domenica 22 febbraio 2015

Salvo Messana io e VIRGILIO (Eneide)



leggevo Virgilio e riflettevo come nelle immagini della natura accetti i casi della vita senza nessun pathos creando immagini di eros e thanatos di incredibile compostezza e di virile accettazione, anche laddove è incline alle sue preferenze omoerotiche
volvitur Euryalus leto, pulchrosque per artus
it cruor inque umeros cervix conlapsa recumbit:
purpureus veluti cum flos succisus aratro 435
languescit moriens, lassove papavera collo...
demisere caput pluvia cum forte gravantur.
at Nisus ruit in medios solumque per omnis
Volcentem petit, in solo Volcente moratur.
quem circum glomerati hostes hinc comminus atque hinc 440
proturbant. instat non setius ac rotat ensem
fulmineum, donec Rutuli clamantis in ore
condidit adverso et moriens animam abstulit hosti.
tum super exanimum sese proiecit amicum
confossus, placidaque ibi demum morte quievit.

 

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·       Diciamo con estrema franchezza: Salvo (Messana) dal Perù tende ad imbrogliarci, ad approfittare della nostra celeberrima ignoranza e in questi tredici versi del libro nono dell'Eneide di Virgilio ci vuol far credere che si annidano moderne perversità: immagini di amore e morte e forse pure in esametri composti e di fluidissimo fascino, non potrei negare; ma per noi omofobi, nulla può esserci di virile accettazione  se si vivono omofile opzioni.

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·       Siccome pochi, direi nessuno legge il latino virgiliano, io mi avvalgo della bella traduzione di Rosa Calzecchi Onesti e qui mi accodo al canto "omoerotico":

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·       [433] Si accasciò Eurialo morto, per il bel corpo

·       scorreva il sangue, cadde la testa sulla spalla , pesante:

·       così purpureo fiore, che l'aratro ha tagliato,

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