Da osservare, studiare, da coonestare e soprattutto da contestare- Anche penne eccelse e serie ed avvedute quale quella del Casarrubea sembrano non aver letto un documento così esplicito. Mi tocca invece dover trangugiare una panzana come questa: il Messana sarebbe il nazi-negriero responsabile di quella che vorrebbero fare apparire come la Dakau d'Italia: Pisticci.
Ma vivaddio! basta leggere l'esordio. "Ordine Ministero domattina 5 giugno dovranno essere tradotti Pisticci (scalo ferroviario Bernalda) e presentati quella direzione Campo concentramento n° 42 detenuti rinchiusi Carceri Via Nizza)."
Non mi intendo di cose militari: ma un ordine del Ministero e un ordine ricevuto nel bel mezzo di una guerra che ormai declina verso una tragica sconfitta, poteva venire disatteso? Non si finiva sotto Corte Marziale? E chi doveva disattenderlo?; ma - ecco - l'Ispettore Generale di P.S. Reggente la questura (di Trieste) E. MESSANA!
Messana un mese prima stava ancora a Lubiana, quindi non gli si può venire imputata alcuna nequizia consumata dai famigerati fascisti in quel di Trieste. E guarda caso era ancora un mese prima solo Questore. Ora invece lo vediamo promosso ISPETTORE GENERALE DI P.S. Ma ci sta a Trieste solo come Reggente. Tutti ci lascia intendere che è stato promosso per essere retrocesso. Promoveatur ut removeatur.
Allora forse una macchia, oggi (e subito dopo) un merito. Messana non fu un criminale di guerra. Se si è obiettivi e se ci si informa come si deve (non per fare scoop alla Cernigoi) il Messana era incappato in quel di Lubiana in una brutta storia. Proprio a Lubiana cercò di nascondersi un feroce partigiano, Tomsic. Sui monti della Slovenia ne aveva fatte di vittime tra i nostri soldati. A Lubiana scende sotto false spoglie credendo di farla franca, ma è seguito dai tedeschi, la Gestapo era quella che era.
Starà il Tomsic sotto giurisdizione italiana ma ciò non può costituire ostacolo pei tedeschi. Al Messana l'ingrato compito di perseguire quel capo-artigiano. Il Messana se fosse stato un vero criminale di guerra, la partita la poteva liquidare in quattro e quattr'otto. Due o tre mitra nella cantina del rifugio del Tomsic e lui e il suo contorno finivano immediatamente condannati a morte e giustiziati seduta stante. Invece no, il Messana vuol fare le cose secundum legem e s imbarca nel semestre più tribolato della sua vita. La sua inchiesta dura, appunto, sei mesi e glie ne captano di tutti colori. Incarcera una compagna del Tomsic. Quella si dà subito ammalata, si fa operare di appendicite. A custodia il Messana fa mettere un compatriota di costei, che ovviamente la fa scappare. Guai per il Messana. Riacciuffala donna, Messana si mette a giustificare il distratto carceriere. Gli salva la vita. Altro che negriero, signora Cernigoi. Ha letto quelle sessanta e più veline fitte fitte del rapporto Messana sul caso Tomsic. Lei che si dichiara persino pedante nel cercare documenti slavi ovunque essi siano, perché ha trascurato quelli conservati presso l'Archivio Centrale di Stato, all'EUR? Le bastava una fugace lettura per capire che le fandonie titine erano appunto calunnie slave, vendetta comprensibile ma non giustificabile, accuse inverosimili.
A fine di quella inchiesta, un giudice - non Messana - non perde tempo: condanna a morte, esecuzione sull'istante e carriera in loco assicurata, e gloria fascista a Lubiana. Poi non ebbe neppure fastidi di stampa. Oggi del giudice Macis, il vero responsabile della condanna a morte del Tomsic, tutto sommato senza solide prove, nessuno sa. Il rapporto consegnatogli dal Messana era ponderato, prudente, accorto.
Per la Cernigoi, il Macis è un illustre sconosciuto, il Messana un "criminale di guerra".
Ci è dispiaciuto che un professore, che tanto stimiamo quale il Casarrubea, poi sulla scìa delle infami accuse della Cernigoi, si sopinga a rendere responsabile di chissà che il Messana per quanto attiene al campo di concentramento di Pisticci. La parte meramente esecutiva e marginale del Messana è evidente nel documento che anche noi pubblichiamo, noi a discolpa, altri in accusatioem magnam
E Il guaio è che a vituperare il Messana ora ci si mette pure Malgrado Tutto un giornaletto racalmutese che vanta di essere stato tenuto a battesimo da Sciascia, un giornaletto che ci rifiuta la pubblicazione di una nostra puntualizzazione a difesa del giornalista del Corriere della Sera dottor Felice Cavallaro, con il pretesto che diversamente era dare credito al Petrotto, da me neppure nominato, che per Malgrado Tutto è soggetto vitando, da bandire, da condannare all'ostracismo del silenzio perpetuo.
::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::
Con l'occasione riporto vecchie cose da me scritte appunto sul caso Messana:
MI SCRIVONO e reitero anonimamente qui quanto sotto, a
dimostrazione di quale calunniosa campagna di stampa e cinematografica è stato
vittima il gr.uff. comm. Dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’Ispettore
Generale di PS, dottore Ettore Messana da Racalmuto. Non credo che dopo la gran
mole di documenti e ricerche che con qualche merito credo di avere acquisito e
pubblicato possano più avere diritto di asilo tante calunniose insinuazioni.
Credo che il prof. Casarrubea ...
Venerdì 14:57
signorina Cornigoi risponda a queste note
Quando leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi
nel ritenere codesto questurino a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo
detrattore, in anonimato, del grande Ettore Messana che dovrebbe essere stato
suo superiore e che certamente non ebbe ad apprezzarlo. Al suo paese
irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e si cercò di santificarlo.
Abbiamo un tempo riportato locandine manifesti e dicerie elogiative ma
non c'era molto da addurre a lode omaggiante.
Si disse "uomo giusto". Un epiteto alquanto
singolare per uno che di mestiere aveva fatto il poliziotto di un reparto
politico decisamente fascista. E redigeva rapporti infamanti di sospetti
e dispetti a base di "corre voce", "si dice", "non
poteva non sapere", " era suo subordinato il vero malfattore (se poi
tale era)" "lo spalleggiava" "forse ne fu compare" e
niente più. Ma proprio niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore
generale della PS il Gr.Uff. Dottore Ettore Messana.
E quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto
funzionarietto di questura, relegato ad una insignificante periferia.
Nell'ottobre del 1945, crede che è giunto il momento di togliersi un sassolino
dalla scarpa contro l'invidiato suo ex Superiore che invece di carriera ne ha
già fatta e con onore e per la stima di un superbo uomo di Stato, nientemeno
l'on. Alcide De Gasperi.
E quel insignificante rapportino finisce obliato e
trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti
speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima
fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma
repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista non vi diede peso
alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova, non una certezza.
Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca.
lunedì 12 settembre 2011
L’Ufficio di Presidenza dell’Associazione Amo
Montemarano, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, organizza il
convegno dal titolo: “Servire la Patria. L’Esempio di un Compaesano, un
Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano Ricciardelli”. L’appuntamento è per
sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso l’Auditorium dell’Edificio Scolastico
di Montemarano.
Ma ecco cosa scriveva ancora il Ricciardelli:
“Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era
anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui venivano
mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali.
Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un
poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione
mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.”
Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si
era dedicato al commercio in pellami, da cui aveva ricavato lauti profitti.”
Qui siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in esordio
a metà del 1941 a Lubiana. Incontra subito difficoltà inaudite. Come scrive in
una lettera riportata dal grande studioso Sala, viene subito esautorato di
fatto dall’esercito. Mussolini voleva una “guerra parallela” ma solo per
dimostrare ai tedeschi come può esserci una “occupazione umanitaria”. Del resto
a Lubiana vi esano molti coloni italiani e questi Mussolini voleva anche
proteggere dalle barbarie teutoniche che erano ben note. In un primo momento,
dicono gli stocici seri, si cercò a Lubiana di impiantare industrie e attività
economiche secondo le concezioni coloniali fasciste. Forse qualche apporto vi
fu da parte del Messana. Ma è da escludere. Ove si eccettui forse l’avere
comprato del legnami per farsi fare una “camera” per la quale nella famiglia
Messana si vagheggia ancora, di quello che insinua il Ricciardelli non resta
altro che il sospetto di una malevolenza di bassa cucina burocratica. E la
Cernigoi vi corre dietro:
“Durante la sua permanenza a Trieste, per la creazione
in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato speciale di
polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì
ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.”
Insomma qui la colpa del Messana è solo quella di
essere “amico” del commendatore Gueli ma il Messana “non riuscì ad effettuare
operazioni di polizia degne di particolre rielievo”. Onore al merito ma no!?
Ecco invece come pasticcia il Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo:
“Ma anche qui come a Lubiana, egli si volle
distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia
che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati
politici, responsabili di attività antifascista molto limitata. In proposito”
Quali elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la
mancanza assoluta di ogni senso di umanità ” del Messana’?
Nessuno. Un ppoliziotto che misura la latitudine del “senso di umanità” è
singolare. Siamo dunque a quelle infanganti veline che riempiono i
dossier degli archivi di Uffici di polizia, più o meno segreti.
Mi si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli!
“Si ritiene opportuno segnalare un episodio che
dimostra la sua malvagità d’animo una notte del gennaio 1943 senza alcun
addebito specifico ed all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della
Questura, ordinò l’arresto di oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei
fratelli Kostoris Marco e Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato
Volli Ugo che vennero proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti
politicamente pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e,
probabilmente, per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale
federazione fascista, con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo
dimostra il fatto che lo stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la
scarcerazione dei predetti che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere
(per più dettagliati particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati,
esaminare i precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico
della locale Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di
occupazione della città ai primi di maggio u. s.)
Che possiamo obiettare? Come fa il R icciardelli
ad affermare che “non c’era addebito specifico” e che tutto avvenne
all’insaputa dello stesso ufficio politico della Questura (ove pare che
militasse proprio il Ricciardelli e quell’ufficio fascista, deleterio e
terrificante, era appunto ”politico”). Lui stesso aggiunge che per
“più dettagliati particolari e per i precedenti” occorreva esaminare gli atti
del Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora al ministero non abbiamo
trovato nulla, ovviamente tra le carte riversate all’ACS. E furbacchione
soggiunge che “gli atti dell’Ufficio Politico della Questura furono asportati o
distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione ,, ai primi di maggio u.s.
Peccato! chissà quanti malefizi della politica ove dimorava il Ricciardelli
avremmo trovato. E tutto ci fa pensare che fosse alquanto pressato da quelle
“truppe jugoslave” per scrivere sotto ricatto quelle amenità da bassa cucina
poliziesca di forte olezzo fascista.
Ma il fatto si riduce ad un denegato internamento di
ebrei. Il ministero non avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di
forte persecuzione razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si
fosse sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il
provvedimento assolutorio.
Ma giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova
di di censurabile contro il Messana e tutto sa di meschineria
diffamatoria, la classica ripicca del subordinato. Da qui a fare del Messana un
Criminale di guerra dedito ai crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun
tribunale straniero o italico osò tanto.
Procediamo nelle accuse del Ricciardelli.
“Risulta in modo indubbio che il Messana, quale
componente la locale commissione provinciale per i provvedimenti di polizia,
infierì in modo particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe
di lieve entità per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva
sempre il massimo della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato
dagli altri componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio
Tamburini, presidente della commissione stessa.[3]”
Il Messana era certo un duro, ma ciò costituisce
colpa? Colpa grave? Vogliamo metterci allora ad osannare il Prefetto fascista
Tullio Tamburini?
E per chiusura il denigratore subalterno, a forca di
volere diffamare, finisce con testimoniare a favore proprio del Messana.
“Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto
domicilio a Trieste, se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue
tracce. Alla data del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu
dichiarato dimissionario d’ufficio”. [4]
Che un forsennato poliziotto s’induca a tale sortita
che lo copre di ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si
accodi è faccenda incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il
Messana, dopo l’8 settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende
irreperibile a Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e
subordinati quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di
ufficio” incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva essere
perseguito. Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il più
tragico: in quel biennio Messana non c’era alla questura di Trieste,
Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista
della “politica”. E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non
il Messana che se ne torna a Roma pur di non collaborare con fascisti
repubblichini e tedeschi dalla doppia esse. Ammirevole!
Ecco perché tempo fa avevamo scritto:
Di tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni,
maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema
di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore
Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO.
Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo documento che per di più potrebbe
risultare persino apocrifo si macchia a mio avviso di diffamazione
calunniatrice. Certamente non fa storia.
signorina Cornigoi risponda a queste note
Quando leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi
nel ritenere codesto questurino a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo
detrattore, in anonimato, del grande Ettore Messana che dovrebbe essere stato
suo superiore e che certamente non ebbe ad apprezzarlo. Al suo paese irpino
si fu di manica larga: gli si dedicò una via e si cercò di santificarlo.
Abbiamo un tempo riportato locandine manifesti e dicerie elogiative ma
non c'era molto da addurre a lode omaggiante.
Si disse "uomo giusto". Un epiteto alquanto
singolare per uno che di mestiere aveva fatto il poliziotto di un reparto
politico decisamente fascista. E redigeva rapporti infamanti di sospetti
e dispetti a base di "corre voce", "si dice", "non
poteva non sapere", " era suo subordinato il vero malfattore (se poi
tale era)" "lo spalleggiava" "forse ne fu compare" e
niente più. Ma proprio niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore
generale della PS il Gr.Uff. Dottore Ettore Messana.
E quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto
funzionarietto di questura, relegato ad una insignificante periferia.
Nell'ottobre del 1945, crede che è giunto il momento di togliersi un sassolino
dalla scarpa contro l'invidiato suo ex Superiore che invece di carriera ne ha
già fatta e con onore e per la stima di un superbo uomo di Stato, nientemeno
l'on. Alcide De Gasperi.
E quel insignificante rapportino finisce obliato e
trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti
speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima
fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma
repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista non vi diede peso
alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova, non una certezza.
Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca.
lunedì 12 settembre 2011
L’Ufficio di Presidenza dell’Associazione Amo
Montemarano, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, organizza il
convegno dal titolo: “Servire la Patria. L’Esempio di un Compaesano, un
Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano Ricciardelli”. L’appuntamento è per
sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso l’Auditorium dell’Edificio Scolastico
di Montemarano.
Ma ecco cosa scriveva ancora il Ricciardelli:
“Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era
anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui
venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti
personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in
carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la
liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.”
Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si
era dedicato al commercio in pellami, da cui aveva ricavato lauti profitti.”
Qui siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in esordio
a metà del 1941 a Lubiana. Incontra subito difficoltà inaudite. Come scrive in
una lettera riportata dal grande studioso Sala, viene subito esautorato di
fatto dall’esercito. Mussolini voleva una “guerra parallela” ma solo per
dimostrare ai tedeschi come può esserci una “occupazione umanitaria”. Del resto
a Lubiana vi esano molti coloni italiani e questi Mussolini voleva anche
proteggere dalle barbarie teutoniche che erano ben note. In un primo momento,
dicono gli stocici seri, si cercò a Lubiana di impiantare industrie e attività
economiche secondo le concezioni coloniali fasciste. Forse qualche apporto vi
fu da parte del Messana. Ma è da escludere. Ove si eccettui forse l’avere
comprato del legnami per farsi fare una “camera” per la quale nella famiglia
Messana si vagheggia ancora, di quello che insinua il Ricciardelli non resta
altro che il sospetto di una malevolenza di bassa cucina burocratica. E la
Cernigoi vi corre dietro:
“Durante la sua permanenza a Trieste, per la creazione
in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato speciale di
polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì
ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.”
Insomma qui la colpa del Messana è solo quella di
essere “amico” del commendatore Gueli ma il Messana “non riuscì ad effettuare
operazioni di polizia degne di particolre rielievo”. Onore al merito ma no!?
Ecco invece come pasticcia il Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo:
“Ma anche qui come a Lubiana, egli si volle
distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia
che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati
politici, responsabili di attività antifascista molto limitata. In proposito”
Quali elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la
mancanza assoluta di ogni senso di umanità ” del Messana’?
Nessuno. Un ppoliziotto che misura la latitudine del “senso di umanità” è
singolare. Siamo dunque a quelle infanganti veline che riempiono i
dossier degli archivi di Uffici di polizia, più o meno segreti.
Mi si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli!
“Si ritiene opportuno segnalare un episodio che
dimostra la sua malvagità d’animo una notte del gennaio 1943 senza alcun
addebito specifico ed all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della
Questura, ordinò l’arresto di oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei
fratelli Kostoris Marco e Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato
Volli Ugo che vennero proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti
politicamente pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e,
probabilmente, per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale
federazione fascista, con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo
dimostra il fatto che lo stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la
scarcerazione dei predetti che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere
(per più dettagliati particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati,
esaminare i precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico
della locale Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di
occupazione della città ai primi di maggio u. s.)
Che possiamo obiettare? Come fa il R icciardelli
ad affermare che “non c’era addebito specifico” e che tutto avvenne
all’insaputa dello stesso ufficio politico della Questura (ove pare che
militasse proprio il Ricciardelli e quell’ufficio fascista, deleterio e
terrificante, era appunto ”politico”). Lui stesso aggiunge che per
“più dettagliati particolari e per i precedenti” occorreva esaminare gli atti
del Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora al ministero non abbiamo
trovato nulla, ovviamente tra le carte riversate all’ACS. E furbacchione
soggiunge che “gli atti dell’Ufficio Politico della Questura furono asportati o
distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione ,, ai primi di maggio u.s.
Peccato! chissà quanti malefizi della politica ove dimorava il Ricciardelli
avremmo trovato. E tutto ci fa pensare che fosse alquanto pressato da quelle
“truppe jugoslave” per scrivere sotto ricatto quelle amenità da bassa cucina
poliziesca di forte olezzo fascista.
Ma il fatto si riduce ad un denegato internamento di
ebrei. Il ministero non avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di
forte persecuzione razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si
fosse sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il
provvedimento assolutorio.
Ma giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova
di di censurabile contro il Messana e tutto sa di meschineria
diffamatoria, la classica ripicca del subordinato. Da qui a fare del Messana un
Criminale di guerra dedito ai crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun
tribunale straniero o italico osò tanto.
Procediamo nelle accuse del Ricciardelli.
“Risulta in modo indubbio che il Messana, quale
componente la locale commissione provinciale per i provvedimenti di polizia,
infierì in modo particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe
di lieve entità per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva
sempre il massimo della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato
dagli altri componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio
Tamburini, presidente della commissione stessa.[3]”
Il Messana era certo un duro, ma ciò costituisce
colpa? Colpa grave? Vogliamo metterci allora ad osannare il Prefetto fascista
Tullio Tamburini?
E per chiusura il denigratore subalterno, a forca di
volere diffamare, finisce con testimoniare a favore proprio del Messana.
“Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto
domicilio a Trieste, se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue
tracce. Alla data del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu
dichiarato dimissionario d’ufficio”. [4]
Che un forsennato poliziotto s’induca a tale sortita
che lo copre di ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si
accodi è faccenda incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il
Messana, dopo l’8 settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende
irreperibile a Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e
subordinati quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di
ufficio” incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva essere
perseguito. Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il più
tragico: in quel biennio Messana non c’era alla questura di Trieste,
Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista
della “politica”. E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non
il Messana che se ne torna a Roma pur di non collaborare con fascisti
repubblichini e tedeschi dalla doppia esse. Ammirevole!
Ecco perché tempo fa avevamo scritto:
Di tutta questa accozzaglia di dicerie,
presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo
affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai
addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito
nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo
documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo si macchia a mio
avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa storia.
Venerdì 18:19
Reitero una mia lettera all’avvocato mio cigino Gigi
Restivo
Uno storico davvero professionale e serio quale il
prof. Sala, deceduto, ha pubblicato volumi sulla vicenda della "guerra
parallela" che consentì al Duce di istituire questa cosiddetta provincia
di Lubiana per insegnare ai tedeschi come occupare un territorio straniero e
gestirlo "umanitariamente". Emerge che il Messana cercò nel primo
anno della "provincia" di attuare quella politica "umanitaria e
civile" ma non poté fare molto perché "esautorato
dall'esercito". Questo emerge da una probante corrispondenza che
naturalmente la Cernigoi o ignora o intenzionalmente oblitera.
Per il resto la Cernigoi si avvale della
"postuma" farneticazione del Ricciardelli, la quale credo di avere
disinnescato in miei post che mi pare hai letto (magari - scusami - molto
superficialmente). Ad ogni buon conto sto reiterandoli.
Altre pagine di tre testi della Bompiani si
ostinano a martellare per infamare indegnamente il Messana e cioè quelle che
attengono alla faccenda di Riesi del 1919 e alla pretesa correità con fra
Diavolo nell'ambito della tragica storia del bandito Giuliano; mi dicevi ieri
che anche a te apparivano "cazzate". Non so se confermi o hai dei
ripensamenti. Io resto maggiormente confermato in favore del Messana
-------------------------------
bandito Giuliano
----------------------
La strage di Portella della Ginestra/ Documenti sulla
strage/Documento 13
VERBALE INTERROGATORIO DELL’ISPETTORE VITO
MESSANA [rectius ETTORE]
Verbale di continuazione di dibattimento del 20
luglio 1951
[cartella 4, vol. V, n. 5]
D’ordine del Presidente, introdotto il testimone
Messana Ettore fu Clemente di anni 66, nato a Racalmuto (Agrigento) e
domiciliato in Roma, Ispettore di Ps. [Ettore Messana non nacque a Racalmuto,
bens^ a Gela da Clemente Messana. Nato nel 1988, per avere 66 anni dobbiamo
essere nel 1956, n.d.r.]
Interrogato in merito ai fatti della causa, risponde:
«Fui mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato
Generale di P.S. per la Sicilia nel maggio 1945 e vi rimasi fino a tutto luglio
1947. Il decreto che istituì l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di
tale organo fu quella di integrare l’opera repressiva e preventiva
nell’eliminazione del banditismo ed in genere della delinquenza associata in
Sicilia».
D. R. «Io ebbi a mia disposizione 750 carabinieri, 350
agenti e 14 funzionari, che distribuii in tutte le province della Sicilia da
Messina a Trapani. Fui io che istituii i nuclei di carabinieri e polizia nei
centri dove a me sembrò che dovessero essere istituiti. Le mie prime operazioni
feci nelle province di Agrigento e di Catania. Verso la fine del 1945
incominciò ad affiorare l’attività della banda Giuliano. Tale fatto fece
aumentare la mia attività tanto più che la banda Giuliano e quella di Avila si
erano poste al servizio dell’Evis».
D. R. «Ebbi notizia dei fatti di Portella nelle ore
pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi recai ad una riunione indetta dal prefetto
Vittorelli, dove si stabilì una certa azione da svolgersi. L’indomani mi recai
a Piana degli Albanesi ed a San Giuseppe Jato, ove già si era proceduto
all’arresto di quattro persone ad opera di un nucleo dipendente
dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo rastrellamento arrestando
centinaia di persone sospette, le quali però furono quasi tutte rimesse in
libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna responsabilità».
D. R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura
che si limitò poi a denunciare solo i quattro arrestati».
D. R. «In una riunione tenuta anche alla presenza
dell’Ispettore Generale di P. S. Rosselli, inviato a Palermo dal Ministero, fu
deciso da quest’ultimo che la direzione delle indagini dovesse essere affidata
al questore Giammorcaro e fu così che io passai alle dipendenze di costui»
D. R. «Si venne frattanto a conoscenza che il 1°
maggio era stato sequestrato, dopo la sparatoria, un campiere, certo Busellini,
del quale non si seppe nulla per tanti giorni e che poi fu trovato ucciso in un
fossato da un nucleo alle mie dipendenze».
D. R. «Non so se il ritrovamento del cadavere del
Busellini avvenne a mezzo di cani poliziotti od a mezzo solo di ricerche».
D. R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del
cadavere del Busellini fu trovato un cartello con la scritta «questa è la fine
dei traditori», la qualcosa ci convinse che il delitto era stato consumato
dalla banda Giuliano. Tale convinzione ci facemmo anche per il delitto di
Portella poiché ci convincemmo che colui che aveva ucciso Busellini era uno di
quelli che aveva sparato a Portella».
D.R. «Noi dell’Ispettorato, fin dal primo momento,
pensammo che la strage di Portella era da attribuirsi alla banda Giuliano,
perché il fatto era avvenuto nella zona così detta d’imperio della banda
stessa, mentre l’Angrisani ed il Guarino avevano orientamento diverso».
D. R. «Tale convincimento da parte dell’Ispettorato fu
però rafforzato dal rinvenimento del cadavere del Busellini».
Contestatogli che nel verbale di rinvenimento del
cadavere del Busellini non vi è traccia del cartello rinvenuto sul suo
cadavere, risponde:
«Può darsi che io abbia un cattivo ricordo di tale
fatto, ma pure mi sembra di ricordare così».
D. R. «Le indagini continuarono e solo nel giugno
avvennero i primi fermi effettuati dal nucleo centrale comandato dal colonnello
Paolantonio, il quale mi riferiva lo sviluppo di esse».
D. R. «Il rapporto n. 37 fu redatto quando io non ero
più Ispettore Generale in Sicilia, essendo stato sostituito il 1.8.47 dal
questore di Napoli Coglitori».
D. R. «Quasi tutti i fermi avvennero durante la mia
permanenza in Sicilia ed io, giorno per giorno, venivo informato di quanto si
riusciva a sapere dai fermati».
D. R. «L’Ispettorato aveva dei confidenti ed inoltre
era in contatto con alcuni elementi che ci ponevano in comunicazione con
il bandito Ferreri Salvatore».
D. R. «Io nessun contatto diretto ebbi col Ferreri,
solo ebbi rapporti con lui tramite i suddetti elementi di collegamento».
D. R. «Escludo che Ferreri mi abbia fatto sapere i
nomi di coloro che avevano partecipato all’azione di Portella; può darsi che
qualche indicazione l’abbia data al colonnello Paolantonio oppure ad un altro
funzionario di P.S., certo Zappone, che io avevo dislocato nella zona di
Partinico e che fu ucciso a Borgetto in un agguato».
D. R. «Il nostro convincimento che l’azione di
Portella era dovuta alla banda Giuliano fu maggiormente rafforzato dal
riconoscimento effettuato da quattro cacciatori sequestrati in quella mattina
del 1° maggio, i quali in una fotografia di persona a cavallo riconobbero
proprio colui che ritenevano fosse il capo del gruppo che li aveva
sequestrati».
D. R. «Il colonnello Paolantonio, fin quando io restai
in Sicilia, non mi parlò mai del fermo di alcuno ritenuto partecipe della
strage di Portella per confidenze avute dal Ferreri».
D. R. «Escludo di aver avuto mai rapporti con
Pisciotta Gaspare, come escludo di avergli rilasciato un tesserino di
riconoscimento sia al suo nome che a quello di Faraci Giuseppe».
Co0ntestatogli che il Pisciotta ha affermato invece di
aver avuto rilasciato un tesserino proprio da lui che glielo fece recapitare
tramite Ferreri, risponde:
«Escludo nel modo più reciso che ciò sia avvenuto».
Richiamato l’imputato Gaspare Pisciotta e
contestatagli la dichiarazione resa dall’Ispettore Messana a proposito del
tesserino, risponde:
«Il tesserino lo ebbi tramite Ferreri, portava la
firma Messana, aveva i timbri dell’Ispettorato, fu strappato ed io spero che
colui che lo ha strappato, se ha coscienza, lo dirà».
D. R. «Luca potrà dire qualcosa in merito, può darsi
che il tesserino esista ancora, ma a me risulta che fu stracciato».
Il teste Messana:
D. R. «Io facevo da organo propulsore nell’attività
dei miei funzionari; dissi loro di indagare anche sulla ragione per cui
Giuliano fece l’azione di Portella ma nessuno di essi mi parlò mai su tale
fatto».
D. R. «Andai via dalla Sicilia il 31.7.1947 e quindi
non mi occupai più della cosa».
A domanda dell’Avv. Sotgiu, risponde:
«Non ricordo di aver rilasciato al Ferreri un
tesserino di libera circolazione, ma non escludo che esso possa essere stato
rilasciato da altri sotto il mio nome, essendo io il capo dell’Ispettorato.
Devo dire per altro che la mia firma ufficiale è quasi inintellegibile come
Messana, anzi ritengo che sia del tutto inintellegibile».
D.R. «Non rilasciai tesserini di libera circolazione
ai confidenti, non so se ne furono rilasciati a mio nome dai miei dipendenti
che nulla mi riferivano intorno al rilascio di essi poiché ognuno ha i propri
confidenti ed intorno a noi si mantiene il più stretto riserbo anche con i
superiori».
D.R. «Io fornivo il danaro che mi richiedevano per i
confidenti ai miei dipendenti, i quali mi rilasciavano ricevuta sulla quale si
limitavano a dire. -- per un confidente- senza indicarne le generalità».
D.R. «Certamente i rapporti col Ferreri iniziarono
prima della strage di Portella. Ricordo di aver saputo, attraverso la
fonte Ferreri, che Giuliano voleva attentare alla vita dei dirigenti del
Partito Comunista di Palermo, fra i quali il Li Causi. Informai per la
opportuna vigilanza il questore e fu il colonnello Paolantonio che avvisò
direttamente il Li Causi».
D.R. «Al padre del Ferreri feci dare un porto d’armi,
ma ciò rientrava nel progetto di venire all’arresto di Giuliano. Sentii parlare
del rinvenimento del predetto porto d’armi sul cadavere del Ferreri, ma ciò non
constatai personalmente».
D.R. «Escludo che il padre del Ferreri facesse parte
della banda Giuliano».
D.R. «Non mi risulta che dopo l’amnistia dell’Evis
Giuliano abbia mantenuto rapporti con persone insospettabili».
D.R. «Dopo di me all’Ispettorato ci fu Coglitore, poi
Modica, poi Spanò, poi Verdiani»
D.R. «Non ricordo i nominativi dei componenti la banda
Giuliano».
D.R. «Esiste un rapporto intorno alle bande armate
dell’Evis ed all’attività da esse spiegate, rapporto redatto dal nucleo
centrale alle mie dipendenze».
D.R. «Sono a conoscenza dei nomi in esso compresi, può
darsi che l’elenco contenuto in detto rapporto non sia completo e non comprenda
tutta la materia, essendo potuta qualcosa essere sfuggita e qualcosa
sopraggiungere».
D.R. «Non ricordo il nome di Genovesi Giovanni tra i
confidenti della polizia, né so se egli sia stato interrogato dal
colonnello Denti».
A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde:
«Per il fatto di Portella venne in Sicilia un
Ispettore generale del Ministero, come di solito avviene quando succedono fatti
di una certa rilevanza».
D.R. «Detto Ispettore riunì tutti gli organi di
polizia in questura e poiché ogni organo comunicò i risultati delle indagini
svolte, l’Ispettore volle che le varie attività fossero coordinate e quindi,
senza esautorare e sostituire alcuno, dette la direzione al questore
Giammorcaro al quale doveva essere comunicata ogni attività degli organi di
polizia. Tutto ciò per quanto riguarda i fatti di Portella».
D.R. «Mi fu detto che il Ferreri fu operato di
appendicite».
A domanda dell’avv. Sotgiu, risponde:
«Non mi risulta che al Ferreri sia stata rilasciata
una tessera intestata a Salvo Rossi, autista del colonnello Paolantonio».
A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde:
«Parlando di un rapporto Coglitore mi riferivo solo al
rapporto firmato dal maresciallo Lo Bianco relativo ai fatti di Portella»
A domanda del Pisciotta Gaspare, risponde:
«Escludo di essere stato io a consegnare i mitra al
Ferreri, né mi risulta che ciò sia stato fatto da qualcuno dell’Ispettorato. A
quell’epoca avevamo penuria di armi».
Il Pisciotta aggiunge:
«I cinque mitra servirono per l’azione di Portella, secondo
quanto mi disse Ferreri».
Dopo di che il Presidente rinvia la prosecuzione del
dibattimento all’udienza del 23.7.1951 ore 9,30.
Calogero Taverna a
21:57 Link a questo post
Domenica 18:26
Io non so se potrò correttamente continuare a sentirmi
vetero comunista dopo che mesi di ricerche sul commissario Messana mi stanno
stravolgendo tantissimi giudizi e tantissime condanne. Su tutti questi
personaggi avrei da dire la mia che è capovolta anche rispetto ad assiomi che
per il meritevole storico Casarrubea sono verità di fede. Scelba,
ricordiamocelo, fu quello delle leggi Scelba che stroncarono il fascismo che
stava risuscitando. Sulla faccenda Giuliano quando andremo a studiare le carte
della NARA in America ne scopriremo delle belle. Il dottor Navarra non fu dei
migliori ma neanche dei peggiori di un certo nostro mondo. Se penso a Guarino
Amella, le mie certezze rosse schricchiolano. Se penso all'on. Montalbano, da
rabbrividire. E lo stesso Licausi dove voleva andare a parare? Perché se la
prese tanto con Messana, quando credo che sia stato lo stesso Scelba a
liquidarlo come ispettore generale di PS? Perché non si dà peso a quanto
andava relazionando a Roma sui finanziamenti americani alla EVIS il questore
Ettore Messana? Non è tempo di mandare al macero tutti i luoghi comuni sul
comunismo siciliano del dopo guerra? Revisionismo? Quando c'è di mezzo la
verità, non 'è revisionismo che tenga! Chi uccise il sindaco socialista di
Favara nella prima metà degli anni 'Quaranta? Ce lo vogliamo fare raccontare
dal dottore Calogero Castronovo che mi pare adesso consigliere comunale di
questa meravigliosa ma chiacchierata cittadina propinqua a Racalmuto?
Lunedì 17:43
22 ore fa
SCRIVEVO
Io non so se potrò correttamente continuare a sentirmi
vetero comunista dopo che mesi di ricerche sul commissario Messana mi stanno
stravolgendo tantissimi giudizi e tantissime condanne. Su tutti questi
personaggi avrei da dire la mia che è capovolta anche rispetto ad assiomi che
per il meritevole storico Casarrubea sono verità di fede. Scelba,
ricordiamocelo, fu quello delle leggi Scelba che stroncarono il fascismo che
stava risuscitando. Sulla faccenda Giuliano quando andremo a studiare le carte
della NARA in America ne scopriremo delle belle. Il dottor Navarra non fu dei
migliori ma neanche dei peggiori di un certo nostro mondo. Se penso a Guarino
Amella, le mie certezze rosse scricchiolano. Se penso all'on. Montalbano, da
rabbrividire. E lo stesso Licausi dove voleva andare a parare? Perché se la
prese tanto con Messana, quando credo che sia stato lo stesso Scelba a
liquidarlo come ispettore generale di PS? Perché non si dà peso a quanto
andava relazionando a Roma sui finanziamenti americani alla EVIS il questore
Ettore Messana? Non è tempo di mandare al macero tutti i luoghi comuni sul
comunismo siciliano del dopo guerra? Revisionismo? Quando c'è di mezzo la
verità, non 'è revisionismo che tenga! Chi uccise il sindaco socialista di
Favara nella prima metà degli anni 'Quaranta? Ce lo vogliamo fare raccontare
dal dottore Calogero Castronovo che mi pare adesso consigliere comunale di
questa meravigliosa ma chiacchierata cittadina propinqua a Racalmuto?
Mi risponde il prof. Casarrubea:
E' proprio così, caro dottore. Bisogna mettere in
discussione verità date e cercare con altri strumenti, quelli della ricerca e
della fatica personale, come fa lei, le verità che ci servono per il futuro.
Mia riposta:
La ringrazio proprio per queste Sue graditissime
parole. Mi è rincresciuto che la Cernigoi mi abbia frainteso e sia partita
alquanto, mi consenta, istericamente. Avendo tutta la vita fatte ispezioni
bancarie e tributarie la mia propensione è solo quella di cercare di intessere
un dialogo col dio - di solito il demone - ascoso nel profluvio di carte e
documenti e contabilità e pezze d'appoggio e contraffatte dichiarazioni.
Proprio oggi mi sono recato alla Biblioteca Nazionale qui a Roma e ho
consultato il 1919 del Giornale di Sicilia. Ho trovato le corrispondenze sul
celebre caso di Riesi. Sfido chiunque a dirmi che vi si parla di un certo
commissario Messana. Se penso ai film, ai convegni, all'ANPI di Palermo mi
disoriento. Sono sincero: Lei cade nel trabocchetto teso da Li Causi. Per
ragioni che non so e in tempi molto sospetti, quando forse voleva far carriera
nel PCI (e il carrierismo là fu feroce; ne so qualcosa per confidenze avute)
volle fare apparire il giubilato Ispettore Generale di P.S. gr.uff. comm.
dell'Ordine di S. Maurizio e Lazzaro dottore Ettore Messana la reincarnazione
di Bava Beccaris per la faccenda di Riesi, il negriero di Lubiana per
l'istruttoria al processo Tomsic e il "compare" di Ferreri
alias fra Diavolo. In base alla mole di documenti e di ricostruzioni storiche
che ho potuto trovare o condurre soprattutto per l'ausilio (magari non voluto)
che Ella con i suoi tre preziosi testi pubblicati da Bompiani, sono giunto alla
conclusione che a Riesi Messana non c'era o se c'era il suo ruolo fu marginale
e nessun tribunale ebbe mai ad inquisirlo; che la faccenda di Lubiana è uno dei
tanti aspetti dell'insana guerra che volle Mussolini e che il Messana, quale
subalterno del Ministero degli Interni, non durò a Lubiana più di un anno per
non essere in grado di quelle ferocie che i fascisti militanti esigevano. Ne
ebbe conseguenze che rasentano la retrocessione finendo come in subordine a
Trieste dove ad avviso degli stessi suoi denigratori non commise azioni
di rilievo. Quindi non aderì alla RSI, fu destituito dai fascisti tra i quali
non escludo quel Ricciardelli che poi diventa il malevolo Torquemada del
Messana, fu privato dello stipendio; scappò a Roma nascondendosi sino alla
liberazione degli Americani quando poté tornare al Viminale e per la sua fede
monarchica e forse per le sue protezioni massoniche ritornò in auge,
destinazione Palermo. Qui visse i suoi brutti momenti. Lei diligentemente
scrive che ebbe a denunciare i criminali finanziamenti degli Americani
all'EVIS. Fatto questo, che con più ampiezza e con maggiore efficacia emerge
dalle relazioni autografe del Messana al suo Ministro, quali ho rinvenuto in
ACS (e mi pare che si tratti di rivelatrici relazioni non pubblicate da
alcuno). Il collegamento con Ferreri fu un atto imposto. Lei stesso parla
dell'incontro a Roma tra il padre del Ferreri, Aldisio e in subordine il
Messana. Su quale fu lo snodo di tale collegamento, io non ho dubbi di sorta ed
accedo alla verità processuale di Viterbo e cioè alla deposizione esaustiva del
Messana la cui prima interpretazione è quella letterale e le
superfetazioni analogiche e dietristiche io le ripudierei anche per l'obbligo
della "avalutatività" che bisogna seguire nelle scienze sociale. Per
questo dissento dalla sua tesi dello Stato connivente, quasi prefigurazione dell'attuale
processo di Palermo.
Un lungo discorso per insinuare una mia proposta.
Racalmuto è la patria di Sciascia, una Fondazione si erge a suo nome. Mi
piacerebbe che Lei potesse presiedere un incontro per la chiarificazione
del ruolo e. se vi sono, delle colpe del compaesano racalmutese Ettore Messana,
magari per stabilire se gli si deve dedicare una strada in commemorazione
oppure no, per comprovata indegnità. E mi piacerebbe che nella Fondazione
SI ISTITUISSE UNA SORTA DI SEMINARIO PER RICERCHE STORICHE NON PRECONCETTE DA
LEI PRESIEDUTO. PENSO A GIOVANI CHE POTREBBERO ANDARE A STUDIARE LE CARTE DELLA
N.A.R.A. quali lei meritevolmente illustra nel suo LUPARA NERA (e credo
altrove). E non mi dispiacerebbe che vi partecipasse anche la Cerrigoi,
sempreché desista dalle non provate accuse contro il Messana.
Lunedì 21:32
E’ la seconda volta che mi capita nella mia ormai
purtroppo lunga vita. La prima volta avvenne nel lontano ultimo quarto degli
anni Settanta. Tra il luglio e il settembre del 1974 fui inviato dalla Banca
d’Italia a giubilare la Bana Privata Finanziaria che tutti ancora si ostinano a
chiamare la banca di Sindona. Falso. La Privata, contro tutti e contro tutto,
invocando le dieci righe l’art. 64 della vecchia legge bancaria, riuscii
a giubilarla. Nonostante Andreotti Macchiarella il Banco di Roma tutta la
finanza meneghina e mettiamoci per contorno l’arcivescovo Marcinkus, l’orso
americano del mio Soldi Truccati. Ma Sindona era ancora in auge nonostante
profugo negli USA di Cosa Nostra. Scrisse e tutta la stampa pubblicò: “pare che
un certo Calogero Taverna le abbia chiarito le cose”. Si rivolgeva allo
scattoso Guido Carli. Il Baffi mi sbeffeggiò in un convivio aziendale quale un
quivis de polulo . Ora è la Cernigoi che fa il bis. Le avevo scritto:
6 giugno 18.17.40
lei dovrebbe essere l'autrice di foglietti infamanti
il dottore Ettore Messana già ispettore generale di pubblica sicurezza. In
contatto con la nipote di tanto grande personaggio della storia di Italia ho
fatto e continuo a fare ricerche che la smentiscono in pieno Non so se reputa
di procedere ad una sorta di resipiscenza operosa. Sappia che la signora
Giovanna Messana non è persona da oppiare. Certo non ha avuto tempo per
inseguire e perseguire codesti sedicenti storici fabbricanti di calunnie nei
confronti del suo grande avo. Ma ora ha deciso.
Le avevo scritto molto riservatamente e a ben vedere
in termini molto educati, ad onta del mio caratteraccio. Ma la Cernigoi
sfacciatamente, in pubblico, dopo 14 giorni così osa irridermi (e
contraddirmi):
La Nuova Alabarda 20 giugno •
APPUNTI SU ETTORE MESSANA.
Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale
Lillo Taverna, che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti
infamanti il dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe
ricostruendo una biografia.
In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note
su questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite,
basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione
archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa
persona.
Com’è noto, il 6/4/41 l’Italia fascista invase la
Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di Hitler, creando la “Provincia
italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di comando dei propri funzionari.
Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto il commissario Ettore Messana,
che resse l’incarico fino a giugno 1942, e successivamente fu a Trieste fino a
giugno 1943.
Il nome di Messana risulta nell’elenco dei
criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni
Unite per i crimini di guerra (United Nations War Crimes Commission). Il
rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed inviato dalla Commissione
statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia del rapporto originale in lingua
inglese si trova nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij,
škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base di documentazione che era
stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo” dell’Esercito italiano di
occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri; terrorismo sistematico;
torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di civili; detenzione di civili
in condizioni disumane; tentativo di denazionalizzare gli abitanti dei
territori occupati; violazione degli articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione
dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice militare jugoslavo del 1944”.
Nello specifico viene addebitata a Messana (in
concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale
militare di Lubiana dottor Macis) la costruzione di false prove che servirono a
condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita
in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La responsabilità di
Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da documenti dell’archivio
della questura di Lubiana (oggi conservati presso l’Archivio di Stato di
Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che fanno riferimento ad una “operazione di
polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e dal
vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la direzione personale di Messana,
contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al
Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di
reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre
che furono condannati a pene minori.
Messana e gli altri furono anche accusati di
avere creato false prove nel corso di una indagine da loro condotta, in
conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate dopo la condanna
comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte
ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale indagine, come risulta da
altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice
Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e
militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita
delle indagini relative: Messana ricevette come riconoscimento per il suo
operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”.
Il 21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per
l’Epurazione di Roma inviò una nota al Prefetto di Trieste nella quale era
segnalato il nome di Ettore Messana. Il Prefetto richiese un’indagine alla
Polizia Civile del GMA (ricordiamo che all’epoca Trieste era amministrata da un
Governo Militare Alleato e la polizia era organizzata sul modello
anglosassone), il cui risultato è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e
firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale
Investigativa, dalla quale citiamo alcuni passaggi.
“Il Messana era preceduto da pessima fama per le sue
malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città
aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi
brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni
(…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose
contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire
profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati
in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro
la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli
si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui
aveva ricavato lauti profitti.
Durante la sua permanenza a Trieste, ove rimase
fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del famigerato e
tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe
Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia
politica degne di particolare rilievo.
Ma anche qui, così come a Lubiana, egli si volle
distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia,
che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati
politici (…)”. Questa relazione è conservata in Archivio di Stato di Trieste,
fondo Prefettura gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva già svolto
servizio in polizia sotto il passato regime fascista ed era stato internato in
Germania sotto l’accusato di favoreggiamento nei confronti di ebrei che sarebbero
stati da lui aiutati a scappare.
A fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che
Messana sia stato, se non condannato per quanto commesso sotto il fascismo,
quantomeno “epurato” dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo ritroviamo
nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle dipendenze
dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un “Ispettorato
generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per la repressione della
delinquenza associata, e specificamente per la repressione del banditismo che
faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano, n.d.a.)” (questa
definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla
Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in
merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i
due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni
stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra,
dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per
festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e
ferendone molte altre.
“L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con
il capo della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso
Giuliano, con cui si incontrò nella casetta campestre di un sospetto
appartenente alla mafia, Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed
alla presenza di Gaspare Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote,
quest’ultimo cognato dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel
convegno si concluse con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al
luogotenente di essere dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe
adoperato presso il Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele,
onde Maria Lombardo madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà
provvisoria. E l’attività dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche
giorno prima che Giuliano fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne
o doveva a Giuliano pervenire una lettera con cui lo si metteva in guardia,
facendogli intendere che Gaspare Pisciotta era entrato nell’orbita del
Colonnello Luca (si tratta dell’ex generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra
il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di Giuliano in Sicilia”, già “uomo di
fiducia personale di Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea in “Storia
segreta della Sicilia”, Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano”.
Quanto a Messana leggiamo che “l’Ispettore Generale di
PS Messana negò ed insistette nel negare di avere avuto confidente il Ferreri
(Salvatore Ferreri, detto “fra Diavolo”, sarebbe stato infiltrato nella “banda”
di Giuliano per farlo catturare; Ferreri sembra essere stato tra gli
organizzatori degli attacchi contro i sindacalisti a Partinico del 1947; fu
ucciso dai Carabinieri pochi giorni dopo il massacro di Portella della
Ginestra), ma la negativa da lui opposta deve cadere di fronte all’affermazione
del capitano dei Carabinieri Giallombardo, il quale ripetette (sic) in
dibattimento che Ferreri fu ferito dai carabinieri presso Alcamo, ove avvenne
il conflitto in cui restarono uccise quattro persone; e, ferito, il Ferreri
stesso chiese di essere portato a Palermo, spiegando che era un agente segreto al
servizio dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col Messana”; Salvatore
Ferreri era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma definito come
pericoloso pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già condannato in
contumacia alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di
rapinare una vettura automobile”.
Verdiani morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso fece
in modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si dissolvesse sotto i
riflettori”.
Per approfondire la questione dei rapporti tra la
“banda” Giuliano, l’Ispettorato generale di Messana e Verdiani ed i servizi
segreti statunitensi ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di
personale che aveva operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al
citato studio di Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”.
Non crederete che l’abbia lasciata in pace. L’ho
costretta a offendermi e stizzita a chiudermi persino i canali di FB.
Diversamente da lei si è invece comportato quel gran signore e profondo
studioso del prof. Casarrubea. Come credo avete potuto legge qui da me.
Calogero Taverna
Martedì 9:31
La Nuova Alabarda
20 giugno •
.
APPUNTI SU ETTORE MESSANA.
Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale
Lillo Taverna, che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti
infamanti il dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe
ricostruendo una biografia.
In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note
su questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite,
basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione
archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa
persona.
Com’è noto, il 6/4/41 l’Italia fascista invase la
Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di Hitler, creando la “Provincia
italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di comando dei propri funzionari.
Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto il commissario Ettore Messana,
che resse l’incarico fino a giugno 1942, e successivamente fu a Trieste fino a
giugno 1943.
Il nome di Messana risulta nell’elenco dei
criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni
Unite per i crimini di guerra (United Nations War Crimes Commission). Il
rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed inviato dalla Commissione
statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia del rapporto originale in lingua
inglese si trova nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij,
škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base di documentazione che era
stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo” dell’Esercito italiano di
occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri; terrorismo sistematico;
torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di civili; detenzione di
civili in condizioni disumane; tentativo di denazionalizzare gli abitanti dei
territori occupati; violazione degli articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione
dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice militare jugoslavo del 1944”.
Nello specifico viene addebitata a Messana (in
concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale
militare di Lubiana dottor Macis) la costruzione di false prove che servirono a
condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale,
eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La
responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da
documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi conservati presso
l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che fanno riferimento ad
una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e
dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la direzione personale di Messana,
contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al
Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di
reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre
che furono condannati a pene minori.
Messana e gli altri furono anche accusati di
avere creato false prove nel corso di una indagine da loro condotta, in
conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate dopo la condanna
comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte
ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale indagine, come risulta da
altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice
Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e
militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita
delle indagini relative: Messana ricevette come riconoscimento per il suo
operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”.
Il 21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per
l’Epurazione di Roma inviò una nota al Prefetto di Trieste nella quale era
segnalato il nome di Ettore Messana. Il Prefetto richiese un’indagine alla
Polizia Civile del GMA (ricordiamo che all’epoca Trieste era amministrata da un
Governo Militare Alleato e la polizia era organizzata sul modello
anglosassone), il cui risultato è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e
firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale
Investigativa, dalla quale citiamo alcuni passaggi.
“Il Messana era preceduto da pessima fama per le sue
malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città
aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi
brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni
(…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose
contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire
profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati
in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro
la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli
si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui
aveva ricavato lauti profitti.
Durante la sua permanenza a Trieste, ove rimase
fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del famigerato e
tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe
Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia
politica degne di particolare rilievo.
Ma anche qui, così come a Lubiana, egli si volle
distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia,
che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati
politici (…)”. Questa relazione è conservata in Archivio di Stato di Trieste,
fondo Prefettura gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva già svolto
servizio in polizia sotto il passato regime fascista ed era stato internato in
Germania sotto l’accusato di favoreggiamento nei confronti di ebrei che
sarebbero stati da lui aiutati a scappare.
A fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che
Messana sia stato, se non condannato per quanto commesso sotto il fascismo,
quantomeno “epurato” dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo ritroviamo
nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle dipendenze
dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un “Ispettorato
generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per la repressione della
delinquenza associata, e specificamente per la repressione del banditismo che
faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano, n.d.a.)” (questa
definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla
Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in
merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i
due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni
stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra,
dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per
festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e
ferendone molte altre.
“L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con
il capo della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso
Giuliano, con cui si incontrò nella casetta campestre di un sospetto
appartenente alla mafia, Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed
alla presenza di Gaspare Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote,
quest’ultimo cognato dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel
convegno si concluse con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al
luogotenente di essere dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe
adoperato presso il Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele,
onde Maria Lombardo madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà
provvisoria. E l’attività dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche
giorno prima che Giuliano fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta
pervenne o doveva a Giuliano pervenire una lettera con cui lo si metteva in
guardia, facendogli intendere che Gaspare Pisciotta era entrato nell’orbita del
Colonnello Luca (si tratta dell’ex generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra
il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di Giuliano in Sicilia”, già “uomo di
fiducia personale di Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea in “Storia
segreta della Sicilia”, Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano”.
Quanto a Messana leggiamo che “l’Ispettore Generale di
PS Messana negò ed insistette nel negare di avere avuto confidente il Ferreri
(Salvatore Ferreri, detto “fra Diavolo”, sarebbe stato infiltrato nella “banda”
di Giuliano per farlo catturare; Ferreri sembra essere stato tra gli
organizzatori degli attacchi contro i sindacalisti a Partinico del 1947; fu
ucciso dai Carabinieri pochi giorni dopo il massacro di Portella della
Ginestra), ma la negativa da lui opposta deve cadere di fronte all’affermazione
del capitano dei Carabinieri Giallombardo, il quale ripetette (sic) in
dibattimento che Ferreri fu ferito dai carabinieri presso Alcamo, ove avvenne
il conflitto in cui restarono uccise quattro persone; e, ferito, il Ferreri
stesso chiese di essere portato a Palermo, spiegando che era un agente segreto
al servizio dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col Messana”;
Salvatore Ferreri era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma definito
come pericoloso pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già condannato
in contumacia alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di
rapinare una vettura automobile”.
Verdiani morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso fece
in modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si dissolvesse sotto i
riflettori”.
Per approfondire la questione dei rapporti tra la
“banda” Giuliano, l’Ispettorato generale di Messana e Verdiani ed i servizi
segreti statunitensi ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di
personale che aveva operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al
citato studio di Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”.
Lillo Taverna E’ la seconda volta che mi capita nella
mia ormai purtroppo lunga vita. La prima volta avvenne nel lontano ultimo quarto
degli anni Settanta. Tra il luglio e il settembre del 1974 fui inviato dalla
Banca d’Italia a giubilare la Bana Privata Finanziaria che tutti ancora si
ostinano a chiamare la banca di Sindona. Falso. La Privata, contro tutti e
contro tutto, invocando le dieci righe l’art. 64 della vecchia legge bancaria,
riuscii a giubilarla. Nonostante Andreotti Macchiarella il Banco di Roma tutta
la finanza meneghina e mettiamoci per contorno l’arcivescovo Marcinkus, l’orso
americano del mio Soldi Truccati. Ma Sindona era ancora in auge nonostante
profugo negli USA di Cosa Nostra. Scrisse e tutta la stampa pubblicò: “pare che
un certo Calogero Taverna le abbia chiarito le cose”. Si rivolgeva allo
scattoso Guido Carli. Il Baffi mi sbeffeggiò in un convivio aziendale quale un
quivis de polulo . Ora è la Cernigoi che fa il bis. Le avevo scritto:
6 giugno 18.17.40
Lei dovrebbe essere l'autrice di foglietti infamanti
il dottore Ettore Messana già ispettore generale di pubblica sicurezza. In
contatto con la nipote di tanto grande personaggio della storia di Italia ho
fatto e continuo a fare ricerche che la smentiscono in pieno Non so se reputa
di procedere ad una sorta di resipiscenza operosa. Sappia che la signora
Giovanna Messana non è persona da oppiare. Certo non ha avuto tempo per
inseguire e perseguire codesti sedicenti storici fabbricanti di calunnie nei
confronti del suo grande avo. Ma ora ha deciso.
Le avevo scritto molto riservatamente e a ben vedere
in termini molto educati, ad onta del mio caratteraccio. Ma la Cernigoi
sfacciatamente, in pubblico, dopo 14 giorni così osa irridermi (e
contraddirmi):
La Nuova Alabarda 20 giugno
APPUNTI SU ETTORE MESSANA.
Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale
Lillo Taverna, che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti
infamanti il dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe
ricostruendo una biografia.
In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note
su questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite,
basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione
archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa
persona.
Etc. etc.
Che ne penserebbe la Cernigoi di un preteso storico
che un domani prendesse l’insolente e infondato articolo di Melchiorre Gerbino
e lo adducesse come prova indubitabile della denigrabilità della Nostra,
procurando anche danni d’immagine sulla sua famiglia?
Non crederete che l’abbia lasciata in pace. L’ho
costretta a offendermi e stizzita a chiudermi persino i canali di FB.
Diversamente da lei si è invece comportato quel gran signore e profondo
studioso del prof. Casarrubea. Come credo avete potuto legge qui da me.
Calogero Taverna
Mi piace • Rispondi • 7 min
..
VOGLIAMO RADIOANCHIO E LA RAI SENZA BERLUSCHINI non
fatevi intimorire
Mi piace • Rispondi • 1 • 21 giugno alle ore 20.52
..
La Nuova Alabarda certo che no!
Mi piace • 22 giugno alle ore 8.34
..
Mercoledì 14:27
CIAO CARISSIMO ,SONO RIENTRATA QUESTA MATTINA ,STO
LEGGENDO QUANTO HAI SCRITTO SE NON DISTURBO TI CHIAMO DOPO COLAZIONE
Sono stato in biblioteca a cercare dati su tuo nonno.
Sono rientrato per il pranzo ed ora sono libero. Ben tornata
ti ho chioamato sul cell ora riprovo
bene
pochi secondi fa
MI SCRIVONO e reitero anonimamente qui quanto sotto, a
dimostrazione di quale calunniosa campagna di stampa e cinematografica è stato
vittima il gr.uff. comm. Dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’Ispettore
Generale di PS, dottore Ettore Messana da Racalmuto. Non credo che dopo
la gran mole di documenti e ricerche che con qualche merito credo di avere
acquisito e pubblicato possano più avere diritto di asilo tante calunniose
insinuazioni. Credo che il prof. Casarrubea me ne abbia dato atto. Non così la
Cernigoi, una testarda goriziana, che persiste nelle sue denigrazioni
dell’intemerato Messana. Credo che abbia voglia di subire querele penali e
soprattutto citazioni civili per risarcimento anni. Quanto al Lucarelli
non abbiamo avuto modo, né io né la famiglia di contattarlo. Si vedrà.
• * * *
CREDO CHE QUESTE NOTIZIE L'AVRAI GIA’ LETTE
La Resistenza antifascista in Slovenia e l'ispettore
Messana
casarrubea.wordpress.com
Accursio Miraglia
Ettore Messana, il braccio destro di Scelba ha un
ruolo nella strage di Portella della Ginestra ma anche nell'insabbiamento delle
indagini per la morte del sindacalista di Sciacca Accursio Miraglia. Questi
fatti sono stati oggetto di Blu notte di Lucarelli, per esempio http://www.youtube.com/watch?v=ipJgrLQLRDQ al minuto 9. Stranamente sono espressi
meglio nella voce di wikipedia in inglese che in quella italiana. "He also
claimed that police inspector Ettore Messana - supposed to coordinate the
prosecution of the bandits - had been in league with Giuliano and denounced
Scelba for allowing Messana to remain in office".
[Le valutazioni sono di parte e senza fonte.]
Ma te prego!
IL VIDEO è STAO
STATO ELIMINATO
BUONA GIORNATA.
YouTube
Pubblicato
da Calogero Taverna a 15:58 ...per mestiere spiego bene agli altri quello che per
me non comprendo.
Visualizzazione dei post in ordine di
pertinenza per la query ettore messana. Ordina
per data Mostra tutti
i post
Visualizzazione dei post in ordine di
pertinenza per la query ettore messana. Ordina
per data Mostra tutti
i post
mercoledì 20 agosto 2014
Incautamente sono andato ad imbarcaemi
in una didiatriba con il fratello dl Sindaco, il prof. Salvo Messana in materia
dei genealogia messaniana, appunto. Andando ad arare in campo non mio sto
venendo frustato varie volte dall'acuto ed intelligente Salvo che ha il
vantaggio di giovare in casa e quindi comprensibile se a suo dire
"sballo". Non credo di svelare segreti di Stato pubblicando il
serotino cimento di questo dì agostiano.-Chiudo rappresentando i miei veri ed
unici interessi culturali o storici se si preferisce, lasciasndo alla famiglia
Messana tutto il merito della intangibile salvaguardia delle loro complesse e
variegate agnazioni. (Calogero Taverna).
salve
se si trova a racalmuto
passi dal cimitero e visiti la tomba di
elettra messana
a proposito del giovane ettore suicida
Se non mi dai del tu non farò un
cazzo!!!. Tu sei quello dalla bella voce lirica, quello che ammazzava ogni anno
un porco per gozzovigliare e cantare gratis. tu sei quelo (o no?) che si era
scordato di pagare una marca da bollo e dovette rinviare ad ottobre la laurea.
(Mi hanno raccontato al Circolo Unione l'altra sera)- Ti si dà per un genio!!
ahahaha
ecce homo
ti manca la mantellina rossa e la canna
esatto
quindi lo si chiamó ettore in onore del
fratello del padre, altrimenti sarebbe stato l'ennesimo luigi
Don Luigino Messana (il Trupia di
Sciascia,) Ettore Messana n. 1888, Elettra Messana n. nel 1889 furono tre
cugini nipoti di Calogero Messana, il figlio medico dello speziale Luigi e il
nipote dell'esattore Luigi. [in effetti questa parte è errata n.d,r.] Abbiamo
visto che il padre di Ettore si chiamava Clemente e il padre di Elettra
Adriano. Ma non so come si chiamasse il padre di don Luigino in arte il barone
Trupia. Dimmi o ripetimi da figlio in padre la tua ascendenza caro Salvo. Salvo
Messana figlio di Calogero, nipote di Emilio che a sua volta era figlio di ?? e
nipote di ?? e pronipote di ???- E la recente defunta Dina Messana come risale
indietro?
é sballata la sua genealogia
calogero aromataro genera Luigi, biagio,
giuseppe, serafino, mariangela
luigi genera : Adriano, emilio,
clemente, adriano
ed ettore, morto suicida
emilio genera: luigi (trupia) e
francesca, detta ciccina
adriano genera elettra
clemente genera ettore, elena e un'altra
signorina di cui non ricordo il nome [qui chiamo l'amica Giovanna che in
materia , a proposito di queste tremende zie, non la batte nessuno. n.d.r.]
Non vedo dove sta lo sballo. Le donne a
me non interessano, salvo Elettra per una triade di ragioni (storiche).
Li hai posti come nipoti di calogero
Lo sono di luigi
E. N. Messana chiama
"speziale" quello che tu chiami aromatario.
Nei documenti passa per aromatario
Speziale lo fu il figlio serafino con la
laurea
Comunque tal calogero fu molto aiutato
dalla parte materna
Erano amato
"Don Calogero Messana era stato fatto speziale dal padre Luigi --- " E. N. Messana pag- 202. Ora siccome tra Luigi Calogero e Luigi II° etc. in effetti io mi perdo, essendo un estraneo alla famiglia e volendo tale restare, allora mi fermo al questore Messana che è l'unico che mi interessa per le mie ricerche e dico: Ettore Messana era figlio di Clemente Messana. Clemente Messana era figlio del medico Luigi Messana. Il medico Luigi Messana era figlio di Calogero Messana, speziale a dire di Eugenio Napoleone Messana. Lo speziale Calogero Messana era figlio di mastro Luigi Messana, pirriaturi, campieri e arrendatario che dir si voglia. E siamo a metà del '700. Indietro non vado. Qualche sbarramento lo trovo nelle mie carte dell'archivio parrocchiale della Matrice. Essendo puntiglioso ci riuscirò. Ma questa genealogia a me serve per dimostrare che l'Ispettore Generale di P-S. gr. uff. comm. dei santi Lazzaro e Maurizio può dichiararsi di consolidate radici racalmutesi anche se è nato in quel di Gela (che non so se a quel tempo si chiamasse Terranova).
lunedì 14 luglio 2014
Tutti a dire: Ettore Messana da Racalmuto. Questo ci onora e mi onora. E
Racalmuto ha il dovere di onorarlo. Ettore Messana in effetti diede lustro a Racalmuto.
Fu apicale nei ranghi ministeriali del Viminale. Per oltre 40 fu al servizio
dello Stato Italiano. Servì lo stato di diritto italiano sotto Vittorio
Emmanuele Orlando, sotto Nitti, e NECESSARIAMNTE sotto Benito Mussolini; quindi
sotto Parri, sotto Bonomi, sotto De Gasperi, sotto Scelba e penso infine sotto
Fanfani. I cangianti colori politici dei capi di Stato qualche volta lo
coinvolsero, spesso no, ma unicamente sotto il profilo personale: come
funzionario di stato ebbe solo il culto dello Stato, il suo compito era il
mantenimento dell'ordine pubblico, assicurare allo Stato di diritto la PUBBLICA
SICUIREZZA e ciò fece encomiabilmente, sempre., su posizioni di vertice e dal
'45 con la superna qualifica di ISPETTORE GENERALE, con tanti riconoscimenti,
apprezzamenti, onorificenze: nessuna condanna penale ebbe mai a sfiorarlo.
Eppure sotto processo ne mandò tanti
Tutti a dire: Ettore Messana da
Racalmuto. Questo ci onora e mi onora. E Racalmuto ha il dovere di onorarlo.
Ettore Messana in effetti diede lustro a Racalmuto. Fu apicale nei ranghi
ministeriali del Viminale. Per oltre 40 fu al servizio dello Stato Italiano.
Servì lo stato di diritto italiano sotto Vittorio Emmanuele Orlando,
sotto Nitti, e NECESSARIAMNTE sotto Benito Mussolini; quindi sotto Parri, sotto
Bonomi, sotto De Gasperi, sotto Scelba e penso infine sotto Fanfani. I
cangianti colori politici dei capi di Stato qualche volta lo coinvolsero,
spesso no, ma unicamente sotto il profilo personale: come funzionario di stato
ebbe solo il culto dello Stato, il suo compito era il mantenimento dell'ordine
pubblico, assicurare allo Stato di diritto la PUBBLICA SICUIREZZA e ciò fece
encomiabilmente, sempre., su posizioni di vertice e dal '45 con la superna
qualifica di ISPETTORE GENERALE, con tanti riconoscimenti, apprezzamenti,
onorificenze: nessuna condanna penale ebbe mai a sfiorarlo. Eppure sotto
processo ne mandò tanti
Invero non nacque a Racalmuto, né la mamma era di Racalmuto, ma per via del padre fu racalmutese puro sangue, e cioè del ramo dei Messana al vertice, quindi, della crestomazia racalmutese-
Il padre fu don Clemente Messana figlio di don Biagio Messana, patriota, letterato, poeta, commissario di PS a Bologna. avvocato liberale, destrorso, non proprio mazziniano.
Il bisnonno di Ettore Messana fu quel Calogero Messana di cui parla il nostro estroso Eugenio Napoleone Messana a pag. 202 della sua appassionata cronaca di Racalmuto. Trattasi delle "speziale Calogero Messana, [quello] della giunta dei moti del 1820 " che aveva sposato "donna Lucia Nalbone".
In quella Eldorado che era divenuta Racalmuto sotto i tanto dileggiati (a torto) Borboni i Messana e i Nalbone sono i nuovi, ma potenti, ricchi del paese; vale a dire emergere tra quei galantuomini che vanno pomposamente a sedersi al Circolo della Conversazione, divenuto poi paradigmatico per la penna del figlio di uno zolfataio quale fu il grande scrittore racalmutese Leonardo Sciascia.
Il nonno del questore Ettore Messana sposa due volte, come sotto comproviamo, la prima volta con una illustre palermitana e poi con donna Alfonsa Grillo. I Grillo erano davvero baroni, nobiltà vera ed effettiva, non raffazzonata non si sa come fece un certo prete campiere di una famiglia rampante a nome Tulumello.
Biagio Messana un po' avventuriero lo fu. Pare che amasse persino dilettarsi di pornografia. Il patrimonio cominciò ad illanguidirsi. Ma con il secondo matrimonio le sostanze di famiglia tornarono a ravvivarsi. Sennonché il figlio Clemente, il padre di Ettore, ci pensa lui a sperperare alla grande, persino - dicono - giocando a Palermo presso le bische nobili
dell'Hotel delle Palme,quello di Dell'Utri per intenderci.
Il figlio Ettore che era nato nell'88 a Gela deve rifarsi la sua vita: studia con impegno. Si laurea e quindi segue le vecchie orme del nonno: entra in PS. Raccomandazioni? non certo quelle che il Casarrubea e la Cernigoni s'inventano pur di coprirlo di ignominia. Un po' di massoneria era di casa tra i Messana e quella nell'era liberale era viatico indispensabile per far carriera. Peccato mortale? Casarrubea e Cernigoi non mi facciano ridere; pensino ai loro viatici ROSSI.
Invero non nacque a Racalmuto, né la mamma era di Racalmuto, ma per via del padre fu racalmutese puro sangue, e cioè del ramo dei Messana al vertice, quindi, della crestomazia racalmutese-
Il padre fu don Clemente Messana figlio di don Biagio Messana, patriota, letterato, poeta, commissario di PS a Bologna. avvocato liberale, destrorso, non proprio mazziniano.
Il bisnonno di Ettore Messana fu quel Calogero Messana di cui parla il nostro estroso Eugenio Napoleone Messana a pag. 202 della sua appassionata cronaca di Racalmuto. Trattasi delle "speziale Calogero Messana, [quello] della giunta dei moti del 1820 " che aveva sposato "donna Lucia Nalbone".
In quella Eldorado che era divenuta Racalmuto sotto i tanto dileggiati (a torto) Borboni i Messana e i Nalbone sono i nuovi, ma potenti, ricchi del paese; vale a dire emergere tra quei galantuomini che vanno pomposamente a sedersi al Circolo della Conversazione, divenuto poi paradigmatico per la penna del figlio di uno zolfataio quale fu il grande scrittore racalmutese Leonardo Sciascia.
Il nonno del questore Ettore Messana sposa due volte, come sotto comproviamo, la prima volta con una illustre palermitana e poi con donna Alfonsa Grillo. I Grillo erano davvero baroni, nobiltà vera ed effettiva, non raffazzonata non si sa come fece un certo prete campiere di una famiglia rampante a nome Tulumello.
Biagio Messana un po' avventuriero lo fu. Pare che amasse persino dilettarsi di pornografia. Il patrimonio cominciò ad illanguidirsi. Ma con il secondo matrimonio le sostanze di famiglia tornarono a ravvivarsi. Sennonché il figlio Clemente, il padre di Ettore, ci pensa lui a sperperare alla grande, persino - dicono - giocando a Palermo presso le bische nobili
dell'Hotel delle Palme,quello di Dell'Utri per intenderci.
Il figlio Ettore che era nato nell'88 a Gela deve rifarsi la sua vita: studia con impegno. Si laurea e quindi segue le vecchie orme del nonno: entra in PS. Raccomandazioni? non certo quelle che il Casarrubea e la Cernigoni s'inventano pur di coprirlo di ignominia. Un po' di massoneria era di casa tra i Messana e quella nell'era liberale era viatico indispensabile per far carriera. Peccato mortale? Casarrubea e Cernigoi non mi facciano ridere; pensino ai loro viatici ROSSI.