ARCHIVIO SEGRETO VATICANO - ASV -
richiesta di fotoriproduzione Roma 2 dicembre 1994 (Ricevute
il 19/12/1994)
SACRA CONGREGAZIONE VESCOVI
E REGOLARI -
Anno
1599 - pos. C-L (posizione G) - Fascicolo inserito.
...........
Beatissimo Padre
L’Episcopo di Girgente del Regno
di Sicilia dice à V.B. che l’è, pervenuto à notitia che alcune persone maligne
per calunniare la bona vita et amministration che l’ha fatto et fa esso
supplicante per esse et per esse et sommisse persone persone hanno informato et
fatto informare à V.B. et alla Sacra Congregation di Cardinali che sso
exponente habbia fatto diversi eccessi in detto vescovado se ben l’esponente
non sappia particolarmente le sinistre antepositioni che hanno fatto perchè da
conto suo ha la conscentia limpia et non può sapere respondere ne dar
disciplina se fosse bisogno à quanto havessero anteposto contra esso nondimeno
è, ben securo delle parti contrarie che ponno haver fatto tal sinistre
machinationi per li menazzi che generalemnte hanno fatto più volte fo voler con
la lor potentia suppeditare all’exponente per respetto che hanno tentato di
farsi exenti della giurisditione della Santa Ecclesia hanno procurato et
procurano di tenere li prelati subditi per farci fare quello che li torna gusto
contra la verità et la giustitia et come avvezzati à far quello che vonno senza
obedire et reconoxere li ministri della Santa Chiesa non havendo potuto far
questo con esso exponente procurano calunniarlo et levarselo d’innante perchè
li pare che habbino molto di non poter più usurpare beni della giurisditione
della Ecclesia come hanno fatto per il passato et perciò con la conrespondenza
che tenno con quella mala gente di detta città di Girgente la quale hà sempre
stato inimica di prelati et l’hà procurato maltrattare et calunniare et
particolarmente con don Petro et don
Gastone del Porto di detta città di Girgente che hanno usato tanto poco
rispetto anzi con sfrenata audacia et temerità hanno provisto contra
l’exponente et l’honore della Santa Ecclesia come appare per informatione, li
quali volendo diffugere il condegno castigo s’hanno congiurato contra esso
exponente et fra l’altri sono il
Principe di Castelvetrano, la duchessa di Bivona, il Marchese di Giuliana, il Conte di Raxhalmuto, il conte
di Vicari, il Baron di Rafadal, il Baron
di San Bartolomeo Don Bartolomeo Tagliavia, diocesani di esso exponente, la magior parte delli quali son parenti concertati
à calunniar l’exponente per causa che esso Principe di castelvetrano
volia che l’exponente condennasse indebitamente al Cler: don Calcerano
Serravilla per usar contrafoco et per far desistere à detto di Serravilla che
non domandasse come domandava innante il viceRè di detto Regno molti migliaia
di scudi che il procuratore et agente generale del detto Principe Alfonso Posterla
s’havia pigliato per forza et con violenza della casa di detto di serravilla
del che ni pretende fin hoggi prosecutione come si vede per una lettera
viceregia del viceRè di detto Regno et per altre scritture et recusando
l’exponente di far aggravio à detto di Serravilla anzi non potendolo tener
carcerato havendolo provisto conforme al dovere di detto di Posterla appellao
per via di gravame alla corte metropolitana archivescovale di Palermo per la
quale fù confirmata la provista fatta per la corte del exponente del che restao
sdegnatissimo esso exponente et ancor perchè esso exponente l’ha stato facendo
vedere alcune scritture per tentare una lite contra esso Principe d’un fegho
chiamato dello Muxaro che è, fegho del Ecclesia appartenente à detto vescovado
et se lo tene occupato esso Principe et la detta duchessa di Bivona sta
colerica et sdegnata contra esso exponente per haver processo contra don Pietro
Cardona suo creato Capitanio della sua città di Bivona come inobediente
dell’Ecclesia et della giurisditione ecclesiastica. Et il detto Marchese di
Giuliana haveria voluto che esso exponente havesse sopportato che il Capitanio
della sua terra di Chiusa habbia preso un clerico et straxxinatolo in terra con
darci molti colpi et ferite, et dopo carceratolo senza che vi facesse
resentimento esso exponente il quale non potendo soffrire che fosse strapazzata
in questa manera la dignità dell’Ecclesia et persone ecclesiastiche ha processo
contra esso Capitanio con disgusto di esso Marchese come ha processo anchora
contra un delegato destinato per esso Marchese il quale per le sue giornate
estorquio et come si prese li denari colti dell’elemosina nella confraternità
di Santa Maria dell’Assuntione di detta terra di Chiusa, tanto più trovando
esso exponente che altra volta detto Marchese, non curando delle censure
ecclesiastiche ne del debito honore di ministri d’Iddio, fece prendere un prete
et lo fece mettere sopra una bestia imbardata, attaccato con tanto vilipendio
et dishonore, come consta per informationi prese alcuni anni sonno per li
predecessori d’esso exponente.
Il detto Conte di Raxhalmuto per respetto che s’ha voluto occupare la
spoglia del arciprete morto di detta sua terra facendoci far certi testamenti
et atti fittitij, falsi et litigiosi, per levar la detta spoglia toccante à
detta Ecclesia, per la qual causa, trovandosi esso Conte debitore di detto
condam Arciprete per diverse partite et parti delli vassalli di esso Conte, per
occuparseli esso conte, come se l’have occupato, et per non pagare ne lassr quello
che si deve per conto di detta spoglia, usao tal termino che per la gran Corte
di detto Regno fece destinare un delegato seculare sotto nome di persone sue
confidenti per far privare ad esso exponente della possessione di detta
spoglia, come in effetto ni lo fece privare, con intento di far mettere in
condentione la giurisditione ecclesiastica con lo regitor di detto Regno. Et
l’exponente processe con tanta pacientia che la medesme giustitia seculare
conoscio haver fatto errore et comandao fosse restituta ad esso exponente la
detta spoglia. Ma con tutto questo, esso Conte non ha voluto pagare quello che
si deve et si tene molti migliara di scudi et molti animali toccanti à detta
spoglia, non ostanti l’excommuniche, censure et monitorij promulgati per esso
exponente et che detta spoglia tocca al exponente appare per fede che fanno li
giurati, per consuetudine provata, et per le misme lettere della giustitia
secolare che ordinao fosse restituta al exponente.
Et più esso Conte ha voluto et vole conoscere et haver giurisditione
sopra li clerici che habitano in detta sua terra di Raxhalmuto et vole che
stiano à sua devotione privi della libertà ecclesiastica, con poterli carcerare
et mal trattare come ha fatto à Cler: Jacopo Vella che l’ha tenuto con tanto vituperio
et dispregio dell’Ecclesia in una oscura fossa “in umbra mortis”, con ceppi,
ferri et muffuli per spatio di doi anni et fin hoggi non ha voluto ne vole
remetterlo al foro ecclesiastico. Anzi, perchè il vicario generale d’esso
exponente impedio a don Geronimo Russo,
genniro d’esso Conte et gubernatore di
detta sua terra, che non dasse, come volia dare, certi tratti di corda à detto
clerico et essendo stato bisognoso per tal causa procedere à monitorij et
excommunica, il detto Conte fece tanto strepito appresso lo regitore di detto
Regno che fece congregare il Consiglio per farlo deliberare che chiamasse ad
esso exponente et al detto Vicario Generale et lo reprendesse, che è, stata la
prima volta che in detto Regno si mettesse in difficultà la potestà delli
prelati per la potentia di detto Conte.
Con lo quale di più esso exponente have liti civili per causa di detti
beni ecclesiastici, per causa di detto archipretato.
Et di più don Cesare parente
di detto Conte, per il suo favore, fece scappare dalle carceri à doi prosecuti
dalla corte episcopale di Girgente, et perchè ni fù prosecuto, diventano
innimici delli prelati.
Et il detto conte di Vicari have havuto et hà colera con esso
exponente perchè li hà requesto che non castigasse al clerico Pietro Canzoneri
prosecuto di nefando crimine per don Gio: Villaraut et perchè detto Conte và
contrariando in ogn’attione al detto di Villaraut per respetto che esso di
Villaraut habbia procurato d’assintare la pretensione del Cardinal Alexandrino,
bona memoria, circa la terra et baronia di Prizzi et à mettere in chiaro che
detta baronia e, delli beni dell’ecclesia non havendo voluto l’exponente far
passare senza castigo à detto di Canzoneri, esso Conte di Vicari l’è, diventato
innimico, et lo detto barone di Rafadale perché hà preteso et pretende lo jus
patronatus della magior Cathedral Ecclesia et sederci esso barone et li soi
figli, parenti et amici et detoo capitulo restare senza il suo conveniente et
solito loco, havendosi deliberato usar forzo et con violenza cacciare detto
capitulo da detto loco nell’ecclesia in tal manera che fù costretto il detto
capitolo fare instantia che si ni dasse avviso al regitor di detto regno perchè
non lassasse usare tal violentia, nè succedesse tumulto, et in questa maneraa
ci raparao. Et con haver esso exponente processo benignamente et con
submissione, per non far succedere rumori, vedendo al detto barone tanto
indurato et congiurato con tutta la sua parentela, et vedendosi esso barone che
non hà potuto haver detto loco, resta disperatissimo contra esso exponente in
tal manera che quando non li hà possuto far altro hà subdutto l’officiali di
detta città, et particolarmente il secreto et giurati del anno, che
s’occupassero, come s’occuparo, la giurisditione che have havuto detto capitolo
ab antiquo in una fera che si fà à San
Giorlando, dalla quale ci ni cavano alcuni proventi per mantenere lo servitio
del culto divino et si ni sustentano li preti che servino in detta ecclesia et
fece far tanto rumore à detti secreto et giurati che li fece occorrere al
regitore del detto regno à lamentarse d’esso exponente che difendia detta
giurisditione.
Et come che s’antiponia
pregiudicio di giurisditione del Rè di Spagna per non si mettere l’exponente in
tal contentione, lassao pigliare à detti secreto et giurati la giurisditione di
detta ecclesia, non potendose defendere per lo detto respetto, non essendo
intentione della detta volontà di detto Rè, ma iniquità di detti barone,
secreto et giurati.
Et lo detto barone di San
Bartholomeo don Bartholomeo Tagliavia, parente del Rev.mo Cardinal Terranova,
et di detti Principe di Castelvetrano et del detto Conte di Raxhalmuto, cognato di
detto Principe et di detto barone di Rafadale, ha conceputo odio contra esso exponente,
perchè esso exponente processe ad interdirci l’ingresso dell’ecclesia et
declararlo incorso in excommunicatione della bolla «In cena Domini» et del
capitulo «si quis, suadente diabolo», perchè, come pretenso Capitan d’armi in
la città di Xacca, volse impedire la visita che faceva il vicario generale
d’esso exponente, non volendo fossero prohibiti li soldati del concubinato
continuo, et volendo conoscere li clerici, come con effetto processe à
conoscerli et mettere, le mani, che senza respetto alcuno della dignità
ecclesiastica et con disobedientia sfacciata, prese et carcerao un clerico in
una carcere oscura chiamata la «grutta di l’oglio» di questo titulo perchè in
quella non ci par mai giorno et fece mettere in ordine la tortura et diede fama
che lo volia appicare di fatto et fece assediare un altro clerico dentro la
magio ecclesia di detta città facendoci entrare li soldati con archibuxi et
armi fin dentro lo thesauro et sacristia per pigliarlo et perchè il detto
vicario generale volse difendere la giurisdition dell’ecclesia et mandao al capitano
delli ministri della sua corte giontamente con il promotor fiscale, et tutta la
corte formata ad inhibire al carcerario che non consignasse detto clerico al
detto Tagliavia, il quale, incontrando l’officiali ecclesiastici, spinto dal
diavolo, pose le mani sopra li detti officiali, et maltrattato al detto capo
delli ministri ecclesiastici, rompendoci la virga, strappazzandolo per terra et
mandandolo carcerato, con haver detto molte ingiurie al detto promotor fiscale.
Il che vedendo esso vicario generale fece monitorio che nessuna persona
impedisse nè disturbasse la giurisditione ecclesiastica, sotto pena
d’excommunica. Et il detto di Tagliavia minazzava li clerici et ministri che li
promulgavano detto monitorio di volerci dare tratti di corda et finalmente
tenne carcerato et assediato al proprio vicario generale con haver fatto sonare
tamburi et congregato tutta la compagnia di soi soldati, li quali pose per
guardia alla casa dove stava detto vicario, levandoci lo commercio et tenendolo talmente prohibito
di conversare che non permettia che ci potessero andar medici à medicare in
detta casa, nè confessori ad examinarsi in detta visita et perchè non potesse
detto vicario dar avviso di tal vexatione, fece serrar tutte le porte di detta
città che è, caso non soccesso altra volta fra christiani, di tal manera che il
mismo regitore di detto regno ci mandao ubn delegato per castigare à detto di
Tagliavia. Et non potendo esso exponente tollerare un dispegio tanto notorio
dell’ecclesia, declarao ad esso di tagliavia per excommunicato papale senza
citarlo, parendoci che per essere stato il delitto notorio non ci sia stato
bisogno citatione et volendo procedere contro d’esso exponente per lettere di
l’Archivescovo di Palermo, per respetto che esso don Bartholomeo di Tagliavia
ottenne lettere «perveniant acta via
gravaminis» dal detto Arcivescovo, et non potendo l’exponente contrastare con
la potentia di dette persone, domandao il bracchio del vice Rè di detto regno
et lo carcerao nelli propri carceri dove lo tenne per alcun tempo et vedendo
esso don Bartholomeo non poter diffugire per detta strada recorse all’Inquisitori di detto regno
pretendendo che come familiare non potesse esser conosciuto et non havendo
expresso la causa della sua prosecutione forno fatte lettere inhibitorie per
detti Inquisitori al Exponente innante li quali esso don Bartholomeo comparse
con memoriale contra esso exponente con parole di pochissimo respetto et di
pregiuditio della dignità vescovale d’esso exponente, ett essendo poi informati
li detti inquisitori non si intromessiro più in detta causa, però con tutto
questo esso exponente non hà potuto castigarlo conforme alli soi tanti
demeriti, perchè il giudice della Monarchia di detto regno impedia al exponente
di non poterla fare et declarao che sia
stato fatto aggravio à detto di Tagliavia di non essere stato citato volendo
tenere opinione contra la commune dottrina di legisti che in delicto notorio ci
sia bisogno citatione et perché esso Principe, detto Conte di Raxhalmuto et
esso don Bartholomeo et anco il Marchese
di Montemagiore, parrastro per affinità di detto don Bartholomeo, non hanno
possuto far desistere ad esso exponente che non prosequisca al sudetto di
Tagliavia ci sonno intrati in magior odio et pare à tutte le predette persone
che non possano usare la loro solita et sfrenata potentia di volere essere
superiori delli prelati della santa
Chiesa et di usurparse la giurisditione et li beni di quella et perchè non
sonno più patroni come sonno stati delli preti, clerici et persone
ecclesiastice, habitanti nelle loro terre, stati et baronie, perchè esso
exponente non li hà voluto tollerare questo, non per ambitione ma per zelo
della giurisditione et ministri della santa Chiesa, come tutto questo che
sìhave exposto appare per scritture piblice in questo incartamento et per tal
causa hanno procurato con sinistre informationi et con falsie concertate per
submisse persone, con depositioni di loro vassalli et persone confiderati et
gente devota ad essi senza monstrar, scoprirse, calunniare ad esso exponente
appresso V.B. et detta sacra Congregation di Cardinali come si n’hanno già attato ? amminazzandolo publicanmente
nella cittòà di Palermo et in altre parti et non li manchiranno testimonij
falsi tanto per la potentia loro che son patroni di tanti vassalli, apparentati
con signori di detto regno, quanto perchè in detto regno vi è, abondantia et copia di falsie et testimonij falsi et li
sanno molto ben concertare. Perchè non è, giusto che habbino
loco le calunnie contra l’honore di un prelato per le potentie di
persone seculari che sarria darci magior audacia di perder del in tutto il respetto alli prelati et ministri della santa
Chiesa. Supplica perciò V.B. sia servita restare informata di questa verità che è, conforme (et) have
exposto et comandare che l’exponenti possi sapere quello che hanno anteposto
per dare sodisfatione sofficientissima et farria chiarire che son tutte
calunnie et falsie d’emoli et per poter V.B. castigare à dette persone,
innimici delli ministri d’Iddio et Dio li conceda à V.B. salute et longa vita.
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Alla S.tà di N. S.
Alla Congregatione de Vescovi
Il Vescovo di
Girgento
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Vita di Don Giovanni Horosco
Covarruvias Vescovo
di Girgento da tre anni in quà
ch’è in
questa Diocesi
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1. - la sua persona una conditione che per il
soverchio pasto che fà et per il bevere una volta il giorno et una la notte
lansa (?) et per questo effetto ne succeddono molti inconvenienti circa
l’amministratione et cura d’Anime che non sa dove sia nè tampoco quello che fà
che vive peggio di un animale, onde li medici concludono che un giorno sarà che
con il vomitare tanto spesso che fà, lo soffocarà il pasto, per attendere tanto
al cibo che tutto il giorno stà sonnachioso et quasi semihuomo et non sà far
altro che dormire.
2. -
Scandaloso et scommunicato
|
Alle visite de monasterij s’hà
dimostrato molto inesperto à tale officio, non sapendo cosa sia visita di
prelato nè tampoco letto ma letto si bene cose d’huomini morti nell’inferno
come come appare nel suo studio che non tiene eccetto libri d’historia onde in
quelli facendo visita la vigilia di S. Pietro all’Abbatia grande si pose in una
camera di moniali facendo venire collatione et in presenza di tante moniali et
huomini in sua presenza si pose a fare collatione nel detto monastero et fatta
collatione si faceva dare da bere dalla più bella monacha che si trovava nel
monasterio ponendoci la sua beretta sopra il capo, toccandola con la mano in
faccia, alli mascilli, diceva: questa è grande amica mia.
Et doppo fatto questo si pose à
dormire nella propria camera et altri suoi creati stavano nel monasterio, non
convenendo. Alla risvegliata si fece venir acqua dalla sopradetta; si lavò le
mani e la faccia; dimandò l’orinale; orinò inante tante monache ad un canto di
camera, non convenendo à suo officio farlo.
Disobediente et lascivo
|
3.- In Xacca fece cose mirabili.
Mangiò et fece collatione come di sopra
pigliandosi presenti, contra le declaratione fatta in Palermo alli
monasterij moniali, non poter li monache far presenti, pigliando amicitia con
certe monache, partendosi partendosi li soleva scrivere. Accapitò una lettera
di risposta d’una monacha al detto Vescovo in mano d’un Religioso. Facendola
leggere in confessione ad alcuni canonici , si vidde in quella grandissimo
animo male et lascivo alle cose dedicate al Signor, onde la tenne riservata con
molta antia. Et certi sacerdoti molto di buona vita di quelle parti dicono cosi
mirabili et in mezo della piazza si
parlava et mormorava publicamente. Dicevano che non conveniva farlo prelato ma
farlo far monaco, che magnasse et dormisse come è il suo solito et doppò lansa
che il pasto et attende che alla crapula come è il suo intento.
4. -
Scandaloso
|
Il detto, venendo furfanti che
saltavano in banco, si li faceva venir al suo Vescovado et illà recitavano cose
profane non convenendo recitare d’innante ad esso prelato et di sua persona lo
carnevale faceva vestire un suo paggio di donna. Quale dormiva innanti il suo
lettoet doppò lo faceva ballare, ond’esso alle volte faceva la sua parte. Et
questo impara a suoi creati in presenza di molti cavaglieri. In una farsa esso
teneva la guida di detta farsa come haversi stato comediante; far ripresentare comedie lascive in sua casa
publicamente, essendo proibito à prelati questo.
5. -
Scandaloso
nano.
|
Il detto, convitando la città il Giovedì santo,
et il capitolo ancora, et doppò haver
fatto solenne apparato et banchetto, non convenendo farlo, infine della mensa
dove doveva fare inessortatione et predica, come conveniva à Prelato à tal
giorno, havendosi seppellito et postosi al monumento N. Sig.re,
al contrario, fece pigliare un suo nano buffone, con suo vestito
quartiato di bianco e di turchino, con un capoccio in testa à modo d’una simia
- cosa ridicolosa à vederlo - sopra detta mensa, et con le sue proprie
mani ci sonava una tavola, et lo fece
ballare sopra la detta mensa, facendoci fare cacatombi (sic). Et le voci
andavano sino al ciel et li risi grandissimi, con molta admiratione di cui fù
presente et lo seppe.
6. -
nano
scandaloso
|
Un Giorno, facendo il detto
ordinationi generali, essendo vestito Pontificale, si pose il mastro notaro à
chiamare quelli che dovevano esser ordinati, infrà li quali fece mettere il suo
nano buffone la soprapelliccia è farlo chiamare come ordinante. Et comparso il
nano buffone mezo l’ordinanti, che parce più tosto come comedia che
ordinatione, et furno tanti li risi et gridi che fecero gl’ordinanti che per un pezo non si sentiva
nessuno. Arrivato il detto nano buffone innanti d’esso, ci levò la
soprapelliccia et li tagliò con li
forfici il tuppo della fronte.
7: -
Homicidio
|
Concorse il detto alla morte di Luciano lo
Messinese, che per haverci ammazzato il suo sergente, in compagnia con il s.r
Michel la Seta, Gioseppo Xaxa et suo genero, che li compagni del detto bandito
l’havessero ammazzato, come fù , mandandoci signali ch’era la sua volontà, come
ci mandò il suo annello delle mani, promettendoci il viato, come ad istanza del
detto Michele la Seta l’hebbero, declarando essi banditi inanti ad alcuni amici
come Monsignore ci lo fece fare.
8.-
Disobediente della Sede Apostolica.
|
S’imagina
exssere Papa et Rè: fà quel che vuole et non obedisce nè consig. nè moti
proprij nè tampoco determinationi di Cardinali, delli quali si vede che ordina
li suoi creati innati li tre anni contro quelli Capitoli del sacro Concilio
Tridentino, che «incipit Episcopus familiarem suorum &», come al licentiato
Ferdinando l’ordinò sudiacono et Diacono innanti il sudetto tempo; et anco
ordinò D. Mario di Palermo sudiacono con non haver stato à pena un’anno0 senza
patrimonio et benefitio, nè tampoco sà leggere si hà supplicato al detto che
quando teneva carcerati alcun’huomini constituti in dignità, che ci desse
cercere competente al grado suo, come è stato dichiarato dall’Ill.mi Cardinali
alli Canonici di Messina, et esso non hà voluto eseguire, anzi ponerli in
inferiore loco alli carceri maggiori della città di Girgente.
9. -
Concurso
à laici.
|
Il detto, per i grandissimi aggravij che ha fatto alli poveri prosecuti indegnamente
et à tanto per non voler eseguire i suoi falsi mandati, gl’hà processato et
quelli havendo ricorso al metropoli di gravaminis trasmettendoci gl’atti et
fattoci suppliche protestatorij in
lettre con grandissime spese del Metropoli, quelli non hà voluto esseguire, et
appellando detti prosecuti alla Santità di Papa Clemente vjjj et alla santa
Sede Apostolica, ci denegò il recurso à detta Sede Apostolica, consultandola
con la Regia Monarchia, dando altro superiore a S. Santità, come appare alle
scritture di Don Francesco Navarra Canonico Agrigentino.
10. -
Contra il Motu proprio di Sisto.
|
Il detto ha ordinato persone
poenitus ignoranti che non sanno tampoco leggere nè scrivere il suo nome contra
il motu proprio della fe: mem: di Papa Sisto et di quel Capitolo “contra male
promotos”, n’hà ordinato infinitissimi, come per sua Diocesi et extra.
11.- Il detto hà ordinato persone
irregolari et certi chierici prosecuti di Naro con grandissimo scandalo et
romore, doppò che l’hebbe ordinato.
12. - Il detto hà huomini di
malissima vita, li quali lo consigliano; hanno campato et campano come
secolari, tenendo puttane in casa et extra, facendoci figli maschi et femine.
Li quali li maritano publicamente, essendoli detti sacerdoti et constituti in
dignità. Et esso gl’ha fatto visitatori di monasterij moniali, mandandoli lupi
tra li pecore et delli monaci cui è guardata di quà et di là, cosa certo
pessima ad intendersi da tutti, et le povere monache parlando sopra di questo
che non conveniva nè tampoco era buono, furno poste carcerate come appare nel
monastero grande di Girgenti, et quelli tenevano le chiavi di dette monache hor
cogitate.
13. -
Usurpatore.
|
Il detto hà tenuto et tiene
l’intrate et pensioni che deve alla chiesa, non curandosi di scommunica, di poi
ch’è venuto. Et quella detta chiesa stà per cadere per essersi fatte alcune
fessure, come hanno dichiarato i capi mastri del Regno che caderà frà poco
tempo con scritture publiche fatte di sue proprie mani, che non basteranno, se
lei cade, da numero di sessanta mille
scudi. Et esso non n’hà voluto far
niente anzi c’hà tenuto li sudetti et
poco si cura di questo et chi ni parlasse gl’era nimico capitale et lo poneva
carcerato.
14. -
Usurpatore.
|
Il detto, havendosi ricuperato
300 et tante oncie dalla Regia Corte per la morte del q- Don Francesco del
Pozzo della pensione dell’Episcopato che deve 500 scudi, l’hanno applicati alla
detta fabrica ecclesiastica, il detto sol l’hà pigliato senza scrupolo di
censuirla et spenderseli à suo modo et alla detta Chiesa senza spenderci un
quattrino, come appare per polize fatte al Thesoriero di tali dennari.
15. -
Usurpatore.
|
Il detto si prese un thesauro
ecclesiastico dove stavano le robbe
della detta Chiesa et lo volsi “loco mutui” per un’anno sinchè si faceva il suo
studio et hora son passati tanti tempi, onde la Chiesa patisce rt hà patito
tanti danni, perdite et maltrattamenti di robba, essendo gittati trà lochi
stretti et non conviene maltrattare detta robba stando con bona conscienza,
pigliandosi giucali, tovaglie, paramenti di calici, candilori, calici et patene d’oro, pigliandosi reliquarij
aprendoli auctoritate propria del Thesauro
oro, argento; levandole messe della Chiesa dell’obligo per sparagnare
non tenendo capellano et se la fà dire entro il suo Episcopato.
16. - Li suoi creati et praecisè
il suo confessore passato, huomo di grandissima malavita, essendo monaco fuori
della sua Religione, che non potendo havere (sendo carnale) donne per sfogare
il suo male appetito quelle faceva processare li riduceva carcerate in una
carcere et ivi redotte sotto l’auttorità della giustitia le violavano
publicamente la notte e’l giorno.
17. - Il detto suo confessore frà
Giovanni era tanto lascivo della carne ch’era la notte incontrato con la mula
di Mnsignore che andava un di Petra sua puttana et quella attaccava dietro la
porta. Diceva la messa ogni mattina con grandissimo scandalo. Di più lo detto
teneva li dennari dell’elemosina et li poveri andavano un di esso et esso per
fama publica si diceva per la città haver profanato molte vergini figliole
ch’andavano à domandarci l’elemosina. Come s’è visto che una donna povera di
conditione nobile andò al detto frà Giovanni et espose la sua necessità che
teneva una figliola; quel tempo era
d’haverla collocata et per non potere per essere povera donna supplicò sua
Reverenza trattare con Monsignore li
volesse dar la charità. Il detto Episcopo li mandò à dire che ci voleva dare
oncie 5. et il buon Padre le disse: «ho fatto quanto havete voluto. Monsignore
vi dona oncie cinque et oncie cinque vi dono io et lasciatemi colcare con
vostra figlia inanti che si marita, altrimenti non haverete nè l’uno nè
l’altro.» Et la donna lo incominciò à riprendere et lo seppe Monsignore dallì à
tempo et non ne fece niente, anzi disse che non era vero come fù vero, essendoci testimonij degni di fede.
18.- Vi fù un monaco suo theologo
dell’ordine di S. Augustino il quale si chiamava P.dre Honofrio, quale
Monsignore mandava spessisime volte delegato. Arrobava publicamente essendo
essaminatore con il Vicario generale. Passò certi ignoranti che à pena sapevano
leggere della Licata et se ne presero oncie dodici facendo simonia. Et da certi
altri ordinanti certi cantari di formaggio et cascicavalli. Et facendosene
parole di questo intrà la sala sopravenne Monsignore. Volse sapere ciò si
trattava; li fu detto il tutto et Monsignore disse: «io tengo carta che quelli
ci lo diranno in faccia», et dicendo
tiri spagnuoli tra essi l’un l’altro si posero molto à ridere et non se ne
trattò più.
19. -
Gio:
Dios
|
Di più, portò un huomo con esso
da Spagna, chiama[to] Gio: Dios, il qual di subito ch’arrivò à Girgente, lo
fece visitare et sopra di delegato in Diocesi. Et si partì et conferisi nella
città di Sambuca. Incominciò ad arrobbare publicamente che furno costretti
ricorrere all’Arcivescovo di Palermo, et in fine al Vicerè, onde venute molte
lettere che Monsignore ci lo mandasse in Palermo acciò desse conto del tutto:
come stava che buoi, giomenti, muli, porci, frumenti, orzo, formagio et robbe
tutte queste così rubbatole. Et vedendosi così affrontato il detto Monsignore
lo fece imbarcare per Malta per non essere affrontato. Et doppò che fù arrivato
in Spagna il detto Gio: Dios incominciò à dir male de l’ Episcopo che ci fece
fare in sua diocesi, et doppò non fù
habile favorirlo, onde lo seppe suo cognato; fattoci lettere di
riprensioni grandissime; se queste cose havessero arrivato all’orecchie, di
subito l’haveria prohibito del suo beneficio, ond’esso con grandissima malitia
investigò et scrisse che Jan Dios non è venuto per esso chiamato da S. E.; ma
fù mentita perch’esso l’haveva prosecuto.
Essendo qua esso sindi fuggito, il che non fù vero et havendo havuto
questa nuova, di subito voleva dare testimonij alcuni canonici con dire che Jan
Dios era adultero et si godea Donna Petronilla sua criata. Li fù detto che non
ne sapevano niente et se esso lo sapeva lo doveva castigare et proseguire
quando era qua et non hora che è andato.
20. -
Gio:
Dios
|
Senza nulla saputa del Capitolo
fece fare una una lettera approbatoria del Consiglio falsa per la risposta,
fatta di Spagna et curò ? con diligenza che Monsignore si prese il sigillo del
Capitolo; sigillò la lettera confidandosi al Cancellere. Et questo si fece per
non si sapere sua malavita. S’ha accompagnato con questi huomini delli quali
sindi spagna (?) et lo portano dove vogliono essi che hanno rovinato questa
povera Diocesi; che li poveri preti non possono più; se ne vanno fuori ad altra
diocesi, finchè N.S. li provederà dal Cielo, cosa che non s’ha saputo à tempi
antichi quello che si fà oggi.
Il detto frà Giovanni et frate
Honofrio, per le gran lettere che vennero di Palermo dall’Arcivescovo et da
S.E. che li volesse mandare di sua casa, che non conveniva à Prelati tener
huomini così di mala vita, come non li mandò.
21.-
Fra
Antonino.
|
Teneva uno in casa sua qual’era
apostata reuscito (?) della sua Religione, chiamato nell’habito frate Antonino
d’Amore dell’Ordine di Santo Domenico; prete, si faceva chiamare D. Francesco
d’Amore, il quale lo fece molte volte delegato et fece tanti miracoli che
altro. Xacca, il Burgio, Caltavellota et Chiusa tutto il giorno et notte non
predicano, nè si può scrivere che si non era chiamato da questa Santa Sede
Apostolica, come molti furno chiamati, di quest’habito haveria stato una gran
rovina. Et era come un orso traditore: peccava di malo vitio et per questo
effetto stette sette anni in galera; et non v’era peccato che non l’havesse
adoperato. Monsignore, tutto così, lo favoriva.
22. -
Creati.
|
Il detto Monsignore hà proseguito
molti suoi creati delegati et quelli mandandoli à pigliare à posta et
provandoci con testimonij cosi mirabili, arrobamenti et sopra questi officij si
facevano chimarare la tale et la tale donna per causa di testimonij, et doppò
che erano ridotti nelle loro case, le violavano con andare li sudetti delegati
di notte con liuti, tenendo gioco di carte nelle case loro. Quelli li pose
carcerati et voglio fare et voglio dire con farci inventario di tutta la loro
robba, pigliandoci quanti dennari havevano et dippò di là à pochi giorni erano
tristi. Li fece delegati et sono al presente che dove passano ardino largo.
23. -
Homicidio.
|
Et per essere costoro ignoranti se bene
malitiosi et astuti al male, à molte parti fecero inciuntione à donne maritate,
su pena di oncie dieci et della frusta che non dovessero pratticare con li tali
et anco alla persona sospetta. Pervenendo questo a l’orecchie di mariti et
parenti, da subito l’ammazzorno, come in Caltavillotta, che il marito ammazzò
una donna honesta, senza peccato: non convenendo à persone far inciuntione per
il gran pericolo dell’homicidio, come hà successo. Tutto ciò è stato causante
il detto Monsignore che doveva mandar delegati huomini dabene et non figlioli
tristi et di mala vita, onde che alle volte, senza peccato mortale, si partiro
delegati à tarì quaranta, ad instanza del fisco, come fosse giudice della gran
corte.
24. -
Usurpatori.
|
Si dice che le giornate che fanno li delegati
se le piglia Monsignore et per questo vanno tanti delegati il giorno che fanno
un Perù et questo si verifica quando morì un beneficiale, esso si piglia tutti
li frutti non toccandoci et lo povero beneficiale che viene vuol pagare duoi
annate della pensione che deve della sua pensione, come si vede in Girgente
alla parochia di S. Pietro, che se la riscote tutta esso et lo povero
benefitiale non hebbe niente et si moria di fame.
Il simile ha fatto per la morte de l’Arciprete di Raxhalmuto di detta
terra.
25. -
Disobediente della Sede Apostolica.
|
Il detto Monsignore per la gran
cupidità di dennari che tiene in gabelle
li giorni festivi per tutta la sua diocesi et per queste donò, modo et causa, à
quelli che tal gabella prendono d’arrobare essendo tant’alto il prezzo che
c’impongono, non potendo esso Vescovo ingabellare tali giorni, stante esser
così provisto dalla Sacra Congregatione de’ Cardinali. Et di quelli non si cura
poichè quelli giorni festivi si devono esseguire da l’ordinarij delli luochi et
dalli ad opere pie. Ma esso se l’imborsa.
26. -
Subornatore.
|
Il detto Vescovo suole suducere
testimonij con darvi à mangiare et bere et offerirci dennari per sostentare
loro famiglia et giurassero quello che
dice esso, come fece con Vincenzo Cillebba che lo fece giurare contra certi
sacerdoti et canonici dandoci à mangiare
nel suo Vescovato in un suo camerino, mandandoci il mangiare con frà Gio: suo
confessore. Et giurò come volse esso Vescovo. Promettendoci che da subito lo
voleva scarcerare, lo lasciò un giorno carcerato: esso s’imaginò esser tradito;
incominciò dire publicamente inanti tanti carcerati nel castello le carezze et
l’intento che teneva lo sopradetto. Et doppò l’indomani l’uscìo et se lo portò
à sua casa, tenendolo per servitore et creato, onde commessi certi delitti et
fù appicato ad istanza di S.E. nella città di Girgenti. Et inanti ch’havesse
morto, facendosi scrupolo di tal fatto, essendo in potere delli bianchi et di
molti sacerdoti, canonici et secolari, declarò esso confitente che non fù mai
quel che giurò esser la verità ma bugia,
dimandando perdono à chi haveva offeso, che ci fù fatto fare. Et quello diceva
per sgravare sua conscienza.
27. -
Scommunicato.
|
Il detto Vescovo, essendo in Roma
ad effetto per essere approvato Vescovo di Girgente, come fù, ottenne lettera
dalla Sacra Congregatione delli Ill.mi Cardinaliche li frutti della Sede
vacante si dovessero reversare al nuovo successore, qual portò sigillata more
solito. Come fù in Palermo l’aprì et la presentò alla giurisditione temporale,
facendola essecutoriare in Regno senza saputa del Capitolo et di subito il
Capitolo, dandone di questo avviso, mandò in Palermo à lor procuratore et da subito inviaro à
S.S.tà, dal quale ottennero un breve da mons. Giusto che Mons. non movesse li
canonici fin tanto che si determinasse in Curia et provassero l’horatori
immemorab.e. Esso di subito fece intimare capitolo ad istanza sua mandando il suo Vicario generale. Espose la sua
volontà che voleva tre mille scudi della sede vacante, onde alcuni Canonici,
havendo coscienza mala essendo huomini di mala vita et tenendo figlij et
puttane come ci fossero moglie, campano come preto greci et per questo si
contorno pagare come mancia seicento scudi. Alcuni Canonici volendone per la
giurisditione capitolare spettare la sentenza di sua B.ne et doppò pagare
quello toccava giusto et li sopradetti Canonici, quelli che ci davano tali
dennari per questo e davano quest’offerte acciò non facesse indulto della loro
mala vita passata et non se ne trattasse di niente, come fù, tenendoli al suo
palazzo per consigliere, facendoci fare mille errori il giorno et agl’altri ci
cominciò à processare, come appare per suppliche fatte all’Arcivescovo di
Palermocome Metropoli, che per non consentire alla partedi questa sede vacante
et fece questo aggravio à processare. Onde doppò con tutti haverli processato
et esserci escarcerati da detta Metropoli, li compose et sequestratoci cosi
debiti non obstante ancora esser deffinito il negotio in Roma dalla Santità di
Papa Clemente Ottavo come supremo dittatore (?) et quelli se l’hà tenuto et
tiene per forza.
28. -
Scandaloso.
|
Si desidera sapere se il
diavolo può celebrare et dir messaet se
il Prelato se ne può servire famigliarmente come consultore et quel che dice
esso si fà et facendolo à chi sia tenuto.
29. -
Scandaloso.
|
Anco si desidera sapere se uno
sacerdote constituto in dignità accettasse esserci dato il titolo dal diavolo
et fare suo officio et di quello si
avanta tenendosi gloriosissimo appresso delli popoli; se esso può dir messa et
se può tenere beneficio ecclesiastico. Et vedendo li popoli dir messa da lui,
dicono il diavolo del Vescovo dir messa modo molto male et lo lascio
considerare à cui spetta et provedere à chi può.
30. -
Cupido.
|
Il detto Vescovo non usa quelli
termini paterni verso li prosecuti et contra di quello che dispone il sacro
Concilio Tridentino et il Sinodo Diocesano, onde che à questi si deve fare
prima, seconda e 3^ monicione inanti che li processasse; ma esso da subito
prosequisce et quelli mette carcerati come appare nel Erario Fiscale essere
ingarcerato. Et così si fà pagare à cui oncie dieci, a cui venti, à cui trenta,
à cui quattro, et à chi tre, talchè
niuno mai è castigato ma si castigano burli et li popoli dicono
mormorando: «non peccamo et esso se ni piglia li denari sui ledendo l’autorità
sua.»
31. - Il detto Vescovo, venuto che fù in Girgenti
di fresco alla Chiesa, incominciò à mandar fuori del choro di detta chiesa
molte persone che erano venute per ascoltare gl’officij divini, dicendo - esso
Vescovo - che non conveniva los picaros
con los nobles nè tampoco i prosecuti star inanti d’esso et l’inviavano
carcerati, come fù una mattina vedendo la predica di quadragesima Don Natale
Muserava et il medico Lauricella. Questi essendo carcerati à sua istanza
dicevano: «noi tornamo carcerati per haver veduto la predica, non havendo lor
fatto delitto». Et quello andando attorno, ogn’uno temeva venire alla detta
Chiesa et si perse la frequentatione di detta Chiesa.
32. -
Pazzia
|
Il detto Vescovo, trattandosi di
non si che atto di giurisditione della fera sopra le cosi comestibili et
potabile, diede esso Monsignore ordine
sub poena di scommunicatione che nissuno si volesse traperre (?) alla
fera, pigliandosi l’autorità temporale adesso non auditi (?) li ..[giurati (?)] della città che erano soliti
dar la metà sopra le cosi sopradette
acciò non arrobassero li poveri che vanno et vengono in detta fera, havendo
l’occhio alli poveri mandano in Palermo à S.E. dove fù previsto dal Real Patrimonio li giurati haver di far
questo et non il Vescovo come appare per
lettere executoriate nella detta città. Da subito li Giurati fecero exeguire
quanto ci fù imposto. Il detto Vescovo, doppò haver veduto questo, si mosse et
disse li Giurati c’erano incorsi in excommunicatione: così infamò la città di
Girgenti, fugendo sin à Caltafaraci, loco molto vile, dove si dava herba à cavalli
à tempo de state. Et doppò un esserli supplicato, chiese che se ne volessero
venire, seppe che la città se ne voleva venire à pigliare in forma di città .
Esso Vescovo se ne fuggì al Chiuppo ad una mandra in mezo d’huomini di fori
svilendo sua dignità. Illà concorsero molti gentilissimi cavaglieri et Canonici
ad espronarlo che se ne volesse venire. Et illà, in campagna, tra case private,
sopra tavole et buffetti che servivano da mangiare, faceva dir messa come se
fosse stato Papa. Onde et inde era
scandalo molto non vi essendo chiesa né oratorio à tal effetto. Et quelli non
volendo ascoltare, il sopradetto se ne fuggì à Cammarata à stare à S. Jo:, onde
fù costretta la città farne di tutto consapevoli. Mandò duoi giurati con
grandissime spese in Palermo à S. Ecc.a et fattoli ad indendere il tutto si
fece assemblea di diverse parti, concludendo Monsignore haver il torto et li
giurati non haver incorso in scommunica. Et in quella sua mala opinione, si
partiro li giurati con grandissimo honore. Il Vicerè, come luoco tenente di S.
Maestà, hebbe molte lettere acciò l’informasse perchè causa s’è partito da sua
casa et lasciato sua residenza; se qualche inconveniente havesse stato illecito
contra esso, voglia far esperienza di giustizia. Li rispose, per esser infermo
voglìa mutar aria simulando perchè spettava la venuta del Duca di Machina che
vuol rovinare tutti li giurati con grandissimo animo et odio. Li suoi creati
questo publicaro in una processione. Onde si tiene huomo et prelato di molto
poca conscienza et poco sapere. Da subito il Vicerè fè lettere al Vescovo con
il regio patrimonio, che di queste cose vili che faceva n’erano per scrivere à
S. Maestà, onde tre Canonici da bene et molti amati dalla città ci disposero haver sentito questo farlo venire
acciò non si sapessero queste calamità et miserie. Trattano in somma la pace
con la città et con il Vescovo et fatta la detta per lettere, da subito se ne
venne, onde la città ci fece tanti regali che non gl’ha fatto giamai à nissuno
prelato. Con un’entrata pomposissima mandò la città otto cavaglieri fin à
Cammarata, duoi giurati con molta compagnia di cavaglieri fino alla metà del
camino, facendoci un solenne banchetto. Vi fù il Barone di Rafadali come
Capitan d’armi in guerra et vennero in compagnia molti ss.ri Canonici et preti,
facendoci battagliare inanzi che lo
incontrassero. Doppò fattoli la debita riverenza, se lo posero in mezo;
gridavano con lagrime: «Iddio sia lodato che s’è fatta questa pace.» Li
sacerdoti et clerici erano in processione;
per spatio di sei miglia si vedeano un’esercito di clerici. Onde, doppò,
nescì il Sig.r Barone di Cianciana con il sig.r
Buvalandro, Barone di Montechiaro, Jurati in forma di città et li fecero
tanto honore che non l’hanno fatto à nessun Vescovo.
Di poi haver scorto per spatio
d’un miglio un corpo di vita pontificale, con molta compagnia di cavaglieri,
con li maschi, trombette et tabale lo ricevero sotto Santo Petro et li fecero
profondissima riverenza, non guardando à sua ingratitudine et infamia che
l’haveva dnato ma all’’obedienza apostolica et à quella havendo l’occhio.
All’entrata della città vi si trovò l’infanteria con sue bandiere spiegate et
tabale. Facendo segno d’humiltà, sparavano et s’inchinavano spettando al
prelato, non à sua persona - che non lo meritava. Inanti ch’entrasse la porta,
sparò molti maschi che mai fù tale preparatorio. Et così lo condussero per
tutta la città con grandissimo honore, facendo salva nell’entrata del
vescovato. Li popoli dicevano. «Iddio sia laudato che habbiamo fatto
raccogliere il Vescovo». Et di tutto questo
murmoro et mal’essempio fù lui causa. Et passando pochi giorni, quelli
poveri Canonici che fecero fare questa pace non li potè più vedere. Si servì,
come si servì, di quelli che ci consigliavano che non c’havessero venuto acciò
havessero esseguito loro mala conscienza et stare senza timore, dimostrando
alli poveri clerici et sacerdoti essere tali lupi affamati. Tutto questo fece
la città per dare loro intendere, ad esso et à tutto il mondo, ch’erano
catholici come sono et come diceva esso che pigliava le cose al contrario, onde
il Vicerè con il Real Patrimonio l’hebbe
molto à caro et se bene l’haveva maltrattato tuttavia l’accettavano come padre
et pastore et non come persona odiosa.
33. - Il detto Vescovo, facendo
la visita, conferito che fù à Chiusa per
li mali huomini che teneva et tiene, tenendo cresima in la maggiore Chiesa, li
suoi creati stando alle porte, festeggiando certe nobili donne, s’avvidero li
parenti, dove vi fù tumulto di popoli; sonorno campane all’armi et se non si
salvavano in detta chiesa l’haveriano ammazzato dove era esso. Onde un suo
creato dalla bocca per spatio di molti giorni mandava sangue et esso come
levantino et subito interdisse la terra. Onde recorsero in Palermo li detti
popoli, hebbero la gratia et con suo affronto sonaro le campane all’arme,
facendo festa. Lo tennero et tengono per volubile et quasi pazzo et per questo
s’ha visto esso che doveva far guerra
non và più in visita et per questo manda li suoi visitatori.
34. -
Usurpatore
|
Il detto Vescovo per tutta la sua
Diocesi hà levato molti beneficij semplici con molto scandalo come fù per S.
Stefano. Levata l’entrata alli padri di S. Domenico senza esser intesi, spogliò
dove fù grandissimo rumore et scandalo di popoli havendosi ribellato, levando
il pan di tanti servi di Dio per conferirlo ad un figliolo che non sà scrivere
il suo nome. Così ha levato molti altri beneficij con obligo di messe
conferendoli à suoi creati, dicendo che ci sono troppo messe in questa chiesa.
Et così fà dove và facendosi cognoscere per
huomo odioso. Et proprio ad ogni terra che ciò fà guerra et scandali
molti che non si possono scrivere.
35. -
Pazzo
|
In Xacca ci furno fatti molti
regali et bellissimi banchetti da molti cavaglieri et genti illustri. Et come
fù al fine del mangiare, promise portare et transportare la sede episcopale in
Xacca, onde incominciò à disegnare l’episcopato dicendo quà è buono stare
l’episcopo che lo regalano muccio. Il
simile fece in Naro, voleva trasportare la sede et illà voleva a S. Maestà che
havria fatto quanto esso havrebbe voluto contandoci proragia. Quelli ss.ri
vedendo questo cui ci offerse casa di tre mille scudi et cui dennari; la città
ci offerse non sò quanti dennari contanti. Esso respondeva: «Io son obispos di
Naro et non di Xuvento perchè quelli
sono heretici», alli quali publicamente li chiamava et l’infamava. La cui è
stata et è sempre Catholica patria, onde per le parole sue connobbero essere
huomo molto leggiero et inhabile à tal dignità dicendo queste parole inanti
tanti ss.ri Baroni et sacerdoti honorati et discorse molte parole contra S.
Maestà Catholica come appare dalli Giurati di Girgenti, havendo scritto à S.
Maestà Catholica, contra di cui ci diede il pane standone tutti attoniti et
meravigliati, non solo essi cittadini, ma anco tutto il popolo.
36. -
Disobediente
|
Per il mal’essempio che hà dato di sua vita e
stato mirabile, le cose ch’ha fatto non
potremo noi altri Cavaglieri esplicarle nè narrarle con bocca, ma li diciamo
esser bisogno che fossimo lettori un paro d’anni per legerci cose nuove et stupende, onde negli altri - come
hò detto di sopra - non obedisce nessuno
, non stà à legge. Ha fatto nel suo cortile fare guioco del toro con la ... in
mezo cen..(?), dalli santi Dommi et ecclesia prohibito et esso stare ad una
finestra che dava al detto cortile et ordinava come dovevano fare, ridendo
dosirdinato, onde ne fù causata molta
meraviglia et scandalo.
37. - La vita sua la spende con
huomini vili et con quelli mangia, come per la città, che da molti si è visto
trasere che à sua dignità non conveniva, dimandando di fare colatione et
smersare (?) alli casi di barbieri vili et dicralij (?) di detta corte, essendo
persone vili, facendoci collatione. Anzi alla sua tavola si vidde una sera à
Pinnavaijra, fossaro vile, vestito di lana, in compagnia del Capitanio et di
molt’altri, et il detto fossaro lo burlava alla tavola; diceva à detto Vescovo:
«Monsignore mio, vivi et con la bocca ci faccio il pidico (pidito ?)». Saputosi
la mattina per la città conclusero
essere huomo vile, indegno, immeritevole di tanto bene. Andando à star fuora
come si vide alla vigna di edtto Pinnavarija, si pose che all’hora havendo
finito di mangiare, fece collatione con il pane di Pinnavajra et notorio nigro
come un panno, fomaggi, radici et cipolle zuppe ad un fiasco che fù spasso per
tutta la città et ogn’uno s’ammormora di tal fatto.
38. -
Scandaloso
|
S’hà visto molte volte con il suo
nano buffone mandare à chiamare ad una
giovinetta, mogllie di un suo creato choamato Roderico, giovane molto bella:
quella con sua madre suole entrare nel Vescovato fin alla sua camera dove stà
esso, in presenza di molti, onde non si hà potuto sapere quel che facevano,
sebene dava molto scandalo et murmuro, che ci doveva parlare publicamente fuor
dal vescovato, non andandoci occulto: Ma alla fine del Vespro all’hora che li
parrini andavano à detta chiesa, havendo molte vesti nobili di drappi di seta,
essendo essa vilissima et povera, s’imagina che esso ci l’habbia fatto con
molto scandalo.
39. -
Sordido.
|
Delle cosi delli paramenti
dell’Altare n’è indevoto che si vedono le tovaglie lordissime, standosene li
mali suoi sporchi paggi, tenendoci piatti da mangiare di sopra, vedendosi
tovaglie svoltate et strapazzate, pendendo una merà in terra et l’altro per
aria, lo pariete dell’Altare stando nudo, il paraltare stracciato, non essendo
suo ma della chiesa maggiore, con haverci così mala cura che ci dormono li
daini la notte, animali sporchissimi, non convenendo à tal luoco.
40. -
Cupido.
|
Soleva publicamente in Santa
Maria delli Greci far cavare un thesoro chiamato Bradamanti sotto un campanaro,
facendo una cava tanto grande che per il gran peso del campanaro fece moto di
cadere onde à N.S. non piacque. Soleva partirsi dal Vescovato solo in detta
chiesa, facendosi dar le chiavi, con timore delli confrati, per cavare quella
moneta, contra la pragmatica ch’all’hora v’era, con grande scandalo.
41. -
Cupido.
|
Soleva anco andare allo steri con
donne vili et far cavare, volendo trovare il thesoro delli Chiaramonti credendo
pure à sonni. Et quando si dicevano gl’offitiali divini, ch’esso non poteva
andare, per non essere visto mandava il suo confessore fra Gio: et doppò finiti
gl’officij, per essere la chiesa fuori di conversatione, andava esso et non era
visto eccetto da duoi cittadini et forestieri, onde li suoi creati facevano molti
peccati con certe donne. Et si diceva per la città: «Il Vescovo fà cavare una
moneta nel steri et per questo ne pervenne morte». Havendo andato una donna à veder questo li fù
imputata che Christoforo, suo nigromante, che hebbe conservatione carnale. Et lo
diceva la predicatora ad alcune donne. Lo seppe lo marito et la mandò fuori di
questa vita, come appare in quella Città di Girgenti notizia di tutti.
42. -
Cupido.
|
Il suo nigromante Christofaro
andò à cavare per sonni di questa donnamaga, chiamata la predicatora, sopra la
Favara et trovò li signali che disse essa. Esso Vescovo cavalcò, andò via, con
grandissimo scandalo, dando credito à sonni.
43. -
Scandaloso
|
Si diceva che il suo nigromante
faceva fare il lapis philosophorum per i sogni che si vedevano scandalosi, onde
lo ingannò: si prese molti denari et se ne fuggì, lasciandoci appresso il
popolo malo nome di Prelato, attendendo alla pecunia et con mala coscienza con
quelli pratticava.
44. -
Cupido
- Archimista.
|
Fece venire un distillatore che
distillava notte et giorno. Ci voleva far far acque à proposito per fare oro et
argento: voleva far fare quinti essenze quali Dio non volse farvi recusare.
Restò burlato et ne vennero molti
scandali, mali inconvenienti et murmuri delli popoli.
45. -
Cupido
- Archimista.
|
Si prese un argentero per far
plattas et aniglios à sua persona, onde mai potero forgiare et finire una
borstta. Si dice per la città che faceva l’archimia, non convenendo à prelato.
46. -
Scandaloso
|
Il detto è stato murmurato,
essendo prelato et non convenendo alla
sua decenza ch’inanti il suo letto dormisse un paggio sbarbato per
guardia.
47. - Il detto Monsignore fece il
suo vescovato macello publicamente. Si faccia vacche, bovi, iuvenchi et vitelle
contra il ben commune, che v’è prammatica Regia non si poter sfare vitelli
acciò il Regno augumentasse li bestiami et si potesse seminare con facilità. Et
esso publicamente quelli sfaccia molte il giorno facendo perdere al prossimo la
gabella delle carni alli gabellotti Regij et quelli lamentandosi di questo li
voleva carcerare, ricorsero à S.E. . Vennero lettere riprensive
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