GIOVANNI I DEL CARRETTO
Nato nella
seconda metà del Trecento, muore attorno al 1420: eredita dal padre la baronia
di Racalmuto quando ancora irrisolti erano certi inceppi giuridici che la corte
frapponeva, e riesce a definirli. Con lui non vi sono più dubbi che Racalmuto
fosse divenuto feudo dei del Carretto: manca però un tassello; non è certo se
spetti a questi trapiantati liguri il sovrano diritto del mero e misto imperio.
La questione si riproporrà a fine ’500. Apparentemente risolta a favore dei del
Carretto, saranno preti irriducibili quale il Figliola e l’arciprete Campanella
che la revocheranno in dubbio nella seconda metà del Settecento e l’avranno
vinta, forse perché allora spirava l’aria illuminista del viceré Caracciolo.
Nel
processo d’investitura del successore di Giovanni, Federico del Carretto,
abbiamo vaghi dati biografici su questo secondo barone di Racalmuto. Vi si
legge tra l’altro:
magnificus dominus Mattheus di lu Garrettu fuit et erat verus dominus et
baro dictorum casalis et castri Rayalmuti percipiendo fructus reditus et
proventus pacifice et quiete et de hoc
fuit et est vox notoria et fama publica et ..
dictus quondam magnificus dominus
Mattheus de Garrecto et quondam magnifica domina Alionora fuerunt et
erant ligitimi maritus et uxor ex quibus iugalibus natus et procreatus fuit
magnificus quondam dominus Joannis de Garrecto qui subcessit in dicto casali et
castro Rayalmuti tamquam filius legitimus et naturalis percipiendo fructus
reditus et proventus usque ad eius mortem et de hoc fuit vox notoria et fama
publica et ..
ex dicto magnifico domino Johanne et magnifica domina Elsa jugalibus natus
et procreatus fuit dominus magnificus dominus Federicus de Garrecto ad presens
baro dictae baronie Rayalmuti et qui tamquam filius legitimus et naturalis
subcessit in baronia predicta percipiendo fructus reditus et proventus et de
hoc fuit et est vox notoria et fama publica
etc. ..
Giovanni
del Carretto nasce dunque da Matteo ed Eleonora del Carretto; da una certa Elsa
procrea quello che sarà il suo erede nella baronia, Federico del Carretto.
Fu un
legittimo matrimonio? La formula del processo non lascia adito a dubbi (filius
legitimus et naturalis) ma un vallo di tempo troppo lungo (dalla presunta morte
di Giovanni I, attorno al 1420, sino alla data del processo d’investitura di
Federico caduta nel 1452 passano ben 32 anni) induce a dubitare, specie se si
dà credito allo Bresc che vuole la nostra baronia passata di mano agli Isfar,
sia pure per una inverosimile dissipazione dei beni da un Giovanni I del
Carretto, inopinatamente divenuto sperperatore - secondo lo stesso Bresc -
delle proprie fortune.
Dagli
archivi di Stato di Palermo emerge il ruolo di Giovanni I del Carretto nella
gestione della baronia racalmutese: in data 17 agosto 1401 giungeva una
lettera da Catania per la sistemazione
delle pendenze fiscali.
Martino
segnalava che era stata fatta un’inchiesta tributaria relativa ai riveli ed
alle decime per il tramite di Mariano de Benedictis. Questa la situazione del
giovane barone di Racalmuto: v’era la
successione della baronia da Matteo al medesimo Giovanni I; al contempo si
erano accumulate due annualità scadute, quella relativa alla settima indizione
(1399) e l’altra riguardante l’ottava (1400), nonché quella in corso (1401); ne
conseguiva un carico di 40 once d’oro. Il diploma che ha il sapore di una
quietanza attesta che la posizione era stata sistemata come segue: 30 once in contanti e dieci a
compensazione di un mutuo a suo tempo
approntato da Matteo del Carretto alla curia regale.
Nella
«Storia di Sicilia» vol. III, Napoli 1980, pag. 503-543 Henri Bresc scrive (sia
pure in una traduzione dal francese rinnegata) : «Il basso costo della terra - che si segue sulla curva dei prezzi medi
dei feudi venduti dalla nobiltà - obbliga ad un indebitamento sempre più
pesante ed ad una gestione molto rigorosa del patrimonio residuo. E ci si avvia
all’intervento della monarchia e della classe feudale nell’amministrazione dei
domini fondiari e delle signorie: Giovanni del Carretto è così privato nel 1422
della sua baronia di Racalmuto, affidata in curatela a suo genero Gispert
Isfar, già padrone di Siculiana». Non viene però citata la fonte, per cui
la notizia va presa con le molle.
Nella nuova
opera, invece, “Un monde etc” altrove citata, vi è qualcosa in più: viene
precisata la fonte. Racalmuto viene menzionato, in quell’opera in francese del
Bresc, a pag: 64; 798; 803; 880; 893. La
sua baronia a pag: 417 e 872. L’argomento che qui interessa è trattato a pag.
880. La parte narrativa non mi pare fraintesa dal traduttore del 1980. In francese, recita: «La
baisse du prix de la terre - que l’on suit sur la courbe des prix moyens des
fief vendus par la noblesse - oblige à un endettement toujours plus grave et à
une gestion très rigoureuse du patrimoine résiduel. Et l’on s’achemine vers
l’intervention de la monarchie et de la classe féodale dans l’administration
des domaines fonciers et des seigneuries: Giovanni del Carretto est ainsi
dépouillé en 1422 de sa baronnie de Racalmuto, confiée en curatelle à son
gendre Gispert d’Isfar, déjà maître de Siculiana.» E qui la nota che non
trovasi nel testo del 1980: «ACA Canc.
2808, f. 54: le bon baron vivait joyeusement, et mangeait son blé en herbe, ce
qui passe, aux yeux de l’avide catalan, pour “simplicitat ... fora de
enteniment rahonable”». ([1])
Sarebbe da
rintracciare il foglio 54 (in calce citato) al fine di ben ricostruire questa
vicenda della curatela della baronia di Racalmuto affidata a Gispert d’Isfar.
Una
quadratura del cerchio noi la tentiamo pur sapendo che è molto sdrucciolevole:
forse attorno al 1420 Giovanni I del Carretto cessò di vivere lasciando
piuttosto imberbe il suo primogenito Federico. Gispert Isfar, l’intraprendente
genero brigò facendo apparir miseria là dove non c’era per sottrarre l’eredità
e la successione baronale di Racalmuto alle pesanti tassazioni spagnole (donde
gli incerti diplomi appena abbozzati dal Bresc). Resta anche saliente il fatto
che il caricatoio di Siculiana, antico retaggio dei del Carretto, passa di mano
e finisce in preda degli Isfar (una dote della figlia di Giovanni del Carretto
o un’usurpazione avallata da Barcellona?).
FEDERICO DEL CARRETTO
Singolare
quel nome che come quello di Ercole figura una sola volta nella genealogia dei
baroni del Carretto di Racalmuto. Di personaggi chiamati Federico del Carretto,
abbondano le cronache agrigentine, ma trattasi di figure dei vari rami cadetti.
Non
possiamo dubitare che quello che ci riguarda sia il figlio legittimo e naturale
di Giovanni I del Carretto. Con Federico si iniziano i processi palermitani
dell’investitura del titolo feudale di Racalmuto e lì - in diplomi a ridosso
degli eventi - la sequenza genealogica è inequivocabile (come abbiamo visto dai
passi in latino sopra riferiti).
“Filius
legitimus et naturalis” di Elsa e Giovanni I del Carretto è, invero, dichiarato
codesto Federico ma non si accenna neppure larvatamente al requisito
(indispensabile nel diritto feudale dell’epoca) della primogenitura. Giovan
Luca Barberi - quanto pignolo, Dio solo sa - non ha però dubbi ed avalla
l’investitura nei seguenti termini:
«E
morto Giovanni, successe Federico del Carretto, suo figlio primogenito,
legittimo e naturale, il quale Federico ottenne dal condam Simone arcivescovo
palermitano l’investitura della detta terra per sé ed i suoi eredi sotto
vincolo del consueto servizio militare e con riserva dei diritti della regia
curia e delle costituzioni del signor Re Giacomo e degli altri predecessori
regali, edite sui beni demaniali, come risulta nel libro grande dell’anno 1453
nelle carte 565. » ([2])
Nel 1410 la
Sicilia visse la svolta del vuoto di potere determinatosi per il decesso senza
eredi legittimi dei due Martino e subì i traumi dell’interstizio determinato
dalla contrastata reggenza della regina Bianca. Con il 1416 si apre la lunga
gestione di Alfonso d’Aragona che dura ben 42 anni. Ed è verso la fine del
regno alfonsino che Federico del Carretto s’induce a sborsare i quattrini per
avere il riconoscimento della baronia di Racalmuto. Alfonso d’Aragona gli
accorda quella investitura ma a queste condizioni:
n presti il
cosiddetto servizio militare e cioè corrisponda 20 once ogni anno;
n renda
l’omaggio nelle forme solenni del tempo;
n restino
salvi i diritti di legnatico dei cittadini racalmutesi;
n e del pari
restino riservate alla Corona le
miniere, le saline, le foreste e le antiche difese;
n resti
salvaguardata la libertà di pascolo nel casale e nell’annesso feudo per gli
equipaggiamenti regi.
Per il
resto possesso assoluto sino al mare.
Una cosa è
certa; Federico del Carretto era saldamente insediato nella baronia di
Racalmuto ben prima che avesse l'investitura da Alfonso d'Aragona l'11 febbraio
1453. Reperibile presso l'archivio di Stato di Palermo il contratto che lo vedeva
associato nel 1451 con Mariano Agliata per uno scambio di grano delle annate
del 1449 e 1450 contro quello di Girardo Lomellino consegnabile a luglio. Il Bresc [op. cit. pag. 884] commenta: «ce qui permet une
fructueuse spéculation de soudure». In termini moderni si parlerebbe di
outright in grano. La domiciliazione
sarebbe stata pattuita presso il "caricatore" di Siculiana. ([3])
Sempre il
Bresc fornisce un'altra interessante notizia: secondo quello che appare nella
tavola n.° 200 di pag. 893, Federico del Carretto sarebbe stato coinvolto in
una rivolta antifeudale estesasi anche a Racalmuto. Questa volta la fonte
citata è un libro: «Luigi Genuardi, Il Comune nel Medio Evo in Sicilia, Palermo,
1921».
[1] ) Per ACA
Canc. s’intende: “Archivio de la Corona de Aragòn, Barcellona - Cancileria. Il fondo 2808 riguarda: Comune Siciliae, n.° 2801 à 2880 (1416-1458) op. cit. pag. 29.
[2]) vedi anche ARCHIVIO DI
STATO DI PALERMO - PROTONOTARO REGNO - SERIE INVESTITURE : N. 1482 - PROC. 21 - ANNO 1452.
[3] ) Fonte citata: ASP ND G.Comito; 18.1.1451,
cioè Archivio di Stato di Palermo - Notai Defunti - Giacomo Comito (1427-1460)
- n.° 843 a 850
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