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La prima satira, indirizzata a Mecenate , è la famosa
formulazione del “ giusto mezzo ”: ciascuno dovrebbe vivere contento della
propria sorte senza invidiare l’altrui né lasciarsi vincere dall’avidità, che è
insaziabile .
È molto probabilmente l’ultima scritta (di questo primo libro) .
È molto probabilmente l’ultima scritta (di questo primo libro) .
La fortuna viene e va - dice Orazio . Che si è mai sulla
terra? Ogni cosa finisce con la morte, nell'Ade . Lì son destinati a finire
tutti, ricchi e poveri, perché la morte tutti livella . Nel...l'urna della
Morte si agitano tutti i nomi .
Non serve inebriarsi di sé, perché, se si dovesse cadere, la
caduta è più rovinosa .
Conviene vivere giorno per giorno, utilizzando al meglio il tempo, tra piaceri razionali e moderati .
Conviene vivere giorno per giorno, utilizzando al meglio il tempo, tra piaceri razionali e moderati .
Tutto va fatto con misura . Seguendo la via del "giusto
mezzo", si raggiunge la indispensabile tranquillità d'animo; e se si è
stati integri di vita e di costumi, nulla può far paura, nemmeno il lupo che si
incontra nella selva sabina
ORATIUS - Qui fit, Maecenas, ut nemo,quam sibi sortem
Com'è, o Mecenate, che nessuno vive contento della sorte che
la ragione gli ha dato o il caso gli ha gett...ato davanti, e tutti invece non
fanno che esaltare chi persegue una vita diversa? "Fortunati i
mercanti!" dice il soldato appesantito dagli anni, le membra ormai rotte
dalla lunga fatica. E il mercante, da parte sua, mentre gli Austri sballottano
la nave: "Meglio soldato, Che cos'è in fin dei conti? Ci si scontra: nel
volger di un'ora viene rapida la morte o la vittoria gioiosa". Fa l'elogio
del contadino l'esperto di diritto e di leggi, quando , sul cantar del gallo,
il cliente gli batte alla porta. L'altro invece, che, per aver presentato
malleverie, viene tratto a forza dalla campagna in città, va proclamando felice
soltanto chi vive in città. Gli altri casi di questo genere varrebbero - tanto
son numerosi. a sfinire una lingua come quella di Fabio.....
Maria Pia
Calapà Qui fit, Maecenas, ut nemo, quam sibi sortem seu ratio
dederit seu fors obiecerit, illa contentus vivat, laudet diversa sequentis
Lillo Taverna
........ ne te morer, audi,/ quo rem deducam. si quis deus 'en ego' dicat/ 'iam
faciam quod voltis: eris tu, qui modo miles,/ mercator; tu, consultus modo,
rusticus: hinc vos,/ vos hinc mutatis discedite partibus. eia,/ quid statis?'
nolint. atqui licet esse beatis./ quid causae est, merito quin illis Iuppiter
ambas/ iratus buccas inflet, neque se fore posthac/ tam facilem dicat, votis ut
praebeat aurem? -------------------------------------------(Per farla breve,
ascolta dove vado a parare. Se un dio dicesse: "Ecco io ora farò ciò che
volete: sarai mercante, tu che eri poc'anzi soldato, tu, prima giureconsulto,
sarai campagnolo. Voi da questa parte, e voi andare d questaltra, a ruoli
scambiati. Ehi, che fate lì implati?" non vorrebbero. Eppure è dato loro
di esserr felici. E allora, c'è ragione perché Giove giustamente irato, non
debba gonfiare tutte e due le guance e dire che d'ora in avanti non sarà più
tanto condiscendnte, da porgere orecchio alle preghiere?? ----- quamquam
ridentem dicere verum/ quid vetat ( per quanto, che cosa vieta di dire la
verità ridendo?)
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