Chiedo ai signori consiglieri: può essere accordato un ridotto
diritto di parola, o ha ragione il commissario ad esigere che con lui non sono
consentite parole meno che sussiegosamente pitocche. Ho dovuto sbattere la
porta ed andarmene denegando l’invito a rientrare ad un mio superiore sodale
politico. Il quale, con mio disappunto ed in mia assenza, ha voluto scusarmi.
Mi si dice che un so che finanziamento di due milioni di euro è
stato dirottato per un progetto che il nostro ufficio tecnico penserebbe di
fare strutturare ad un architetto alieno.
Non val la pena, allora, di pensare a proposte che ebbi a divulgare
tempo fa con l’evanescente GILER?
Di che si tratta? Se avete pazienza eccovi l’ordito.
Il sogno “taverniano”
È
presto detto: il recupero, la ristrutturazione, l’abbellimento del sotto
Barona.
Sotto
la Barona si dipana una grande radura tripartibile:
-
la zona più alta
potrebbe ospitare il paese cinquecentesco dell’ex voto del Monte;
-
la cavea
terminale in basso si dovrebbe adattare a teatro greco;
-
la parte a valle,
oggi con acque fetide a cielo aperto, si attaglia ad orto botanico con laghetto
pluriuso.
I
locali politici sono interessati all’iniziativa?
Ecco
un bozzetto per chi avesse voglia di meglio afferrare il concetto
(Calogero
Taverna)
Zona A
Nella parte alta dell’area di
risulta del sotto Barona, utilizzando i terrazzamenti costruiti di recente,
dovrebbe sorgere la simulazione del villaggio di Racalmuto come appare al Monte
nell’ex voto di destra.
Ne abbiamo scritto tanto. Val la
pena però ripeterci.
Rassegna Storiografica
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Chiese e
chiese e chiese e conventi e conventi ... Si pensa a chissà chi, ed
invece tutto si deve ai rimorsi di Giovanni del Carretto, quello che
dominò Racalmuto dal 1520 al 1560 ed alle tante confraternite, nate
all'ombra dell'ancora barone, per una grossa speculazione sui morti. Ne
morivano tanti a Racalmuto e bisognava seppellirli e seppellirli in
chiesa.. Naturalmente a pagamento . Che pacchia per quelle confraternite.
Una mafia dei cimiteri ante litteram .. Niente di nuovo sotto il sole.
Pensate che la venuta della Madonna del Monte nient'altro è che una
commissione a Palermo da parte della confraternita della già esistente
chiesa di Maria di lu Munti di una statua di marmo "una statua di
marmaru di nostra signura" dicono le carte. Nessun miracolo. E si
era dopo il 1520 (altro che 1503 ed altro che conte o barone Ercole del
Carretto. Questo il primo agiografo - padre Cantalamessa - non lo dice).
I colti attuali di Racalmuto - anche quelli atei e marxisti - questa
banale verità non sanno accettarla o non vogliono. Chissà quanti voti
perderebbero, diversamente. Povera verità!
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Frattanto a studiare bene il Trasselli che ebbe a
scrivere sui genovesi in Sicilia, è facile arguire che la marmorea statua
– tozza, bruttarella ed inespressiva – non è, né può essere, della scuola
gaginesca (andatevi a vedere la madonna di Gibilrossa per convenirne) ma
del noto scultore genovese Massa, venuto a Palermo con un coltivatore di
cave marmoree carraresi, agli ordini dei genovesi, ed i del Carretto
erano di sicura origine genovese. Non erano comunque di Finale Ligure – essendo
d’uopo sghignazzare sul fallace gemellaggio milionario – ma a tutto
concedere, i signori Del Carretto di Racalmuto cominciarono a bleffare
vantando un improbabile marchesato su Savona.
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Immaginarie scene di famigli che picchiano i pacifici
buoi a levare le ancore da Racalmuto .. Vani sforzi cominciò a dire nel 1764
il padre Cantalamessa ... in versi siciliani. Almeno quelli erano
piacevoli. Ora ci ammanniscono vocianti cicalecci di improbabili
recitanti .. ma i soldi se ne vanno a fiumi e non restano neppure a
Racalmuto.
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Ecco era il palazzotto degli Ugo e della Morreale ...
Una donna dei nuovi tempi si direbbe.. Sposò giovanissima un La Licata di
Favara ... restò presto vedova e senza figli, giacché quel La Licata
favarese era già molto vecchio e subito andò nel suo regno dei cieli.
Consumò il matrimonio? Pensiamo di
no.
E la
ragazzina Morreale forse rimase vergine. Sicuramente inappagata. Prese
una schiava negra. Aveva mammelle portentose. La sbirciavano e le
sbirciavano i racalmutesi. Non restò loro altro che dare il nome di minni
di sclava a certe voluttuose specie nere di fichi. .. Il vecchio marito,
corroso da tanta gelosia, cercò di privarla dei beni con un testamento
tutto a favore di santa romana chiesa. Ma la scaltra vedovella fece
finta di niente ed assegnò beni e terreni ai suoi nipoti, compreso un
monaco di cognome Salvo. Tardivamente il Santo Uffizio se ne accorse; scattarono
i suoi rimedi. Nella sacrestia della Matrice le si intentò un processo.
Presidente del santo tribunale un bonario arciprete. La protesse e se non
l'assolse le inflisse penalità sopportabilissime. Qualcosa in tasca
sicuramente gliene venne. Ecco la nostra storia di Racalmuto. Sta scritta
- in latino - nei rolli della confraternita di S. Maria di Giesù che
ancora padre Puma conserva. Ma fino a quando?
(Calogero Taverna)
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S. Giuseppe, Castello Fontana .. ecco come erano
(almeno a metà del '700). Ed ora come sono? Uomini locali, soprintendenti
provinciali, preti e nobilotti hanno ridotto in squallidi edifici questo
squarcio architettonico della Racalmuto verace. Che Dio li maledica. Ecco
uno squarcio della Venuta di La Bedda madre di lu Munti ....é immagine
tarda ... risale alla seconda metà del '700.
Il padre Cantalamessa - agostiniano centuripino di S. Giuliano - cantava
quella vinuta in versi siciliani non spregevoli. Poi il Caruselli
credette di dovere italianizzare il tutto e fu un disastro. Della
candida, nostrana saga rimase ben poco. La data fu stabilita:. fine
maggio del 1503. Oggi tutti vi credono. Beati loro. Sono riusciti a
convincere persino vescovi e monsignori. Di certo i canonici minori,
quelli in viola per intenderci. E poi tanti sacrestani, e soprattutto le
sacrestane, specie le repentite.
Noi non ci crediamo, andremo all'inferno. Intanto fiumi di soldi per
festeggiare, anche con pretenziosi convegni, quella vinuta. Che la
Madonna ci perdoni tutti. Era un tempio del Signore; ne avete fatto una
spelonca di ladri... e qui la spelonca è un monte, a dire il vero un
monticello, vezzoso ma fallace come quei preti che si sono messi a
duplicare, triplicare e moltiplicare quella buffa statua di marmo che sol
perché si erge in quel barocco altare di legno appare bella .. anzi
bellissima. Dalla cintola in sù, con qualche innegabile vezzo. Dalla
cintola in giù .. tozza più delle antiche contadinotte di Santa Nicola o
della Funtana.
(Calogero Taverna)
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I casamenti veri o con materiali moderni, dotati dei dovuti
ausili igienici, potrebbero ospitare (ma a giusto prezzo) i mercanti del
sabato.
Un Hotel de la Ville – alla francese – del Comune potrebbe
accogliere le schiere di visitatori pronti magari a fare del turismo a
margherita.
Vi dovrebbe sorgere la chiesa di Santa Rosalia l’ancor vera
ed unica “padrona” di Racalmuto.
Zona B
Un gran teatro greco all’aperto potrebbe avere
ineguagliabile collocazione nell’ultima ansa del sotto Barona, come abbia già
prospettato con un fotomontaggio.
Zona C
Là dove scorrono acque putride,
tutto sommato in mezzo all’abitato, con pericoli incommensurabili per la
popolazione, un piccolo depuratore e quindi un laghetto, consentirebbe
l’impianto di un singolare orto botaniche con piante ed erbe autoctone.
Guardate questa foto:
Ecco il suo vero nome:
Sternbergia lutea (falso
zafferano)
L’avevo scambiato per crocus ed
invece è pianta medicinale, come piante medicinali sono le seguenti:
N.B.
Noi non siamo botanici. Ci siamo quindi rivolti al Linneo racalmutese che
questa specifica ci aveva dato. Pare che ora, dicembre 2011, abbia cambiato
idea. Da modesti navigatori abbiamo fatto i debiti riscontri e siamo arrivati
alla convinzione che anche allora era tutto esatto. Persistiamo dunque
nell’errore!
I vecchi vitigni poi si potrebbero recuperare per un vino locale quale lo bevevano i nostri più
antichi antenati (e se non ebbero mai fame lo si deve a quell’ubriacante
liquore).
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