venerdì 8 marzo 2013

Lettera ad un amico già prete, ora predicatore dell'infelicità


Due mondi contrapposti eppure identici nel loro opposto: quello tuo, Vittorio e e quello di Zarathustra: due super-uomini con voglia di redimerci. Noi umani già vissuti, o loro vergini fanciulle ancora catecumeni dell’amore. Perché ci volete dannare o salvare? Zarathustra che dalla sua “bellezza” vuol far male a coloro cui fa bene; e tu che dal tuo vortice inquieto  vuoi far bene a coloro che ti sono estranei.

E create un linguaggio esoterico, irreale, poetico l’uno; stridulo l’altro. Le parole sono pietre – sia pure di diversa levigatura. Al mio cuore ormai arido per ottant’anni di perenne incessante dover battere poco entrambi potete dire; al mio intelletto, il luccichio del vostro acuto e folle ingegno diverte, desta ironica curiosità. Deja vu.  

 

 

IL CANTO NOTTURNO

ALSO SPEACH ZARATHUSTRA

 

E’ notte e tutte le fontane che zampillano parlano più forte. Anche la mia anima è ora una zampillante fontana.

E’ notte: soltanto ora si risvegliano le canzoni degli innamorati. Anche la mia anima è il canto di uno che ama.

C’è in me qualcosa di inappagato, di inappagabile; esso vuole aver voce. C’è in me un desiderio d’amore che parla il linguaggio stesso dell’amore.

Io sono luce : ahimé, vorrei esser notte! Ma questa è la mia solitudine: che io son circondato dalla notte come una cintura.

Ah, se potessi essere oscuro e notturno! Come vorrei succhiare alle mammelle della luce!

Eppoi vorrei benedire anche voi, piccole stelle scintillanti, voi lucciole lassù! Sentirmi beato per i vostri doni-di-luce.

Ma io vivo nella stessa mia luce, io ribevo entro me stesso le fiamme che da me erompono.

Io non conosco la felicità di colui che prende: e spesso faccio un sogno , che cioè il rubare debba dare anche maggiore felicità che il ricevere.

Questa è la mia povertà. Che la mia mano non si riposa mai nel donare, questa è la mia invidia, che io vedo occhi che aspettano  e notti illuminate dalla nostalgia.

Oh, infelicità di tutti coloro che donano! Oscuramento del mio sole! Desiderio di brama! Fame ardente della sazietà!

Essi prendono da me: ma tocco io ancora la loro anima? Fra il donare e il pretendere c’è un fosso e il fosso più piccolo è quello che bisogna varcare per ultimo.

Dalla mia bellezza nasce una fame: vorrei far male a coloro cui faccio bene, derubare coloro cui ho  donato : tanto ho fame di malvagità.

 

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