Lettera aperta a Tano Savatteri:
paga il tuo fio,
collabora con me per il recupero di Pier Maria Rosso di San Secondo a
Caltanissetta, al teatro Regina Margherita di Racalmuto.
Se, quando deceduto, trovassero qualche mio scritto, celiante
la tua famiglia, cosa diresti?
Se lo facessi tu con me, mi incazzerei di brutto. Io inizierei con un prete squinternato da Sciascia, l’arrendatario don Savatteri e Brutto. E magari ci metterei la tua stazza fisica, richiamando qualche episodio di nonni maneschi. E ovviamente sarei lieve e quasi giocoso.
Tu, metteresti in berlina la mia statura non eccelsa. Ma noi siamo uomini d’onore, disdegniamo entrambi i fanciulli discoli di una evanescente Regalpetra e passeremmo oltre. Non così fece un certo Orio Vergani che a babbo morto , nel 1956 (Rosso di San Secondo o era morto o stava per morire nel novembre del 1956) si mise a scorticare vivo il letterariamente già defunto suo vecchio direttore Rosso. Tu, caro Tano, nel 2005, quasi mezzo secolo dopo gli vai dietro e risillabi: piccolo, olivastro, il colletto duro stretto attorno al pomo di Adamo … con certi astratti furori, sguardi straniti, dolori cupi, e una specie di nera solitudine: Aggettivi a iosa insomma. “Aveva conosciuto il dolore: un fratello morto suicida”. E non parli di Sciascia, ma di Rosso di San Secondo . Ancor oggi mi chiedo: chi scrisse per la tomba del diletto fratello quegli strazianti versi latini? Sciascia o la prof.ssa Andronico?
Se lo facessi tu con me, mi incazzerei di brutto. Io inizierei con un prete squinternato da Sciascia, l’arrendatario don Savatteri e Brutto. E magari ci metterei la tua stazza fisica, richiamando qualche episodio di nonni maneschi. E ovviamente sarei lieve e quasi giocoso.
Tu, metteresti in berlina la mia statura non eccelsa. Ma noi siamo uomini d’onore, disdegniamo entrambi i fanciulli discoli di una evanescente Regalpetra e passeremmo oltre. Non così fece un certo Orio Vergani che a babbo morto , nel 1956 (Rosso di San Secondo o era morto o stava per morire nel novembre del 1956) si mise a scorticare vivo il letterariamente già defunto suo vecchio direttore Rosso. Tu, caro Tano, nel 2005, quasi mezzo secolo dopo gli vai dietro e risillabi: piccolo, olivastro, il colletto duro stretto attorno al pomo di Adamo … con certi astratti furori, sguardi straniti, dolori cupi, e una specie di nera solitudine: Aggettivi a iosa insomma. “Aveva conosciuto il dolore: un fratello morto suicida”. E non parli di Sciascia, ma di Rosso di San Secondo . Ancor oggi mi chiedo: chi scrisse per la tomba del diletto fratello quegli strazianti versi latini? Sciascia o la prof.ssa Andronico?
Ma noi non facciamo
erudizione, vero Tano?
Ma emendiamoci. Quanto a Rosso di San Secondo io vetero
comunista mi porto dentro l’infamia rossa di un seppellimento di un grande genio
siciliano sol perché fu un grande fascistone. Ma sempre genio resta, ad onta
dell’estetica desunta da Gramsci ad onta del realismo lukacsiano, ma tu caro Tano
pecchi in prima persona. Redimiamoci. Portiamo nel teatrino (che ormai così
angusto niente altro è) col suo desueto nome monarchico “Regina Margherita” (così
vollero i racalmutesi) la rivisitazione di tanto grandissimo autore. Facciamo
un’operazione culturale. Facciamo recitare a qualche giovane promessa del
teatro, con ascendenze racalmutesi, passi sparsi della enorme produzione
teatrale del Nisseno; costruiamo una sorta di antologia sulla gracilità
dell’esser donna secondo Pier Maria nella Sicilia dell’inizio del secolo
scorso. Penso ad eroine strambe, vaghe,
ingenue e peccatrici quali ad esempio la LOTTE del Segno Verde. Ho conosciuto
ieri una catanese produttrice cinematografica e teatrale NELLA CONDORELLI che
per pochi denari ben si presterebbe a iniziative del genere. A Catania c’e quel
nume nascente che ti voleva fare questa estate Podestà di Racalmuto in taluni
suoi spunti sul Foglio. Fascista lui, fascista Rosso di San Secondo … io non ho
prevenzioni. Un teatrino come quello di Racalmuto a questo è deputato .. ad
operazioni culturali senza ritorno economico. E’ il suo vanto, è il mio
orgoglio.
Una attrice che scende piumata tra suoni e proiezioni
allucinate, ricche di cromatiche sublimità quali ad esempio il mio amico Agato
Bruno saprebbe ben dipingere, sepreché il nostro grande Nicolò Rizzo non voglia
collaborare, e adeguatamente inquadrata da una scena estrapolata dal testo e
magari recitata da una filodrammatica quale io ravvis in quella diretta da
Turiddu Bellavia di Grotte , avrebbe l’estro di diffondere ambigue domande
quali “Chi mi cullava? Faceva il lago dondolare il battello? O c’era altro?" come
dire la gioia dell’amore. Il dolore della vita.
Racalmuto fa riscoprire Pier Maria Rosso di San Secondo,
emulo di Pirandello, grande “nella sua
linea fantastica” … che si proietta e ci proietta “ nell’avventura colorata,
nella dimensione onirico-metafisica, quella del delirio, quella del mito”
echeggando lo scritto incisivo e sagace di Andrea Bisicchia. Altro che Orio
Vergani e, permettimi, altro che il SICILIANO ad uso di Gaetano Savatteri.
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