SUPERIOR STABAT LUPUS INFERIOR AGNUS: CERNIGOI ED ETTORE
MESSANA Malgrado Tutto, in via riservata, ha voglia di farmi sapere che la
signorina Cernigoi non è vero che non mi aveva risposto: mi aveva anzi
replicato e in malo modo. Ora qualcuna ha voglia di farmi sapere che la
poverina è stata vittima di chissà quale aggressione mafiosa. Comincio a temere
per me. Porto il tasco torto, infilzo la Cernigoi e il suo pigmalione siciliano
Casarrubea. Per me sono artefici di una indegna campagna di stampa
infondatamente calunniosa contro il Gr. Uff. dottore Ettore Messana, ispettore
generale di PS, da Racalmuto. morto da oltre sessant'anni e quindi
assolutamente non in grado di difendersi. Una concertazione cche reputo
indecorosa. Un esempio: nel celebre processo di Viterbo il Messana, fiero,
integro, rispettabile e ripettato, depone come teste e incisivamente,
documentatissimo, ripercorre tutta la sua vicenda diciamo della sua meritevole
lotta al banditismo siciliano capeggiato dal celeberrimo bandito Giuliano.
Nessun'ombra, nessun sospetto macchia questa fulgida figura cui si inchina il
Tribunale. Quella deposizione noi l'abbiamo pubblicata nei giorni scorsi: sono
atti pubblici consultabili stando persino seduti dietro un comodo computer. Noi
la ripubblichiamo qui. Ed invece no! La signorina Cernigoi devia, si lancia in
giudizi di valore gravemente lesivi dell'onore di questo grande servitore dello
Stato di diritto e sciorina una serie di valutazioni contro "l’ex
funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani". Noi non sappiamo chi sia
questo alto funzionario dello Stato Ciro Verdiani; pensiamo che venga qui anche
lui calunniato, ma non ne sappiamo nulla. Sappiamo solo che è perverso
diffamare Ettore Messana quasi fosse corresponsabile dell'operato del Verdiani
sol perché ne era stato una diecina di anni prima - ma è poi vero? -
'dipendente' . A noi ad esempio questo non risulta ma anche se vero mi richiama
la Cernigoni la favola di Fedro superior stabat lupus ....._- sei mesi fa mi
hai lordato l'acqua. - ma se non ero manco nato - e allora è stato tuo padre.
La figura di Messana è scolpita nel testo della sua deposizione al processo
Viterbo. Controllate. La Cernigoi se ne fotte ed ecco come dileggia il Messana.
Può avere tutta la solidarietà del congrega della carta stampata e di
Casarrubea, ma l'indegna denigrazione risulta qui inoppugnabile.
----------------------------------- Malgrado Tutto: Le riportiamo, per sua
informazione, la replica di Claudia Cernigoi.APPUNTI SU ETTORE MESSANA. Claudia
Cernigoi: Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna,
che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il
dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una
biografia. In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona,
denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti
ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto
ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa persona. [omissis] A fronte
di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato per
quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno "epurato" dalla Pubblica
Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia,
a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro
Verdiani, un "Ispettorato generale di PS per la Sicilia", un
"organo creato per la repressione della delinquenza associata, e
specificamente per la repressione del banditismo che faceva capo a Giuliano (il
"bandito" Salvatore Giuliano, n.d.a.)" (questa definizione è
tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla Corte d’assise
di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in merito alla strage
di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i due alti funzionari
di PS svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni stralci dalla
sentenza emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra, dove gli
uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per festeggiare il
Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e ferendone
molte altre. "L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo
della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con
cui si incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia,
Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare Pisciotta,
nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato dell’imputato
Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse con la
raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di essere dei
bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il Procuratore
Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo madre del capo
bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività dell’ispettore
Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano fosse
soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire
una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare
Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex generale
dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di
Giuliano in Sicilia", già "uomo di fiducia personale di
Mussolini", come scrive Giuseppe Casarrubea in "Storia segreta della
Sicilia", Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano". ------------------------- Quanto alle altre infamie
ribadite dalla giornalista triestina, filoslava, non certo affetta da fervido
patriottismo verso questa nostra patria Italia, ho già proceduto a sbriciolarla
e ancora meglio farò quanto pubblicherò gli altri risultati delle mie ricerche
archivistiche. Qui accenno alla mia corrispondenza con Malgrado Tutto. Non ringrazio Malgrado Tutto di quanto segnalatomi. Che
smentita è mai codesta? Le minchiate della signorina Cernigoi le ho smantellate
tutte e ancor più farò quando commenterò l'altra documentazione in mio
possesso. Quanto alla faccenda Lubiana rimando a quanto già scritto sulla base
della documentazione richiamata dallo storico di fama mondiale Sala. Sul resto,
la Cernigoi si appoggia incautamente su Casarrubea. Anche Gigi stasera sembrava
convinto che la storia di Riesi e quella della coerreità con fra Diavolo sono
"cazzate". Mi domando a questo punto Malgrado Tutto con chi sta? Con
la Cernigoni e Casarrubea o con la verità che credo di avere rispolverata sul
gr.uff. Ettore Messana? La pervicacia della signorina Cernigoni la sottoporrò
alla valutazione della nipote del Messana per le sue eventuali azioni
giudiziarie.
Malgrado Tutto: Le abbiamo girato quanto sopra solo per sua informazione, non
deve ringraziare nessuno. Cordiali saluti
Dottore Calogero Taverna, ottuagenario: Bene, meglio così. Ma il problerma
resta: obiettivamente Malgradotutto ha diffamato Messana: Poco importa se si è
limitato a riportare un testo altrui. Non devo insegnare niente a nessuno. Sia
chiaro la diplomatica lettera della signora Giovanna l'ho stilata io. L'ho
fatto per farvi prendere le debite iniziative riparatrici. Vi sono amico e
spero che non persistiate in questo atteggiamento quasi di scaricabarile.
Comunque, la faccenda mi riguarda molto relativamente e così riparo alla mia
precedente sparata, vi ringrazio e spero nella vostra stima. Cordialità.
Domenica 09:11 Quando leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi
nel ritenere codesto questurino a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo
meschinello detrattore, in anonimato, del grande Ettore Messana che dovrebbe
essere stato suo superiore e che certamente non ebbe ad apprezzarlo. Al suo
paese irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e si cercò di
santificarlo. Riportiamo giù locandine manifesti e dicerie elogiative ma non
c'era molto da addurre a lode omaggiante. Si disse "uomo giusto". Un
epiteto alquanto singolare per uno che di mestiere aveva fatto il poliziotto di
un reparto politico decisamente fascista. E redigeva rapporti infamanti di
sospetti e dispetti a base di "corre voce", "si dice", "non
poteva non sapere", " era suo subordinato il vero malfattore (se poi
tale era)" "lo spalleggiava" "forse ne fu compare" e
niente più. Ma proprio niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore
generale della PS il Gr.Uff. Dottore Ettore Messana. E quando le scrive queste
cose, quando ancora modesto funzionarietto di questura, relegato ad una
insignificante periferia, nell'ottobre del 1945, crede che è giunto il momento
di togliersi un sassolino dalla scarpa contro l'invidiato suo ex Superiore che
invece di carriera ne ha già fatta e con onore e per la stima di un superbo
uomo di Stato, nientemeno l'on. Alcide De Gasperi. E quel insignificante
rapportino finisce obliato e trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta
la malafede di rampanti speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne
fonte di autorevolissima fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è
tanto vero che Roma repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista
non vi diede peso alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova,
non una certezza. Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca. lunedì
12 settembre 2011 Ricciardelli, l'amico e collega di Palatucci che finì a
Dachau Ma ecco cosa scriveva ancora il Ricciardelli: "Fra
le insistenti voci che allora circolavano vi era anche quella che egli ordinava
arresti di persone facoltose, contro cui venivano mossi addebiti infondati al
solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali
detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare
del Messana, che promettevaloro la liberazione mediante il pagamento di ingenti
importi di denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato
al commercio in pellami, da cui aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua
permanenza a Trieste, per la creazione in questa città del famigerato e
tristemente noto ispettorato speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe
Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad affettuare operazionidi polizia
politica degne di particolare rilievo. Ma anche qui come a Lubiana, egli si
volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di
giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a
perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto limitata. In
proposito, si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua
malvagità d’animo: In una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico
ed all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto
di oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e
Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero
proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti politicamente
pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e, probabilmente,
per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale federazione fascista,
con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo
stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti
che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati
particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i
precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale
Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione
della città ai primi di maggio u. s.) Risulta in modo indubbio che il Messana,
quale componente la locale commissione provinciale per i provvedimenti di
polizia, infierì in modo particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche
per colpe di lieve entità per quanto riguardava i denunziati per il confino
chiedeva sempre il massimo della pena. Tale comportamento veniva aspramente
criticato dagli altri componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista
Tullio Tamburini, presidente della commissione stessa.[3] gli italiani uccidono
15 uomini e donne a Brdo presso Lubiana. Le vittimesi trovano al cimitero di
Vic Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste, se ne
allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data del 2
novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato dimissionario
d’ufficio". [4] --------- Di tutta questa accozzaglia di
dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo
affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai
addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito
nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo
documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo si macchia a mio
avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa storia
Carissimo cugino Gigi Restivo credo che debbo alla tua cortesia se Malgrado
Tutto mi ha "passato" i contrappunti avversi di tal Carnigoi
triestina, filoslava e con scarso amore patriottico per questa nostra Italia.
Ti riporto quanto oggi per il canale riservato di cui dispongo le ho inviato:
"lei persiste nella sua ricostruzione storica rimarcando la sua
responsabilità quanto agli infamanti giudizi di valore contro il Messana. Se
lei è persona civile perché non dice che fine ha fatto quella congerie di
fallaci accuse titine? Non può credere che l'Italia degasperiana abbia
conferito l'alta onorificenza al Messana ignara o peggio correa di quella
caterva di accuse infamanti titina contro chi avesse avuto dallo Stato Italiano
incarichi in quella tragica storia della costituzione della provincia di
Lubiana che lei non può antipatriotticamente ridurre ad un crimine di guerra.
Storicizzi, si legga letteratura seria quale quella del prof. Sala e poi
giudichi. Io l'ho fatto e le dico che lei fa solo indegno scoop giornalistico.
Quanto a quello che scrive sulla base del Casarrubea, se la sente di
confermarlo?" Ti
faccio presente che la Cernigoi si basa su un fascicolo postumo di gente titina
che ha cercato invano di ricattare l'Italia. Non mette in conto neppure che
quelle accuse finirono cestinate perché infondate o ininfluenti. L'Italia
degasperiana - mica quella fascista o provvisoria o bonomiana - non diede peso
alcuno alle infondate accuse titine pur conoscendole. Credo che addirittura
esista nell'archivio del Ministero degli Esteri un dossier in proposito. L'ho
individuato ma per il momento ho lasciato correre. Tu che sei in cerca
spasmodica di documenti potresti sopperire. Ti darei gli estremi. Uno storico davvero professionale e serio quale il prof.
Sala, deceduto, ha pubblicato volumi sulla vicenda della "guerra
parallela" che consentì al Duce di istituire questa cosiddetta provincia
di Lubiana per insegnare ai tedeschi come occupare un territorio straniero e
gestirlo "umanitariamente". Emerge che il Messana cercò nel primo
anno della "provincia" di attuare quella politica "umanitaria e
civile" ma non potè fare molto perché "esautorato dall'esercito".
Questo emerge da una probante corrispondenza che naruralmente la Cernigoi o
ignora o intenzionalmente oblitera.
Per il resto la Cernigoi si avvale della "postuma" farneticazione del
Ricciardelli, la quale credo di avere disinnescato in miei post che mi pare hai
letto (magari - scusami - molto superficialmente). Ad ogni buon conto sto
reiterandoli. Le
altre due pagine che il Casarrubea &C si ostinano a martellare per infamare
indegnamente il Messana e cioè quelle che attengono alla faccenda di Riesi del
1919 e alla pretesa correità con fra Diavolo nell'ambito della tragica storia
del bandito Giuliano, mi dicevi ieri che anche a te apparivano
"cazzate". Non so se confermi o hai dei ripensamenti. Io resto
maggiormente confermato in favore del Messana -------------------------------
Il bandito Giuliano ---------------------- La strage di Portella della Ginestra
Documenti sulla strage Documento 13 VERBALE INTERROGATORIO DELL’ISPETTORE VITO
MESSANA Verbale di continuazione di dibattimento del 20 luglio 1951 [cartella
4, vol. V, n. 5] D’ordine del Presidente, introdotto il testimone Messana
Ettore fu Clemente di anni 66, nato a Racalmuto (Agrigento) e domiciliato in
Roma, Ispettore di Ps. Interrogato in merito ai fatti della causa, risponde:
«Fui mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia
nel maggio 1945 e vi rimasi fino a tutto luglio 1947. Il decreto che istituì
l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di tale organo fu quella di
integrare l’opera repressiva e preventiva nell’eliminazione del banditismo ed
in genere della delinquenza associata in Sicilia». D. R. «Io ebbi a mia disposizione
750 carabinieri, 350 agenti e 14 funzionari, che distribuii in tutte le
province della Sicilia da Messina a Trapani. Fui io che istituii i nuclei di
carabinieri e polizia nei centri dove a me sembrò che dovessero essere
istituiti. Le mie prime operazioni feci nelle province di Agrigento e di
Catania. Verso la fine del 1945 incominciò ad affiorare l’attività della banda
Giuliano. Tale fatto fece aumentare la mia attività tanto più che la banda
Giuliano e quella di Avila si erano poste al servizio dell’Evis». D. R. «Ebbi
notizia dei fatti di Portella nelle ore pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi
recai ad una riunione indetta dal prefetto Vittorelli, dove si stabilì una
certa azione da svolgersi. L’indomani mi recai a Piana degli Albanesi ed a San
Giuseppe Jato, ove già si era proceduto all’arresto di quattro persone ad opera
di un nucleo dipendente dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo
rastrellamento arrestando centinaia di persone sospette, le quali però furono
quasi tutte rimesse in libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna
responsabilità». D. R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura che si
limitò poi a denunciare solo i quattro arrestati». D. R. «In una riunione
tenuta anche alla presenza dell’Ispettore Generale di P. S. Rosselli, inviato a
Palermo dal Ministero, fu deciso da quest’ultimo che la direzione delle
indagini dovesse essere affidata al questore Giammorcaro e fu così che io
passai alle dipendenze di costui». D. R. «Si venne frattanto a conoscenza che
il 1° maggio era stato sequestrato, dopo la sparatoria, un campiere, certo
Busellini, del quale non si seppe nulla per tanti giorni e che poi fu trovato
ucciso in un fossato da un nucleo alle mie dipendenze». D. R. «Non so se il
ritrovamento del cadavere del Busellini avvenne a mezzo di cani poliziotti od a
mezzo solo di ricerche». D. R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del
cadavere del Busellini fu trovato un cartello con la scritta «questa è la fine
dei traditori», la qualcosa ci convinse che il delitto era stato consumato
dalla banda Giuliano. Tale convinzione ci facemmo anche per il delitto di
Portella poiché ci convincemmo che colui che aveva ucciso Busellini era uno di
quelli che aveva sparato a Portella». D.R. «Noi dell’Ispettorato, fin dal primo
momento, pensammo che la strage di Portella era da attribuirsi alla banda
Giuliano, perché il fatto era avvenuto nella zona così detta d’imperio della
banda stessa, mentre l’Angrisani ed il Guarino avevano orientamento diverso».
D. R. «Tale convincimento da parte dell’Ispettorato fu però rafforzato dal
rinvenimento del cadavere del Busellini». Contestatogli che nel verbale di
rinvenimento del cadavere del Busellini non vi è traccia del cartello rinvenuto
sul suo cadavere, risponde: «Può darsi che io abbia un cattivo ricordo di tale
fatto, ma pure mi sembra di ricordare così». D. R. «Le indagini continuarono e
solo nel giugno avvennero i primi fermi effettuati dal nucleo centrale
comandato dal colonnello Paolantonio, il quale mi riferiva lo sviluppo di
esse». D. R. «Il rapporto n. 37 fu redatto quando io non ero più Ispettore
Generale in Sicilia, essendo stato sostituito il 1.8.47 dal questore di Napoli
Coglitori». D. R. «Quasi tutti i fermi avvennero durante la mia permanenza in
Sicilia ed io, giorno per giorno, venivo informato di quanto si riusciva a
sapere dai fermati». D. R. «L’Ispettorato aveva dei confidenti ed inoltre era
in contatto con alcuni elementi che ci ponevano in comunicazione con il bandito
Ferreri Salvatore». D. R. «Io nessun contatto diretto ebbi col Ferreri, solo
ebbi rapporti con lui tramite i suddetti elementi di collegamento». D. R.
«Escludo che Ferreri mi abbia fatto sapere i nomi di coloro che avevano
partecipato all’azione di Portella; può darsi che qualche indicazione l’abbia
data al colonnello Paolantonio oppure ad un altro funzionario di P.S., certo
Zappone, che io avevo dislocato nella zona di Partinico e che fu ucciso a
Borgetto in un agguato». D. R. «Il nostro convincimento che l’azione di
Portella era dovuta alla banda Giuliano fu maggiormente rafforzato dal
riconoscimento effettuato da quattro cacciatori sequestrati in quella mattina
del 1° maggio, i quali in una fotografia di persona a cavallo riconobbero
proprio colui che ritenevano fosse il capo del gruppo che li aveva
sequestrati». D. R. «Il colonnello Paolantonio, fin quando io restai in
Sicilia, non mi parlò mai del fermo di alcuno ritenuto partecipe della strage
di Portella per confidenze avute dal Ferreri». D. R. «Escludo di aver avuto mai
rapporti con Pisciotta Gaspare, come escludo di avergli rilasciato un tesserino
di riconoscimento sia al suo nome che a quello di Faraci Giuseppe».
Contestatogli che il Pisciotta ha affermato invece di aver avuto rilasciato un
tesserino proprio da lui che glielo fece recapitare tramite Ferreri, risponde:
«Escludo nel modo più reciso che ciò sia avvenuto». Richiamato l’imputato
Gaspare Pisciotta e contestatagli la dichiarazione resa dall’Ispettore Messana
a proposito del tesserino, risponde: «Il tesserino lo ebbi tramite Ferreri,
portava la firma Messana, aveva i timbri dell’Ispettorato, fu strappato ed io
spero che colui che lo ha strappato, se ha coscienza, lo dirà». D. R. «Luca
potrà dire qualcosa in merito, può darsi che il tesserino esista ancora, ma a
me risulta che fu stracciato». Il teste Messana: D. R. «Io facevo da organo
propulsore nell’attività dei miei funzionari; dissi loro di indagare anche
sulla ragione per cui Giuliano fece l’azione di Portella ma nessuno di essi mi
parlò mai su tale fatto». D. R. «Andai via dalla Sicilia il 31.7.1947 e quindi
non mi occupai più della cosa». A domanda dell’Avv. Sotgiu, risponde: «Non
ricordo di aver rilasciato al Ferreri un tesserino di libera circolazione, ma
non escludo che esso possa essere stato rilasciato da altri sotto il mio nome,
essendo io il capo dell’Ispettorato. Devo dire per altro che la mia firma
ufficiale è quasi inintellegibile come Messana, anzi ritengo che sia del tutto
inintellegibile». D.R. «Non rilasciai tesserini di libera circolazione ai
confidenti, non so se ne furono rilasciati a mio nome dai miei dipendenti che
nulla mi riferivano intorno al rilascio di essi poiché ognuno ha i propri
confidenti ed intorno a noi si mantiene il più stretto riserbo anche con i
superiori». D.R. «Io fornivo il danaro che mi richiedevano per i confidenti ai miei
dipendenti, i quali mi rilasciavano ricevuta sulla quale si limitavano a dire.
-- per un confidente- senza indicarne le generalità». D.R. «Certamente i
rapporti col Ferreri iniziarono prima della strage di Portella. Ricordo di aver
saputo, attraverso la fonte Ferreri, che Giuliano voleva attentare alla vita
dei dirigenti del Partito Comunista di Palermo, fra i quali il Li Causi.
Informai per la opportuna vigilanza il questore e fu il colonnello Paolantonio
che avvisò direttamente il Li Causi». D.R. «Al padre del Ferreri feci dare un
porto d’armi, ma ciò rientrava nel progetto di venire all’arresto di Giuliano.
Sentii parlare del rinvenimento del predetto porto d’armi sul cadavere del
Ferreri, ma ciò non constatai personalmente». D.R. «Escludo che il padre del
Ferreri facesse parte della banda Giuliano». D.R. «Non mi risulta che dopo
l’amnistia dell’Evis Giuliano abbia mantenuto rapporti con persone
insospettabili». D.R. «Dopo di me all’Ispettorato ci fu Coglitore, poi Modica,
poi Spanò, poi Verdiani» D.R. «Non ricordo i nominativi dei componenti la banda
Giuliano». D.R. «Esiste un rapporto intorno alle bande armate dell’Evis ed
all’attività da esse spiegate, rapporto redatto dal nucleo centrale alle mie
dipendenze». D.R. «Sono a conoscenza dei nomi in esso compresi, può darsi che
l’elenco contenuto in detto rapporto non sia completo e non comprenda tutta la
materia, essendo potuta qualcosa essere sfuggita e qualcosa sopraggiungere».
D.R. «Non ricordo il nome di Genovesi Giovanni tra i confidenti della polizia,
né so se egli sia stato interrogato dal colonnello Denti». A domanda dell’avv.
Crisafulli, risponde: «Per il fatto di Portella venne in Sicilia un Ispettore
generale del Ministero, come di solito avviene quando succedono fatti di una
certa rilevanza». D.R. «Detto Ispettore riunì tutti gli organi di polizia in
questura e poiché ogni organo comunicò i risultati delle indagini svolte,
l’Ispettore volle che le varie attività fossero coordinate e quindi, senza
esautorare e sostituire alcuno, dette la direzione al questore Giammorcaro al
quale doveva essere comunicata ogni attività degli organi di polizia. Tutto ciò
per quanto riguarda i fatti di Portella». D.R. «Mi fu detto che il Ferreri fu
operato di appendicite». A domanda dell’avv. Sotgiu, risponde: «Non mi risulta
che al Ferreri sia stata rilasciata una tessera intestata a Salvo Rossi,
autista del colonnello Paolantonio». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde:
«Parlando di un rapporto Coglitore mi riferivo solo al rapporto firmato dal
maresciallo Lo Bianco relativo ai fatti di Portella» A domanda del Pisciotta
Gaspare, risponde: «Escludo di essere stato io a consegnare i mitra al Ferreri,
né mi risulta che ciò sia stato fatto da qualcuno dell’Ispettorato. A
quell’epoca avevamo penuria di armi». Il Pisciotta aggiunge: «I cinque mitra
servirono per l’azione di Portella, secondo quanto mi disse Ferreri». Dopo di
che il Presidente rinvia la prosecuzione del dibattimento all’udienza del
23.7.1951 ore 9,30.
1 luglio 10.28.03
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