...per
mestiere spiego bene agli altri quello che per me non comprendo.
domenica 14 settembre 2014
Continuiamo Con il Villabianca: « Videsi
questo nell'onorato impiego di Capitano di Palermo nel 1698, e premorendo al
padre senza figli fece estinguere nella sua persona la Famiglia illustrissima
del CARRETTO de' Signori di SAVONA, che prendendo origine Reale, stimavasi una
delle più cospicue Prosapie di questo Regno (f) [Caso di Sciacca del SAVASTA
cap. 15. f. 43]. Fu sua moglie BRIGIDA
SCHITTINI e GALLETTI figlia di Gio: Battista primo M. di S. ELIA, la quale per il credito della
sua dote avvalorato da una sentenza proferita dalla R. G. Corte nel 1711.
pigliò possesso di questo Stato, e insieme di questo Titolo a 10. luglio 1716.
Venendo essa a morte succedette in questi feudi sua sorella OLIVA SCHITTINI e GALLETTI maritata a
Giacomo P. Lanza, il di cui figlio
ANTONINO
LANZA e SCHITTINI se ne investì a 26. Agosto 1739. Questi vive attuale
P. Ventimiglia, P. Lanza, B. dello Stato di Calamigna, etc.»
Don Giuseppe del Carretto riceve
l’investitura di Racalmuto il 21 marzo del 1687 « ob donationem inrevocabiliter inter vivos sibi factam per illustrem d.
Hieronymum del Carretto eius patrem vigore donationis per acta notarii predicti
de Cafora et Tagliaferro die 17 maij X ind. 1687 sicuti depositione dicti
ill.is d. Hieronymi constat per investituram per eum captam olim die 16
septembris V ind. 1666.» [1]
E’ costretto a ripetere il rito per la
morte di Carlo II il 20 gennaio 1702. Altre spese. Altri dissi con il padre che
risulta ancora vivo. Nella documentazione palermitana abbiamo:
«Si può passare l'investitura per la
presente possessione tantum ob mortem Caroli Secundi regis Domini nostri in
Palermo a 20 gennaro 1702 - Don Giuseppe Bruno.» [2]
Giuseppe del Carretto nel 1702 è plurititolato;
questa la sfilza dei suoi feudi e
titoli:
Die
decimo nono Januarii X ind. 1702
illustris
d. Joseph del Carretto possessor ac dominus comitatus Racalmuti ducatus Bideni
Marchionatus Sanctae Eliae et baroniae terrae Ferulae.
Il padre don Girolamo III risulta ancora
vivo a quella data del gennaio 1702. Se è vero che il figlio gli premorì, tale
morte avvenne tra questa data e qualche tempo prima del 1711, quando ad avviso
del Villabianca fu pronunciata la sentenza di assegnazione della contea di
Racalmuto alla vedova di Giuseppe I del Carretto, BRIGIDA SCHITTINI e GALLETTI
figlia di Gio: Battista primo M. di S. ELIA.
Girolamo III del Carretto cessava di
vivere il 9 marzo 1710. In un documento del fondo Palagonia riguardante don
Luigi Gaetano si parla infatti «de morte
sequuta dicti ill.s D. Hieronymi per fidem mortis Parochialis Ecclesiae Sancti
Nicolaj de Calsa h. u. sub die nono martij 1710 sicuti de possessione dicti
quondam ill.s d. Hieronymi constat per investituram per eum captam olim die 16
septembris 5 ind. 1666.»
I nobili del Carretto
cessano quindi di essere i feudatari di Racalmuto il 9 marzo del 1710. Con tale
data si chiude anche la nostra ricostruzione della vicenda feudale carrettesca
in quel di Racalmuto. Quel che avviene dopo - e dura un secolo - è storia del
baronaggio locale con gli Schettini, i Gaetano (la parentesi Macaluso non
rileva) ed i Requisenz protagonisti. I nobili del Carretto racalmutesi - quanto al ramo maschile - si sono piuttosto
malinconicamente estinti, prima dei grandi sconvolgimenti storici del 1713
allorché vi fu il breve avvento in Sicilia dei Sabaudi.
FATTI
E MISFATTI, FACCENDE E VICENDE RACALMUTESI
Il 1622 fu anno fatale
per Racalmuto: sarà vero, non sarà vero, fatto sta che il pressoché impubere
Girolamo del Carretto vi rimise la pelle. Per malattia, come noi pensiamo, per
mano omicida di un servo, come tutto Racalmuto ha voglia di credere, poco
importa. La peste è alle porte: Marco Antonio Alaimo a Palermo si diletta di
letteratura latina e trasforma gli antichi saggi romani in maestri
incommensurabili di medicina. Beatrice del Carretto, giovane vedova e bella
ereditiera, forse tresca con il cognato arciprete, figlio illegittimo
dell’irrequieto Giovanni Del Carretto.
Il popolo soffre e
tace: ma qualche tratto di penna cade nei registri della Curia Vescovile, a
discreta memoria futura. Cataldo Morreale è racalumtese ma chissà perché langue
nelle carceri (pare, personali) di tal Raffaele Gnandardone; e così Paolo La
Licata, figlio di Pietro. Il vescovo viene a saperlo; se ne intenerisce (forse
per denaro) e ne dispone “gli arresti domiciliari”. Ecco quel che oggi possiamo
leggere nei sotterranei della Curia Vescovile di Agrigento:
REGISTRI 1622
et 1623
f. 181
Eodem ( die 21
9bris VI ind. 1622)
Pro Cataldo Monreale Terrae Racalmuti ad presens
carcerato in domo Raffaelis Gnandardone, et Paolo la Licata Petri terrae
praedictae ad presens carcerato in Castro ..
ANNOTATO provvisus et mandatum ... quod isti Cataldus
Monreale et Paulus La Licata habeant facultatem et licentiam non obstante
clausola contenta in prox.a accedendi ad terram Racalmutiibique commorandi per
dies quatuor a crastina die numerandos trium et dumtaxat .. \
La giustizia curiale
agrigentina era, diciamolo pure,
compiacente con gli ottimati racalmutesi. E Laura Barba poteva allora
vantare accondiscendenze episcopali, atte ad avere il sopravvento su Martino
Curto, che non era poi l’ultimo venuto, anche se qualche vezzo usuraio dovette
averlo. Una Laura Barba ubbidiente al marito fino all’autodistruzione della
propria cospicua dote, non ci pare del tutto sincera. Non vuol essere spergiura
e con palese menzogna si prostra al Vescovo per intenerirlo e farsi assolvere
dai giuramenti (in campo economico) profusi in azzardate operazioni
finanziarie. Il Vescovo ha voglia di
crederle: noi, francamente, no. Al nostro paziente (eventuale) lettore lasciamo
il destro di credere a chi voglia.
Die 26 novembre 1622 (f. 188)
Nos Dilecte
nobis in Xristo Laurie relictae quondam Antonini Barba Terrae Racalmuti
agrigentinae doecesis salutem . Fuit nobis ex parte tua supplicatum .. ut nos
provisum sub forma sequente Videlicet.
... Laurea relicta dello quondam Antonino Barba della terra di Racalmuto
espone a V. S. Ill.ma che non potendo resistere essa esponente alla violenza et
timore di detto suo marito fu costretta in tempo di sua vita tantum per vim et
metus concussam quantum reverentia maritali obligarsi quantum debitoris di
detto suo marito con gravissima et enormissima lesione con prejudizio della sua
dote, sicome si obbligao contra sua voglia in solidum con dicto suo marito ...
di onze 1. 15 di rendita dovuti et da pagarsi ogni anno a Martino Curto. In
virtù di questa subjugatione fatti nelli atti di notaro Simuni Arnuni di
Racalmuto … et anco detto suo marito la
fece obligarsi ad una venditione di certi casalini venduti a D. Giuseppe
Sanfilippo. In virtù di questo fatto all'atti di notar Natali Castrogiovanni die
20 octobris XV Ind. 1616 et più la feci obligari sicome lo obligao in una
permutatione, et cambio di una vigna di detto suo marito con una vigna di
Angilo ...... per la quale permutatione essa esponenti si acollao pagare in
solidum con suo marito o. 1 ogni anno allo Convento di S. Maria di Gesù di
Racalmuto. In virtù di questo fatto nelli atti di notaro Simuni Arnuni di
Racalmuto et similmente la fece intervenire et obligare a certi terraggi dovuti
a Fabricio di Trapani. In virtù di questo fatto nelli atti di notarr Natali
Castro Gio: dicti et anco in uno altro
contratto debitore di onze 40 dovuti ad Angelo Duno (?) In virtù di ... li
quali obligationi benche de jure siano nulli et nullissimi tutta volta a
maggior cautela pretende detti atti far dichiarare invalidi et nulli et
rescindere et obstandoli li giuramenti
prestati et contenuti in detti contratti li quali non devono esser vinculo di
iniquita per tanto non resultandoli tanto grave preiudicio et interesse di sua dote della quale non può
ne deve restare indotata de iure. Supplica perciò V. S. Ill.ma resti servita
ordinazione che sia absoluta da tutti et singuli iuramenti in genere et in
specie facultate et expresse presbiti et presentem ab illo iuramento petendo absolutionem et ea obtenta non ... ad effectum agendi et concederli ditta absolutione . In forma
... Agrigenti die 8 novembre VI ind. 1622. Ex parte fuit
provisus et .. quoad absolvatur ab omnibus et singulis iuramentis in genere et
specie presbiteris ad effectum agendi tunc et dumtaxat ....
Non erano tempi quelli in cui i Curto
riuscivano ad intessere buoni rapporti con il vescovo di Agrigento. Una
condanna in contumacia se la becca Antonino Curto fu Bartolo. Il vescovo dà
incarico al locale Vicario per l’esecuzione dell’episcopale afflizione.
(f. 191) die 29 novembris 1622
Contumacia Antonini Curto quondam Bartholi terrae
Racalmuti et tali fermiter huius
episcopi ... agrigentinae diocesis directa R.do Vicario d.ae Terrae
Di
casa sul colle vescovile era ovviamente il chierico, già ricco, famoso e
felicemente sposato. Ha voglia di andare in giro in abito clericale. Fa voti al
vescovo ed il vescovo è ben felice di esaudire il mistico desiderio del pittore
racalmutese.
Die 29 dicembre 1622 (f. 213)
Nos dilecto in X.sto filio Cle: Petro d'Asaro terrae
Racalmuti. quia ex parte tua fuit nobis suplicatum ut tibi observaternales (')
litteras ... licentia abitum clericalem insumendi ac gerendi expositis
concedere digneremeur ideo fuit
per nos ad relaciones .....
in dorso memorialis ebibis quod fiant ... in forma ut sequitur ..
Bonincontro ... filio Petro de asaro
d.ae terrae Racalmuti salutem ... ex
parte tua fuerit nobis .. expositum quod cum fueris
Il 5 febbraio 1621
s’erge già imponente l’attuale Matrice intitolata a Santa Maria
dell’Annunziata: certo non era ancora il tempio a tre navate che oggi
contraddistingue Racalmuto e quella strana svolta del corso principale che gli
ottocenteschi massoni racalmutesi hanno voluto dedicare all’eretico ed ostile
Garibaldi. Ma non era più l’ecclesiola degli anni ’40 del 500. Vi officiava
anche don Santo d’Agrò, e se pur accarezzava il sogno (lugubre) di farsi
seppellire sotto il primo altare della navata laterale, non si può dire che
avesse tutti quegli alumbiamenti che dopo gli appioppò, infondatamente,
Leonardo Sciascia. Vicino c’era già un altare che veniva servito dai confrati
di S. Giuseppe. E sotto la detta data del 5 febbraio 1621, quel sodalizio
(confraternita senza dubbio della buona morte) ottiene dal dottor don Gabriele
Salerno (U.I.d. e vicario generale) tanto di bolla episcopale che avrà reso
felice il Governatore (della religiosa confraternita, s’intende) Francesco lo
Brutto ed i notabili (i confrati “officiali”) Jacobo Grillo, Benedetto Troyano,
Girlando Gueli e Vincenzo Macaluso. «Cupientes – scandisce oltremodo
solennemente, il Salerno – vobis
[concediamo] licentias et facultates .. fundandi ac oratorium costruendi
sub titulo S. Joseph, sacchos et mantellos apportandi et deferendi in
processionibus et exercitia spiritualia exercendi in dicta ecclesia S. Mariae
Annunciatae in cappella S. Joseph …»
Saremmo stati veramente curiosi di vedere questi nostri secenteschi antenati,
tristi e compunti, nelle sacre processioni e goderci lo spettacolo di codesti
allucinati figuri nei loro lunghi “sacchi” e con quelle azolate mantelline,
mistificante sagra di un contristato rito religioso con attori poco sinceri,
reduci forse da orge vinaiole consumate nelle tante “putie di vino” nei bassi
del Castello o negli anfratti di Zia Betta.
[1]) ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO - PROTONOTARO REGNO - PROCESSI
INVESTITURE - unità archivistica n. 1640 -
PROCESSO N. 7205 - ANNI 1702
- n.° 4 - INVESTITURA TITULI
RACALMUTI in personam Ill.is D. JOSEPH
DEL CARRETTO
[2]) ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO - PROTONOTARO REGNO - PROCESSI
INVESTITURE - unità archivistica n. 1640 -
PROCESSO N. 7205 - ANNI 1702
- n.° 4 - INVESTITURA TITULI
RACALMUTI in personam Ill.is D. JOSEPH
DEL CARRETTO
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