pensare ma cosa vogliono codesti stanziali racalmutesi? Maniglia o Morena, Messana o Collura, Adile o Borsellino, Sardo o Brucculeri? Cavallaro o Savatteri, Buongiorno o Mulè? Tutto qui? Hanno codesti stanziali racalmutesi dieci chilometri lineari di alabastro e li lasciano sprofondare dalla sotterranea Italkali che fa brillare mine dandone burocratico avviso ad un distratto Petralia! Hanno acqua talmente estesa da dar da bere a tutto il paese ora assetato ed irrigare campi e prati e distese di una fatiscente forestale, e la lasciano imputridire da una rapace autostrada sterile, solo falsamente letteraria; hanno un patrimonio archeologico plurimillenario, si parla di dieci millenni, e lo lasciano negletto manomesso da tombaroli rapinatori; hanno spazi a distesa per raccolte di ogni tipo di rifiuti e l'abbandonano per andare a costituire con voto unanime consiliare una appetitosa azionaria che ci sta supertartassando contra legem, fregandosi del regolamento che impone limiti di costo, contributi comunali, e accorte esenzioni. Avevano iniziato a costruire un proficuo aeroporto e hanno prestato un supporto di falsa salvaguardia ambientale per farselo sottrarre. Hanno patrimoni archivistici nelle loro chiese e lasciano che disattenti preti possano disperderlo; hanno ben due manieri medievali e lasciano che vengano vilipesi per falsi mercemoni da supervalutazioni ingegneristiche o per risibili usucapioni. Piangono miseria per atavica ignavia e si attaccano a comode pitoccherie pubbliche. Lamentano tassazioni iugulanti e impediscono ogni equa ripartizione e applicazione. Hanno penne di fama nazionale e le lasciano scorrabandare per dileggi calunniatori e per remunerativi appoggi a commissariamenti essiccatori del locale progresso. Ha ragione lo Sciascia della prima ora (1949) "le cose che [qui] ci circondano ... mortalmente ci annoiano."]
Lillo Taverna
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