Egregio signor Sindaco Zambuto
L'ho molta apprezzata nelle settimane scorso per avere voluto la Festa del Mandorlo in Fiore sia pure in differita al 50%. Anche se Lei mi pare clericale ha comunque voluto - sia pure in vesti dimesse - una festa che sprizza da tutti i suoi pori la grecità che sta in tutti noi nati in questo angelico e demoniaco lembo di terra che qualificherei dei Sicani. Le è giovane e quindi ardimentoso. Io son vecchio, ho fatto già le mie guerre, direbbe l'Omero dell'Iliade, e alle porte Scee mi porto per un parlare fiorito come cicale sul frondoso albero estivo. Mi permetta quindi di invitarla a esperimenti nuovi, arditi appunto. Forse l'attuale arcivescovo così frenetico nell'amdare in bici non se ne curerà. Vorrei che Lei facessere rivere i miti le orgie i simboli il vero senso di quei magnifici templi che fanno di Agrigento se non la più bella città dei mortali (ora non più, di sicuro) almeno la più ambigua e pagana città del mondo. Impreziosire ad esempio il temio di Giunone; come?. Bello sarebbe fare recitare alle giovani ma appassite mogli le lamentele alla comprensiva e tradita moglie di Giove, la pingue Hera, le loro coniugali e anali doglianze. Ma non si può. Eppure dei balletti e delle rievocazioni da parte di corpi di ballo e di attorri che sappiano dare il senso del classico, si potrebbe. Le sottopondo così un canovaccio che mi pare intrigante assai. Questa pagina di Roberto Calasso (Le nozze di Cadmo e Armonia) sarebbe molta acconcia ad ispirare sceneggiature e intermezzi recitati magari con il sottofondo di musiche del maestro Michele Lizzi. Cosa Le chiedo per me? Nulla signor sindaco; per faccende anagrafiche e per pensioni baby nulla mi serve. Allora? Mi basterbbe dare qualche idea per il lancio del turismo colto ad Agrigento e ovvio esteso ai paesi sicani propinqui.
L'ho molta apprezzata nelle settimane scorso per avere voluto la Festa del Mandorlo in Fiore sia pure in differita al 50%. Anche se Lei mi pare clericale ha comunque voluto - sia pure in vesti dimesse - una festa che sprizza da tutti i suoi pori la grecità che sta in tutti noi nati in questo angelico e demoniaco lembo di terra che qualificherei dei Sicani. Le è giovane e quindi ardimentoso. Io son vecchio, ho fatto già le mie guerre, direbbe l'Omero dell'Iliade, e alle porte Scee mi porto per un parlare fiorito come cicale sul frondoso albero estivo. Mi permetta quindi di invitarla a esperimenti nuovi, arditi appunto. Forse l'attuale arcivescovo così frenetico nell'amdare in bici non se ne curerà. Vorrei che Lei facessere rivere i miti le orgie i simboli il vero senso di quei magnifici templi che fanno di Agrigento se non la più bella città dei mortali (ora non più, di sicuro) almeno la più ambigua e pagana città del mondo. Impreziosire ad esempio il temio di Giunone; come?. Bello sarebbe fare recitare alle giovani ma appassite mogli le lamentele alla comprensiva e tradita moglie di Giove, la pingue Hera, le loro coniugali e anali doglianze. Ma non si può. Eppure dei balletti e delle rievocazioni da parte di corpi di ballo e di attorri che sappiano dare il senso del classico, si potrebbe. Le sottopondo così un canovaccio che mi pare intrigante assai. Questa pagina di Roberto Calasso (Le nozze di Cadmo e Armonia) sarebbe molta acconcia ad ispirare sceneggiature e intermezzi recitati magari con il sottofondo di musiche del maestro Michele Lizzi. Cosa Le chiedo per me? Nulla signor sindaco; per faccende anagrafiche e per pensioni baby nulla mi serve. Allora? Mi basterbbe dare qualche idea per il lancio del turismo colto ad Agrigento e ovvio esteso ai paesi sicani propinqui.
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