Chi davvero fosse
Pietro d’Asaro, se un pittore, o un appaltante o un banchiere camuffato da
chierico, non si sa. Se in un primo tempo, Sciascia lo voleva famiglio del
Sant’Ufficio, dopo lo scrittore si ricredette e lasciò padre Alessi
nell’imbarazzo della scelta, scrivendogli che degli antichi ricordi gli era
rimasto un segno tanto sbiadito da non ricordare, tutto sommato, più nulla.
Certo, Pietro d’Asaro un gruzzoletto se l’era fatto, ed anche se proveniente da
famiglia non poverissima (è dubbio se fosse di antica origine racalmutese) un
bel salto nella scala dei valori sociali il pittore, cieco di un occhio,
l’aveva bellamente compiuto. Ecco un suo “rivelo”:
389 - Rivelo che il
Cl. Don Pietro d'Asaro, clerico coniugato di questa terra di Racalmuto presenta
con giuramento nell'officio del signor D. Giacomo Agliata capitano d'arme del
Regno nella nuova numerazione delle anime, e facultà in virtù di bando d'ordine
di d. sig. cap.no d'arme in detta terra a 25 novembre Va ind. 1636 [cfr. Maria
Pia Demma: Percorso biografico ed artistico, in Pietro d'Asaro «il Monocolo di
Racalmuto» - Racalmuto 1985, p. 23 e pag 30 - "Archivio di Stato di
Palermo - Tribunale del Real Patrimonio, Riveli del Comune di Racalmuto, anno
1637, vol. 607, f. 389 r.]
Anime
m Cl. d. Pietro
d'Asaro c. di casa d'anni cinquantasette
o Vincenza moglie
m. Michel Angilo
d'anni dodici
m. Gio:battista d'anni
quattordici
o. Rosalea
o. Dorothea
o. Ninfa figli
o. Gioanna madre
m. e. Giuseppe di
Beneditto d'anni diecidotto discepolo
m. Angilo Lo Sardo
garzone d'anni dodici
o. Caterina e
o. Natala zitelle
Beni stabili
Una casa in otto corpi
solerati e terrani in questa terra, quartieri di S. Giuliano confinante con la
Casa di Pietro di Giuliana e via publica dove habita, quale un anno per l'altro
franca di conti si potria locare onze quattro che à 7 per 100 il capitale di
cinquantasette e quattro........................ 57. 4
Una casa terrana in un
corpo di detta terra, quartieri
predetto,confinante con la casa di Pietro di Giuliana e via pubblica, quale un
anno per l'altro franca di conti l'hà
soluto e suole locare tarì quindici che à 7 per cento. il capitale onze 7 e tarì
quattro............................................. 7. 4
Altra casa terrana in
tre corpi in detto quartieri confinante con la casa di Giovanni Lo Sardo quale
un anno per l'altro franca di conti l'ha soluto e suole locare onza una e tarì
12 che à 7 per 100 il capitale onze 21 e
tarì 12 ..........................21.12
Una vigna di cinque
migliara nella contrada del Serrone territorio di questa predetta terra
confinante con la vigna di Giacomo Xibetta e vigna di Francesco di Laurenzo,
della quale un anno per l'altro ricava botti quattro di musto che ragionato ad
onze 2.18. la botte importa onze diece e tarì dodici delli quali deduttine onze
sette per tutti conti a ragione di onze 1.12. per migliaro restano onze tre e
tarì dodici che à 7 per cento. il capitale onze quarantotto e tarì sei
.....................................48.6
[390]
Terra lavorativa salme
due con migliara sei di pianta infruttifera dentro nella contrata della
Montagna territorio predetto confinante con la Chiusa di Stefano d'Agrò, e
chiusa di Giuseppe Casuccio quale ragionata ad onze 2.20. la salma importa onze
cinque e tarì diece che à 7 per 100 il
capitale settantasei e tarì
cinque..............................................76.5
e più terra lavorativa
salma una nella contrada di Garamoli territorio predetto confinante con la
terra di Salvatore d'Acquista e con la Chiusa di Giuseppe Ferraro, quale
ragionata come sopra importa onze due etarì venti che à sette per cento il
capitale onze trentotto e tarì due ........................38.2
Rendite
Dà Mario Morreale di
questa predetta terra onze tre e tarì quindici iure sub.nis s.a una sua vigna e
chiusa nella contrata di la fico territorio di detta terra che à 10 per 100 il
capitale onze trentacinque .........................................35.
Dalle infradette
persone di d.a terra onze due e tarì quindici sopra l'infrascritti loro beni in
detta terra e suo territorio iure subiug.nis cioè onze 1.2 da Francesco la
Matina sopra una sua vigna e chiusa et
tt. 28 da Maria Macaluso rel. del q.m Vincenzo sopra una sua chiusa e tt. 15 dà
Pietro Sferlazza Marramao, su una sua vigna che à 10 per 100 il capitale onze
venticinque................................................25.
--------------
onze [/'] 308.3
====================
Beni mobili
Prezzo di detta pianta
infuttifera importa onze trenta ...30
Una giumenta di sella
di pelo baio di prezzo onze 8 ...... 8
frumento seminativo
dentro la suddetta prima chiusa
tt.na [tummina] dudici
che ragionata ad onze 4.26 la
salma importa onze tre
e tarì venti........................3.20
--------
41.20
=========
Gravezze stabili
Paga ogni anno s.a
tutti li suoi suddetti beni onze sei e tarì sei iure prop.tis all'Ill.mo conte
di detta terra che à 7 per cento il capitale onze ottantasette e tarì due
...................87.2
e più paga sopra detti
beni iure subiug.nis cioè onze 1.18 alla Cappella della SS.ma Nunziata tt.24
alla Cappella del SS.mo Sacramento e tt. 18 alla Compagnia del Suffraggio che a
10 per 100
[391]
il capitale importa
onze trenta.........................30.
-------
onze 117.2
===============
Gravezze mobili
Deve onze ducento a
Leonora d'Asaro di detta terra re: dal q.m Bartholo d'Asaro per causa et
compenso delle sue doti assegnatele per testamento di d.o q.m Bartholo in
notaio Simone d'Arnone di detta terra di
onze....................................200
===============
Ristretto
Maschi d'età 1
d'altri 4
femine 7
_____
anime 12
======
Giumente di S. .....1
Beni stabili
.........308.03
Beni mobili...........
41.20
----------- 349.23
gravezze
stabili......117.2.
gravezze
mobili.......200
----------- 317.2.
----------
liq. onze 32.21.
===========
(Trombino)
Terra Racalmuti die 14
dicembris V ind. 1636
Le chiese di Racalmuto
nella ricognizione dei visitatori regi.
Sulle visite del De
Ciocchis attorno agli anni Trenta del 'Settecento v'è ampia letteratura.
Mi diffondo
sull’argomento perché indottovi da alcuni documenti trovati presso l’Archivio
Centrale dello Stato di Roma sui poteri inquisitori della Monarchia della
Sicilia sullo stato delle chiese. Basilare, in ordine al diritto ecclesiastico
di Sicilia, appare la visita di Mons. De Ciocchis che si svolse tra il 4 maggio 1741 (data iniziale dell’incarico
ricevuto da Carlo III a Portici) e il 27 giugno 1743. Il De Ciocchis fu un
visitatore molto diligente, sino forse alla pignoleria. Le risultanze di quella
visita devono trovarsi a Palermo, ma non posso escludere che in gran parte
siano finite a Napoli, presso la corte borbonica. Molti suoi provvedimenti saranno
stati raccolti in processi lasciati presso le varie curie vescovile. Mi pare
che il prof. Manduca abbia trovato qualcosa ad Agrigento, tra i documenti
dell’Archivio Vescovile. Ma è certo che, data l’importanza delle varie
disposizioni del De Ciocchis - considerate valide sino all’unità d’Italia -, si
è proceduto nel 1836 alla pubblicazione in due volumi del materiale di quel
visitatore regio. Nel primo volume dedicato alla Valle di Mazara, alle pagine
pp. 235-372, si parla della diocesi di Agrigento. Là, di certo, v’è molto materiale sulle
chiese di Racalmuto. Per le tue ricerche vi possono essere spunti preziosi.
L’opera s’intitola: DE CIOCCHIS,
GIOVANNI ANGELO: SACRAE REGIAE VISITATIONIS PER SICILIAM ACTA DECRETAQUE OMNIA, Palermo 1836, Diari
Letterarii .
L’opera è praticamente
introvabile fuori della Sicilia. Riscontro in una pubblicazione specializzata
“CLIO” che una copia trovasi presso la Biblioteca Universitaria di Messina. Ma
qualche copia deve pure essere disponibile in Palermo. Guarda, dunque, un po'
se puoi procurarti le fotocopie almeno delle pagine che riguardano Racalmuto.
Per le vicende di
Santa Rosalia, andrebbero consultate le visite dei predecessori del De
Ciocchis. Secondo quel che ne leggo in un importante libro del 1846 (GALLO AVV.
ANDREA CODICE ECCLESIASTICO SICOLO -
PALERMO DALLA STAMPERIA CARINI - 1846 VOL. 1 E 2 - ) essi sarebbero:
- Pietro Pujades
«Si elegge un
visitatore di tutte le Chiese di Sicilia, al quale si conferisce la potestà di
far decreti relativi al culto divino.
L'imperatore Carlo V
re di Sicilia - A Pietro Pujades Ab. del Monistero di Noara dell'Ordine di S.
Bernardo. Bruxelles 22 dicembre V Ind.
1516 apud Di Chiara de regio Sacram. Visit. per Sicil. jure; Mantis. monument.
num. III, pag. 5».
- D. Nicolò Daneo
«Si elegge altro
Visitatore di tutte le chiese regie di Val di Mazara e di Valdemone, con gli
incarichi come sopra. M. Antonio Colonna Vicerè di Sicilia.
Nel nome del re al rev. D. Nicolò Daneo ab. di s. Maria di
Terrana, Palermo 19 maggio VII ind. 1579 apud cit. Di Chiara n. VI pag. 10
(pag. 135)
DIPLOMA CCXXI
... vi eligemo,
deputamo, e nominamo visitatore, e commissario generale delle Prelazie,
Abbatie, Commende, Priorati, ed altri beneficii del jus patronato regio, i
quali siano fondati nelle Valli di Mazzara, e Demini, et anche etc. .. e delli
loro membri, pertinentie, grancie, acciocché abbiate a provvedere ...
Datum
Panormi die 19 Maii 7 ind. 1579»
- D. Lupo del Campo
«Si nomina un
visitatore delle chiese di regio patronato, per la reintegrazione dei beni
usurpati ed alienati in danno di dette chiese, al quale si conferiscono pieni
poteri.
Filippo II re di
Sicilia.
A Lupo del Campo.
Madrid 24 febbraio 1588. apud. Cit. Di
Chiara n. VII pag. 12.
DIPLOMA CCXXII
... tibi dicto Doctori
D. Lupo del Campo commictimus, praecipimus, et mandamus etc. ....
Datum Matriti die 24
mensis februarii anno a nativitate Domini 1588 - YO EL REY».
Ma stando agli studi
di Virgilio Titone (Origini della Questione Meridionale - Riveli e Platee del
Regno di Sicilia - Milano 1961, pag. 56) abbiamo un elenco completo di codesti
Visitatori Regii (ad eccezione invero di d. Lupo del Campo di cui sopra, anno
1588).
Il Titone a pag. 56
dice sul Puyades: «Le sacre visitazioni di cui abbiamo memoria, hanno inizio
quasi nello stesso tempo dei riveli. La prima sembra essere stata quella di
Pietro Puyades, abate di Nohara, negli anni 1511, 1514, 1516, e parecchie se ne
ebbero nel corso di quel secolo.. Ma dal 1580 al 1743 se ne ricordano solo due,
l’una fatta nel 1603, l’altra iniziata, ma non compiuta, nel 1683.»
Il Titone ci indica
anche dove si trovano gli atti a Palermo.
Aggiungo, da parte mia, solo che
ho riscontrato nella “GUIDA GENERALE DEGLI ARCHIVI DI STATO ITALIANO” 1986 - N
- R nella parte riguardante Palermo a pag. 303 la seguente voce che ci conduce
agli atti di quelle visite: CONSERVATORIA di REGISTRO. Al suo interno, trovo:
<VISITE ECCLESIASTICHE>. Queste ultime contengono sicuramente i documenti
del Vento (1542, n. 1305-07); dell’Arnedo, anno 1552, nn.° 1308-10; del Manriquez, anno 1576, n.° 1314-17;
dell’Afflitto, anno 1579, nn.° 1310 e 1319; del Daneo, anno 1579, nn.° 2015-16;
del Pozzo, anno 1580, nn.° 1326-29; dello Iordio, anno 1603, nn.° 1330-34; di
Fortezza e Manriquez, anno 1683, nn.° 1337-39.
Il Titone non dà
estremi d’archivio per il Puyades perché la sua visita è antecedente alla
raccolta di Palermo che come si è visto parte dal 1542.
Per il De Ciocchis, il
Titone - non so perché - si limita a
citare soltanto il libro del 1836 (quello per me introvabile qui a Roma).
b) la possibilità di
reperire alcuni documenti su Diego La Matina
La vicenda di fra
Diego La Matina sta diventando una mia ossessione; reputo la questione molto
falsata da Leonardo Sciascia nel suo libro “Morte dell’Inquisitore” per
preconcetto anticlericalismo.
Sciascia scrive:
«Volentieri ci daremmo al diavolo con una polisa, se in cambio potessimo avere
quel libro che fra Diego scrisse ”di sua mano con molti spropositi ereticali,
ma senza discorso e pieno di mille ignoranze...”». (pag. 219 dell’edizione
Laterza 1982)
Quel libro - semmai fu
scritto - difficilmente si troverà. Bruciato da Caracciolo, forse, nel rogo del
27 giugno 1782 ([1])
Forse qualche accenno
alle eresie - se mai queste vi siano state - poteva trovarsi in un manoscritto
del Consultore del Santo Officio, il Matranga, tanto citato e tanto bistrattato
da Leonardo Sciascia. Consultando il Mongitore della “Biblioteca Sicola”, la
mia attenzione si è soffermata su questo passo: «Pre parata reliquit haec
opera, quae in Bibliotheca S. Joseph Panormi servantur, nempè: «Fidei
Acropagum, in quo propositiones innumerae quas ferrea nostra aetas, aut
temerè vomit, aut callidè evulgandas protulit, subtilissime examinantur, et nota theologica incrementur;
plurimaeque reorum causae ad Tribunal S.
Inquisitionis spectantes referentur; Criminum qualitas, et circumstantiae
expendentur, deque iis judicium fertur». [vedi
Biblioteca op. cit. pag. 281 -
ove Girolamo Matranga viene segnato come palermitano chierico regolare, nato
nel 1605, che prese l’abito il 25.3.1620. Fu per 40 anni consultore del S.
Ufficio, censore oculatissimo. Esaminatore sinodale dell’arcivescovado di
Palermo. Conosceva latino, greco ed ebraico. Morì in Palermo il 28 agosto 1679
all’età di 73 anni.]
Mi ero chiesto se in
quel FIDEI ACROPAGUM fossero riportate anche le tesi che avrebbe sostenuto fra
Diego La Matina e quali contradeduzioni
avesse addotto l’erudito Matranga. Sciascia, che ha fatto (e per quel che mi
risulta, ha fatto fare) indagini sul nostro frate di Racalmuto, non accenna a questa opera del Matranga.
Resta da vedere che cosa intendeva il Mongitore riferendosi alla “Biblioteca di
San Giuseppe di Palermo” ed eventualmente dove sono andati a finire i
manoscritti che quest’ultima conteneva. In ogni caso bisognerebbe vedere che fine
ha fatto il manoscritto del Matranga citato dal Mongitore.
In un primo momento,
ho ritenuto che il tutto fosse reperibile nella Biblioteca di Palermo o
nell’Archivio di Stato di Palermo. Per quest’ultimo, la consultazione della
relativa Guida mi porta ad escludere manoscritti provenienti da quella
Biblioteca di S. Giuseppe. Resta la Biblioteca del Comune. Investigazioni fatte
qui a Roma in proposito, purtroppo mi sono tornate infruttuose.
Quanto a fra Diego La
Matina, non è da escludere che nella sezione del “Tribunale del S. Ufficio”
dell’Archivio di Palermo (vedi Ricevitoria ed anche Carceri 1604-1765, vol. 8
<pag. 315 della Guida generale citata>) possa ritrovarsi qualche cosa.
(La pubblicistica su questa sezione dell’Archivio è, nelle mie conoscenze,
limitata a Notizie Archivi di Stato NAS 1954 pp. 79-81 e Rassegna Archivi di
Stato RAS 1971 pp. 677/689).
Le date su cui
concentrare l’attenzione potrebbero essere queste:
- 1644 fra Diego la
Matina commette un reato che ricade sotto la giustizia ordinaria, ma viene
rimesso al Sant’Uffizio (Sciascia op. cit. pag. 195, ma dai Diari del D’Auria
);
- 1645
“fra Diego è di nuovo davanti al sacro tribunale” (sempre Sciascia, pag.
199);
- 1646 - ritorna per
la terza volta sotto il giudizio del Santo Officio che ne “volle punire
l’ostinazione se non l’eresia” (Sciascia, pag. 200);
- 12 gennaio 1648 fra
Diego «usci allo spettacolo la seconda volta assoluto, e tornò in galera»
(Auria, citato da Sciascia ibidem);
- 7 agosto 1649
«sedusse alcuni forzati di galera» (ibidem. pag. 201);
- 1650 «uscì per la
terza volta allo spettacolo ... condannato e recluso murato in perpetuo in una stanza» (ibidem);
- 1656 «Dallo Steri
fra Diego evase nel 1656: aprì con meraviglia di chi vide il loco, ed il fatto
udì, delle segrete Carceri fortissimo muro (Matranga) e fuggì con il laccio
della tortura, quale trovò in certo luogo (Auria)» Sciascia, pag. 202);
4 aprile 1657 - «Si
seppellì - annota Auria (Sciascia, pag. 176) - ...D. Giovanni Lopez Cisneros,
inquisitore [morto per le molte percosse dategli da] fra Diego La Matina della
terra di Ragalmuto, dell’ordine della Riforma di s. Agostino, detti li padri della
Madonna della Rocca..»;
- 2 marzo 1658 Matteo
Perino annuncia per il 17 marzo 1658 lo Spettacolo Generale di Fede, nel piano
della Madre Chiesa (Sciascia, pag. 208);
- 17 marzo 1658 - Si
abbandona «fra Diego al suo destino infernale ... (bruciato vivo sopra un) mucchio di legna, nel piano di S. Erasmo»
(Sciascia, pag. 212).
c) la questione dei
“maragmeri”.
Il Titone scrive (op.
cit. pag. 58 nota 8): «Maramma val quanto fabbrica: masse e maramme si chiamano
quindi le amministrazioni delle rendite destinate al mantenimento e restauri
dei sacri edifizi». Il termine “maramma” è dialettale, ma risale a data antica
(lo ritrovo in un diploma del 15 luglio 1489). E’ termine giuridico, tant’è che
trovo un intero titolo del Codice Ecclesiastico Sicolo di Andrea Gallo (libro
III, pag. 121 e segg.) dedicato appunto alle maramme. Stando ad alcune
disposizioni del De Ciocchis, emergono la seguente terminologia e le seguenti
locuzioni:
« XIV. Della riparazione delle chiese, delle Maramme e
degli spogli dei prelati.»; « introitus Maragmatis»; «reditus Maragmatis administrantur antiquitus per duos
Maragmerios qui a rege tamquam Ecclesiae Patrono eligebantur»; «.. hi duo
Maragmerii non ecclesiastici a solo Senatu [eletti]»; «Caeterum quod expensiones, quietantiae,
mandata syngraphe de recepto, ac omnes quicumque actus, ab utroque simul
Maragmerio fiant sub poena nullitatis»;
«capsa depositi Maragmatis, servetur in thesauro Ecclesiae»
Ferdinando II di Castiglia Re di Sicilia e per lui
Ferdinando di Acugna Vicerè di Sicilia sancisce che «niuno officiale marammiere
che ha incarico della costruzione di una Chiesa, vi possa apporre, dipingere o
scolpire le sue armi gentilizie.» [ Palermo 15 luglio 1489. Prag, Regni
Siciliae Tom. II. tit. 42. pragm. Unica pag. 404].
Da quanto sopra mi
pare che emerga che il “marammeri” o “marammiere” (alla latina “maragmeri”) più
che un tecnico simile al nostro “geometra” era un amministratore (religioso, ma
qualche volta laico) di istituzioni per la costruzione o la conservazione di
edifici sacri (Fabbrica, massa , maramma, dice il Titone).
Quanto a Racalmuto,
trovo tra i miei appunti questo passo del registro della “Fabrica” della
Matrice:
31.8.1677 A m.° Vincenzo Picone mandato di
maramma onze setti, e tarì dudici per haver fatto altri ripari alla matrice
chiesa, cioe per fare lo Campanaro per gisso, mastri, petri et acqua, et altri
-/ 4 - per molti adobbi al solo della chiesa -/ 1. per mettere tre legnami ... per gisso et altre -/ 2.12. come per
mandato spedito, et apoca in d. notaro a 15. 8bre p.ma Ind. 1677 dico
-/………………………………………………………………………………………..12
Alla luce delle
precedenti puntualizzazioni, debbo quindi ritenere che il Picone non era
‘marammieri’ ma soltanto destinatario di incarichi da parte della “maramma”
della Matrice.
Spostiamoci di qualche
decennio. A Racalmuto si ruba, si fa dell’abigeato. Del resto, accanto ai
poveri in canna, v’è gente che possiede varie terre, ha frumento, ha casa in
paese, possiede capre, si permette persino “una mutanda”. Tale Lorenzo
Pitruzzella è uno di questi. E’ preso di mira dai paesani poveri – e ladri – e
se ne dispera. Ricorre al vescovo: spera che una delle tante “monitoriali”, con
la comminazione di gravi pene religiose, di plateale scomunica, possa
commuovere il protervo ladro, sicuramente un vicino senza beni di fortuna. La
Monitoriale arriva: i beni rubati - siamo sicuri – no.
Die 11 agusti 1643
Factae Monitoriales
directae rev. Archipresbytero terrae
Racalmuti ... Semo stati significati da
parte di Lorenzo Pitruzzella di ditta terra qualmenti ci sono stati sgarrati
novi bestioli, rubati salmi mutanda nella
sua casasei di furmento nel suo magazeno, rubati dui crapi, una naca afforata
alla Menta …»
Correva l’anno del
Signore 1686: il francescano Francesco Maria Rini dominava la diocesi di
Agrigento. Racalmuto sembra preso da un empito religioso, e, quel più conta, ha
voglia di subordinarsi fino all’inverosimile alle autorità ecclesiastiche del
capoluogo. Nella chiesa di San Michele – poi divenuta il Collegio per
sopraffazione degli arrampanti Tulumello, più o meno in veste di neo-baroni –
si vuole una sorta di perenni Quarantore: vi suol conservare il Santissimo in
perpetuo. L’uomo “pio” è il racalmutese arciprete Vincenzo Lo Brutto, la cui
ladipe funerea giace nell’abside dell’estreneo S. Giovanni Bosco in Matrice,
almeno finché il calpestìo delle locali beghine – ed il loro furore postmestruale
– lo consentiranno. Vi era in S. Michele la confraternita del Purgatorio: ve
l’aveva dirottata l’autoritaria pietà di Donna Beatrice Del Carretto, nata
Ventimiglia, sfrattandola dalla chiesuola di Santa Rosalia. Il vescovo
francescano ha stima di quei “frati” laici e gratificandoli della “salute
sempiterna nel nome del Signore” (Dilectis nobis in Xhristo filiis devotis
Gubernatori e confratribus Venerabilis Societatis animarum S.ti Purgatorii
fundatae intus venerabilem Ecclesiam S.cti Michaelis Arcangeli Terrae Racalmuti
… salutem in Domino sempternam) gli affida nientemeno che l’ «augustissimum
Eucaristiae Sacramentum.» La chiesa era, del resto, decenti muro et in loco
satis ad hoc comodo constructa, reddittum dives, iocalium omnium bene ornata, lampadam
diu noctuque accensam habens.» Era il 17 giugno del 1686. Firmava il
provvedimento il vescovo fr. Franciscus Maria Episcopus Agrigentinus.
Controfirmava il canonico Lumia. Rogava il notaio Vincenzo Calafato.
Qualcosa di analogo
avveniva nella Chiesa del Monte ove era insediata la più coriacea confraternita
di Santa Maria del Monte. Intermediario il solito arciprete Lo Brutto. Quando
assistimiamo impotenti all’agiografico osannare il padre Signorino, pur
meritevole prete racalmutese ma del settecento, ci viene in mente questa
lapidaria descrizione della Chiesa del Monte risalente alla metà del Giugno del
1686: «ecclesia – vi si dice - decenti
muro et in loco satis ad hoc comodo constructa, reddittum dives, iocalium
omnium bene ornata, lampadam diu noctuque accensam habens», che sarà stata
stantia formula rituale ma qualcosa di vero doveva pure contenere.
Forse è annotare che
in tempi tanto calamitosi, con miseria e pessima nutrizione, con tanti
braccianti alloggiati ancora in grotte o in case “copertae palearum” come ai
tempi del’esattore papale, l’arcidiacono Du Mazel, tanta voglia di esporre il
Santissimo in troppe chiese – sontuose al confronto del circostante ludibrio
abitativo – appare irridente, forse addirittura sacrilega.
* *
*
Francesco Lo Brutto
aromatario
Scrivevo qualche mese
fa:
Non sono disponibili dati anagrafici su Francesco Lo
Brutto. Riteniamo che fosse molto più anziano del sac. Santo Agrò e gli sia
premorto, ragion per cui non può avere sostenuto le spese di miglioria della
nuova matrice, specie quella a tre navate che sappiamo operante solo dopo il
1662. Nella numerazione delle anime del 1660, il nominativo non figura per
nulla e quindi era deceduto da tempo.
Una recentissima
consultazione del Rollo Primo del Suffragio apre qualche spiraglio sulla
identità di questo speziale del seicento tramandatoci dal Pirri. Ai fogli 72 e
seguenti abbiamo la cronistoria di un legato di don Gaspare Lo Brutto alla
Confraternita del Santissimo Suffragio delle Anime dei defunti fondata nella
Matrice. La lettura degli atti ci consente di stabilire che il sacerdote è
figlio di Antonino Lo Brutto e che l’aromatario Francesco Lo Brutto era un suo
fratello. Gli atti risalgono al 20 ottobre 1616 ed al 3 ottobre 1617.
Da qui è piuttosto
agevole risalire al nucleo familiare secondo quel che emerge dal Rivelo del
1593. Non vi dovrebbero essere dubbi che il “fuoco” in questione sia il
seguente:
LO BRUTTO ANTONINO
|
CAPO DI CASA DI ANNI 48 - CONSTANZA SUA
MUGLERI - VINCENZO SUO FIGLIO DI ANNI 18 - GIAIMO SUO FIGLIO DI ANNI 17 -
FRANCESCO SUO FIGLIO DI 15 - JOSEPPI SUO FIGLIO DI ANNI 10 - GASPARO SUO
FIGLIO DI ANNI 5 - ANTONELLA SUA FIGLIA -
NORELLA SUA FIGLIA
|
L’aromatario del Pirri dunque nacque a
Racalmuto attorno al 1578 da Antonino e Costanza Lo Brutto. I suoi fratelli,
oltre al sacerdote che morì molto giovane (il 4 ottobre 1617 secondo il Liber
c. 2 n.° 31), furono Vincenzo (nato attorno al 1575), Giaimo (nato attorno al
1576) e Giuseppe (nato il 19.1.1585); le sue sorelle: Antonella (nata il 26.9.
1581) e Norella.
Quest’ulima si sposò con un fratello di Pietro
d’Asaro:
23
10 1622 D'ASARO BARTOLO di GIOVANNI q.am e di GIOVANNA con LO BRUTTO Leonora di Antonino q.am e di
Constanza. Testi: Curto cl. Panphilo e Sferrazza Mariano. Sacerdote: Sanfilippo
don Gioseppe Trattasi del fratello del
Pittore . Bartolo era nato il 10.12.1597.
Don
Gaspare Lo Brutto morì dunque all’età di 29 anni come dal seguente atto e fu
sepolto a S. Giuliano:
4
|
10
|
1617
|
Lo Brutto
|
don Gasparo
|
S. Giuliano
|
Per
lo clero
|
gratis
|
Ecco come è ricordato
nella visita del 1608:
cl: Gasparo Brutto an:
20 cons. ad duos p. min. ord. die 19 maij 1606 Panormi
Un giorno prima di
morire fa testamento e dispone il seguente legato in favore della Cappella del
Suffragio delle Anime del Santissimo Purgatorio fondata nella Matrice chiesa:
Est sciendum qualiter iner alia capitula donationis
mortis causa condite per condam don Gasparem Lo Brutto in actis meis
infrascripti sub die iij octobris prime ind. 1617 extat capitulum pro ut infra:
Item dictus donans donavit et donat legavit et legat
Confraternitati SS.mi Suffragij Animarum SS.mi Purgatorij fundate in Hac Terra
Raclmuti tt.os viginti quatuor redditus de summa supradictarum unciarum trium
anno quolibet debitarum per dittum Don Antoninum Capoblanco ad effetum
celebrandi missas viginti quatuor de requie pro animas defunctorum anno
quolibet in perpetuum scilicet: missas duodecim in quolibet nono die mensis
novembris cuiuslibet anni et missas duodecim hoc est in die lune cuiuslibet
mensis unam missam in perpetuum quoniam sic voluit et non aliter.
Ex actis meis not. Natalis
Castrojoanne Racalmuti.
Il 20 ottobre del 1616
don Antonino Capobianco era ancora chierico. Egli è costretto a sistemare una
intricata vicenda giudiziaria proprio con don Gaspare Lo Brutto. Questi è però
già infermo e manda al suo posto proprio l’aromatario ricordato dal Pirri,
Francesco Lo Brutto appunto. Il resoconto trovasi nell’atto del Rollo del
Suffragio (f. 72)
Die xx octobris XV
ind. 1616
Notum
facimus et testamur quod Franciscus Lo Brutto Aromatarius huius terre Racalmuti
tamquam commissariatus D. Gasparis Lo Brutto eius fratris a quo dixit habere
tale specialem mandatum ... sponte quo supra nomine pro heredibus et
successoribus dicti D. Gasparis in perpetuum vendidit et alienavit .. clerico Antonino Capoblanco eiusdem terre
Racalmuti ... unam vineam de aratro arboratam cum eius clausura in duabus
partibus cum suis puntalibus domo torculari limitibus maragmatis gessi et alijs
in ea existentibus sitam et positam in feudo predicto Racalmuti et in contrata
Garamolis secus vineam Hyeronimi Capoblanco ex una et secus aliam vineam dicti
clerici Antonini emptoris et secus vineam heredum quondam Nicolai Capoblanco
minoris et secus vineam Antonini Curto Bartholi et alios confines; et eademmet
bona quae possidebat Nicolaus Capoblanco maiori, dictoque don Gaspari uti
ultimo emptori et plus offerenti predicta bona liberata per primum et secundum
decretum et actum possessionis inclusive redactum penes acta curie dicte Terre
Racalmuti diebus etc. banniata et subastata ad instantiam quondam Antonini Lo
Brutto et pro ut melius est expressatum et declaratum in dictis decretis
superius calendatis ad quae in omnibus et per omnia plena habeatur relatio et
me refero et non aliter nec alio modo.
Totam
dictam vineam cum omnibus supradictis etc. subiectam dictam vineam cum
arboribus ... cum eius solito onere census proprietatis et directi dominii
debiti et anno quolibet solvendi ill.i Comiti dicte Terre Racalmuti a quo ill.e
proprietario prefati contrahentes ad invicem proprio eorum nomine licentiam
auctoritatem et consensum reservaverunt et reservant cum debita et solita
protestatione mediante
Et
hoc pro pretio unc. triginta quatuor p.g. de pacto et accordio inter eos absque
estimatione ... de quibusquidem unc. 34 quoad uncijs quatuor dictus clericus
Antonius dare realiter et cum effectu solvere promisit et promittit dicto d.
Gaspari absenti ..
Et
pro alijs uncis triginta ad complementum dictarum unc. 34 dictus clericus
Antonius vendidit et subiugavit dicto d. Gaspari Lo Brutto uncias tres
redditus censuales et rendales .. super dicta vinea
Item
in et super quamdam aliam vineam sitam et positam in dicta contratasecus
supradictam vineam et secus dictam vineam Antonini Curto de bartolo et secus
vineam dictorum heredum quondam Nicolai Capoblanco
Item
in et super duabus domibus terraneis existentibus in dicta terra et in
quarterio Fontis secus domos heredum quondam Vincentij Mannisi ex una et secus
domos dicti Hieronimi Capoblanco ex altera
Testes
Franciscus Manueli D. Michael Barberi et Joannes Franciscus Pistone
Ex
actis meis not. Simonis de Arnone.
In actis curie juratorum ..Grillus mag. not. Franciscus
Anche don Antonino
Capobianco ebbe breve vita. Crediamo che sia una delle innumerevoli vittime
della peste del 1624. Già il 22 novembre 1626 risulta deceduto. Naturalmente la
cappella del suffragio si fa parte diligente nella riscossione del legato. Tocca
al solerte don Santo d’Agrò, nella sua veste di deputato della Cappella del
Suffragio delle anime del santissimo Purgatorio, fondata nella chiesa Maggiore,
di sollecitare gli eredi, come dalla seguente carta notarile (Rollo Suffragio f. 75):
Die XXII novembris X
ind. 1626
Fuit per me notarum
infrascriptum ad instantiam don Sancti de Agrò deputati Capelle Suffragij
animarum S.mi Purgatorij fundate in maiori ecclesia huius terre Racalmuti ...
intimatum et notificatum Vincentio et Vito Capoblanco fratribus heredibus
universalibus quondam don Antonini Capoblanco Sacerdotis olim eorum fratris
presentibus et audientibus contractum de summa illarum unc. trium redditus
annualium per ipsos de Capoblanco dicto nomine debitarum anno quolibet
heredibus quondam don Gasparis Lo Brutto subiugantium per dittum quondam don
Antoninum dicto quondam don Gaspari vigore huiusmodi contractus subjugationis
facti in actis not. Simonis de Arnone die XX octobris XV ind. 1616, habeant et
debeant anno quolibet solvere dicte Capelle Suffragij eiusque deputatis tt. 24 redditus e sunt pro alijs dette
Cappelle legatis per dittum quondam don Gasparem in eius donatione causa mortis
fatte in attis meis not. infr. die iij octobris p. ind. 1617 et nemini alteri
solvere sub pena anno quolibet .... unde
Testes
Antonius Curto martini et Franciscus Curto Joseph
Ex
actis meis not. Natalis
Castrojoanne.
[1]) Trascrivo un’efficace pagina del Gallo che mi pare illuminante
su quegli eventi della soppressione del Tribunale del Santo Officio:
« E la Sicilia
tributa lodi di riconoscenza ad un Marchese Caracciolo, per la cui opera il
nostro sovrano Ferdinando III, con suo Real Dispaccio, dato in Napoli il dì 16
marzo 1782, abolì ed estinse siffatto Tribunale. Era allora inquisitor supremo
e generale Mr. Ventimiglia già vescovo di Catania e poi arcivescovo in partibus di Nicomedia; quando a 12
marzo 1782, giorno del pontefice s. Gregorio, il Consultor del Governo Saverio
Simonetti si portò al Palazzo del S. Officio, una volta chiamato Palazzo Steri
che significa domum cospicuam (Amico
Lex. Topograph. t.I p. II, pag. 372) oggi de' Tribunali, e sigillò l'Archivio.
Nel dì 27 dello stesso Marzo, mattina del Mercoledì Santo, il Vicerè Marchese
Caracciolo si recò a quel Palazzo; entrò nella sala del Segreto, in cui
trovavansi riuniti lo Arcivescovo di Palermo, il giudice della Monarchia, il
Consultore ed il Segretario del Governo, tutto il Sacro Consiglio, il Pretore
ed il Capitano della Città. Preso ciascuno il suo posto, dal segretario del
Governo fu letto il Diploma dell'abolizione. Dopo tale lettura il Vicerè entrò
nell'Archivio Segreto stato sigillato nel giorno 12 dal Consultor Simonetti, ed
indi nelle carceri segrete, dando libertà a que' meschini che vi si ritrovavano
rinchiusi.
Nell'anno
appresso, a 27 giugno, nel giardino dell'alcaide barone Zappino, per ordine
sovrano fu in presenza dello stesso Vicerè dato principio all'abbruciamento di
tutto l'archivio segreto, che durò per due giorni sino a mezzodì, vigilia dei
SS. apostoli Pietro e Paolo, fintantochè col fuoco fu consumata ogni minima
memoria del S. Officio, comprese le mitre, abiti gialli, ritratti d'inquisiti,
e qualunque altra minuzia appartenente all'inquisizione: che anzi, per togliere
qualsivoglia vestigio e rimembranza del già abolito Tribunale, quel vicerè, la
cui memoria ci sarà sempre grata, con suo biglietto dei 3 luglio 1782 ordinò,
come fu infatti eseguito, che il Crocifisso, il quale trovavasi nella cappella
della sala del segreto, si fosse
trasportato nella chiesa sotterranea della real cappella di S. Pietro nel regio
Palazzo: Ved. il Parroco Alessi Miscell.
Sicilient. n. 485. MSS. che si conserva
nella Bibl. del Comune di Palermo .
98 ) Conc. Trid. sess. XXIII,....»
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