Grazie Lillo. Il tuo sintetico e perforante dire mi trova,
ovvio, consenziente. Ma in un blog ove tutto deve essere CONTRA qualche scisto
di dissenso mi deve essere concesso. Se ci riferiamo agli ottomila e più nostri
compaesani di eccelso costume, di etica ammirevole, di laboriosità
irreprensibile è certo che non innamorato sono ma innamoratissimo. E’ sangue
del mio sangue, è sangue del tuo sangue. Figurarsi se non posso e debbo
stravedere per loro. Altrettanto valga per i 15 o 20 mila emigrati che hanno
potuto brillare in quelli che Forsthoff definisce “spazi vitali”, emigrati non
per bisogno o per spinta necessitante ma per esigenze cosmiche che sale e zolfo
come dire sapienza intelletto e ardimento da una parte e vivacità creativa e
valentia operativa e ingegno dirompente rendevano esiguo il suolo della nascita
e come gli antichi loro padri della Magna Grecia si sono sparsi per il mondo
per successi invidiati ed invidiabili. Se poi abbiamo attenzione per i milioni
di esseri umani che dai proto racalmutesi dell’epoca presicana – oltre otto
mila anni fa dicono li giarmaliddri
dell’obliato androne della grotta di Fra Diego – mano mano sino ad una o due
generazioni che ci precedono e che hanno
calpestato questo arcano suolo del cosiddetto omonimo altipiano,
diversificandosi in colore, statura, intelletto ed anche – perché no! – in follia,
un patrimonio genetico addotto cioè da innesti delle più disparate civiltà del
mondo, se – dicevamo – attenzioniamo questi nostri avi, il cordone ombelicale,
l’intimo DDA ci rende orgogliosi e fieri di essere RACALMUTESI.
Se però dobbiamo annettere nel nostro selettivo mondo di
racalmutesi anche quei cento o poco più soggetti che rinnegano nome e nobiltà,
saggezza antica e la civiltà dei padre, io lo dichiaro a voce alta: non li amo! Me ne adonto. Sono
peraltro anche vili che se hanno fregole - e ne hanno tante – calunniatrici,
denigratrici, ostili per l’invidia dei miseri si vanno a nascondere nel
vigliacco anonimato; e qualche pur diffuso blog accoglie i loro rigurgiti
miserabili non immessi nelle loro pere di giove, o nelle loro esplosioni di
inane pazzia o nei loro tentativi baudeleriani dispensando albatri insensi a
chi potrebbe insegnar loro a calcare sapientemente le polveri di questa terra
non potendo certo invitarli a volare con se, perché piume ed ali non hanno.
Beh! Di costoro francamente me ne fotto. Non ambisco ai loro
plausi o riconoscimenti, oltre al tedio mi infastidiscono come certe mosche buttate
furtivamente nel piatto di sciasciana memoria. Mi considerino anche supponente.
Sono peggio con loro; sono ricolmo di disprezzo.
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