Ora che lo scoglioso pesce di aprile si è consumato mezzo
lesso mezzo marinato chissà come è finita al PD. Quello che per me era
tutt'altro che un pesce di aprile ora tutti diciamo che era un pesce d'aprile.
Il PD renziano non ha più vie di scampo. Deve decidere. E siccome la cosa mi
riguarda aspetto il verdetto. Mi può qualcuno informare in tempo reale?
out."
Il volo di Icaro di Henri Matisse
Rosita Grasso
Quel piccolo puntino rosso è il vero protagonista ...
Boucher - quando l'osceno è pittura
Achir-quando la pittura è pittura
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ACHIR - Quando la pittura è ittura
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Lillo Taverna
SCHIELE - quando il diverso è pittura
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Quando la pittura trascende l'etica
Mariella Benedetti ha scelto MUNCH
Mariella Benedetti ha scelto MUNCH
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Leggo l'epigrafe che Calogero Conigliaro mi ha prima
scolpito: a ottant'anni divento uno "della palude che sa esprimere
politici che generalmente sono esperti in nullità". Sì io sono sceso in
politica a Racalmuto e mi scusi il mio omonimo non mi sento una nullità. Non
credo una nullità l'avvocato Emilio Messana. e manco l'urologo il professore
Adile e se è per questo neppure il dottore Borsellino ...e neppure il dottore
scrittore alto funzionario dottore Enzo Sardo. Vuole che comntinui? mi piace
Peppe Bruccueri, mi piace l'on. Milioto, mi piace Calogero Alaimo di Loro, mi
piace il sindacalista Capitano ed anche Pippo di Falco, mi piace il dottore
Falletti. Non mi piacciono affatto i giornalisti che affossano il paese
inventandosi fole mafiose; che martellano stampa e la televisione con la
cazzabubbola del mafia diventando loro i novelli professionisti dell'antimafia;
e poi, come nulla fosse, vorrebbero persino venirci a salvare dalla
prostrazione economica e tassaiola dei loro riveriti ed osannati commissari
ministeriali (di quel Ministero condannato alle spese giudiziarie per
denigrazione di illibati cittadini racalmutesi). Insomma debbo essere sincero:
considero tutti questi blateranti qualunquisti e aedi della antipolitica
appunto delle NULLITA'.; gente che apre bocca per darvi fiato. Ora ci vendono
anche a pendere per il culo dicendo che era tutto un pesce d'aprile, una cosa
intelligente diciamo come quella di Orson Welles. Ma loro non sono Orson
Welles. Mi telefona il mio amico Cicciu Marchisi dicendomi he orsù via, ma non
avevo capito che era uno scherzo? Ho risposto anche a lui: si ti viu ti juocu,
s'un ti viiu t'arruobbu. Comunque nessuno si deve permettere di travolgere il
glorioso Circolo Unione in sparate giornalistiche e il presidente signor
Francesco Marchese è persona molta seria e nessuno deve azzardarsi di
ridicolizzarlo come nel mal riuscito pesce d'aprile del grottese Egidio.Altro...
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Malgrado
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— con Regalpetra
Libera Racalmuto e altre 17
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Nicolò Rizzo
:)
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Leggo l'epigrafe che Calogero Conigliaro mi ha prima
scolpito: a ottant'anni divento uno "della palude che sa esprimere
politici che generalmente sono esperti in nullità". Sì io sono sceso in
politica a Racalmuto e mi scusi il mio omonimo non mi sento nullità. Noncredo
una nullità l'avvocato Emilio Messana. e manco l'urologo il professore Adile e
se è per questo neppure il dottore Borsellino e nep...pure il dottore scrittore
alto funzionario dottore Enzo sardo. Vuoleche comntinui? mi piace Peppe
Bruccueri, mi piace l'on. Milioto, mi piace Calogero Alaimo di Loro, mi piace
ilsindacalista Capitano ed anche Pippo di Falco,mi piace il rrore Falletti. Non
mi piaccioni affato i gionalisti che prima affossano il paese invenosi e martellando
stampa e telefizione con la cazzabbbla del masia, divenit orma loro i novelli
professionisti dell'antimafia e poi vorrebbereo persi venici a salvare dlla
prostrazione economica e tassaiola dei lor riveritie d osannai coommussari
minetale(di quel Ministero condanno alle spee giudiziarie per denigrazioe di
illibati cittadini racalmutesi). Insomma debbo essere sincero:cosidero tutti
questi blateranti qualunqusti e dellantipolitica PPUNTO DELLE Nullità. D ENTE
CHE APRE BOCCA PER DARVI FIATO.Altro...
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Lillo Taverna
Non riesco a correggere l'orrenda dattilografia. In CONTRA OMNIA RACALMUTO il
testo corretto.
Lillo Mendola
in alto a destra c'è un triangolino rivolto verso il basso una sorta di v da
l'ì FB ti dà la possibilità di correggere,la verità è che i tuoi pensieri
viaggiano talmente veloci che i polpastrelli non riescono a seguirli :)
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C'è un motto a Racalmuto: si ti viu ti iucu si nun ti viu
t'arruobbu. Dissi per primo che era pesce d'aprile ma se andava bene diventava
pesce di scoglio come voleva Buttafuoco nel Foglio di Ferrara.In questi momenti
di grosso travaglio democratico certi giochi (se poi giochi erano, se poi non
si dirà che giochi non erano)diciamo che sono pesanti, di stazza troppo
espansa. Da comunista da vetero comunista sono abituato alla vigilanza
democratica. Una domandina facile facile: ma Cicciu Marchisi ci stava al gioco
o ormai l'hanno esautorato per cui si può giocare su di lui senza lui?
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Malgrado
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— con Salvatore
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E se lo dice Augello prima di sapere persino qual è la
squadra possiamo stare tutti tranquilli. Ma i miei informatori questo
pomeriggio mi hanno illustrato codesto bel gioco che si cucina a forza d pesce
lesso, pesce d'aprile, pesce di scoglio e pesce di mare da oltre due anni. Pare
che ne vedremo delle belle (anzi elle brutte). Aspetto stasera perché il PD
dovrà chiarire se stesso. Ma pare che no...n chiariranno nulla perché altri
sono i giochi. Io sto a vedere. Aspettiamo domani e magari dopodomani. Era un
gioco che vedeva Cavallaro prim'attore. Ma l'uomo è furbo e si è dichiarato
fuori gioco. Giovedì verrà Adile e credo che annuncerà che il suo gioco è
finito prima ancora di cominciare. Io lo pregherei di resistere. Racalmuto non
merita di essere una paccottiglia da farne palline colorate per questo o per
quello, per l'Ivan di qua o l'Antonillo di là (chi ha promesso 5mila euro
alCircolo Unione che ancora dovranno arrivare?) barattando persino il MIO
Circolo Unione. Cicciu Marchisi lemme lemme come è il suo carattere era dalla
partita o vi sta entrando o se lo stanno giocando? Lui non ha computer e quindi
è legittimato a non rispondere.Altro...
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Ignazio
Licata Dottor Taverna spero tanto che il PD non faccia l'ennesima
porcata !!!
Lillo Taverna
Caro Ignazio non mi risulta che il PD faccia "porcate". Farà errori,
come tutti. Intanto è l'unico partito serio ed organizzato che segue la legge
della democrazia: il dibattito serrato ino all'ultimo istante. Il fatto che io
non mi ci ritrovi nell'are...Altro...
Ignazio
Licata Porcate nel senso che sento dire di una alleanza con il NCD,
PERSONALMENTE penso che potrebbe farcela da solo senza alleanze ambigue
Lillo Taverna
IN DEMOCRAZIA si possono e si devono avere idee diverse. Anche l'America si
alleò con l'URSS (o viceversa, a seconda dei gusti politici) per vincere la
guerra contro il nazismo ma a nessuno mai è saltato in mente di dare i giudizi
di valore del tipo di...Altro...
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— con Franco Puma e altre 9
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Diffido il CIRCOLO UNIONE, il suo Presidente, la deputazione
tutta dal ridurre il quasi bisecolare elitario apolitico sodalizio a volgare
retrobottega di camarille politicanti peraltro quasi grottesi.
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Non mi pare che la corrente di pensiero che pur se
indegnamente rappresento sia tanto d'accordo con voi e con la infausta
iniziativa del Grottese Egidio. Sono stato il primo ad insinuare che si possa
trattare di pesce di aprile. Magari con la speranza che Tano Savatteri - che
considero grande amico - non scivoli in questo pantano della politica delle
prebende paesane. Sia pure per connessione potr...ebbero emergere bubboni come
Demetra, come la fallimentare gestione del Teatro Comunale Regina Margherita,
come la fuga (gratuita?) delle carte Tortora dalla Fondazione Sciascia(?). Così
per un primo rosario non del tutto paradigmatico. Posso aggiungere le faccende
della Bucalossi in sospeso? O magari dove sono finiti i fondi del Parco Letterario
Leonardo Sciascia. Lo so che Tano non c'entra in nulla, ma vi sono le
deflagrazioni per simpatia. Già, mi sta tempestando di post l'amico ex sindaco
professore Salvatore Petrotto.Altro...
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Gigi Restivo
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Francesco Di
Mare ... sempre che tale notizia sia vera vista l'odierna scherzosa
ricorrenza ittica!!!
Giovanni
Salvo Meritato premio Colapesce al giornale ed annessi.
Lillo Taverna
No! non è un pesce d'aprile è un pesce che a mio avviso va in ... al pese di
Racalmuto. Siamo palline colorate in mano alla furbastra antimafia
confindustriale di Sicilia.
Lillo Taverna
Ma ilCircolo Unione almeno i 5 mila euro che ha spesso per fare cirricuala ai
soliti noti li ha incassati?
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Malgrado
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— con Nino Vassallo
e altre 19
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Gaetano
Augello Ottimo sindaco ed eccellente squadra
Lillo Taverna
E se lo dice Augello prima di sapere persino qual è la squadra possiamo stare
tutti tranquilli. Ma i miei informatori questo pomeriggio mi hanno illustrato
codesto bel gioco che si cucina a forza d pesce lesso, pesce d'aprile, pesce di
scoglio e pesce ...Altro...
Roberto Salvo
Assa su chizzi ca dicinu ca lu vittiru, unu jura ca ci fici puru na stampiglia,
si tratta di un Ddo cu na riviglia mmani e uocchi di fuocu, ncazzatu nivuru.
Gaetano
Augello Il mio apprezzamento era riferito alle personalità' indicate
come possibili componenti di una eventuale giunta presieduta da Gaetano
Savatteri.
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Egregio signor Sindaco Zambuto
L'ho molta apprezzata nelle settimane scorso per avere voluto la Festa del Mandorlo in Fiore sia pure in differita al 50%. Anche se Lei mi pare clericale ha comunque voluto - sia pure in vesti dimesse - una ...festa che sprizza da tutti i suoi pori la grecità che sta in tutti noi nati in questo angelico e demoniaco lembo di terra che qualificherei dei Sicani. Le è giovane e quindi ardimentoso. Io son vecchio, ho fatto già le mie guerre, direbbe l'Omero dell'Iliade, e alle porte Scee mi porto per un parlare fiorito come cicale sul frondoso albero estivo. Mi permetta quindi di invitarla a esperimenti nuovi, arditi appunto. Forse l'attuale arcivescovo così frenetico nell'amdare in bici non se ne curerà. Vorrei che Lei facessere rivere i miti le orgie i simboli il vero senso di quei magnifici templi che fanno di Agrigento se non la più bella città dei mortali (ora non più, di sicuro) almeno la più ambigua e pagana città del mondo. Impreziosire ad esempio il temio di Giunone; come?. Bello sarebbe fare recitare alle giovani ma appassite mogli le lamentele alla comprensiva e tradita moglie di Giove, la pingue Hera, le loro coniugali e anali doglianze. Ma non si può. Eppure dei balletti e delle rievocazioni da parte di corpi di ballo e di attorri che sappiano dare il senso del classico, si potrebbe. Le sottopondo così un canovaccio che mi pare intrigante assai. Questa pagina di Roberto Calasso (Le nozze di Cadmo e Armonia) sarebbe molta acconcia ad ispirare sceneggiature e intermezzi recitati magari con il sottofondo di musiche del maestro Michele Lizzi. Cosa Le chiedo per me? Nulla signor sindaco; per faccende anagrafiche e per pensioni baby nulla mi serve. Allora? Mi basterbbe dare qualche idea per il lancio del turismo colto ad Agrigento e ovvio esteso ai paesi sicani propinqui.Altro...
L'ho molta apprezzata nelle settimane scorso per avere voluto la Festa del Mandorlo in Fiore sia pure in differita al 50%. Anche se Lei mi pare clericale ha comunque voluto - sia pure in vesti dimesse - una ...festa che sprizza da tutti i suoi pori la grecità che sta in tutti noi nati in questo angelico e demoniaco lembo di terra che qualificherei dei Sicani. Le è giovane e quindi ardimentoso. Io son vecchio, ho fatto già le mie guerre, direbbe l'Omero dell'Iliade, e alle porte Scee mi porto per un parlare fiorito come cicale sul frondoso albero estivo. Mi permetta quindi di invitarla a esperimenti nuovi, arditi appunto. Forse l'attuale arcivescovo così frenetico nell'amdare in bici non se ne curerà. Vorrei che Lei facessere rivere i miti le orgie i simboli il vero senso di quei magnifici templi che fanno di Agrigento se non la più bella città dei mortali (ora non più, di sicuro) almeno la più ambigua e pagana città del mondo. Impreziosire ad esempio il temio di Giunone; come?. Bello sarebbe fare recitare alle giovani ma appassite mogli le lamentele alla comprensiva e tradita moglie di Giove, la pingue Hera, le loro coniugali e anali doglianze. Ma non si può. Eppure dei balletti e delle rievocazioni da parte di corpi di ballo e di attorri che sappiano dare il senso del classico, si potrebbe. Le sottopondo così un canovaccio che mi pare intrigante assai. Questa pagina di Roberto Calasso (Le nozze di Cadmo e Armonia) sarebbe molta acconcia ad ispirare sceneggiature e intermezzi recitati magari con il sottofondo di musiche del maestro Michele Lizzi. Cosa Le chiedo per me? Nulla signor sindaco; per faccende anagrafiche e per pensioni baby nulla mi serve. Allora? Mi basterbbe dare qualche idea per il lancio del turismo colto ad Agrigento e ovvio esteso ai paesi sicani propinqui.Altro...
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Bouguereau - Quando la pittura non è oscena
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Bouguereau- Quando la pittura è pittura
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Quando la pittura supera la pittura
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Lillo Taverna
WILLIAMS BOUGUEREAU
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Di storico il giornaletto del paese senza ragione (a dire di
Sciascia) ha solo questo demente passaggio a nord-ovest ... nella palude della
politica delle prebende paesane. Mi auguro, auguro e gli auguro che desistano
da questa follia. Mi piacerà la conflittuale contesa elettorale con Tanu: spero
di tuffarlo ni uno di quei flop da ricordarselo per tutta la vita. Dal silenzio
dei loquaci (falso romanzo storico) al silenzio del loquace.
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Malgrado
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— con Regalpetra
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Giuseppe
Riccobene Ho imparato a conoscere Gaetano, anche tramite i suoi
amici. L'ho studiato, letto e riletto. Penso che sarebbe un ottimo sindaco,
anche negli altri giorni dell'anno. Ma, stiano tranquilli amici e
"amici", difficilmente il suo nome comparirà sulla scheda.
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Pensavo che il 26 maggio avremmo corso il rischio di trovare
un PESCE DI SCOGLIO per accontentare Buttafuoco. Se il Circolo Unione diviene
il retro bottega degli Ivan Antonello Tanu e ora anche di Egidio che non mi
pare ne sia socio (certo Picone lo insignirà subito della associazione onoraria
per non fargli sborsare manco un euro), davvero mi dovrò dar da fare per farlo
chiudere un siffatto bugigattolo della piccola casta dell'Antimafia Racalmutese.
Ma il signor Presidente è uomo saggio; non cascherà nella trappola per la
seconda volta. Circolo sacrario super partes caro Ciccio. NO????
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Malgrado
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Brasile e Cina accedono al mio blog CONTRA OMNIA RACALMUTO
nonostante scriva desueto e antiquato.
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Castrum Racalmuto Domani
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lunedì 2 aprile 2012
Carissimo Totò Petrotto
certo questo non deve essere un buon momento per te: Ti ho licenziata, tempo fa, una mia difesa e non so neppure se l’hai letta. L’altra sera abbiamo discusso a lungo da Penzillo. Sei stato molto istruttivo. Ora so come davvero è nato “Giochi di potere”. Non ci sarei mai arrivato.
Hai parola fluida e scrittura efficace. Spero di poterti ospitare qui sul mio blog (e di Racalmutese Fiero). Una preghiera: non lasciarti trasportare troppo dalla tua vis compulsiva che talora ti porta ad aggredire i tuoi avversari politici oltre i limiti di legge sulla stampa (e sui comizi).
Racalmuto ha due folte schiere: quella dei Totò (anche Racalmutese Fiero vi appartiene) e quella dei Liddi (di cui faccio parte). La prima schiera è piena di sale racalmutese in zucca, spesso sa essere solfurea contro i nemici, pugnace, talora signorile, ferace: onora davvero Racalmuto. L’altra schiera è variegata ed a pieno titolo vi faceva parte Liddu Marino, oltretutto gran fascista.
A me rivoltano le budella nel venire tacciato di contiguità mafiosa sol perché una triade capitanata da un omonimo omerico scrive occultamente cose per averle copiate purtroppo da certi nostri grafomani Autori. Se Racalmuto è mafiosa perché un paio di consiglieri o assessori fecero da teste a matrimoni di familiari di qualche ergastolano, i miei trent’anni di studi storici locali vanno proprio a farsi benedire.
Se piccoli favori, se predilezioni familiari, se preferenze amministrative, se licitazioni private con occhio di riguardo, se assunzioni consone alle teoriche di Carl Schmitt sul dualismo amicus-hostis, se le piccole birbanterie di chi poco dispone, etc. con similia minimalia, sono le stigmate di una mafia endemica, allora dobbiamo considerare mafiosa tutta la classe politica italiana, tutta l’alta burocrazia, e vorrei inoltrarmi ma prudenza impone cautela. Se bruciano dodici camion, racalmutese è sicuramente la vittima, ma racalmutesi non paiono gli abili scherani esecutori di chissà chi che stento a credere racalmutese. La mafia allora è altrove, non certo nel Consiglio Comunale, non mi pare a Racalmuto.
Tu mi parlavi di vicende non commendevoli di togati: valle a provare … o meglio si potrebbe ma con mutande di bandone nel retrostante. Io comunque non dispererei, ma solo se si dispone di tanta accortezza lessicale e di molta serenità accusatoria.
Giustamente facevi notare che le ditte mafiose avevano elogiativi nullaosta prefettizi. Ma anche i buoni possono tralignare .. così come i cattivi possono convertirsi (non pentirsi per lucrare riprovevoli indulgenze). Parlavi di “parva materia” e di questa il giudice non dovrebbe curarsi. Ma a Racalmuto non c’erano PRETORES sibbene PRETORIANI.
Dici che tutto si deve scaricare sui beneficiari della legge Bassanini… Ma qui non ti seguo molto. Anche se cretini i dirigenti sono i fiduciari dell’organo apicale – e nel caso nostro, dell’organo monocratico quale è in definitiva il sindaco: scatta sempre una vigilanza da cui può discendere la culpa in vigilando. E poi i cretini, se colpevoli di indebito, vanno rimossi prontamente; cosa che mi pare non ignota a Racalmuto.
Accusare altri di analoghe colpe oltre che inelegante non è mai stato esimente per alcuno: il così fan tutti non assolve nessuno .. . anche se gli altri fanno peggio. Fare tesoro invece delle proprie leggerezze per il rilancio di una politica più accorta, più sapiente, più esperta, beh! ciò è auspicabile. Mi viene da ridere quando imberbi presumono di potersi mettere a capo di una complessa macchina ammnistrativa quale un comune – diremmo noi aziendalisti – forte di un fatturato annuo di trenta-quaranta milioni di euro. E sono patetici coloro che reputano la Mecca dell’impiego il posticino tra la massa “a contratto”. E considerano perversi quelli che quei posticini li danno ai loro protetti, che eccelse menti non saranno se non riescono ad occuparsi in idonei “spazi vitali”. E andar via da uno “spazio vitale” così striminzito quale il Comune non è fuggire ma solo trovare quello, di spazio vitale, che risulta consono alle proprie capacità intellettuali, alla propria cultura (che si acquista con sacrifici, con lo studio, con la serietà di vita). L’Italia sarà in crisi, ma spazio per grandi affermazioni individuali ce n’è ancora tanto e ce ne sarà ancor di più. Parola di un vecchio ottimista di fede marxista.
Calogero Taverna
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Pubblicato da Salvatore Alfano a 15:07
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Etichette: Politica, Racalmuto
1 commento:
Anonimo02 aprile 2012 22:36
Calogero Taverna si reputa un intellettuale; per definzione l'intelluale viene sempre considerato ruffiano, paggio di corte, insomma. Calogero Taverna non sa di chi è ruffiano e resta colpito da quanto scrive in un blog alieno tale Giovanna: se si tratta di me, io di libri ne ho letto mille e mille e mille . Non mi entusiasma la cena di Trimalcione; al massimo quella esiziale e demenziale alla "Vecchia maniera" di cui alla DONNA DEL MOSSAD. Così mi permetto di aggiungere queste chicche prese dal mio testo preferito ALSO SPRACH ZARATHUSTRA per dare ulteriore spago a chi dubita della mia sanità mentale:
"Guarda, questa è la caverna dove vive la tarantola! Vuoi vederla? Qui pende la sua ragnatela; toccala un po', e la vedrai tremare.
"Eccola che viene, volentorosa; benevola, tarantola! Sul tuo dorso è impresso il tuo triangolo nero, il tuo segno di riconoscimento; e io so anche cosa v'è nella tua anima.
"Nella tua anima siede la vendetta: dove tu mordi, si forma una crosta nera: il tuo veleno rende l'anima ubriaca di vendetta, e la fa girare in qua e in là!
"Così parlo di voi in simboli, voi che fate barcollare l'anima, predicatori di giustizia. Per me voi siete delle tarantole, cercatori assetati di vendetta che si nascondono nell'ombra!
"Perciò strappo la vostra rete, acciocché il furore vi faccia uscire dalla vostra caverna di menzogne, e la vostra vendetta balzi fuori dietro la vostra parola 'giustizia'.
"Che l'uomo venga liberato dalla vendetta: questo è per me il ponte gettato verso le più alte speranze, l'arcobaleno dopo una lunga intemperie.
[.....]
"Arcigna presunzione, invidia nascosta, e, forse, la presunzione e l'invidia dei vostri padri: tutto ciò erompe nel vostro animo come una fiamma, come la follia della vendetta.
"Ciò che il padre ha taciuto, vien fuori nel figlio, e spesso ho trovato che il figlio era il segreto rivelato del padre.
[....]
"... in ogni loro parola di lode c'è qualcosa che fa male: esser giudici, questa sembra essere la loro batitudine.
"Vogliono recare dolore a quelli che ora detengono la potenza: dacché è proprio a costoro che si adatta maggiormente la predica che porta alla morte.
"La vita costruirà il proprio edificio in alto, con gradini e pilastri. Guarderà nel lontano, verso beatifiche visioni di bellezza: è per questo che ha bisogno di alture
[ ...]
"E' gente di indole e origine cattiva; dai loro visi traspare il boia e il cane poliziotto!
"Ma io saprò scoprire i vostri nascondigli: perciò vi scaglio in viso il mio riso delle cime."Altro...
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lunedì 2 aprile 2012
Carissimo Totò Petrotto
certo questo non deve essere un buon momento per te: Ti ho licenziata, tempo fa, una mia difesa e non so neppure se l’hai letta. L’altra sera abbiamo discusso a lungo da Penzillo. Sei stato molto istruttivo. Ora so come davvero è nato “Giochi di potere”. Non ci sarei mai arrivato.
Hai parola fluida e scrittura efficace. Spero di poterti ospitare qui sul mio blog (e di Racalmutese Fiero). Una preghiera: non lasciarti trasportare troppo dalla tua vis compulsiva che talora ti porta ad aggredire i tuoi avversari politici oltre i limiti di legge sulla stampa (e sui comizi).
Racalmuto ha due folte schiere: quella dei Totò (anche Racalmutese Fiero vi appartiene) e quella dei Liddi (di cui faccio parte). La prima schiera è piena di sale racalmutese in zucca, spesso sa essere solfurea contro i nemici, pugnace, talora signorile, ferace: onora davvero Racalmuto. L’altra schiera è variegata ed a pieno titolo vi faceva parte Liddu Marino, oltretutto gran fascista.
A me rivoltano le budella nel venire tacciato di contiguità mafiosa sol perché una triade capitanata da un omonimo omerico scrive occultamente cose per averle copiate purtroppo da certi nostri grafomani Autori. Se Racalmuto è mafiosa perché un paio di consiglieri o assessori fecero da teste a matrimoni di familiari di qualche ergastolano, i miei trent’anni di studi storici locali vanno proprio a farsi benedire.
Se piccoli favori, se predilezioni familiari, se preferenze amministrative, se licitazioni private con occhio di riguardo, se assunzioni consone alle teoriche di Carl Schmitt sul dualismo amicus-hostis, se le piccole birbanterie di chi poco dispone, etc. con similia minimalia, sono le stigmate di una mafia endemica, allora dobbiamo considerare mafiosa tutta la classe politica italiana, tutta l’alta burocrazia, e vorrei inoltrarmi ma prudenza impone cautela. Se bruciano dodici camion, racalmutese è sicuramente la vittima, ma racalmutesi non paiono gli abili scherani esecutori di chissà chi che stento a credere racalmutese. La mafia allora è altrove, non certo nel Consiglio Comunale, non mi pare a Racalmuto.
Tu mi parlavi di vicende non commendevoli di togati: valle a provare … o meglio si potrebbe ma con mutande di bandone nel retrostante. Io comunque non dispererei, ma solo se si dispone di tanta accortezza lessicale e di molta serenità accusatoria.
Giustamente facevi notare che le ditte mafiose avevano elogiativi nullaosta prefettizi. Ma anche i buoni possono tralignare .. così come i cattivi possono convertirsi (non pentirsi per lucrare riprovevoli indulgenze). Parlavi di “parva materia” e di questa il giudice non dovrebbe curarsi. Ma a Racalmuto non c’erano PRETORES sibbene PRETORIANI.
Dici che tutto si deve scaricare sui beneficiari della legge Bassanini… Ma qui non ti seguo molto. Anche se cretini i dirigenti sono i fiduciari dell’organo apicale – e nel caso nostro, dell’organo monocratico quale è in definitiva il sindaco: scatta sempre una vigilanza da cui può discendere la culpa in vigilando. E poi i cretini, se colpevoli di indebito, vanno rimossi prontamente; cosa che mi pare non ignota a Racalmuto.
Accusare altri di analoghe colpe oltre che inelegante non è mai stato esimente per alcuno: il così fan tutti non assolve nessuno .. . anche se gli altri fanno peggio. Fare tesoro invece delle proprie leggerezze per il rilancio di una politica più accorta, più sapiente, più esperta, beh! ciò è auspicabile. Mi viene da ridere quando imberbi presumono di potersi mettere a capo di una complessa macchina ammnistrativa quale un comune – diremmo noi aziendalisti – forte di un fatturato annuo di trenta-quaranta milioni di euro. E sono patetici coloro che reputano la Mecca dell’impiego il posticino tra la massa “a contratto”. E considerano perversi quelli che quei posticini li danno ai loro protetti, che eccelse menti non saranno se non riescono ad occuparsi in idonei “spazi vitali”. E andar via da uno “spazio vitale” così striminzito quale il Comune non è fuggire ma solo trovare quello, di spazio vitale, che risulta consono alle proprie capacità intellettuali, alla propria cultura (che si acquista con sacrifici, con lo studio, con la serietà di vita). L’Italia sarà in crisi, ma spazio per grandi affermazioni individuali ce n’è ancora tanto e ce ne sarà ancor di più. Parola di un vecchio ottimista di fede marxista.
Calogero Taverna
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Pubblicato da Salvatore Alfano a 15:07
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Etichette: Politica, Racalmuto
1 commento:
Anonimo02 aprile 2012 22:36
Calogero Taverna si reputa un intellettuale; per definzione l'intelluale viene sempre considerato ruffiano, paggio di corte, insomma. Calogero Taverna non sa di chi è ruffiano e resta colpito da quanto scrive in un blog alieno tale Giovanna: se si tratta di me, io di libri ne ho letto mille e mille e mille . Non mi entusiasma la cena di Trimalcione; al massimo quella esiziale e demenziale alla "Vecchia maniera" di cui alla DONNA DEL MOSSAD. Così mi permetto di aggiungere queste chicche prese dal mio testo preferito ALSO SPRACH ZARATHUSTRA per dare ulteriore spago a chi dubita della mia sanità mentale:
"Guarda, questa è la caverna dove vive la tarantola! Vuoi vederla? Qui pende la sua ragnatela; toccala un po', e la vedrai tremare.
"Eccola che viene, volentorosa; benevola, tarantola! Sul tuo dorso è impresso il tuo triangolo nero, il tuo segno di riconoscimento; e io so anche cosa v'è nella tua anima.
"Nella tua anima siede la vendetta: dove tu mordi, si forma una crosta nera: il tuo veleno rende l'anima ubriaca di vendetta, e la fa girare in qua e in là!
"Così parlo di voi in simboli, voi che fate barcollare l'anima, predicatori di giustizia. Per me voi siete delle tarantole, cercatori assetati di vendetta che si nascondono nell'ombra!
"Perciò strappo la vostra rete, acciocché il furore vi faccia uscire dalla vostra caverna di menzogne, e la vostra vendetta balzi fuori dietro la vostra parola 'giustizia'.
"Che l'uomo venga liberato dalla vendetta: questo è per me il ponte gettato verso le più alte speranze, l'arcobaleno dopo una lunga intemperie.
[.....]
"Arcigna presunzione, invidia nascosta, e, forse, la presunzione e l'invidia dei vostri padri: tutto ciò erompe nel vostro animo come una fiamma, come la follia della vendetta.
"Ciò che il padre ha taciuto, vien fuori nel figlio, e spesso ho trovato che il figlio era il segreto rivelato del padre.
[....]
"... in ogni loro parola di lode c'è qualcosa che fa male: esser giudici, questa sembra essere la loro batitudine.
"Vogliono recare dolore a quelli che ora detengono la potenza: dacché è proprio a costoro che si adatta maggiormente la predica che porta alla morte.
"La vita costruirà il proprio edificio in alto, con gradini e pilastri. Guarderà nel lontano, verso beatifiche visioni di bellezza: è per questo che ha bisogno di alture
[ ...]
"E' gente di indole e origine cattiva; dai loro visi traspare il boia e il cane poliziotto!
"Ma io saprò scoprire i vostri nascondigli: perciò vi scaglio in viso il mio riso delle cime."Altro...
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Lillo Taverna
quando la pittura e' pittura
Giovanna
Messana bellissimo
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Penso che il saper
aspettare, o meglio
la pazienza, sia una
delle mie migliori qualità.
Da ragazza per la scuola
ho aspettato treni, ho...
aspettato amiche puntuali
e ritardatarie.
Ho aspettato pazientemente
il mio turno : alle poste, al
supermercato
Ho aspettato che arrivasse il
sonno, quando facevo fatica
ad addormentarmi,
e perchè no, ho aspettato anche
il principe azzurro.
Però alla fine, quello che ho capito
da tutto questo aspettare è che
nessuna attesa è più snervante
di quella che si fa aspettando
buone notizie, con la certezza
che poi buone non saranno mai.
Ho aspettato.........aspetto!
L.CAltro...
aspettare, o meglio
la pazienza, sia una
delle mie migliori qualità.
Da ragazza per la scuola
ho aspettato treni, ho...
aspettato amiche puntuali
e ritardatarie.
Ho aspettato pazientemente
il mio turno : alle poste, al
supermercato
Ho aspettato che arrivasse il
sonno, quando facevo fatica
ad addormentarmi,
e perchè no, ho aspettato anche
il principe azzurro.
Però alla fine, quello che ho capito
da tutto questo aspettare è che
nessuna attesa è più snervante
di quella che si fa aspettando
buone notizie, con la certezza
che poi buone non saranno mai.
Ho aspettato.........aspetto!
L.CAltro...
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Lillo Taverna
QUANDO LA PITTURA E' PITTURA
Loredana
Cioffi Grazie!.........
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TANO MI E' AMICO, sed magis veritas
Dov’ero il pomeriggio del 23 luglio del 1991? Non ricordo. Non ero però a Racalmuto; se dovessi dare comunque una risposta perché ad esempio pressato da un giudice del taglio di Falcone, se insomma fossi nelle ambasce di Sciascia chiamato a spiegare se conosceva, se aveva incontrato Joe Macaluso, se aveva promesso scritture di elevato stile a difesa di Sindona..., avrei supposto che mi trovavo nell’astraco di Vaccarecce con una diafana vecchina dolcissima, la mamma di mia moglie e con mia moglie s’intende. Mi sarei trovato là per sfuggire alle irrespirabili afe delle estati romane.
Non ero certo a Racalmuto anche se socio sia del Mutuo Soccorso sia del Circolo Unione. Ma Bolzoni non mi avrebbe creduto: ero un omertoso perché racalmutese, perché socio del Mutuo Soccorso, circolo chissà perché passato dalla bisca sciasciana ad accolta di accaniti lettori di giornali sportivi.
Malgradotutto ha voglia di questi giorni di riesumare un pezzo giornalistico proprio di Bolzoni del 24 luglio 1991 – attualissimo dunque– e là vi sorge la saga di una Racalmuto che vede e non parla, che sa e non dice, che riconosce e finge di ignorare – reticente, contigua, affine, “infiltrata”.Malgradotutto mi pare con questa uscita rievocatrice il nostro bravo giano bifronte: da un lato pregno di una pietà per Sole orbato di compiuter e dall’altro sodale con i fabbricanti della più stucchevole favola di una Regalpetra inquinata dalla tabe della maffia (mi piace scriverla con due effe, come nelle ottocentesche informazioni prefettizie).
Come le due cose possano andare a braccetto senza stridere e ledere i vivi (i morti sono morti), non so, non credo. Certo vi è stato dopo il ricamo di Tanu su un giovanile essere della Regalpetra terra di stragi mafiose. Là il killer cessa di essere un solitario killer e, indubitabilmente indigeno, inevitabilmente conosciuto e riconosciuto anche dagli sportivi soci del circolo del mutuo soccorso. Se sono pieni poi di arcigni “nun lu sacciu”, gatta ci cova, gatta in odore di mafia endemica: a Racalmuto siamo diventati tutti “i ragazzi di Regalpetra”. La ministra non vi dormì una notte intera ma poi firmò: non più paese di Sciascia, ma infiltrato che i “ragazzi”li manda a fare il sindaco, gli assessori gli amministratori di destra di centro e di sinistra.
Nella rutilante prosa di Bolzoni il racconto del racconto si sparge in luoghi e persone improbabili e la piazza (Castello) diviene “corso” e Liddu Marino diviene il “matto” e per giunta ubbriacone del paese e tante altre similari facezie. Io che al circolo del mutuo soccorso ci vado appena imparato a comminare, affirratu pi la manu da ma patri – purtroppo quasi ottant’anni fa – posso giurare senza tema di smentita che questa voglia elusiva di dilettarsi di giornalismo sportivo non c’è: magari accanto allo spaghetto “alto, alto e fino fino” oggi vi può dimorare l’omonimo del verro intento a leggere e rileggere il Sole-24 Ore nei fogli della Borsa e ben vi saprebbe dire cosa sono gli swap, hli outright, i forwad , gli spot ed altre deliziosi lemmi che mi propinò Clerici di Cavenago quando ispezionai la Banca Privata Finanziaria che dicono essere stata di Sindona, ma questi manco formò i verbali del CdA, quell i più dissolventi.
Questi giornalisti! A dire il vero neppure Tanu si esime dal venirmi a raccontare che Joe Macaluso “si era occupato personalmente del finto sequestro del banchiere Michele Sindona e della sua permanenza in Sicilia, quando ormai scricchiolava vistosamente l’impero finanziario del banchiere di Patti”. No, quell’impero era crollato il 27 giugno 1974 per una inquietante messa all’indice nella borsa di Londra e l’atto di morte fu la messa in liquidazione coatta amministrativa nel settembre del 1974 magari perché un piccolo racalmutese si ostinò con l’art. 67 del TULB dovendosi impedire al Banco di Roma e dietro all’IOR, come dire vaticano, e alla finanza ambrosiana, come dire DC e soldi clerical-meneghini, di trarre vantaggio da un proposto atto di rigore di minore portata quale quello previsto all’art. 57 sempre del quasi fascista TULB attorno alla legge del ’36. Oggi è diverso, per le accidie democristiane. Numeri? No! Misteri delle grandi stragi bancarie e finanziarie ridotte ad improbabili esecuzioni ordite dal pingue accompagnatore racalmutese di Sindona.“Ragazzo di Regalpetra” anche lui? Tanu mi è amico, ma un po’ di più VERITAS.Altro...
Dov’ero il pomeriggio del 23 luglio del 1991? Non ricordo. Non ero però a Racalmuto; se dovessi dare comunque una risposta perché ad esempio pressato da un giudice del taglio di Falcone, se insomma fossi nelle ambasce di Sciascia chiamato a spiegare se conosceva, se aveva incontrato Joe Macaluso, se aveva promesso scritture di elevato stile a difesa di Sindona..., avrei supposto che mi trovavo nell’astraco di Vaccarecce con una diafana vecchina dolcissima, la mamma di mia moglie e con mia moglie s’intende. Mi sarei trovato là per sfuggire alle irrespirabili afe delle estati romane.
Non ero certo a Racalmuto anche se socio sia del Mutuo Soccorso sia del Circolo Unione. Ma Bolzoni non mi avrebbe creduto: ero un omertoso perché racalmutese, perché socio del Mutuo Soccorso, circolo chissà perché passato dalla bisca sciasciana ad accolta di accaniti lettori di giornali sportivi.
Malgradotutto ha voglia di questi giorni di riesumare un pezzo giornalistico proprio di Bolzoni del 24 luglio 1991 – attualissimo dunque– e là vi sorge la saga di una Racalmuto che vede e non parla, che sa e non dice, che riconosce e finge di ignorare – reticente, contigua, affine, “infiltrata”.Malgradotutto mi pare con questa uscita rievocatrice il nostro bravo giano bifronte: da un lato pregno di una pietà per Sole orbato di compiuter e dall’altro sodale con i fabbricanti della più stucchevole favola di una Regalpetra inquinata dalla tabe della maffia (mi piace scriverla con due effe, come nelle ottocentesche informazioni prefettizie).
Come le due cose possano andare a braccetto senza stridere e ledere i vivi (i morti sono morti), non so, non credo. Certo vi è stato dopo il ricamo di Tanu su un giovanile essere della Regalpetra terra di stragi mafiose. Là il killer cessa di essere un solitario killer e, indubitabilmente indigeno, inevitabilmente conosciuto e riconosciuto anche dagli sportivi soci del circolo del mutuo soccorso. Se sono pieni poi di arcigni “nun lu sacciu”, gatta ci cova, gatta in odore di mafia endemica: a Racalmuto siamo diventati tutti “i ragazzi di Regalpetra”. La ministra non vi dormì una notte intera ma poi firmò: non più paese di Sciascia, ma infiltrato che i “ragazzi”li manda a fare il sindaco, gli assessori gli amministratori di destra di centro e di sinistra.
Nella rutilante prosa di Bolzoni il racconto del racconto si sparge in luoghi e persone improbabili e la piazza (Castello) diviene “corso” e Liddu Marino diviene il “matto” e per giunta ubbriacone del paese e tante altre similari facezie. Io che al circolo del mutuo soccorso ci vado appena imparato a comminare, affirratu pi la manu da ma patri – purtroppo quasi ottant’anni fa – posso giurare senza tema di smentita che questa voglia elusiva di dilettarsi di giornalismo sportivo non c’è: magari accanto allo spaghetto “alto, alto e fino fino” oggi vi può dimorare l’omonimo del verro intento a leggere e rileggere il Sole-24 Ore nei fogli della Borsa e ben vi saprebbe dire cosa sono gli swap, hli outright, i forwad , gli spot ed altre deliziosi lemmi che mi propinò Clerici di Cavenago quando ispezionai la Banca Privata Finanziaria che dicono essere stata di Sindona, ma questi manco formò i verbali del CdA, quell i più dissolventi.
Questi giornalisti! A dire il vero neppure Tanu si esime dal venirmi a raccontare che Joe Macaluso “si era occupato personalmente del finto sequestro del banchiere Michele Sindona e della sua permanenza in Sicilia, quando ormai scricchiolava vistosamente l’impero finanziario del banchiere di Patti”. No, quell’impero era crollato il 27 giugno 1974 per una inquietante messa all’indice nella borsa di Londra e l’atto di morte fu la messa in liquidazione coatta amministrativa nel settembre del 1974 magari perché un piccolo racalmutese si ostinò con l’art. 67 del TULB dovendosi impedire al Banco di Roma e dietro all’IOR, come dire vaticano, e alla finanza ambrosiana, come dire DC e soldi clerical-meneghini, di trarre vantaggio da un proposto atto di rigore di minore portata quale quello previsto all’art. 57 sempre del quasi fascista TULB attorno alla legge del ’36. Oggi è diverso, per le accidie democristiane. Numeri? No! Misteri delle grandi stragi bancarie e finanziarie ridotte ad improbabili esecuzioni ordite dal pingue accompagnatore racalmutese di Sindona.“Ragazzo di Regalpetra” anche lui? Tanu mi è amico, ma un po’ di più VERITAS.Altro...
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Non ero certo a Racalmuto anche se socio sia del Mutuo Soccorso sia del Circolo Unione. Ma Bolzoni non mi avrebbe creduto: ero un omertoso perché racalmutese, perché socio del Mutuo Soccorso, circolo chissà perché passato dalla bisca sciasciana ad accolta di accaniti lettori di giornali sportivi.
Malgradotutto ha voglia di questi giorni di riesumare un pezzo giornalistico proprio di Bolzoni del 24 luglio 1991 – attualissimo dunque– e là vi sorge la saga di una Racalmuto che vede e non parla, che sa e non dice, che riconosce e finge di ignorare – reticente, contigua, affine, “infiltrata”.Malgradotutto mi pare con questa uscita rievocatrice il nostro bravo giano bifronte: da un lato pregno di una pietà per Sole orbato di compiuter e dall’altro sodale con i fabbricanti della più stucchevole favola di una Regalpetra inquinata dalla tabe della maffia (mi piace scriverla con due effe, come nelle ottocentesche informazioni prefettizie).
Come le due cose possano andare a braccetto senza stridere e ledere i vivi (i morti sono morti), non so, non credo. Certo vi è stato dopo il ricamo di Tanu su un giovanile essere della Regalpetra terra di stragi mafiose. Là il killer cessa di essere un solitario killer e, indubitabilmente indigeno, inevitabilmente conosciuto e riconosciuto anche dagli sportivi soci del circolo del mutuo soccorso. Se sono pieni poi di arcigni “nun lu sacciu”, gatta ci cova, gatta in odore di mafia endemica: a Racalmuto siamo diventati tutti “i ragazzi di Regalpetra”. La ministra non vi dormì una notte intera ma poi firmò: non più paese di Sciascia, ma infiltrato che i “ragazzi”li manda a fare il sindaco, gli assessori gli amministratori di destra di centro e di sinistra.
Nella rutilante prosa di Bolzoni il racconto del racconto si sparge in luoghi e persone improbabili e la piazza (Castello) diviene “corso” e Liddu Marino diviene il “matto” e per giunta ubbriacone del paese e tante altre similari facezie. Io che al circolo del mutuo soccorso ci vado appena imparato a comminare, affirratu pi la manu da ma patri – purtroppo quasi ottant’anni fa – posso giurare senza tema di smentita che questa voglia elusiva di dilettarsi di giornalismo sportivo non c’è: magari accanto allo spaghetto “alto, alto e fino fino” oggi vi può dimorare l’omonimo del verro intento a leggere e rileggere il Sole-24 Ore nei fogli della Borsa e ben vi saprebbe dire cosa sono gli swap, hli outright, i forwad , gli spot ed altre deliziosi lemmi che mi propinò Clerici di Cavenago quando ispezionai la Banca Privata Finanziaria che dicono essere stata di Sindona, ma questi manco formò i verbali del CdA, quell i più dissolventi.
Questi giornalisti! A dire il vero neppure Tanu si esime dal venirmi a raccontare che Joe Macaluso “si era occupato personalmente del finto sequestro del banchiere Michele Sindona e della sua permanenza in Sicilia, quando ormai scricchiolava vistosamente l’impero finanziario del banchiere di Patti”. No, quell’impero era crollato il 27 giugno 1974 per una inquietante messa all’indice nella borsa di Londra e l’atto di morte fu la messa in liquidazione coatta amministrativa nel settembre del 1974 magari perché un piccolo racalmutese si ostinò con l’art. 67 del TULB dovendosi impedire al Banco di Roma e dietro all’IOR, come dire vaticano, e alla finanza ambrosiana, come dire DC e soldi clerical-meneghini, di trarre vantaggio da un proposto atto di rigore di minore portata quale quello previsto all’art. 57 sempre del quasi fascista TULB attorno alla legge del ’36. Oggi è diverso, per le accidie democristiane. Numeri? No! Misteri delle grandi stragi bancarie e finanziarie ridotte ad improbabili esecuzioni ordite dal pingue accompagnatore racalmutese di Sindona.“Ragazzo di Regalpetra” anche lui? Tanu mi è amico, ma un po’ di più VERITAS.Altro...
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Non ero certo a Racalmuto anche se socio sia del Mutuo Soccorso sia del Circolo Unione. Ma Bolzoni non mi avrebbe creduto: ero un omertoso perché racalmutese, perché socio del Mutuo Soccorso, circolo chissà perché passato dalla bisca sciasciana ad accolta di accaniti lettori di giornali sportivi.
Malgradotutto ha voglia di questi giorni di riesumare un pezzo giornalistico proprio di Bolzoni del 24 luglio 1991 – attualissimo dunque– e là vi sorge la saga di una Racalmuto che vede e non parla, che sa e non dice, che riconosce e finge di ignorare – reticente, contigua, affine, “infiltrata”.Malgradotutto mi pare con questa uscita rievocatrice il nostro bravo giano bifronte: da un lato pregno di una pietà per Sole orbato di compiuter e dall’altro sodale con i fabbricanti della più stucchevole favola di una Regalpetra inquinata dalla tabe della maffia (mi piace scriverla con due effe, come nelle ottocentesche informazioni prefettizie).
Come le due cose possano andare a braccetto senza stridere e ledere i vivi (i morti sono morti), non so, non credo. Certo vi è stato dopo il ricamo di Tanu su un giovanile essere della Regalpetra terra di stragi mafiose. Là il killer cessa di essere un solitario killer e, indubitabilmente indigeno, inevitabilmente conosciuto e riconosciuto anche dagli sportivi soci del circolo del mutuo soccorso. Se sono pieni poi di arcigni “nun lu sacciu”, gatta ci cova, gatta in odore di mafia endemica: a Racalmuto siamo diventati tutti “i ragazzi di Regalpetra”. La ministra non vi dormì una notte intera ma poi firmò: non più paese di Sciascia, ma infiltrato che i “ragazzi”li manda a fare il sindaco, gli assessori gli amministratori di destra di centro e di sinistra.
Nella rutilante prosa di Bolzoni il racconto del racconto si sparge in luoghi e persone improbabili e la piazza (Castello) diviene “corso” e Liddu Marino diviene il “matto” e per giunta ubbriacone del paese e tante altre similari facezie. Io che al circolo del mutuo soccorso ci vado appena imparato a comminare, affirratu pi la manu da ma patri – purtroppo quasi ottant’anni fa – posso giurare senza tema di smentita che questa voglia elusiva di dilettarsi di giornalismo sportivo non c’è: magari accanto allo spaghetto “alto, alto e fino fino” oggi vi può dimorare l’omonimo del verro intento a leggere e rileggere il Sole-24 Ore nei fogli della Borsa e ben vi saprebbe dire cosa sono gli swap, hli outright, i forwad , gli spot ed altre deliziosi lemmi che mi propinò Clerici di Cavenago quando ispezionai la Banca Privata Finanziaria che dicono essere stata di Sindona, ma questi manco formò i verbali del CdA, quell i più dissolventi.
Questi giornalisti! A dire il vero neppure Tanu si esime dal venirmi a raccontare che Joe Macaluso “si era occupato personalmente del finto sequestro del banchiere Michele Sindona e della sua permanenza in Sicilia, quando ormai scricchiolava vistosamente l’impero finanziario del banchiere di Patti”. No, quell’impero era crollato il 27 giugno 1974 per una inquietante messa all’indice nella borsa di Londra e l’atto di morte fu la messa in liquidazione coatta amministrativa nel settembre del 1974 magari perché un piccolo racalmutese si ostinò con l’art. 67 del TULB dovendosi impedire al Banco di Roma e dietro all’IOR, come dire vaticano, e alla finanza ambrosiana, come dire DC e soldi clerical-meneghini, di trarre vantaggio da un proposto atto di rigore di minore portata quale quello previsto all’art. 57 sempre del quasi fascista TULB attorno alla legge del ’36. Oggi è diverso, per le accidie democristiane. Numeri? No! Misteri delle grandi stragi bancarie e finanziarie ridotte ad improbabili esecuzioni ordite dal pingue accompagnatore racalmutese di Sindona.“Ragazzo di Regalpetra” anche lui? Tanu mi è amico, ma un po’ di più VERITAS.Altro...
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20 TESTI DELLE CANZONI DI ROSA BALESTRIERI
trascrizione "semi-artigianale" grazie all'aiuto dell'attrice Lucia Sardo
INDICE
...
Lu veniri matinu agghiorna chiaru
La bedda matri si mini ri camminu
Incuntrau a San Giuvanni ppi la via
Ci dissi: unni stati jennu o matri mia
Vaju circannu lu me caru figghiu
Ca lu pirdiu e nun lu pozzu asciari
Iti ni ssà casuzza di Pilatu
Lu iti asciari ‘nchiusu e ‘ncatinatu
Tuppi tuppi cu è docu darreri
Sugnu la to matruzza addulurata
Oh cara matri mia un tu pozzu apriri
Ca li Giurei mi stanu ‘ncatinannu
Iti docu darreri c’è l’arginteri
Facitici l’aneddu allu Signuri
L’aneddu allu Signuri nun ci stavi
Ci stanu tri chiuviddi e pedi a cruci
Ah caru mastru chi faciti astura
Fazzu tri chiova apposta ppi lu Signuri
Oh caru mastru nun li fari a st’ura
Ti paju la nuttata e la maestria
Oh cara matri nun lu pozzu fari
Unni c’è Gesù ci mettunu a mia
X2: La bedda matri ‘ndisi stu parrari
Fici vutari munnu, terra e mari.
Chiancennu e suspirannu
Chiancennu e suspirannu
La lassai
Assittatedda davanti la porta
Idda mi rissi veru ti ni vai
Ora li peni mia cu li cunorta
E lu viaggiu ca è luntanu assai
A lu ritornu tu mi trovi morta
A lu
A lu ritornu tu mi trovi morta
X2: Quannu la bianca manu ci tuccai
Paria la manu d’una vera morta
Chiancennu e suspirannu la lassai
Assittatedda davanti la porta
Cavaddu miu
A curri cavaddu miu
A curri e camina
A la strata è longa
E la mia è luntana
E lu scrusciu di la rota
E la catinaun’accorda sta canzuna paisana
Ah acca,
a quantu vali un capiddu
avissi a scrima….
Stasira cu lu ventu
Stasira vaju e curru cu lu ventu
A grapiri li porti di la Storia
Stasira vogghiu dari pu un mumentu
La vita a lu passatu e alla memoria
Stasira cu la vampa di l’amura
Scavu na fossa, na fossa
A lu duluri
C’è chiù duluri, c’è chiù turmentu
Ca gioia e amuri pi l’umanità
Nun è lu chiantu ca cangia lu distinu
Nun è lu scantu ca ferma lu caminu
‘ncapu li pugna, cuntu li ita
restu cu sugnu, scurru la vita
cantu e cuntu – cuntu e cantu
ppi nun perdiri lu cuntu.
Cummari Nina, cummari Vicenza
Ah cummari Nina
Ah cummari Vicenza
Cummari Nina, cummari Vicenza
Mittitivi a lenza ca veni u gné gné
(X2) s’è masculiddu lu mannu a la scola
s’è fimminedda a quasetta fa.
Mi votu e mi rivotu
mi votu e mi rivotu sospirannu
passu li notti ‘nteri senza sonnu
e li biddizzi to jù cuntimplannu
li passu di la notti finu a ghiornu
ppi tia un pozzu ora chiù durmiri
paci nun havi chiù st’afflittu cori
lu sai quannu ca jù t’av’a lassari,
quannu la vita mia finisci e mori
palumma ca camini
mari mari
ferma quantu ti dicu du paroli
quannu ti tiru na piuma di st’ali
quannu fazzu na littra
a lu miu amuri
littri ti ni mannu tri o dui
risposta ca di tia nun haiu mai
o chi si persi la carta ppi vui
oppuramenti scriviri nun sai
mi voti e mi rivotu sospirannu
passu li notti ‘nteri senza sonnu
cu ti lu dissi ca t’av’a lassari
meggghiu la morti ca chistu duluri
ahiahaihaiahihaihaiahi
x2: moru moru moru
ciatu di lu me cori
l’amuri miu si tu
cu ti lu dissi attia nicuzza
lu cori miu si schicchia
a picca a picca a picca
ahiahaihaiahihaihaiahi
x2: moru moru moru
ciatu di lu me cori
l’amuri miu si tu
lu primu amuri lu fici cu tia
e tu schifiusa ti stai scurdannu i mia
paci facemu o nicaredda mia
ciatu di l’arma mia
l’amuri miu si tu.
Acidduzzu
Acidduzzu di me cummari
Senza piume e senza ali
Si pusau supra la testa
A me cummari ci fici na gran festa
Ma ch’è beddu st’acidduzzu
Chi cantari ca mi fa
Tutta la notti cici mi fa,
mi pizzica e mizzica
e poi si ni va!
Acidduzzu di me cummari
Senza piume e senza ali
Si pusau supra lu pettu
A me cummari ci fici gran latti
Ma ch’è beddu st’acidduzzu
Chi cantari ca mi fa
Tutta la notti cici mi fa,
mi pizzica e mizzica
e poi si ni va!
Acidduzzu di me cummari
Senza piume e senza ali
Si pusau supra lu panza
A me cummari ci fici sustanza
Ma ch’è beddu st’acidduzzu
Chi cantari ca mi fa
Tutta la notti cici mi fa,
mi pizzica e mizzica
e poi si ni va!
Acidduzzu di me cummari
Senza piume e senza ali
Si pusau supra a scagghiola
A testa di intra e l’ali di fora (X2)
Ma ch’è beddu st’acidduzzu
Chi cantari ca mi fa
Tutta la notti cici mi fa,
mi pizzica e mizzica
e poi si ni va.
U cunigghiu
Lu cunigghiu c’havi lu mussu
E lu mussu l’aviti vui
Jù stanotti mi lu ‘nzunnai
Mussu cu mussu, curcata cu vui
Ah la cirasa, la cirasa chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a strica e mi vasa
Ca voli a cirasa ca pampina
Lu cunigghiu c’havi lu ciatu
E lu ciatu l’aviti vui
Jù stanotti mi lu ‘nzunnai
ciatu cu ciatu, curcata cu vui
Ah lu cutugnu, lu cutugnu chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a stringi e mi vasa
Ca voli u cutugnu ca pampina
Lu cunigghiu c’havi lu pettu
E lu pettu l’aviti vui
Jù stanotti mi lu ‘nzunnai
Pettu cu pettu, curcata cu vui
Ah la cirasa, la cirasa chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a strica e mi vasa
Ca voli a cirasa ca pampina
Lu cunigghiu c’havi la panza
E la panza l’aviti vui
Jù stanotti mi lu ‘nzunnai
Panza cu panza, curcata cu vui
Ah lu cutugnu, lu cutugnu chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a stringi e mi vasa
Ca voli u cutugnu ca pampina
Lu cunigghiu c’havi la coscia
E la coscia l’aviti vui
Jù stanotti mi lu ‘nzunnai
Coscia cu coscia, curcata cu vui
Ah la cirasa, la cirasa chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a strica e mi vasa
Ca voli a cirasa ca pampina
Lu cunigghiu c’havi li peri
E li peri l’aviti vui
Jù stanotti mi lu ‘nzunnai
Peri cu peri, curcata cu vui
Ah lu cutugnu, lu cutugnu chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a stringi e mi vasa
Ca voli u cutugnu ca pampina
Lu cunigghiu c’havi lu pilu
E lu pilu l’aviti vui
Jù stanotti mi lu ‘nzunnai
Pilu cu pilu, curcata cu vui
Ah la cirasa, la cirasa chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a strica e mi vasa
Ca voli a cirasa ca pampina
………………………………………
Ah lu citrolu, lu citrolu chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a strica u linzolu
Ca voli u citrolu ca pampina.
Na barcuzza banneri banneri
E na barcuzza banneri banneri banneri
Sta dia d’amuri mi vieni a purtari
Ridiunu tutti li cilesti sferi
Trimavanu li specchi di lu mari
Binirittu lu diu chi ti manteni
Ca accussi bedda ti vosi furmari
Spampinanu li ciuri unnè ca veni
(X2) L’aria u tribulatu fai sirinari
Havia li trizzi di na Maddalena
U da sta si miritava natura
Nni la to casa nun ci sta lumera
Lu lustru lu fai tu stidda Diana
Catina chi mi teni ‘ncatinatu
Catina chi ‘ncatini l’arma mia
Beni ti vogghiu chiù di lu me ciatu
(X2) Accussi criru chi tu voi beni a mia.
A calari la trabbia
Ora mi nni vaju a calari la trabbia
Na tunnaredda tanta luminata
Ma jù pittantu nun mi lu criria
Di la truvari la nassa scassata
E tu trabbia
Comu un cani corsu
Mi stai supra comu un satanassu
Sugnu appuiatu supra un munti grossu
Viru li tunni e mi passuvu a rassu.
Ca sutta ‘ntra stu ‘fernu
Ca sutta ‘nda stu ‘nfernu puvireddu
Ah nui semu cunnannati a tirannia
La mmolla di li lupi su l’agneddi
Ah, chiancitimi chiancitimi
O mamma mia
La tirannia li carcagna ‘ncarca
E l’abbusu e lu putiri stricca e curca
Mamma vi l’haju persu lu rispettu
Mamma vi l’haju persu lu rispettu
(X2) Di la finestra cu
natichi tunni e lariulé
di la finestra lu fici acchianari
Cu parra parra mi lu tegnu strittu
(X2) La schetta vecchia nun
natichi tunni e lariulé
ca schetta e vecchia nun vogghiu arristari
ni ni fejemu dirittu dirittu
(X2) vo’ comu voli Diu
natichi tunni e lariulé
vo’ comu voli Diu m’a maritari
Vtitti na bedda affacciata a na finestra
Vitti na bedda affacciata a na finestra
C’abbivirava lu bacilicò
E jù ci rissi dammini nanticchia
Idda mi rissi è tuttu lu tò
E culu si e culu no
di notti si chianta lu bacilicò
Fammini iri me matri alla missa
Ca ti lu dignu cu tutta la grasta
Alla turnata ci tornu a passari
Persi la grasta e lu bacilicò
E culu sì e culu no
Di notti si chianta lu bacilicò.
Tu si bedda nica nica
Tu si bedda, tu si bedda, nica nica
Malandrina, malandrina e arrobba cori
Mi la rubbasti a mia stu cori
Ora lu teni, ora lu teni
Mi la rubbasti a mi
Quantu è bedda, quantu è bedda sta corpuratura
Lu pettu tunnu, lu pettu tunnu e lu visu aduratu
(X2) di tia lu sugnu assai ‘nnamuratu
comu a tia, comu a tia ca nun ci nnè
sti labbruzza, sti labbruzza ‘nzuccarati
l’occhi toi toi culuri di Mari
mi hannu fattu assai nnamurari
pi lu geniu pi lu sangu ca mi fai tu
chi su beddi, chi su beddi li toi capiddi
l’occhi toi, l’occhi toi culuri di mari
(X2) mi hannu fattu assai nnamurari
comu a tia nun ci nnè
tu si bedda, tu si badda nica nica
malandrina, malandrina e arrobba cori
mi l’arrubbasti a mia stu cori
(X2) comu a tia, comu a tia e nun ci nnè
ora lu teni ora lu teni.
S. Antoniu calati calati
E S. Antoniu calati calati
Ca jù l’annacu e vui l’addummisciti……vo
E si nun dormi beddu lu capizzu
Ti picchiu pi li pedi e t’arrumazzu……vo
E quannu veni la fest di lu munti
T’aja cattari tanti cosi, tanti……vo
O si po’ o nun si po’
Lu vistiteddu pi San Calò
E allu parrinu ci l’ama a diri
Chi l’avia purtatu ni lu varberi
Moru ch’è beddu,
moru ch’è granni
quannu crisci và a ccatta la carni
masculu e beddu
ci l’ama a diri aqlla raggia di li vicini
O si po’ o nun si po’
Lu vistiteddu di S. Calò
Morsi cu morsi
Morsi cu morsi
Cu m’amava persi
(X2) Comu fineru li joca e li spassi
Sta bedda libbirtà comu la pesi
(X2) L’ahnu in putiri li canazzi corsi
Chianciti tutti
Li liuni e l’ursi
(X2) Chianci me matri ca ri vui mi persi
Cu dumanna di mia
Comu nun ci fussi
(X2) Scrivitimi allu libru di li persi
Olì olì olà
Palazzu paroli fabbrica tò
Oli oli olà
Palazzu fabbricatu
‘nmenzu o mari
‘Nmenzu lu mari c’è
na villa nova
veni lu ventu e la
Oli oli olà
Veni lu ventu e
La mmutta a la plaja
Tolla ‘ntichiti tolla-la
Tolla ‘ntichiti tolla-la
Tolla ‘ntichiti tolla-la
Tolla ra la la
Ci sta na picciuttedda mariola
Di nomu ci mittemu
Oli oli olà
Di nomu ci mittemu Carniola
Teni li capèidduzzi
Bruni e rizzi
E si li ‘ntrizza a la
Oli oli olà
E si li ‘ntrizza a la palermitana
Tolla ‘ntichiti tolla-la
Tolla ‘ntichiti tolla-la
Tolla ‘ntichiti tolla-la
Tolla ra la la.
Quantu bacilicò
Quantu bacilicò simini ogni jornu
(X2) Tu mi l’ha dari na - cima allu jornu
Ah si voi lu me curuzzu ti lu mannu
(X2) Lu to mi l’ha mannari allu ritornu
ah li carnuzza tua ciavuru fannu
(X2) ca cu li ciaura ci – passa lu sonnu
ah bedda ca si ju t’avissi a me’ cumannu
(X2) dumani mi susissi a menz’jornu
La siminzina
bo e la ribò
ora veni lu patri to
(X2) e ti porta la siminzina
la rosa marina e lu bacilicò
o figghia mia
lu santu passau
e di la bedda
mi ni spiau
(X2) e ju ci dissi la bedda durmia
e dormi figghia di l’arma mia
vo, vo, vo dormi figghia e fai la vo
vo, vo, vo dormi figghia e fai la vo
I pirati a Palermu (I. Buttitta)
Arrivarru li navi
Quanti navi a Palermu
Li pirati sbarcarru
Cu li facci d’infernu
N’arubbarru lu suli, lu suli
Arristammu allu scuru, chi scuru
Sicilia chianci!
Tutt l’oru all’aranci
Li pirati arrubbarru
Li campagni spugghiati
Cu la negghia lassaru
N’arubbarru lu suli, lu suli
Arristammu allu scuru, chi scuru
Sicilia chianci!
Li culura do mari
N’arrubbarru chi dannu
Su ‘mpazzuti li pisci
Chi lamentu ca fannu
N’arubbarru lu suli, lu suli
Arristammu allu scuru, chi scuru
Sicilia chianci!
Alli fimmini nostri
Ci scipparrru di l’occhi
La lustrura e lu focu
Ca addumava li specchi
N’arubbarru lu suli, lu suli
Arristammu allu scuru, chi scuru
Sicilia chianci!.
La tarantula
A mi t’ha muzzicatu a bella la tarantola
E t’ha muzzicatu li pedi
Pedi cu pedi mo’ si ni veni
Mo’ si ni veni
Mo si ni va’
Chista è la tarantola
A mi t’ha muzzicatu o bella la tarantola
E m’ha muzzicatu la coscia
Coscia cu coscia mo mi si ‘ncoscia
Gamba cu gamba mi mi si n’ciamma
Pedi cu pedi mo si ni veni
Mo si ni veni mo si ni va
Chista è la tarantola
A mi t’ha muzzicatu a bella tarantola
E m’ha muzzicatu la panza
Panza cu panza mo mi s’avanza
Coscia cu coscia
Gamba cu gamba
Pedi cu pedi
Mo si ni veni
Mo si ni veni mo si ni va
Chista è la tarantola
A mi t’ha muzzicatu a bella tarantola
E m’ha muzzicatu lu pettu
…………………………………………
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trascrizione "semi-artigianale" grazie all'aiuto dell'attrice Lucia Sardo
INDICE
...
Lu veniri matinu agghiorna chiaru
La bedda matri si mini ri camminu
Incuntrau a San Giuvanni ppi la via
Ci dissi: unni stati jennu o matri mia
Vaju circannu lu me caru figghiu
Ca lu pirdiu e nun lu pozzu asciari
Iti ni ssà casuzza di Pilatu
Lu iti asciari ‘nchiusu e ‘ncatinatu
Tuppi tuppi cu è docu darreri
Sugnu la to matruzza addulurata
Oh cara matri mia un tu pozzu apriri
Ca li Giurei mi stanu ‘ncatinannu
Iti docu darreri c’è l’arginteri
Facitici l’aneddu allu Signuri
L’aneddu allu Signuri nun ci stavi
Ci stanu tri chiuviddi e pedi a cruci
Ah caru mastru chi faciti astura
Fazzu tri chiova apposta ppi lu Signuri
Oh caru mastru nun li fari a st’ura
Ti paju la nuttata e la maestria
Oh cara matri nun lu pozzu fari
Unni c’è Gesù ci mettunu a mia
X2: La bedda matri ‘ndisi stu parrari
Fici vutari munnu, terra e mari.
Chiancennu e suspirannu
Chiancennu e suspirannu
La lassai
Assittatedda davanti la porta
Idda mi rissi veru ti ni vai
Ora li peni mia cu li cunorta
E lu viaggiu ca è luntanu assai
A lu ritornu tu mi trovi morta
A lu
A lu ritornu tu mi trovi morta
X2: Quannu la bianca manu ci tuccai
Paria la manu d’una vera morta
Chiancennu e suspirannu la lassai
Assittatedda davanti la porta
Cavaddu miu
A curri cavaddu miu
A curri e camina
A la strata è longa
E la mia è luntana
E lu scrusciu di la rota
E la catinaun’accorda sta canzuna paisana
Ah acca,
a quantu vali un capiddu
avissi a scrima….
Stasira cu lu ventu
Stasira vaju e curru cu lu ventu
A grapiri li porti di la Storia
Stasira vogghiu dari pu un mumentu
La vita a lu passatu e alla memoria
Stasira cu la vampa di l’amura
Scavu na fossa, na fossa
A lu duluri
C’è chiù duluri, c’è chiù turmentu
Ca gioia e amuri pi l’umanità
Nun è lu chiantu ca cangia lu distinu
Nun è lu scantu ca ferma lu caminu
‘ncapu li pugna, cuntu li ita
restu cu sugnu, scurru la vita
cantu e cuntu – cuntu e cantu
ppi nun perdiri lu cuntu.
Cummari Nina, cummari Vicenza
Ah cummari Nina
Ah cummari Vicenza
Cummari Nina, cummari Vicenza
Mittitivi a lenza ca veni u gné gné
(X2) s’è masculiddu lu mannu a la scola
s’è fimminedda a quasetta fa.
Mi votu e mi rivotu
mi votu e mi rivotu sospirannu
passu li notti ‘nteri senza sonnu
e li biddizzi to jù cuntimplannu
li passu di la notti finu a ghiornu
ppi tia un pozzu ora chiù durmiri
paci nun havi chiù st’afflittu cori
lu sai quannu ca jù t’av’a lassari,
quannu la vita mia finisci e mori
palumma ca camini
mari mari
ferma quantu ti dicu du paroli
quannu ti tiru na piuma di st’ali
quannu fazzu na littra
a lu miu amuri
littri ti ni mannu tri o dui
risposta ca di tia nun haiu mai
o chi si persi la carta ppi vui
oppuramenti scriviri nun sai
mi voti e mi rivotu sospirannu
passu li notti ‘nteri senza sonnu
cu ti lu dissi ca t’av’a lassari
meggghiu la morti ca chistu duluri
ahiahaihaiahihaihaiahi
x2: moru moru moru
ciatu di lu me cori
l’amuri miu si tu
cu ti lu dissi attia nicuzza
lu cori miu si schicchia
a picca a picca a picca
ahiahaihaiahihaihaiahi
x2: moru moru moru
ciatu di lu me cori
l’amuri miu si tu
lu primu amuri lu fici cu tia
e tu schifiusa ti stai scurdannu i mia
paci facemu o nicaredda mia
ciatu di l’arma mia
l’amuri miu si tu.
Acidduzzu
Acidduzzu di me cummari
Senza piume e senza ali
Si pusau supra la testa
A me cummari ci fici na gran festa
Ma ch’è beddu st’acidduzzu
Chi cantari ca mi fa
Tutta la notti cici mi fa,
mi pizzica e mizzica
e poi si ni va!
Acidduzzu di me cummari
Senza piume e senza ali
Si pusau supra lu pettu
A me cummari ci fici gran latti
Ma ch’è beddu st’acidduzzu
Chi cantari ca mi fa
Tutta la notti cici mi fa,
mi pizzica e mizzica
e poi si ni va!
Acidduzzu di me cummari
Senza piume e senza ali
Si pusau supra lu panza
A me cummari ci fici sustanza
Ma ch’è beddu st’acidduzzu
Chi cantari ca mi fa
Tutta la notti cici mi fa,
mi pizzica e mizzica
e poi si ni va!
Acidduzzu di me cummari
Senza piume e senza ali
Si pusau supra a scagghiola
A testa di intra e l’ali di fora (X2)
Ma ch’è beddu st’acidduzzu
Chi cantari ca mi fa
Tutta la notti cici mi fa,
mi pizzica e mizzica
e poi si ni va.
U cunigghiu
Lu cunigghiu c’havi lu mussu
E lu mussu l’aviti vui
Jù stanotti mi lu ‘nzunnai
Mussu cu mussu, curcata cu vui
Ah la cirasa, la cirasa chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a strica e mi vasa
Ca voli a cirasa ca pampina
Lu cunigghiu c’havi lu ciatu
E lu ciatu l’aviti vui
Jù stanotti mi lu ‘nzunnai
ciatu cu ciatu, curcata cu vui
Ah lu cutugnu, lu cutugnu chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a stringi e mi vasa
Ca voli u cutugnu ca pampina
Lu cunigghiu c’havi lu pettu
E lu pettu l’aviti vui
Jù stanotti mi lu ‘nzunnai
Pettu cu pettu, curcata cu vui
Ah la cirasa, la cirasa chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a strica e mi vasa
Ca voli a cirasa ca pampina
Lu cunigghiu c’havi la panza
E la panza l’aviti vui
Jù stanotti mi lu ‘nzunnai
Panza cu panza, curcata cu vui
Ah lu cutugnu, lu cutugnu chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a stringi e mi vasa
Ca voli u cutugnu ca pampina
Lu cunigghiu c’havi la coscia
E la coscia l’aviti vui
Jù stanotti mi lu ‘nzunnai
Coscia cu coscia, curcata cu vui
Ah la cirasa, la cirasa chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a strica e mi vasa
Ca voli a cirasa ca pampina
Lu cunigghiu c’havi li peri
E li peri l’aviti vui
Jù stanotti mi lu ‘nzunnai
Peri cu peri, curcata cu vui
Ah lu cutugnu, lu cutugnu chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a stringi e mi vasa
Ca voli u cutugnu ca pampina
Lu cunigghiu c’havi lu pilu
E lu pilu l’aviti vui
Jù stanotti mi lu ‘nzunnai
Pilu cu pilu, curcata cu vui
Ah la cirasa, la cirasa chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a strica e mi vasa
Ca voli a cirasa ca pampina
………………………………………
Ah lu citrolu, lu citrolu chi ciavuru fa
Sta picciuttedda m’a strica u linzolu
Ca voli u citrolu ca pampina.
Na barcuzza banneri banneri
E na barcuzza banneri banneri banneri
Sta dia d’amuri mi vieni a purtari
Ridiunu tutti li cilesti sferi
Trimavanu li specchi di lu mari
Binirittu lu diu chi ti manteni
Ca accussi bedda ti vosi furmari
Spampinanu li ciuri unnè ca veni
(X2) L’aria u tribulatu fai sirinari
Havia li trizzi di na Maddalena
U da sta si miritava natura
Nni la to casa nun ci sta lumera
Lu lustru lu fai tu stidda Diana
Catina chi mi teni ‘ncatinatu
Catina chi ‘ncatini l’arma mia
Beni ti vogghiu chiù di lu me ciatu
(X2) Accussi criru chi tu voi beni a mia.
A calari la trabbia
Ora mi nni vaju a calari la trabbia
Na tunnaredda tanta luminata
Ma jù pittantu nun mi lu criria
Di la truvari la nassa scassata
E tu trabbia
Comu un cani corsu
Mi stai supra comu un satanassu
Sugnu appuiatu supra un munti grossu
Viru li tunni e mi passuvu a rassu.
Ca sutta ‘ntra stu ‘fernu
Ca sutta ‘nda stu ‘nfernu puvireddu
Ah nui semu cunnannati a tirannia
La mmolla di li lupi su l’agneddi
Ah, chiancitimi chiancitimi
O mamma mia
La tirannia li carcagna ‘ncarca
E l’abbusu e lu putiri stricca e curca
Mamma vi l’haju persu lu rispettu
Mamma vi l’haju persu lu rispettu
(X2) Di la finestra cu
natichi tunni e lariulé
di la finestra lu fici acchianari
Cu parra parra mi lu tegnu strittu
(X2) La schetta vecchia nun
natichi tunni e lariulé
ca schetta e vecchia nun vogghiu arristari
ni ni fejemu dirittu dirittu
(X2) vo’ comu voli Diu
natichi tunni e lariulé
vo’ comu voli Diu m’a maritari
Vtitti na bedda affacciata a na finestra
Vitti na bedda affacciata a na finestra
C’abbivirava lu bacilicò
E jù ci rissi dammini nanticchia
Idda mi rissi è tuttu lu tò
E culu si e culu no
di notti si chianta lu bacilicò
Fammini iri me matri alla missa
Ca ti lu dignu cu tutta la grasta
Alla turnata ci tornu a passari
Persi la grasta e lu bacilicò
E culu sì e culu no
Di notti si chianta lu bacilicò.
Tu si bedda nica nica
Tu si bedda, tu si bedda, nica nica
Malandrina, malandrina e arrobba cori
Mi la rubbasti a mia stu cori
Ora lu teni, ora lu teni
Mi la rubbasti a mi
Quantu è bedda, quantu è bedda sta corpuratura
Lu pettu tunnu, lu pettu tunnu e lu visu aduratu
(X2) di tia lu sugnu assai ‘nnamuratu
comu a tia, comu a tia ca nun ci nnè
sti labbruzza, sti labbruzza ‘nzuccarati
l’occhi toi toi culuri di Mari
mi hannu fattu assai nnamurari
pi lu geniu pi lu sangu ca mi fai tu
chi su beddi, chi su beddi li toi capiddi
l’occhi toi, l’occhi toi culuri di mari
(X2) mi hannu fattu assai nnamurari
comu a tia nun ci nnè
tu si bedda, tu si badda nica nica
malandrina, malandrina e arrobba cori
mi l’arrubbasti a mia stu cori
(X2) comu a tia, comu a tia e nun ci nnè
ora lu teni ora lu teni.
S. Antoniu calati calati
E S. Antoniu calati calati
Ca jù l’annacu e vui l’addummisciti……vo
E si nun dormi beddu lu capizzu
Ti picchiu pi li pedi e t’arrumazzu……vo
E quannu veni la fest di lu munti
T’aja cattari tanti cosi, tanti……vo
O si po’ o nun si po’
Lu vistiteddu pi San Calò
E allu parrinu ci l’ama a diri
Chi l’avia purtatu ni lu varberi
Moru ch’è beddu,
moru ch’è granni
quannu crisci và a ccatta la carni
masculu e beddu
ci l’ama a diri aqlla raggia di li vicini
O si po’ o nun si po’
Lu vistiteddu di S. Calò
Morsi cu morsi
Morsi cu morsi
Cu m’amava persi
(X2) Comu fineru li joca e li spassi
Sta bedda libbirtà comu la pesi
(X2) L’ahnu in putiri li canazzi corsi
Chianciti tutti
Li liuni e l’ursi
(X2) Chianci me matri ca ri vui mi persi
Cu dumanna di mia
Comu nun ci fussi
(X2) Scrivitimi allu libru di li persi
Olì olì olà
Palazzu paroli fabbrica tò
Oli oli olà
Palazzu fabbricatu
‘nmenzu o mari
‘Nmenzu lu mari c’è
na villa nova
veni lu ventu e la
Oli oli olà
Veni lu ventu e
La mmutta a la plaja
Tolla ‘ntichiti tolla-la
Tolla ‘ntichiti tolla-la
Tolla ‘ntichiti tolla-la
Tolla ra la la
Ci sta na picciuttedda mariola
Di nomu ci mittemu
Oli oli olà
Di nomu ci mittemu Carniola
Teni li capèidduzzi
Bruni e rizzi
E si li ‘ntrizza a la
Oli oli olà
E si li ‘ntrizza a la palermitana
Tolla ‘ntichiti tolla-la
Tolla ‘ntichiti tolla-la
Tolla ‘ntichiti tolla-la
Tolla ra la la.
Quantu bacilicò
Quantu bacilicò simini ogni jornu
(X2) Tu mi l’ha dari na - cima allu jornu
Ah si voi lu me curuzzu ti lu mannu
(X2) Lu to mi l’ha mannari allu ritornu
ah li carnuzza tua ciavuru fannu
(X2) ca cu li ciaura ci – passa lu sonnu
ah bedda ca si ju t’avissi a me’ cumannu
(X2) dumani mi susissi a menz’jornu
La siminzina
bo e la ribò
ora veni lu patri to
(X2) e ti porta la siminzina
la rosa marina e lu bacilicò
o figghia mia
lu santu passau
e di la bedda
mi ni spiau
(X2) e ju ci dissi la bedda durmia
e dormi figghia di l’arma mia
vo, vo, vo dormi figghia e fai la vo
vo, vo, vo dormi figghia e fai la vo
I pirati a Palermu (I. Buttitta)
Arrivarru li navi
Quanti navi a Palermu
Li pirati sbarcarru
Cu li facci d’infernu
N’arubbarru lu suli, lu suli
Arristammu allu scuru, chi scuru
Sicilia chianci!
Tutt l’oru all’aranci
Li pirati arrubbarru
Li campagni spugghiati
Cu la negghia lassaru
N’arubbarru lu suli, lu suli
Arristammu allu scuru, chi scuru
Sicilia chianci!
Li culura do mari
N’arrubbarru chi dannu
Su ‘mpazzuti li pisci
Chi lamentu ca fannu
N’arubbarru lu suli, lu suli
Arristammu allu scuru, chi scuru
Sicilia chianci!
Alli fimmini nostri
Ci scipparrru di l’occhi
La lustrura e lu focu
Ca addumava li specchi
N’arubbarru lu suli, lu suli
Arristammu allu scuru, chi scuru
Sicilia chianci!.
La tarantula
A mi t’ha muzzicatu a bella la tarantola
E t’ha muzzicatu li pedi
Pedi cu pedi mo’ si ni veni
Mo’ si ni veni
Mo si ni va’
Chista è la tarantola
A mi t’ha muzzicatu o bella la tarantola
E m’ha muzzicatu la coscia
Coscia cu coscia mo mi si ‘ncoscia
Gamba cu gamba mi mi si n’ciamma
Pedi cu pedi mo si ni veni
Mo si ni veni mo si ni va
Chista è la tarantola
A mi t’ha muzzicatu a bella tarantola
E m’ha muzzicatu la panza
Panza cu panza mo mi s’avanza
Coscia cu coscia
Gamba cu gamba
Pedi cu pedi
Mo si ni veni
Mo si ni veni mo si ni va
Chista è la tarantola
A mi t’ha muzzicatu a bella tarantola
E m’ha muzzicatu lu pettu
…………………………………………
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Anche in Algeria si stanno interessando al mio blog CONTRA
OMNIA RACALMUTO
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Nino Vassallo
dottore le assicuro che di questo passo non ci sarà angolo della terra che non
si interesserà del suo blog contra omnia racalmuto.
Lillo Taverna
E' quel che spero, visto che a Racalmuto mi trovano £desueto ed
antiquato".
Roberto Salvo
Nessuno è profeta in patria!
Lillo Taverna
Frase evangelica. Ma io sono agnostico nei confronti dei vangeli: veri quelli
apocrifi, apocrifi quelli veri. Davvero poi non mi leggono in Patria? Da ultimo
comincio a dubitarne, caro Roberto. Mezzo mondo mi sta seguendo. In Banca
d'Italia mi risulta ...Altro...
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Carissimo Totuccio,
questo vuol essere un primo approccio alla trasmissione. Naturalmente trattasi dell’inizio. Gradisco tue osservazioni anche per modificare il seguito e correggere magari il tiro
Ecco ora la sceneggiatura finale. A te il compito di produrla.
ECCLESĺA CORCINIANA
La città dI CANICATTI’
[Sigla musicale da Le Parrocchie di Girgenti - scorrono i titoli di testa – avanza il pres...entatore]
CANICATTi’ eccola di fronte,
nella sua grandezza,
[finiti i titoli di coda, scoppio del sorgere del sole della sinfonia Also Spreach Zarathustra di Strauss]
[carrellata di scorci della Canicattì di oggi che possono vere attinenza – anche larga –con la seguente aggettivazione o i seguenti richiami]
aggrovigliata, da cima in fondo, inestricabile, disumanamente aggressiva, umanissima, recondita, ammaliante, repulsiva, bella, amabile, con i suoi inestricabili precordi atavici, preistorica
flessa nei tempi di mezzo, imperiosa dopo il tracollo narese dei secoli dei lumi, risplendente sotto i Borboni, esplosiva con i Savoia, egemone nei tempi dell’eldorado solfifero, ferroviaria, traviata dall’abigeato dei primi decenni del XX secolo, ironica e sardonica ma prospera sotto il regime nero, dominatrice con Guarino Amella, espansa nelle connivenze col regime bianco, città dell’uva Italia
[ed ora la musica si intristisce con la patetica di Ciakovskij all’attacco della parte più orecchiabile del primo movimento]
regressiva per la conquista bancaria del Centro Italia, cedevole alle mire del Monte dei Paschi di Siena , della banca Popolare di Lodi, all’irruzione di paoline banche del Nord, alle banche nuove dei vignaioli vicentini. Frattanto le banche locali decrescono e si concedono forse per i figli prodighi dei parsimoniosi padri genuinamente canicattinesi, nobili, estrosi, sardonici, fuori dal tempo.
Vescovi coltissimi, infusori della antica lingua greca nel seminario maggiore agrigentino tornano per un mistero che l’archivio segreto vaticano ancora non rende palese e mal si adattano alle cure delle anime nella grande chiesa madre. Là geni arcipretali, longevissimi sanno essere egemoni, inossidabili, imperiosi, irriducibili. Qualche giudice quasi ragazzino viene assassinato sulla scorrimento veloce del male, della devianza mafiosa
Grande Canicattì
Ma lasciamo la parola allo storico non indigeno che Canicattì l’ama forse più di noi per averla indagata negli archivi inaccessibili vaticani, in quelli impervi dell’EUR, tra le scartoffie della curia arcivescovile di casa nostra.
[Stacco – Entra lo storico non indigeno con la professoressa – la musica ora si avvale del secondo movimento della Sinfonia n. 2 di Malher]
Storico non indigeno: Canicattì domina un’hinterland tutto peculiare, un entroterra tra Agrigento e Caltanissetta, tra Licata e Cammarata e dopo avere assordito il decomporsi della civitas narense soggioga e monopolizza risorse, commercio, professioni di Montedoro, Sutera, Campofranco, Bompensiero, Milena, Racalmuto, Grotte, Castrofilippo, Naro, Sommatino, Delia, Serradifalco (in parte), propaggini di Campobello di Campobello di Licata, Ravanusa e Favara. Trattasi di una landa geologicamente ben specifica e soprattutto di un territorio ove ebbe a prosperare la civiltà sicana. Canicattl ne era allora l’epicentro egemone, la capitale insomma per dirla in termini moderni; Canicattì dopo il miracolo economico degli anni’60 e la bolla speculativa legata allo sfruttamento dell’uva Italia degli anni 80-90 e primo quinquennio del duemila, ora ha segni di cedenza che si spera vengano presto superati e si torni ai tempi aurei dell’economia agricola e del commercio aperto all’estero.
Ma com’era Canicattì antica? Esisteva?
Strabone scrive ai tempi di Pompeo: Sicilia sotto il dominio romano. Cicerone aveva gongolato: viva la Sicilia che ha fatto gustare ai romani quanto è bello dominare i popoli- Questo il senso. Se non le parole. In quel periodo a Roma non si sa molto di questo lembo di terra all’interno di Agrigentum.
Sfogliamo quel che si credeva di sapere a Roma circa la nostra terra. Ci sovviene la Geografia di Strabone.
[qualche diapositiva del tipo sotto abbozzate]
Per Strabone, la faccenda dei Sicani – sui quali noi avremo modo di dire molto – si riduce ad un pourparler: “ a quel tempo continuavano a vivere là Siculi, SICANI, Morgeti ed altri ancora …” [v. p. 263]
[La professoressa incalza: allà dietelesan mexri deuro Sikeloi, kai Sikanoi, kai morgetes, kai alloi ….] [pag. 262]
[lo storico stizzito interrompe ….. la musica alza il tono, la telecamera spazio nei dintorni canicattinesi, possibilmente quelli più aridi]
[ Lo storico pare tradurre da Strabone VI, 2,6 pag. 273: in effetti va a ruota libera.]
[ La professoressa, piuttosto saccente, riprende a farfugliare: kai ton barbarihond’ecseleifthesan pollai, kathaper oi Kamikoito Kokalou basileion, par’o Minos dolofonethenai leghetai … [pag. 272]
[all’inizio è discorso fra sordi … la musica prorompe …. Le immagini scorrono accattivanti: ra è la Canicatti collinare dei vigneti ad avere la meglio…… se fosse possibile filmare allevamenti di animali sarebbe congruocon quanto andrà a dire lo storico, che finalmente ha il sopravvento.]
….. Strabone dice che le città dell’interno ( e si riferisce a Canicattì e dintorni) restavano indigene ma ormai quasi disabitate, eccezion fatta per Camico che si è concordi nel ritenerla Sabt’Angelo Muxaro, specie dopo gli studi di Giovanni Pugliese Carratelli nell’immediato dopoguerra. Camico è comunque nella parte Nord dell’Agrigentino ed ha storia si dice minoica ma a noi parrebbe civiltà influenzata dai Tirreni, come dire Etruschi. Ne parlamo spesso con una grande archeologa francese, vera specialista di quella civiltà. Non ci segue molto, anche se ammette che nei Peloritani gli Etruschi hanno lasciato tracce. Noi obiettiamo che se gli etruschi con i loro zatteroni riuscivano nella traversata Pyrgi Panormo, molto più agevole era poi circumnavigare sino all’insenatura di Akragas o di Leocata (s’intende con le approssimazioni che i posteriori toponimi hanno). Mi si chiederà che c’entrano queste dissertazioni con la storia di canicattì: direttamente non molto, ma la circolarità del sapere ci giustifica in queste divagazioni. Anche perché il nostro intento è quello di suscitare polemiche che consentano investimenti nella ricerca archeologica e storica. ECanicattì è per ora terra vergine al riguardo, ma dalle potenzialità insospettate. Cerchiamo di sollevare qualche velo, anche partendo da lontano.
Soggiunge Strabone – ed è passo che strettamente riguarda l’interland canicattinese: «I Romani, resisi conto di questo di questo stato di completo abbandono.
[ La professoressa cerca di leggere in greco le pag. 272 – ultime due righe di pag. 272 e le prime righe di pag. 274, ma viene sommersa dal vocione dello storico e dal sottofondo musicale anche se molto soft a commento delle immagini della Canicattì più florida]
una volta che ebbero preso possesso delle montagne e delle maggior parti delle pianure, le lasciarono all’allevamento dei cavalli, dei buoi e dei montoni; per opera di questi pastori spesso l’isola corse grandi pericoli. Perché essi dedicandosi dapprima sporadicamente alle rapine, più tardi si unirono fra loro in massa e devastarono le città, come avvenne quando le bande di Eunoo occuparono Enna.»
Entra il presentatore: diciamocelo francamente: niente di nuovo dunque sotto il sole. Certa delinquenza, certa organizzazione mafiosa da queste parti non è dunque faccenda dei tempi nostri!
Lo Storico: non so che dire? Strabone pare che voglia dare una mano a certa nostra lodevole antimafia. Ma torniamo alla storia antica.
… Strabone è quindi lucido nel dirci della fertilità di questi nostri luogi v. Vi,2,7] La fertilità sarebbe superiore a quella dell’Italia quanto a «grano, miele, zafferano ed altri prodotti».
Qui mi deve essere consentita una digressione: ho una partita aperta con il Lenneo racalmutese – il dottor Giovanni Salvo. Ho trovato in autunno una sorta di crocus sotto le grotte di fra Diego a Racalmuto. L’abbiamo filmato in una puntata del nostro Le Parrocchie di Girgenti. Il professore è tato poi caruccio a spiegarci che si trattava di una specie rara di zafferano, lo zaferano giallo. Giallo per un dna del bulboche seppe nutrirsi dei seimenti solfiferi di quelle parti. Sostengo che bisogna farne una coltivazione intensiva per lo sfruttamento alimentare come avviene ad esempio dalle parti dell’Aquila. Con investimenti europei , potrebbero nascere opifici e quindi avoro per i giovani, canicattinesi o racalmutesi che siano, poco importa. Naturalmente il nostro Linneo, astratto teorico e puritano è ferocemente contrario. La natura, per lui, vorrebbe che quei rari fiori autunnali sopravvicano alteri e solitari enza contaminazione umana. Mi pare che stando a Strabone, la natura un tempo la pensasse diversamente.
Come? A questo ed altri quesiti che Strabone , questo storico che scrive in un greco classico, qua e là pone anche relativamente alla nostra Canicattì, sicuramente una qualche risposta l’ha dato un grecista del calibro di mons. FICARRA, canicattinese puro sangue, vescovo in partibus infidelium, come piace scimmiottare a Sciascia e come controbatte Vincenzo Di Natale. Ma le sue carte scientifiche non sono note, almeno a me. Vi dovrebbero pur essere. Se eredi, letterati e storici, invece di sbranarsi per una faccenda tutto sommato politica e quindi estranea allo spirit ed alla sensibilità di Mons. Ficarra, si dedicassero al ritrovamento e alla pubblicazione di quegli studi dell’insigne grecista, sia pure insignito delle fibule arcìvescovili, ce ne avvantaggeremmo tanto tutti noi, e sicuramente la storia antica canicattinese. Ho scandagliato gli archivi segreti vaticani su mons. Ficarra. Vi è un top secret perché non sono decorsi i canonici settant’anni.Da quello che ho potuto appurare, la politica o i pruriti democristiani di Patti c’entrato poco nella vicenda di mons. Ficarra. Ebbe allora il sopravvento la preoccupazione di un papa come Giovanni XXIII di non tenere più oltre a Patti un prelato che grande studioso non non era molto versato nella gestione delle cose di questa terra in un vescovado piuttosto ribollente. Ricordiamoci che un Sindona in quelle parti nacque e nell’immediato dopoguerra già si avventurava in uno smercio non protocollare del grano di queste nostre parti. Leggere Soldi Truccati di Lombard per credere.
Il presentatore: Dottore, non divaghiamo. Prima dei romani come era Canicattì?
Lo Storico: allora rifacciamo a TUCIDIDE.
Lo Storico non indigeno Ma Canicattì e dintorni sono sicani: lo sono sin dal momento in cui l’homo sapiens sapiens riesce a cavar tombe dalle friabili rocce di talune collinette disseminate nel suo territorio. A Racalmuto preferiscono questi nostri antenati una parete a strapiombo – la così detta Grotta di Fra Diego ed il frate agostiniano dello strano ordine di Centuripe non c’entra nulla; una topica di Sciascia quella – e vi scavano classiche tombe a forno o a grotticella. Tra Sicani, Siculi ed Elimi gli antichi storici vi persero la testa e molte frottole ebbero a raccontarci. La termoluminescenza (versione coars grain) dell’Università di Catania sta spazzando via tante di queste frottole. L’autorità di un Tucidide ci aveva zittito un po’ tutti e tutti a dire che quei Sicani – cacciati dai Siculi da quel di Catania settecento anni prima della guerra di Troia – erano immigrati “Iberi , stanziati presso il fiume Sicano in Iberia, da dove i Liguri li cacciarono.”
[Qui la professoressa comincia a biascicare un improbabile greco: quello leggibile in Tucidide Sikanoi de met’autous … Tucidide VI 2,2]
Lo Storico …. Ma Tucidide sbaglia quando dice che “secondo la verità che è stata scoperta”, i nostri antenati erano quei poveri Iberi scacciati dai Liguri dal fiume Sicano”. No, caro Tucidide: avevano ragione i nostri antenati quando affermavano che a Canicattì e dintorni vi abitavano da tempo immemorabile e non era vanteria se dicevano che, dopo gli omerici Lestriconi, “i primi a stabilirsi nell’Isola sono stati i Sicani” e ciò “per il fatto di essere indigeni”. Diciamola tutta: passato l’ominide in Homo Sapiens Sapiens nelle ubertose terre del canicattinese vi avevano fatto salubre dimora i nostri Sicani, i nostri progenitori. Quelle pietre amigdaloidane trovate a iosa da altri e da me alle falde del Castelluccio a Racalmuto (e tante sicuramente a Canicattì) stanno a testimonare che oltre trentamila anni fa vi era presenza umana nelle nostre terre. Quanto ai Sicani, i ricercatori di Milena hanno comprovato che ceramiche sicane ritrovate in quelle località potevano risalire a sette mila/seimila cinquecento anni B.P.. E se vi erano lì, ancor di più vi si devono trovare qui, per non dire a Racalmuto ed in altre località nei dintorni canicattinesi.
Noi storici – piccoli e grandi – facciamo ammenda per esserci troppo avvinghiati alle teoriche tucididee e rispettiamo la rivoluzione della ricerca archeologica. Scatta il problema delle origini dei popoli che tanto sta dando filo da torcere agli scienziati francesi. Un apporto importante può darlo Canicattì con ricerche finalizzate nel suo territorio e soprattutto nelle importantissime necropoli sicane del suoi dintorni, in atto manco inventariati dai Beni Culturali. Ad Agrigento rivestono somma importanza i templi, nessuno osa metterlo in dubbio. Ma ciò non deve impedire di convogliare risorse umane e finanziarie alla valorizzazione della civiltà sicana canicattinese. L’oblio plurisecolare deve essere fugato. E questa trasmissione vuole darne una prima spinta, speriamo proficua.
Post Scriptum: non credo che il materiale sopra segnatp
[Parte da qui un documentario bene recitato e ben musicato. Le telecamere debbono seguire l’itinerario del Mauceri, l’ingegnere nisseno che percorse l’itinerario sicano da Favarotta a Canicattì – e non badiamo al capello se il centro sicano più affascinante fu scoperto a Pietralonga, erroneamente segnato dai BB.CC come in territorio racalmutese. Fornirò il testo pubblicato nel 1880. La recitazione deve essere affidata ad attrice avvenente. La musica: classica: mi piacerebbe la seconda di Malher.]
[In conclusione un breve dibattito tra lo storico racalmutese e gli studiosi canicattinesi come Augello e la titolare di Vito Soldano ed altri se disponibili o ancora vivi.]Altro...
questo vuol essere un primo approccio alla trasmissione. Naturalmente trattasi dell’inizio. Gradisco tue osservazioni anche per modificare il seguito e correggere magari il tiro
Ecco ora la sceneggiatura finale. A te il compito di produrla.
ECCLESĺA CORCINIANA
La città dI CANICATTI’
[Sigla musicale da Le Parrocchie di Girgenti - scorrono i titoli di testa – avanza il pres...entatore]
CANICATTi’ eccola di fronte,
nella sua grandezza,
[finiti i titoli di coda, scoppio del sorgere del sole della sinfonia Also Spreach Zarathustra di Strauss]
[carrellata di scorci della Canicattì di oggi che possono vere attinenza – anche larga –con la seguente aggettivazione o i seguenti richiami]
aggrovigliata, da cima in fondo, inestricabile, disumanamente aggressiva, umanissima, recondita, ammaliante, repulsiva, bella, amabile, con i suoi inestricabili precordi atavici, preistorica
flessa nei tempi di mezzo, imperiosa dopo il tracollo narese dei secoli dei lumi, risplendente sotto i Borboni, esplosiva con i Savoia, egemone nei tempi dell’eldorado solfifero, ferroviaria, traviata dall’abigeato dei primi decenni del XX secolo, ironica e sardonica ma prospera sotto il regime nero, dominatrice con Guarino Amella, espansa nelle connivenze col regime bianco, città dell’uva Italia
[ed ora la musica si intristisce con la patetica di Ciakovskij all’attacco della parte più orecchiabile del primo movimento]
regressiva per la conquista bancaria del Centro Italia, cedevole alle mire del Monte dei Paschi di Siena , della banca Popolare di Lodi, all’irruzione di paoline banche del Nord, alle banche nuove dei vignaioli vicentini. Frattanto le banche locali decrescono e si concedono forse per i figli prodighi dei parsimoniosi padri genuinamente canicattinesi, nobili, estrosi, sardonici, fuori dal tempo.
Vescovi coltissimi, infusori della antica lingua greca nel seminario maggiore agrigentino tornano per un mistero che l’archivio segreto vaticano ancora non rende palese e mal si adattano alle cure delle anime nella grande chiesa madre. Là geni arcipretali, longevissimi sanno essere egemoni, inossidabili, imperiosi, irriducibili. Qualche giudice quasi ragazzino viene assassinato sulla scorrimento veloce del male, della devianza mafiosa
Grande Canicattì
Ma lasciamo la parola allo storico non indigeno che Canicattì l’ama forse più di noi per averla indagata negli archivi inaccessibili vaticani, in quelli impervi dell’EUR, tra le scartoffie della curia arcivescovile di casa nostra.
[Stacco – Entra lo storico non indigeno con la professoressa – la musica ora si avvale del secondo movimento della Sinfonia n. 2 di Malher]
Storico non indigeno: Canicattì domina un’hinterland tutto peculiare, un entroterra tra Agrigento e Caltanissetta, tra Licata e Cammarata e dopo avere assordito il decomporsi della civitas narense soggioga e monopolizza risorse, commercio, professioni di Montedoro, Sutera, Campofranco, Bompensiero, Milena, Racalmuto, Grotte, Castrofilippo, Naro, Sommatino, Delia, Serradifalco (in parte), propaggini di Campobello di Campobello di Licata, Ravanusa e Favara. Trattasi di una landa geologicamente ben specifica e soprattutto di un territorio ove ebbe a prosperare la civiltà sicana. Canicattl ne era allora l’epicentro egemone, la capitale insomma per dirla in termini moderni; Canicattì dopo il miracolo economico degli anni’60 e la bolla speculativa legata allo sfruttamento dell’uva Italia degli anni 80-90 e primo quinquennio del duemila, ora ha segni di cedenza che si spera vengano presto superati e si torni ai tempi aurei dell’economia agricola e del commercio aperto all’estero.
Ma com’era Canicattì antica? Esisteva?
Strabone scrive ai tempi di Pompeo: Sicilia sotto il dominio romano. Cicerone aveva gongolato: viva la Sicilia che ha fatto gustare ai romani quanto è bello dominare i popoli- Questo il senso. Se non le parole. In quel periodo a Roma non si sa molto di questo lembo di terra all’interno di Agrigentum.
Sfogliamo quel che si credeva di sapere a Roma circa la nostra terra. Ci sovviene la Geografia di Strabone.
[qualche diapositiva del tipo sotto abbozzate]
Per Strabone, la faccenda dei Sicani – sui quali noi avremo modo di dire molto – si riduce ad un pourparler: “ a quel tempo continuavano a vivere là Siculi, SICANI, Morgeti ed altri ancora …” [v. p. 263]
[La professoressa incalza: allà dietelesan mexri deuro Sikeloi, kai Sikanoi, kai morgetes, kai alloi ….] [pag. 262]
[lo storico stizzito interrompe ….. la musica alza il tono, la telecamera spazio nei dintorni canicattinesi, possibilmente quelli più aridi]
[ Lo storico pare tradurre da Strabone VI, 2,6 pag. 273: in effetti va a ruota libera.]
[ La professoressa, piuttosto saccente, riprende a farfugliare: kai ton barbarihond’ecseleifthesan pollai, kathaper oi Kamikoito Kokalou basileion, par’o Minos dolofonethenai leghetai … [pag. 272]
[all’inizio è discorso fra sordi … la musica prorompe …. Le immagini scorrono accattivanti: ra è la Canicatti collinare dei vigneti ad avere la meglio…… se fosse possibile filmare allevamenti di animali sarebbe congruocon quanto andrà a dire lo storico, che finalmente ha il sopravvento.]
….. Strabone dice che le città dell’interno ( e si riferisce a Canicattì e dintorni) restavano indigene ma ormai quasi disabitate, eccezion fatta per Camico che si è concordi nel ritenerla Sabt’Angelo Muxaro, specie dopo gli studi di Giovanni Pugliese Carratelli nell’immediato dopoguerra. Camico è comunque nella parte Nord dell’Agrigentino ed ha storia si dice minoica ma a noi parrebbe civiltà influenzata dai Tirreni, come dire Etruschi. Ne parlamo spesso con una grande archeologa francese, vera specialista di quella civiltà. Non ci segue molto, anche se ammette che nei Peloritani gli Etruschi hanno lasciato tracce. Noi obiettiamo che se gli etruschi con i loro zatteroni riuscivano nella traversata Pyrgi Panormo, molto più agevole era poi circumnavigare sino all’insenatura di Akragas o di Leocata (s’intende con le approssimazioni che i posteriori toponimi hanno). Mi si chiederà che c’entrano queste dissertazioni con la storia di canicattì: direttamente non molto, ma la circolarità del sapere ci giustifica in queste divagazioni. Anche perché il nostro intento è quello di suscitare polemiche che consentano investimenti nella ricerca archeologica e storica. ECanicattì è per ora terra vergine al riguardo, ma dalle potenzialità insospettate. Cerchiamo di sollevare qualche velo, anche partendo da lontano.
Soggiunge Strabone – ed è passo che strettamente riguarda l’interland canicattinese: «I Romani, resisi conto di questo di questo stato di completo abbandono.
[ La professoressa cerca di leggere in greco le pag. 272 – ultime due righe di pag. 272 e le prime righe di pag. 274, ma viene sommersa dal vocione dello storico e dal sottofondo musicale anche se molto soft a commento delle immagini della Canicattì più florida]
una volta che ebbero preso possesso delle montagne e delle maggior parti delle pianure, le lasciarono all’allevamento dei cavalli, dei buoi e dei montoni; per opera di questi pastori spesso l’isola corse grandi pericoli. Perché essi dedicandosi dapprima sporadicamente alle rapine, più tardi si unirono fra loro in massa e devastarono le città, come avvenne quando le bande di Eunoo occuparono Enna.»
Entra il presentatore: diciamocelo francamente: niente di nuovo dunque sotto il sole. Certa delinquenza, certa organizzazione mafiosa da queste parti non è dunque faccenda dei tempi nostri!
Lo Storico: non so che dire? Strabone pare che voglia dare una mano a certa nostra lodevole antimafia. Ma torniamo alla storia antica.
… Strabone è quindi lucido nel dirci della fertilità di questi nostri luogi v. Vi,2,7] La fertilità sarebbe superiore a quella dell’Italia quanto a «grano, miele, zafferano ed altri prodotti».
Qui mi deve essere consentita una digressione: ho una partita aperta con il Lenneo racalmutese – il dottor Giovanni Salvo. Ho trovato in autunno una sorta di crocus sotto le grotte di fra Diego a Racalmuto. L’abbiamo filmato in una puntata del nostro Le Parrocchie di Girgenti. Il professore è tato poi caruccio a spiegarci che si trattava di una specie rara di zafferano, lo zaferano giallo. Giallo per un dna del bulboche seppe nutrirsi dei seimenti solfiferi di quelle parti. Sostengo che bisogna farne una coltivazione intensiva per lo sfruttamento alimentare come avviene ad esempio dalle parti dell’Aquila. Con investimenti europei , potrebbero nascere opifici e quindi avoro per i giovani, canicattinesi o racalmutesi che siano, poco importa. Naturalmente il nostro Linneo, astratto teorico e puritano è ferocemente contrario. La natura, per lui, vorrebbe che quei rari fiori autunnali sopravvicano alteri e solitari enza contaminazione umana. Mi pare che stando a Strabone, la natura un tempo la pensasse diversamente.
Come? A questo ed altri quesiti che Strabone , questo storico che scrive in un greco classico, qua e là pone anche relativamente alla nostra Canicattì, sicuramente una qualche risposta l’ha dato un grecista del calibro di mons. FICARRA, canicattinese puro sangue, vescovo in partibus infidelium, come piace scimmiottare a Sciascia e come controbatte Vincenzo Di Natale. Ma le sue carte scientifiche non sono note, almeno a me. Vi dovrebbero pur essere. Se eredi, letterati e storici, invece di sbranarsi per una faccenda tutto sommato politica e quindi estranea allo spirit ed alla sensibilità di Mons. Ficarra, si dedicassero al ritrovamento e alla pubblicazione di quegli studi dell’insigne grecista, sia pure insignito delle fibule arcìvescovili, ce ne avvantaggeremmo tanto tutti noi, e sicuramente la storia antica canicattinese. Ho scandagliato gli archivi segreti vaticani su mons. Ficarra. Vi è un top secret perché non sono decorsi i canonici settant’anni.Da quello che ho potuto appurare, la politica o i pruriti democristiani di Patti c’entrato poco nella vicenda di mons. Ficarra. Ebbe allora il sopravvento la preoccupazione di un papa come Giovanni XXIII di non tenere più oltre a Patti un prelato che grande studioso non non era molto versato nella gestione delle cose di questa terra in un vescovado piuttosto ribollente. Ricordiamoci che un Sindona in quelle parti nacque e nell’immediato dopoguerra già si avventurava in uno smercio non protocollare del grano di queste nostre parti. Leggere Soldi Truccati di Lombard per credere.
Il presentatore: Dottore, non divaghiamo. Prima dei romani come era Canicattì?
Lo Storico: allora rifacciamo a TUCIDIDE.
Lo Storico non indigeno Ma Canicattì e dintorni sono sicani: lo sono sin dal momento in cui l’homo sapiens sapiens riesce a cavar tombe dalle friabili rocce di talune collinette disseminate nel suo territorio. A Racalmuto preferiscono questi nostri antenati una parete a strapiombo – la così detta Grotta di Fra Diego ed il frate agostiniano dello strano ordine di Centuripe non c’entra nulla; una topica di Sciascia quella – e vi scavano classiche tombe a forno o a grotticella. Tra Sicani, Siculi ed Elimi gli antichi storici vi persero la testa e molte frottole ebbero a raccontarci. La termoluminescenza (versione coars grain) dell’Università di Catania sta spazzando via tante di queste frottole. L’autorità di un Tucidide ci aveva zittito un po’ tutti e tutti a dire che quei Sicani – cacciati dai Siculi da quel di Catania settecento anni prima della guerra di Troia – erano immigrati “Iberi , stanziati presso il fiume Sicano in Iberia, da dove i Liguri li cacciarono.”
[Qui la professoressa comincia a biascicare un improbabile greco: quello leggibile in Tucidide Sikanoi de met’autous … Tucidide VI 2,2]
Lo Storico …. Ma Tucidide sbaglia quando dice che “secondo la verità che è stata scoperta”, i nostri antenati erano quei poveri Iberi scacciati dai Liguri dal fiume Sicano”. No, caro Tucidide: avevano ragione i nostri antenati quando affermavano che a Canicattì e dintorni vi abitavano da tempo immemorabile e non era vanteria se dicevano che, dopo gli omerici Lestriconi, “i primi a stabilirsi nell’Isola sono stati i Sicani” e ciò “per il fatto di essere indigeni”. Diciamola tutta: passato l’ominide in Homo Sapiens Sapiens nelle ubertose terre del canicattinese vi avevano fatto salubre dimora i nostri Sicani, i nostri progenitori. Quelle pietre amigdaloidane trovate a iosa da altri e da me alle falde del Castelluccio a Racalmuto (e tante sicuramente a Canicattì) stanno a testimonare che oltre trentamila anni fa vi era presenza umana nelle nostre terre. Quanto ai Sicani, i ricercatori di Milena hanno comprovato che ceramiche sicane ritrovate in quelle località potevano risalire a sette mila/seimila cinquecento anni B.P.. E se vi erano lì, ancor di più vi si devono trovare qui, per non dire a Racalmuto ed in altre località nei dintorni canicattinesi.
Noi storici – piccoli e grandi – facciamo ammenda per esserci troppo avvinghiati alle teoriche tucididee e rispettiamo la rivoluzione della ricerca archeologica. Scatta il problema delle origini dei popoli che tanto sta dando filo da torcere agli scienziati francesi. Un apporto importante può darlo Canicattì con ricerche finalizzate nel suo territorio e soprattutto nelle importantissime necropoli sicane del suoi dintorni, in atto manco inventariati dai Beni Culturali. Ad Agrigento rivestono somma importanza i templi, nessuno osa metterlo in dubbio. Ma ciò non deve impedire di convogliare risorse umane e finanziarie alla valorizzazione della civiltà sicana canicattinese. L’oblio plurisecolare deve essere fugato. E questa trasmissione vuole darne una prima spinta, speriamo proficua.
Post Scriptum: non credo che il materiale sopra segnatp
[Parte da qui un documentario bene recitato e ben musicato. Le telecamere debbono seguire l’itinerario del Mauceri, l’ingegnere nisseno che percorse l’itinerario sicano da Favarotta a Canicattì – e non badiamo al capello se il centro sicano più affascinante fu scoperto a Pietralonga, erroneamente segnato dai BB.CC come in territorio racalmutese. Fornirò il testo pubblicato nel 1880. La recitazione deve essere affidata ad attrice avvenente. La musica: classica: mi piacerebbe la seconda di Malher.]
[In conclusione un breve dibattito tra lo storico racalmutese e gli studiosi canicattinesi come Augello e la titolare di Vito Soldano ed altri se disponibili o ancora vivi.]Altro...
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Poesia del 700
La minata di li Dei.
Cu pati di sint?mi e di stinnicchi,
ppi non sentiri cosi stralunati,
s'intuppassi lu zuccu di l'oricchi;
non s? pp'iddi sti cosi nzuccarati!
Cc? nui parramu di cazzi e di sticchi,
di culi, di futtuti e di minati;
cui non voli non senta ... Parru sulu
a st'unioni di futtuti in culu....
Salvi, illustri accademici! Presentu
sti pochi versi ccu cori trimanti.
Omini ccu li cazzi a centu a centu,
e dintra e fora, darretu e davanti,
accurdatimi vui cumpatimentu,
scusatimi si sugnu stravaganti,
ed accurdati all'auturi importunu
lu vostru largu ed apertu pirdunu.
Giovi, a cui era in aria lu carru
comu ntra mari la varchitta o scarmu,
era a ddi tempi lu primu futtarru
e avia la minchia chi? dura d'un marmu;
cuntava di diamitru, s' 'un sgarru,
triccentu ottanta canni e menzu parmu,
ed a Giununi, ccu ddu cazzu santu
cci l'avia fattu addivintari tantu !
Futteva a longu, e pertichi e bubbuni
pigghiava spissu a la diavulina;
e intantu ccu ddu grossu so minchiuni
arruzzulava figghi a minchia china:
Mircuriu, cci nasc?u mentri Giununi
cci avia mmiscatu camurria divina,
e in diversi occurrenzi e varii parti
fici a Baccu, Vulcanu, Apollu e Marti.
Senza purtari a Giovi ubbidienza,
picciotti privi di boni cunsigghi,
pinsaru un ghiornu senza la licenza
iri a manciari in campagna, sti figghi;
subitu fu accurdata la dispenza,
si affirraru nna pocu di buttigghi
ed arrivati a lu locu signatu
ntra nenti fu lu pranzu priparatu.
Cuminciaru a manciari e ntra un momentu
li buttigghi si vittiru agghiurnari;
gi? dritti in pedi si mettinu a stentu,
gi? li testi cumincianu a fumari;
intantu di luntanu, a passu lentu,
la bellissima Veneri cumpari,
chi nuda e sula ppi li larghi strati
va cugghiennu lu friscu ppi la stati.
Non avia quindici anni; la frischizza
di ddi carnuzzi aggrazziati e bianchi
accumpagnava la delicatizza
di lu morbidu pettu e di li cianchi;
tuttu era in idda grazia e biddizza:
beddi l'occhi, la vucca e beddi l'anchi,
beddi ddi labbra comu dui cirasi,
bedda dda "cosa" unni si nesci e trasi.
Tinti a pinneddu parianu li natichi,
tunni, duri, citrigni e sapuriti;
stavanu tutti a taliarla estatichi,
c? muveva l'arrittu e li rimiti;
aveva l'occhi vivuli e simpatichi,
dd'occhi, unn'era d'Amuri la riti,
dd'occhi capaci, ccu nna taliata,
di squagghiari la nivi e la jilata.
Lu nasiddu paria cira chi addunma,
la vucca, si la guardi, ti nni spinni;
li masciddi cchi? bianchi di la scuma,
drittu lu coddu aggraziatu scinni;
ntra lu pittuzzu poi, comu dui puma,
bianchi e tutti spurgevanu dui minni;
li cosci s? di lu chi? espertu mastru
dui culonni perfetti d'alabastru.
DDa "cosa" poi ntra ddi culonni amati
la vidi in forma rilevata e tunna
e bianca mmenzu a dui fardi spaccati,
chi s? cuperti di nna manta biunna;
dui culunneddi surginu a li lati
ntra lu menzu di vadda s? profunna;
tenera irvuzza d'intornu s'agghiommara
intatta di l'aratru e di la vommara.
Aviti vistu un cavaddu di razza
vidennu la jumenta ntra lu chianu
sbrugghiari dda terribbili michiazza
e poi currirci supra a manu a manu ?
Cuss? viditi ntra lussuria pazza
la turba di li dei, chi di luntanu
in vidiri la Dia ccu faccia accisa,
subitu a tutti la minchia cci attisa.
Cci vannu tostu tutti cincu in fila
ccu l'occhi russi e li cazzi arrittati;
saziu ognunu non ?, si 'un cci la nfila,
si non p? tutta, almenu nna mitati;
cui cci afferra lu culu, cui li pila,
cui procura di daricci minchiati,
cui cci afferra li minni e lu capicchiu,
cui cci appunta la minchia ntra lu sticchiu.
Chi cc'?, picciotti? Chi s? sti cusazzi?
Ad unu ad unu idda cci dicia;
ma chiddi, peju assai di li crastazzi,
assai di chi? truzzavanu la Dia;
Diu mi nni scanza di furia di cazzi !
Veneri unni guardari nun sap?a;
cci arrinnesci a la fini di scappari
e si metti in disparti a taliari.
Marti, ch'era smargiazzu e nghirriusu,
non suleva suffriri musca a nasu;
vaja, dicia, cc'? cc? qualchi garrusu,
chi pritenni infilari unni iu trasu ?
Niscissi fora, c? cci lu rifusu,
niscissi, ca lu fazzu pirsuasu:
a futtirivi tutti bastu iu sulu,
non sugnu Marti, s'un vi vaju in culu !
Apollu rispunnia: Va, duna l'anchi,
ccu sti to vapparii tu non m'arrunchi;
forsi cridi chi l'autri s? vanchi,
s? locchi, s? minchiuni, sunnu junchi?
Cc? cc'? qualchi pirsuna chi puranchi
si senti cori e non ha manu ciunchi,
chi futti comu avissi centu minchi,
chi ti sbarra lu culu e ti lu jinchi!
Lu figghiu di Semeli parsi un braccu,
dissi: Non dura a longu chistu addiccu!
Santu di lu Cavuluni, 'un sugnu Baccu,
si ntra l'ultima crispa 'un ci la ficcu!
Non tiru avanti pirch? sugnu straccu:
mi sentu gi? lu cannarozzu siccu;
ma cazzu! siddu viju ddu buccuni,
cci la ficcu ccu tutti li cugghiuni!
Mercuriu rispunnia: tal?a cui parra!
Quali minchiunaria all'autru afferra;
un 'mbriacu, un bunaca, un menzu-garra,
mischinu, non ? in celu e mancu in terra !
Va, cercati cui cc'? chi ti lu sbarra,
c? si tanticchia lu sensu mi sferra,
a sti ddii di li sensi e di la murra
li fazzu pezzi pezzi comu surra !
Dissi Vulcanu: Va, zittu, minchiuni,
re di li primi ruffiani e latri,
pap? di l'imposturi e l'attimpuni,
accusirissi macari a to patri !
Veneri tocca a mia ! Si lu spiuni
tu non facevi a Giununi, me matri,
Veneri non purtassi di la fascia
lu titulu di figghia di bagascia.
La Fama ? maldicenti ed anchi pazza,
sbrogghia li pinni e poi lu culu appizza;
gi? lu raccunta a Giovi e lu strapazza,
lu Diu supremu subitu s'incazza,
si metti a santiari ppi la stizza;
pinsau dipoi, e tutta l'ira smorza,
d'unirsi ad iddi e a parrari s'inforza.
Si vidinu arrivari in atti illiciti,
strizzatu ognunu e ccu lu cazzu tisu.
Chi cc'? ? cci dici: vi faciti liciti
fari sti cosi, senza darmi avvisu?
Chi? non si pigghia a mia lu benediciti,
menzi culiddi di lu paradisu?
Chi su' davanti a mia sti cazzi in autu ?
Chi vi manca la garra, o siti in sautu?
Iu ccu vuatri non vogghiu cummattiri,
sinn? vi mannu a farivi strafuttiri.
L'alma, dissi la Dia, mi sentu sbattiri;
pap?, non haju sciatu, 'un pozzu agghiuttiri !
Ch'era locca, ahim?, l'occhi fra un battiri,
ognunu mi dicia: Lassati futtiri !
Sta cosa non cumprennu, in verit?:
futtiri chi significa, pap? ?
Ah, becchi strafuttuti, vastasuna !
Grida arraggiatu comu tigri ircana,
cuss? si tratta ccu la mia pirsuna,
veri garrusi e figghi di buttana?
La pigghiastivu forsi, o gran minchiuna,
ppi la Baciccia o pp? la Girgintana ?
Vi pari cosa di numi perfetti
scannaliari li picciotti schetti ?
Pocu cci staju ca ppi mia vinditta
a cauci e timpuluni 'un vi nni mannu!
Comu li denti di nna vecchia afflitta
chiddi allura ammutiscinu, trimannu.
Sulu li minchi arristaru a l'addritta,
n? l'arrittu cci passa sinu a tannu;
pirch? si dici ca cazzu arrittatu
non conusci rispettu e parintatu.
Parentesi: quantunqui a tempi tali
Baciccia e Girgintana 'un si numava,
puru lu summu Giovi, Diu immortali,
gi? lu capiti chi profetizzava;
li figghi soi non eranu minnali,
la profezia perci? Giovi parrava
di buttani futuri ntra dd'istanti
comu di lu presenti e stipulanti.
Sta facenna per?, Giovi ripigghia,
s'havi a giustari, giacch? sta canagghia
m'havi scannaliata la mia figghia
pura, comu nasciu di la nfasciagghia;
mpulisativi ed una si nni pigghia
e cui ntra l'ugna di la sorta ncagghia
e nesci ntra vuatri, bonavogghia,
cci la ficca a rumpiricci la mogghia.
Dici, e li nomi a Ganimedi additta,
e a lu latu di Veneri s'assetta;
stannu li cincu Dii tutti a l'addritta,
comu lu reu chi la sintenza aspetta;
Giovi stissu si leva la birritta
e dd? dintra li polisi cci jetta;
Veneri afferra nna polisa in manu
e si leggi lu nomu di Vulcanu.
Nota: Non havi a fari maravigghia
di un matrimoniu di un frati e nna soru,
pirch? quannu non c'era gran famigghia
sti matrimonii prima accuss? foru;
la futtuta di Lot ccu la figghia
fu di la Chiesa celebrata a coru;
iu dunca opera strana non la chiamu
la futtuta surastra ... Sicutamu !
Non curri, si precipita, anzi vola
Vulcanu chi havi la gamma sciancata;
l'abbrazza e vasa e perdi la parola,
dda picciotta strincennusi sciacquata.
Giovi cci dici: Figghia, ti cunsola,
ti benedicu la prima minchiata !
Vulcanu intantu, senz'autra licenza,
la metti a terra, sbrogghia ed accummenza.
Prima s'afferra ccu duci carizzi
l'affumicata celebri minchiazza;
idda si la la facci pizzi pizzi,
iddu cci metti un pocu di sputazza;
ma ora e l'ura chi vennu li sbrizzi,
iddu stenni nna manu a la spaccazza
e tastiannu la pilusa rocca
cerca, afferra, mania, tocca e ritocca.
Tuccannu e rituccannu cunnu e culu,
non ha paci si tutta 'un ci la metti;
cci va supra arrittatu comu un mulu,
e cci strinci li minni e la scunnetti;
di dui corpi si fici un corpu sulu,
li vrazza si contorcinu a li petti,
e uniti comu stannu corda e sicchiu
panza a panza si adatta e cazzu a sticchiu.
Mpugna ddu sulennissimu rapista
e na fedda e l'autra l'assesta;
jetta un gran corpu arrabbiatu in vista,
ma cci ngagghiau la minchia menza testa;
nisciuta un pocu nova forza acquista,
la mpugna arreri, cci la metti, arresta;
poi dintra impituusa cci la scagghia,
ma ntra lu megghiu di lu corpu ammagghia.
Era nica la porta e non trasia,
c? nuddu ancora cci l'avia ficcatu;
Veneri a lu duluri si turcia,
gi? si abbannuna e non havi chi? sciatu;
qualchi stizza di sangu si vidia
dintra ddu sticchiareddu delicatu;
chiddi carni parianu vermigghi,
comu la paparina ntra li gigghi.
Trasi... nesci... fa leva... ficca...basti !
Forti, adaciu ! ... dicia, fermati, ammutta !
Ahi, chi colpu! Ahi, chi chiaja ! Ahi, m'ammazzasti !
Nescila ! ... Non ti moviri! ... Chi? sutta !
Quali balsamu scurri! ... Chi mi dasti ?
Trasi cchi? dintra, ficcamilla tutta !
Lassala stari, via, comu fu fu ...
Ci ? duci ! Chi piaciri ! Un pozzu chi?!
Eccu fratantu un lavizzu di spacchiu
chi scurri comu scurri un canalicchiu;
comu abbucca, rumpennusi, un pinnacchiu,
Veneri allarga lu so beddu sicchiu;
Vulcanu cci lassau lu grossu cacchiu
ppi menz'ura nfilatu ntra lu sticchiu;
e intantu a maniari si trattinni
facci, pettu, masciddi, culu e minni.
A ddi modi, a ddi gesti, a chiddi atti
ristaru l'autri ammaluccuti e afflitti,
friddi comu la nivi e stupefatti,
comu pasturi chi lu campu vitti.
Giovi cci dici: Cci s? mezzi adatti
ppi a vuatri passarivi l'arritti:
la minata iu criai ppi cui non futti,
basta chi v'haju cunsulatu a tutti !
Dissi, ed ognunu la pistola in griddu
la nesci e si la metti a lu scupertu,
russa la testa comu lu cardiddru,
l'occhi a li minni ed a lu culu apertu;
unu l'afferra a 'n e chistu a chiddru,
tra d'iddi si la minanu a cuncertu,
e situannu li manazzi a granciu
si la jocanu tutti a canciu e scanciu.
Cci mettinu sputazza a gran vuccuna,
e applicannucci poi l'intenzioni,
si dannu colpa a la diavuluna
senza tanticchia di discrezioni;
eccu, lu semi chi nesci a frusciuna
cci riscaldau l'immaginazioni;
ristaru comu tanti varvajanni,
ccu 'n occhiu a Cristu e 'n autru a San Giuvanni.Altro...
La minata di li Dei.
Cu pati di sint?mi e di stinnicchi,
ppi non sentiri cosi stralunati,
s'intuppassi lu zuccu di l'oricchi;
non s? pp'iddi sti cosi nzuccarati!
Cc? nui parramu di cazzi e di sticchi,
di culi, di futtuti e di minati;
cui non voli non senta ... Parru sulu
a st'unioni di futtuti in culu....
Salvi, illustri accademici! Presentu
sti pochi versi ccu cori trimanti.
Omini ccu li cazzi a centu a centu,
e dintra e fora, darretu e davanti,
accurdatimi vui cumpatimentu,
scusatimi si sugnu stravaganti,
ed accurdati all'auturi importunu
lu vostru largu ed apertu pirdunu.
Giovi, a cui era in aria lu carru
comu ntra mari la varchitta o scarmu,
era a ddi tempi lu primu futtarru
e avia la minchia chi? dura d'un marmu;
cuntava di diamitru, s' 'un sgarru,
triccentu ottanta canni e menzu parmu,
ed a Giununi, ccu ddu cazzu santu
cci l'avia fattu addivintari tantu !
Futteva a longu, e pertichi e bubbuni
pigghiava spissu a la diavulina;
e intantu ccu ddu grossu so minchiuni
arruzzulava figghi a minchia china:
Mircuriu, cci nasc?u mentri Giununi
cci avia mmiscatu camurria divina,
e in diversi occurrenzi e varii parti
fici a Baccu, Vulcanu, Apollu e Marti.
Senza purtari a Giovi ubbidienza,
picciotti privi di boni cunsigghi,
pinsaru un ghiornu senza la licenza
iri a manciari in campagna, sti figghi;
subitu fu accurdata la dispenza,
si affirraru nna pocu di buttigghi
ed arrivati a lu locu signatu
ntra nenti fu lu pranzu priparatu.
Cuminciaru a manciari e ntra un momentu
li buttigghi si vittiru agghiurnari;
gi? dritti in pedi si mettinu a stentu,
gi? li testi cumincianu a fumari;
intantu di luntanu, a passu lentu,
la bellissima Veneri cumpari,
chi nuda e sula ppi li larghi strati
va cugghiennu lu friscu ppi la stati.
Non avia quindici anni; la frischizza
di ddi carnuzzi aggrazziati e bianchi
accumpagnava la delicatizza
di lu morbidu pettu e di li cianchi;
tuttu era in idda grazia e biddizza:
beddi l'occhi, la vucca e beddi l'anchi,
beddi ddi labbra comu dui cirasi,
bedda dda "cosa" unni si nesci e trasi.
Tinti a pinneddu parianu li natichi,
tunni, duri, citrigni e sapuriti;
stavanu tutti a taliarla estatichi,
c? muveva l'arrittu e li rimiti;
aveva l'occhi vivuli e simpatichi,
dd'occhi, unn'era d'Amuri la riti,
dd'occhi capaci, ccu nna taliata,
di squagghiari la nivi e la jilata.
Lu nasiddu paria cira chi addunma,
la vucca, si la guardi, ti nni spinni;
li masciddi cchi? bianchi di la scuma,
drittu lu coddu aggraziatu scinni;
ntra lu pittuzzu poi, comu dui puma,
bianchi e tutti spurgevanu dui minni;
li cosci s? di lu chi? espertu mastru
dui culonni perfetti d'alabastru.
DDa "cosa" poi ntra ddi culonni amati
la vidi in forma rilevata e tunna
e bianca mmenzu a dui fardi spaccati,
chi s? cuperti di nna manta biunna;
dui culunneddi surginu a li lati
ntra lu menzu di vadda s? profunna;
tenera irvuzza d'intornu s'agghiommara
intatta di l'aratru e di la vommara.
Aviti vistu un cavaddu di razza
vidennu la jumenta ntra lu chianu
sbrugghiari dda terribbili michiazza
e poi currirci supra a manu a manu ?
Cuss? viditi ntra lussuria pazza
la turba di li dei, chi di luntanu
in vidiri la Dia ccu faccia accisa,
subitu a tutti la minchia cci attisa.
Cci vannu tostu tutti cincu in fila
ccu l'occhi russi e li cazzi arrittati;
saziu ognunu non ?, si 'un cci la nfila,
si non p? tutta, almenu nna mitati;
cui cci afferra lu culu, cui li pila,
cui procura di daricci minchiati,
cui cci afferra li minni e lu capicchiu,
cui cci appunta la minchia ntra lu sticchiu.
Chi cc'?, picciotti? Chi s? sti cusazzi?
Ad unu ad unu idda cci dicia;
ma chiddi, peju assai di li crastazzi,
assai di chi? truzzavanu la Dia;
Diu mi nni scanza di furia di cazzi !
Veneri unni guardari nun sap?a;
cci arrinnesci a la fini di scappari
e si metti in disparti a taliari.
Marti, ch'era smargiazzu e nghirriusu,
non suleva suffriri musca a nasu;
vaja, dicia, cc'? cc? qualchi garrusu,
chi pritenni infilari unni iu trasu ?
Niscissi fora, c? cci lu rifusu,
niscissi, ca lu fazzu pirsuasu:
a futtirivi tutti bastu iu sulu,
non sugnu Marti, s'un vi vaju in culu !
Apollu rispunnia: Va, duna l'anchi,
ccu sti to vapparii tu non m'arrunchi;
forsi cridi chi l'autri s? vanchi,
s? locchi, s? minchiuni, sunnu junchi?
Cc? cc'? qualchi pirsuna chi puranchi
si senti cori e non ha manu ciunchi,
chi futti comu avissi centu minchi,
chi ti sbarra lu culu e ti lu jinchi!
Lu figghiu di Semeli parsi un braccu,
dissi: Non dura a longu chistu addiccu!
Santu di lu Cavuluni, 'un sugnu Baccu,
si ntra l'ultima crispa 'un ci la ficcu!
Non tiru avanti pirch? sugnu straccu:
mi sentu gi? lu cannarozzu siccu;
ma cazzu! siddu viju ddu buccuni,
cci la ficcu ccu tutti li cugghiuni!
Mercuriu rispunnia: tal?a cui parra!
Quali minchiunaria all'autru afferra;
un 'mbriacu, un bunaca, un menzu-garra,
mischinu, non ? in celu e mancu in terra !
Va, cercati cui cc'? chi ti lu sbarra,
c? si tanticchia lu sensu mi sferra,
a sti ddii di li sensi e di la murra
li fazzu pezzi pezzi comu surra !
Dissi Vulcanu: Va, zittu, minchiuni,
re di li primi ruffiani e latri,
pap? di l'imposturi e l'attimpuni,
accusirissi macari a to patri !
Veneri tocca a mia ! Si lu spiuni
tu non facevi a Giununi, me matri,
Veneri non purtassi di la fascia
lu titulu di figghia di bagascia.
La Fama ? maldicenti ed anchi pazza,
sbrogghia li pinni e poi lu culu appizza;
gi? lu raccunta a Giovi e lu strapazza,
lu Diu supremu subitu s'incazza,
si metti a santiari ppi la stizza;
pinsau dipoi, e tutta l'ira smorza,
d'unirsi ad iddi e a parrari s'inforza.
Si vidinu arrivari in atti illiciti,
strizzatu ognunu e ccu lu cazzu tisu.
Chi cc'? ? cci dici: vi faciti liciti
fari sti cosi, senza darmi avvisu?
Chi? non si pigghia a mia lu benediciti,
menzi culiddi di lu paradisu?
Chi su' davanti a mia sti cazzi in autu ?
Chi vi manca la garra, o siti in sautu?
Iu ccu vuatri non vogghiu cummattiri,
sinn? vi mannu a farivi strafuttiri.
L'alma, dissi la Dia, mi sentu sbattiri;
pap?, non haju sciatu, 'un pozzu agghiuttiri !
Ch'era locca, ahim?, l'occhi fra un battiri,
ognunu mi dicia: Lassati futtiri !
Sta cosa non cumprennu, in verit?:
futtiri chi significa, pap? ?
Ah, becchi strafuttuti, vastasuna !
Grida arraggiatu comu tigri ircana,
cuss? si tratta ccu la mia pirsuna,
veri garrusi e figghi di buttana?
La pigghiastivu forsi, o gran minchiuna,
ppi la Baciccia o pp? la Girgintana ?
Vi pari cosa di numi perfetti
scannaliari li picciotti schetti ?
Pocu cci staju ca ppi mia vinditta
a cauci e timpuluni 'un vi nni mannu!
Comu li denti di nna vecchia afflitta
chiddi allura ammutiscinu, trimannu.
Sulu li minchi arristaru a l'addritta,
n? l'arrittu cci passa sinu a tannu;
pirch? si dici ca cazzu arrittatu
non conusci rispettu e parintatu.
Parentesi: quantunqui a tempi tali
Baciccia e Girgintana 'un si numava,
puru lu summu Giovi, Diu immortali,
gi? lu capiti chi profetizzava;
li figghi soi non eranu minnali,
la profezia perci? Giovi parrava
di buttani futuri ntra dd'istanti
comu di lu presenti e stipulanti.
Sta facenna per?, Giovi ripigghia,
s'havi a giustari, giacch? sta canagghia
m'havi scannaliata la mia figghia
pura, comu nasciu di la nfasciagghia;
mpulisativi ed una si nni pigghia
e cui ntra l'ugna di la sorta ncagghia
e nesci ntra vuatri, bonavogghia,
cci la ficca a rumpiricci la mogghia.
Dici, e li nomi a Ganimedi additta,
e a lu latu di Veneri s'assetta;
stannu li cincu Dii tutti a l'addritta,
comu lu reu chi la sintenza aspetta;
Giovi stissu si leva la birritta
e dd? dintra li polisi cci jetta;
Veneri afferra nna polisa in manu
e si leggi lu nomu di Vulcanu.
Nota: Non havi a fari maravigghia
di un matrimoniu di un frati e nna soru,
pirch? quannu non c'era gran famigghia
sti matrimonii prima accuss? foru;
la futtuta di Lot ccu la figghia
fu di la Chiesa celebrata a coru;
iu dunca opera strana non la chiamu
la futtuta surastra ... Sicutamu !
Non curri, si precipita, anzi vola
Vulcanu chi havi la gamma sciancata;
l'abbrazza e vasa e perdi la parola,
dda picciotta strincennusi sciacquata.
Giovi cci dici: Figghia, ti cunsola,
ti benedicu la prima minchiata !
Vulcanu intantu, senz'autra licenza,
la metti a terra, sbrogghia ed accummenza.
Prima s'afferra ccu duci carizzi
l'affumicata celebri minchiazza;
idda si la la facci pizzi pizzi,
iddu cci metti un pocu di sputazza;
ma ora e l'ura chi vennu li sbrizzi,
iddu stenni nna manu a la spaccazza
e tastiannu la pilusa rocca
cerca, afferra, mania, tocca e ritocca.
Tuccannu e rituccannu cunnu e culu,
non ha paci si tutta 'un ci la metti;
cci va supra arrittatu comu un mulu,
e cci strinci li minni e la scunnetti;
di dui corpi si fici un corpu sulu,
li vrazza si contorcinu a li petti,
e uniti comu stannu corda e sicchiu
panza a panza si adatta e cazzu a sticchiu.
Mpugna ddu sulennissimu rapista
e na fedda e l'autra l'assesta;
jetta un gran corpu arrabbiatu in vista,
ma cci ngagghiau la minchia menza testa;
nisciuta un pocu nova forza acquista,
la mpugna arreri, cci la metti, arresta;
poi dintra impituusa cci la scagghia,
ma ntra lu megghiu di lu corpu ammagghia.
Era nica la porta e non trasia,
c? nuddu ancora cci l'avia ficcatu;
Veneri a lu duluri si turcia,
gi? si abbannuna e non havi chi? sciatu;
qualchi stizza di sangu si vidia
dintra ddu sticchiareddu delicatu;
chiddi carni parianu vermigghi,
comu la paparina ntra li gigghi.
Trasi... nesci... fa leva... ficca...basti !
Forti, adaciu ! ... dicia, fermati, ammutta !
Ahi, chi colpu! Ahi, chi chiaja ! Ahi, m'ammazzasti !
Nescila ! ... Non ti moviri! ... Chi? sutta !
Quali balsamu scurri! ... Chi mi dasti ?
Trasi cchi? dintra, ficcamilla tutta !
Lassala stari, via, comu fu fu ...
Ci ? duci ! Chi piaciri ! Un pozzu chi?!
Eccu fratantu un lavizzu di spacchiu
chi scurri comu scurri un canalicchiu;
comu abbucca, rumpennusi, un pinnacchiu,
Veneri allarga lu so beddu sicchiu;
Vulcanu cci lassau lu grossu cacchiu
ppi menz'ura nfilatu ntra lu sticchiu;
e intantu a maniari si trattinni
facci, pettu, masciddi, culu e minni.
A ddi modi, a ddi gesti, a chiddi atti
ristaru l'autri ammaluccuti e afflitti,
friddi comu la nivi e stupefatti,
comu pasturi chi lu campu vitti.
Giovi cci dici: Cci s? mezzi adatti
ppi a vuatri passarivi l'arritti:
la minata iu criai ppi cui non futti,
basta chi v'haju cunsulatu a tutti !
Dissi, ed ognunu la pistola in griddu
la nesci e si la metti a lu scupertu,
russa la testa comu lu cardiddru,
l'occhi a li minni ed a lu culu apertu;
unu l'afferra a 'n e chistu a chiddru,
tra d'iddi si la minanu a cuncertu,
e situannu li manazzi a granciu
si la jocanu tutti a canciu e scanciu.
Cci mettinu sputazza a gran vuccuna,
e applicannucci poi l'intenzioni,
si dannu colpa a la diavuluna
senza tanticchia di discrezioni;
eccu, lu semi chi nesci a frusciuna
cci riscaldau l'immaginazioni;
ristaru comu tanti varvajanni,
ccu 'n occhiu a Cristu e 'n autru a San Giuvanni.Altro...
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Malgrado Tutto bruciato il pesce di mare di Buttafuoco
scende ora in campo, solitario, elitario, intellettualisrico, astratto con il
pesce di scoglio di Buttafuoco. L'uno e l'altro nel Foglio di Ferrara dovevano
calare a Racalmuto dal loro empireo giornalistico a venirci a fare il novello
PODESTA'. Spero che Tano non stia al gioco. La prossima campagna elettorale che
faremo (ed io in qualsiasi mod...o la farò) sarà aspra e crudele, e i conflitti
di interesse verranno tutti a galla prima per una corretta informazione per gli
elettori e dopo eventualmente nelle aule giudiziarie. Non si giocherà nel
teatrino della novellistica. Ma si chiederà e ci si chiederà quale il programma
concreto, manageriale di Racalmuto. Chiederemo conto e ragione a tutti quegli
astratti intellettuali foresti che ci hanno donato questa bella mela avvelenata
del triennale commissariamento che ha avvizzito ogni energia vitale del paese.
Lo chiederemo anche a te caro Tano dove hai rinvenuto le calunniatrici
infiltrazioni mafiose a Racalmuto? Forse nella fantasia letteraria? Roba buona
per farci scritti e romanzi sui picciotti regalpetresi ma non credo buona per
far risorgere questo paese non atta a sistemare quanto questi commissari anche
da te propiziati ci hanno dispensato. Certo non potremo contare su Malgrado
Tutto che da giornale serio, super partes, accorto e prudente ora diviene il
giornaletto di Egidio peraltro grottese.Altro...
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Tanu Savatteri Sindaco nella lista egidiana di Malgrado
Tutto? Mi sa che è un bel pesce d'aprile ed io ci sono cascato (ma non si sa
mai!!!)
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Giovanni
Salvo Buono! Se non e' un pesce d'aprile.. Saro' contento di
sostenere mio "Compare Tano" ; non potrei non votarlo. Nel frattempo
mi preparo mentalmente per fare l'opposizione al suo Vice.
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William
Adolphe Bouguereau
title: Nymphs and Satyr
title: Nymphs and Satyr
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Lillo Taverna
QUANDO LA PITTURA E' ARTE LIBERATORIA
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Lillo,
dove sei cresciuto?
Completo al 88%
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RomaOriana Cammilli,
Matteo Rughetti e altri 3 amici sono di quiRacalmutoIgnazio
Licata e più di altri 50 amici provengono da quiModena,
New YorkDecio Terrana è di quiNon ho una città natale
Inserisci una città natale
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Sposata
ArteInSanremo,
esponi durante la settimana del FESTIVAL DELLA CANZONE - SANREMO - —
Accursio Vinti era con Maria Pia Calapà e altre 37
persone.
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La prima immagine che Dio ha voluto...
Se il circolo Unione non fu "fascistissimo" sino
al midollo della prima ora, è certo che ... Altro...
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Dov’ero il pomeriggio del 23 luglio del 1991? Non ricordo.
Non ero però a Racalmuto; se ... Altro...
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