Carissimo Alfredo, finalmente una lettera lieta. Eureka
eureka- Ho sempre pensato, ho sempre creduto che finiva così. Come? riporto giù
il tuo testo a maggior tua gloria. Me la rido, dovendo invece piangere, proprio
nel momento in cui ho iniziato un'aspra rissa contro Cuffaro cui si dimezza la
pena per misericordia pontificia
gridando allo scempio umano e culturale che si continua a consumare
contra iura ad Opera nei confronti del mio figliolo "selettivo"
Alfredo Sole, Alfredo Sole - udite udite- scrivendomi a macchina e non con
quella grafia tra l'infantile e il carcerario mi fa sapere che il primo Sole è
spuntato (forse) per lui. Sia lodato il Signore (lo Stato Hegeliano, dico io).
Da bizzarro qual è il
mio figliolo selettivo per tesi che si va scegliere? Un Platone che battaglia
col SOFISTA. Ma Alfredo è più sofista che platonico.
Mi costringe ad andare in libreria e documentarmi sul
Sophisès del signor Platone. Mi dovrò
parare i colpi quando lui ormai Giotto sopraffino mi vorrà far fare la figura
di Cimabue.
Gli manderò Nicola Abbagliano Storia della Filosofia, primo
volume, come tesi scolastica che lui vorrà e saprà demolire in antitesi per
arrivare alla sua TESI da 110 e lode.
Però, al contempo gli mando queste fotocopie di WIKIPEDIA
che secondo me gli possono servire come calapino o bussola di orientamento soprattutto per chiedermi eventualmente
qualche pubblicazione tra quella che vedo diligentemente ivi citata.
Ciao caro figlio selettivo: sono orgoglioso di te
C. Taverna
Sofista (dialogo)da Wikipedia,
l'enciclopedia libera.Sull'essere Plato Silanion Musei Capitolini MC1377.jpg
Ritratto di Platone Autore Platone 1ª ed. originale IV secolo a.C.
Personaggi
Socrate, Straniero di Elea, Teeteto,
Teodoro
è
un dialogo di Platone dedicato a temi ontologici e risalente al periodo dei
dialoghi cosiddetti dialettici o della vecchiaia, cioè l'ultima fase della
produzione del filosofo.
Alla ricerca di una definizione per il
"sofista", figura che si rivelerà sfuggente e che agli occhi di molti
appare simile al "filosofo", o addirittura al politico, lo Straniero
di Elea si ritroverà a dover affrontare il tema del non essere e compiere un
parricidio ai danni di Parmenide: il sofista, infatti, con i suoi discorsi
falsi e ingannevoli, fa apparire come essente ciò che non è, contravvenendo in
questo modo al monito di Parmenide: "Ciò che non è non devi forzare ad
essere" (Sofista, 237a). Vengono così affrontati i quesiti che erano
rimasti irrisolti nel Teeteto e nel Parmenide, dialoghi aporetici a cui si fa
esplicito riferimento in vari passaggi della discussione:[1] dimostrando
dialetticamente l'esistenza del non essere, Platone supera le aporie di questi
due dialoghi, riguardanti l'essere e l'errore, definendo il non essere come
modalità dell'essere, come diversità ("essere altro da"). Tutto ciò
che è, che partecipa dell'essere, risulterà anche non essere – e così anche le
idee saranno identiche a se stesse, ma diverse le une dalle altre, poiché l'una
non sarà l'altra; la realtà trascendente pertanto si articolerà in una
molteplicità di enti, dei quali l'uno non sarà l'altro.[2] L'essere è dunque
una molteplicità, mentre il non essere è infinito (256e).
Indice •1 Trama•2 Il metodo
dicotomico-diairetico•3 Le definizioni di «sofista»•4 Il «parricidio» di
Parmenide•5 Note•6 Bibliografia ◦6.1 Edizioni
italiane◦6.2 Saggi e bibliografia
secondaria•7 Voci correlate•8 Collegamenti esterni Trama[modifica | modifica
wikitesto]
Il Sofista, insieme ai dialoghi Teeteto
e Politico, costituisce una trilogia, l'unica riconoscibile nel corpus
platonico. Al termine del Teeteto (210d), Socrate rimanda la continuazione
della discussione alla mattina successiva, dandosi appuntamento con Teodoro
nello stesso posto; il rinvio è al Sofista, che infatti vede gli stessi
personaggi, a cui si aggiunge lo Straniero di Elea, discutere sugli argomenti concordati;
a questi due dialoghi si aggiunge infine il Politico, in cui si continua la
stessa discussione, e che vede lo Straniero discutere con il giovane Socrate di
argomenti politici (257a). Ad essi funge idealmente da preambolo il Parmenide:
sia nel Teeteto (183e-184a) che nel Sofista (217c) viene ricordato l'incontro
avvenuto parecchi anni prima tra Socrate e l'ormai anziano filosofo eleate.
Nel Sofista, Socrate come da accordo si
incontra con Teodoro e i suoi allievi per continuare la discussione del giorno
addietro. Teodoro ha però portato con sé un ospite, uno Straniero originario di
Elea che dimostra di avere tutte le doti del filosofo. Socrate acconsente a
rendere partecipe l'ospite della discussione, e gli pone una richiesta: cercare
di trovare una definizione per le parole "sofista",
"politico" e "filosofo". Lo Straniero decide di condurre
l'indagine con il metodo diairetico, aiutato dal giovane Teeteto lì presente,
cercando inizialmente la definizione di un tipo umano più semplice da
illustrare, il "pescatore con la lenza", per poi spostarsi su quella
più complessa del "sofista". Vengono passate in rassegna sei
definizioni del sofista, nessuna delle quali risulta esaustiva: 1) cacciatore
di giovani ricchi per denaro; 2) commerciante all'ingrosso di tecniche di
comunicazione; 3) commerciante al minuto delle medesime; 4) venditore di
prodotti fatti in casa (ancora nel senso delle tecniche di comunicazione); 5)
atleta nella lotta che si pratica con i discorsi (erista); 6) purificatore
delle opinioni che impediscono all'anima di arrivare alla verità (quest'ultima
viene anche chiamata "nobile sofistica" per distinguerla dalle
precedenti). Il riepilogo delle sei definizioni (Sofista, 231c7 - 232b2) non
pare tuttavia soddisfacente. Lo Straniero passa pertanto ad elaborare una
settima definizione che colga più da vicino l'aspetto illusionistico del
"logos sofistico, concentrandosi sul tema della tecnica mimetica che
produce immagini difformi dalle cose rappresentate. Sarà proprio in questo
contesto che lo Straniero e Teeteto si imbatteranno nel problema del non
essere: come può un'immagine essere la raffigurazione di ciò che non è? Da
questa domanda ha inizio la sezione centrale del dialogo, dedicata alla
discussione delle tematiche inerenti all'essere e il non essere, con
particolare attenzione alla dottrina di Parmenide. Quest'ultima viene confutata
attraverso l'analisi dei generi sommi. Infine, lo Straniero dà un'ultima
definizione di "sofista".Il metodo dicotomico-diairetico[modifica |
modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio:
Diairesi.
La prima importante questione che viene
posta all'inizio del Sofista è di carattere metodologico, e concerne il metodo
d'indagine da utilizzare per ricercare una definizione per il sofista. Nella
fattispecie, com'è noto, lo Straniero discutendo con Teeteto ricorre alla
dialettica e al metodo diairetico o dicotomico. Il procedimento è così
sintetizzabile: preso un «tutto uno» (ólon), lo si divide nelle due
parti/aspetti complementari che in esso sono riconoscibili, e di queste due
parti si sceglierà quella che interessa per la ricerca in corso, dividendola a
sua volta in due. Così facendo, ripetendo la divisione per ogni aspetto di
nostro interesse fino a giungere all'oggetto d'indagine, l'intero di partenza sarà
alla fine diviso nelle sue varie forme (eidos). Da qui, risalendo a ritroso
seguendo le varie ramificazioni ottenute, è possibile ritrovare la definizione
dell'oggetto studiato, unificando i vari aspetti di nostro interesse. Vi sono
dunque due momenti: il primo consiste in una divisione (diairesis), mentre il
secondo in un'unificazione (coinonia).[3]
Bisogna però essere prudenti nello svolgimento
di questo metodo, poiché è facile sbagliarsi e commettere errori. A questo
riguardo, nel Politico lo Straniero mette in guardia il giovane Socrate
dall'applicarlo troppo alla leggera, raccomandandogli invece di procedere a
passi brevi, analizzando nel dettaglio i vari passaggi:
« Facciamo attenzione a non separare una
parte troppo piccola rispetto alla grandezza e al numero del tutto, e a non
separarla dalla specie cui appartiene: ma la parte che viene separata abbia
sempre insieme la specie. È bellissimo separare direttamente dal resto
l'oggetto della ricerca, nel caso in cui questo si svolga in modo corretto, come
tu poco fa hai fatto, quando, ritenendo di avere tra le mani la distinzione,
hai affrettato il discorso, vedendo che si orientava verso gli uomini; ma,
amico, è molto più sicuro procedere tagliando attraverso le parti mediane, e
sarà più facile imbattersi nei tratti distintivi delle cose. »
(Politico 262a-b; trad.: E. Pegone)
In questo modo è possibile studiare
meglio l'oggetto di indagine e le differenze tra le varie arti (technai),
poiché il metodo diairetico permette di
« comprendere l'affinità e la non
affinità, e sotto questo aspetto le considera tutte alla pari, e per la
somiglianza non stima le une più ridicole delle altre, e in nulla stima più
nobile colui che spiega la caccia tramite la strategia, piuttosto che con
l'arte di ammazzare i pidocchi, ma al limite più presuntuoso. »
(Sofista 227b; trad.: G. Giardini)
Vincenzo Gemito, studio per Il pescatore
(1871)
Ora, applicare questo metodo ad una
figura complessa come quella del sofista è un'impresa ardua. Per facilitare il
compito a Teeteto, lo Straniero decide di iniziare con un oggetto ben più
semplice: il pescatore con la lenza (218e). Punto di partenza è la
constatazione che la pesca con la lenza è un'arte, e che le arti possono essere
poietiche, cioè creano qualcosa, oppure preposte ad acquistare qualcosa;
nell'arte dell'acquistare, a sua volta sono distinguibili l'arte dello
scambiare e quella di impadronirsi di qualcosa contro la volontà di qualcuno;
quest'ultima arte dell'"impadronirsi", poi, può essere esercitata
apertamente, e in questo caso si parla di "lotta", oppure
celatamente, e abbiamo la "caccia"; la caccia, a questo punto, può
essere o di prede inanimate oppure vive, e nel caso di caccia a esseri viventi
bisogna distinguere tra chi caccia animali terrestri e chi invece animali
"remiganti", i quali, a loro volta possono essere alati o acquatici.
Si è così giunti a distinguere la "caccia agli uccelli" dalla
"pesca", ma la ricerca non finisce qui. Anzitutto, la pesca può
essere fatta o per mezzo di "impedimenti" (reti, nasse) o per mezzo
di "colpi" (ami, tridenti), e in questo secondo caso si deve
distinguere la "pesca con il tridente" (che colpisce dall'alto verso
il basso) dalla "pesca con la lenza" (il filo viene tirato dal basso
verso l'alto). A questo punto, lo Straniero non deve fare altro che riunire i
vari aspetti sorti dalla diairesi e dare una definizione per la "pesca con
la lenza" (220a-221c).
Le definizioni di «sofista»[modifica |
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Dopo aver mostrato come si deve
impiegare il metodo diairetico con l'esempio del pescatore con la lenza, lo
Straniero di Elea può ora occuparsi, insieme a Teeteto, dell'argomento della
discussione, cioè il sofista. Dall'analisi emergono sei definizioni:
1.cacciatore di giovani ricchi e famosi
(223b)
2.commerciante all'ingrosso di nozioni
inerenti all'anima (224b)
3.venditore al minuto di nozioni
inerenti all'anima (224d)
4.venditore di prodotti fatti in casa
(ibidem)
5.disputatore di discorsi (225e)
6.purificatore dell'anima dai falsi
concetti (la nobile sofistica)(227b-c)
A ciò si aggiunga che il sofista, per
quanto concerne l'oggetto della sua tecnica, appare come un:
1.uomo capace di discutere di qualsiasi
argomento (231a)
Anzitutto, il sofista mostra di essere
simile al pescatore con la lenza, poiché entrambi sono accomunati dall'attività
di caccia; ma mentre il pescatore caccia animali acquatici, il sofista ricerca
giovani ricchi e facoltosi, attirandoli con la promessa di renderli, dietro
compenso, uomini sapienti e virtuosi (definizione 1).[4] Facendosi pagare per i
propri insegnamenti, il sofista può anche essere visto come un commerciante che
in cambio di denaro fornisce nozioni inerenti all'anima (definizione 2) -
aspetto che viene ulteriormente specificato con la definizione 3. Inoltre,
quando si parla di sofistica non si può dimenticare l'eristica, l'arte del
"battagliare" con i discorsi in modo da mettere a tacere
l'avversario: il sofista, nel senso dato dalla definizione 4, è dunque
paragonabile a un lottatore che combatte con le armi dei logoi. Egli è interessato
al successo nella vita politica, non alla ricerca della verità. Infine, lo
Straniero rintraccia nel sofista anche un lato positivo, quello che consiste
nell'estirpare i concetti errati dall'anima mediante la sua attività paideutica
(226d-e). La definizione 5 mette in imbarazzo i due interlocutori, poiché il
sofista sembra essere accomunabile al filosofo, il quale, simile a un medico,
mette in atto una purificazione dello spirito. Qui si mostra in tutta la sua
chiarezza l'ambiguità che è propria del sofista, il quale esercita la propria
arte mimetizzandosi e fingendo di essere altro da sé. Come emerge dall'abbozzo
della definizione 7, il sofista vanta di essere in grado di insegnare qualsiasi
cosa, di saper parlare di qualsiasi argomento e contraddire con i suoi discorsi
qualsiasi avversario;[5] ma un uomo può essere davvero onnisciente? Come emerge
anche dagli altri dialoghi platonici dedicati alla critica della sofistica, per
parlare di qualcosa è necessario conoscere l'argomento di cui si parla; il
sofista, invece, non possedendo conoscenze specifiche, non potrà mai
contraddire un esperto (233a). L'arte del sofista, in ultima analisi, consiste
nell'ingannare i giovani con discorsi affascinanti, mostrando loro non la
verità, ma una sterile imitazione parodistica della realtà, fatta di vuote
parole.[6]
Il sofista si rivela dunque una figura
perniciosa, dai tratti sfuggenti, che bisogna a tutti i costi delineare in modo
netto, così da evitare confusione. Non è infatti casuale che, alla richiesta di
Socrate in 217c, lo Straniero decida di partire proprio dal sofista: una volta
compreso quale sia il sapere proprio del sofista, sarà più facile individuare
il sapere del filosofo e del politico. Per questo motivo la prima parte del
Sofista (e così sarà anche nel Politico) viene dedicata a questioni
metodologiche, ricercando di definire una techne generale che si avvicini il
più possibile alla techne da studiare, così da poter fare luce su
quest'ultima.[7] Esercitando la diairesi, tuttavia, si divide ogni techne in
due specie tra di loro contrarie, di ognuna delle quali si deve dire che non è
l'altra: per definire il sofista, in ultima analisi si deve dire che cosa egli
non è - ma affermare questo significa superare l'ontologia parmenidea,
questione di non poco conto che impiega la gran parte delle energie dei due
interlocutori. Solo alla fine di questa lunga discussione su essere e non
essere, lo Straniero può ritornare sul sofista e, attraverso una nuova
diairesi, giungere a definire la sofistica come
« l'imitazione dell'arte di
contraddizione, parte simulatrice dell'opinione, del genere che crea apparenze
che deriva dalla capacità di creare immagini, che è parte umana e non divina
dell'arte del creare, la parte cioè che crea meraviglie nei discorsi. »(Sofista
268c)
Il «parricidio» di Parmenide[modifica |
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Parmenide nella Scuola di Atene di
Raffaello Sanzio
Per poter dare una definizione di
sofista, bisogna comprendere come sia possibile l'esistenza di una tecnica che
fa apparire ciò che non è. Lo Straniero afferma testualmente:
« Questo apparire, questo sembrare e non
essere; il fatto che si possa affermare qualcosa, e che questo qualcosa non sia
vero, è un problema di straordinaria difficoltà (...) »
(Sofista 236e)
Affermare di poter dire il non essere
significa violare un caposaldo dell'ontologia di Parmenide, quello secondo cui
il non essere non si può né dire né pensare (237a). Urge allora approfondire la
questione, e compiere quello che lo Straniero definisce un «parricidio» ai
danni del grande filosofo suo connazionale (241d).
Non è qui il caso di dilungarsi sul complesso
rapporto sussistente tra Platone e Parmenide;[8] quello che importa è
comprendere che l'esercizio della dialettica è impossibile se si nega
l'esistenza del non essere. Liquidare la tesi di Parmenide sul non essere è di
estrema importanza per sbarrare la strada agli inganni del sofista, per poterlo
definire con rigore ed evitare che si confonda con il filosofo, con colui cioè
che purifica l'anima dagli errori. A questo scopo, bisogna portare avanti la
ricerca
« non su tutte le forme, per non
confonderci tra molte, ma scegliendone alcune di quelle che vengono chiamate
più grandi, considerando per prima cosa quali siano una per volta, poi, come si
comportano quanto a capacità di congiungersi tra di loro, cosicché, se non
potremo afferrare l'essere e il non essere in tutta chiarezza, almeno su di
essi non ci troveremo privi di argomentazione, per quanto lo consente il
criterio della nostra attuale ricerca. »
(Sofista 254c)
Così facendo, lo Straniero risale ai 5
generi sommi, i 5 predicati fondamentali da cui discendono tutte le cose:
1.essere
2.identico
3.diverso
4.stasi
5.movimento
Il primo principio è l'essere; il
problema sorge però quando si passano a osservare il secondo e il terzo genere,
identico e diverso, e il quarto e il quinto, stasi e movimento: identico e
diverso non sono la stessa cosa, come un oggetto in movimento non può essere
fermo, e viceversa. Ciò impone di accettare l'esistenza del non essere come
modalità dell'essere, in quanto "essere altro da": «per tutti la
natura del diverso, rendendo ciascuno differente dall'ente, lo fa non essere»
(256d-e). Tutti i generi dunque sono collegati all'essere (che è molteplice) e
per questo motivo sono e non sono enti. E se nella contrapposizione tra Stasi e
Movimento è possibile riconoscere, rispettivamente, i concetti fondamentali su
cui si basano le opposte filosofie di Parmenide ed Eraclito, Identico e Diverso
rinviano ai concetti fondamentali della logica che saranno oggetto delle
posteriori analisi aristoteliche.
“ Noi, infatti, da tempo diciamo di
lasciar perdere il contrario dell'essere, che ci sia o no, se è passibile di
esame razionale o se è del tutto irrazionale. Quello che noi abbiamo detto ora,
cioè che il non ente è, o qualcuno ci convince che non è detto bene, dandone la
dimostrazione, o, finché non ne è capace, deve dire anche lui quel che diciamo
noi, che i generi si mescolano gli uni con gli altri e che l'essere e il
diverso attraversano ogni cosa e l'uno l'altro, ma che il diverso venendo ad
avere parte dell'essere, non è, a causa di questa partecipazione, ciò di cui
partecipa, ma è diverso, e poiché è diverso dall'ente è molto chiaro che
necessariamente è il non ente. L'ente poi in quanto a sua volta ha parte del
diverso dagli altri generi, ed essendo diverso da tutti quelli, non è nessuno
di essi è tutti gli altri insieme eccetto se stesso, tanto che a sua volta
l'ente indiscutibilmente per mille cose e in mille situazioni non è, e così
anche gli altri generi, sia uno per uno che tutti insieme, in molti modi sono,
in molti altri no. » (Sofista 258e-259b)
Essere e non essere spiegano l'esistenza di
vero e falso non come interni alle cose, ma esistenti nel mero giudizio. Il
pensiero è discorso, inteso come dialogo muto che l'anima intrattiene con sé
stessa (263e), ed è sempre pensiero di qualcosa, e mai di nulla. L'essere
stesso viene così ricondotto al discorso, al pensiero, poiché il falso consiste
nel dire di una cosa che è di una specie invece che di un'altra, nel dire cioè
di una cosa un essere che non le appartiene, e quindi dire che è ciò che non
è.[9]
1.^ F. Adorno, Introduzione a Platone,
Bari 1997, p. 167.
2.^ F. Adorno, Introduzione a Platone,
Bari 1997, pp. 174-5.
3.^ F. Adorno, Introduzione a Platone,
Bari 1997, pp. 168-9, 180.
4.^ Una definizione simile viene data da
Socrate in Eutidemo 290b.
5.^ Illuminanti al riguardo sono le
parole di Gorgia in Gorgia 457a.
6.^ F. Adorno, Introduzione a Platone,
Bari 1997, pp. 169-170.
7.^ F. Adorno, Introduzione a Platone,
Bari 1997, p. 168.
8.^ Per approfondire la questione, si
rimanda alla voce: Parmenide (dialogo).
9.^ F. Adorno, Introduzione a Platone,
Bari 1997, pp. 176-177.
Bibliografia[modifica | modifica
wikitesto]
Sofista, trad. di A. Zadro, in: Platone,
Opere complete, a cura di G. Giannantoni, Laterza, Bari 1982, vol. 2
•Sofista, a cura di G. Reale, in:
Platone, Tutti gli scritti, Bompiani, Milano 1990
•Sofista, trad. di B. Bianchini,
Armando, Roma 1997
•Sofista, trad. di G. Giardini, in:
Platone, Tutte le opere, a cura di E.V. Maltese, Roma 1997
•Sofista, a cura di F. Fronterotta, Bur,
Milano 2007
•Sofista, a cura di B. Centrone,
Einaudi, Torino 2008
Saggi e bibliografia secondaria[modifica
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•F. Adorno, Introduzione a Platone,
Laterza, Bari 1997
•G. Carchia, La favola dell'essere:
commento al Sofista, Quodlibet, Macerata 1997
•L. M. De Rijk, Plato's Sophist: A Philosophical Commentary, Amsterdam,
North-Holland, 1986
•Etudes sur le Sophiste de Platon, publiées sous la direction de Pierre
Aubenque; les textes de ce volume ont été recueillis par Michel Narcy,
Bibliopolis, Napoli 1991
•M. Heidegger, Il "Sofista" di
Platone, tr. it. a cura di I. Schüssler e N. Curcio, Adelphi, Milano 2013
•M. Migliori, Verso il
"Filosofo": dialettica e ontologia nel "Sofista" di Platone,
«Rivista di filosofia neo-scolastica», 91 (1999), pp. 171–204
•G. Movia, Apparenze essere e verità,
Commentario storico-filosofico al "Sofista" di Platone, Vita e
Pensiero, Milano 1994
•L. Palumbo, Il non essere e
l'apparenza: sul Sofista di Platone, Loffredo, Napoli 1994
•G. Sasso, L'essere e le differenze: sul
"Sofista" di Platone, Il Mulino, Bologna 1991
•A. Zadro, Ricerche sul linguaggio e
sulla logica del sofista, Antenore, Padova 1961
•Dialoghi di Platone: ◦Parmenide◦Teeteto◦Politico◦Filebo•Sofistica•Parmenide•Ontologia•Metafisica
•Essere•Dialettica•Diairesi
•Testo del Sofista (Miti 3000)
•Platone, Sofista, a cura di Beatrice
Bianchini, Armando editore, 1997, anteprima books.google.it
•(EN) Sophist (Progetto Gutenberg)
•Il Parricidio di Parmenide su
Filosofico.net
Politico
Il Sofista (Σοφιστής) è un dialogo di
Platone dedicato a temi ontologici e risalente al periodo dei dialoghi
cosiddetti dialettici o della vecchiaia, cioè l'ultima fase della produzione
del filosofo.
Alla ricerca di una definizione per il
"sofista", figura che si rivelerà sfuggente e che agli occhi di molti
appare simile al "filosofo", o addirittura al politico, lo Straniero
di Elea si ritroverà a dover affrontare il tema del non essere e compiere un parricidio
ai danni di Parmenide: il sofista, infatti, con i suoi discorsi falsi e
ingannevoli, fa apparire come essente ciò che non è, contravvenendo in questo
modo al monito di Parmenide: "Ciò che non è non devi forzare ad
essere" (Sofista, 237a). Vengono così affrontati i quesiti che erano
rimasti irrisolti nel Teeteto e nel Parmenide, dialoghi aporetici a cui si fa
esplicito riferimento in vari passaggi della discussione:[1] dimostrando
dialetticamente l'esistenza del non essere, Platone supera le aporie di questi
due dialoghi, riguardanti l'essere e l'errore, definendo il non essere come
modalità dell'essere, come diversità ("essere altro da"). Tutto ciò
che è, che partecipa dell'essere, risulterà anche non essere – e così anche le
idee saranno identiche a se stesse, ma diverse le une dalle altre, poiché l'una
non sarà l'altra; la realtà trascendente pertanto si articolerà in una
molteplicità di enti, dei quali l'uno non sarà l'altro.[2] L'essere è dunque
una molteplicità, mentre il non essere è infinito (256e).
Indice
[nascondi]
•1 Trama
•2 Il metodo dicotomico-diairetico
•3 Le definizioni di «sofista»
•4 Il «parricidio» di Parmenide
•5 Note
•6 Bibliografia ◦6.1 Edizioni
italiane
◦6.2 Saggi e
bibliografia secondaria
•7 Voci correlate
•8 Collegamenti esterni
Trama[modifica | modifica wikitesto]
Il Sofista, insieme ai dialoghi Teeteto
e Politico, costituisce una trilogia, l'unica riconoscibile nel corpus
platonico. Al termine del Teeteto (210d), Socrate rimanda la continuazione
della discussione alla mattina successiva, dandosi appuntamento con Teodoro
nello stesso posto; il rinvio è al Sofista, che infatti vede gli stessi
personaggi, a cui si aggiunge lo Straniero di Elea, discutere sugli argomenti
concordati; a questi due dialoghi si aggiunge infine il Politico, in cui si
continua la stessa discussione, e che vede lo Straniero discutere con il
giovane Socrate di argomenti politici (257a). Ad essi funge idealmente da
preambolo il Parmenide: sia nel Teeteto (183e-184a) che nel Sofista (217c)
viene ricordato l'incontro avvenuto parecchi anni prima tra Socrate e l'ormai
anziano filosofo eleate.
Nel Sofista, Socrate come da accordo si
incontra con Teodoro e i suoi allievi per continuare la discussione del giorno
addietro. Teodoro ha però portato con sé un ospite, uno Straniero originario di
Elea che dimostra di avere tutte le doti del filosofo. Socrate acconsente a
rendere partecipe l'ospite della discussione, e gli pone una richiesta: cercare
di trovare una definizione per le parole "sofista", "politico"
e "filosofo". Lo Straniero decide di condurre l'indagine con il
metodo diairetico, aiutato dal giovane Teeteto lì presente, cercando
inizialmente la definizione di un tipo umano più semplice da illustrare, il
"pescatore con la lenza", per poi spostarsi su quella più complessa
del "sofista". Vengono passate in rassegna sei definizioni del
sofista, nessuna delle quali risulta esaustiva: 1) cacciatore di giovani ricchi
per denaro; 2) commerciante all'ingrosso di tecniche di comunicazione; 3)
commerciante al minuto delle medesime; 4) venditore di prodotti fatti in casa
(ancora nel senso delle tecniche di comunicazione); 5) atleta nella lotta che
si pratica con i discorsi (erista); 6) purificatore delle opinioni che
impediscono all'anima di arrivare alla verità (quest'ultima viene anche
chiamata "nobile sofistica" per distinguerla dalle precedenti). Il
riepilogo delle sei definizioni (Sofista, 231c7 - 232b2) non pare tuttavia
soddisfacente. Lo Straniero passa pertanto ad elaborare una settima definizione
che colga più da vicino l'aspetto illusionistico del "logos sofistico,
concentrandosi sul tema della tecnica mimetica che produce immagini difformi
dalle cose rappresentate. Sarà proprio in questo contesto che lo Straniero e
Teeteto si imbatteranno nel problema del non essere: come può un'immagine
essere la raffigurazione di ciò che non è? Da questa domanda ha inizio la
sezione centrale del dialogo, dedicata alla discussione delle tematiche
inerenti all'essere e il non essere, con particolare attenzione alla dottrina
di Parmenide. Quest'ultima viene confutata attraverso l'analisi dei generi
sommi. Infine, lo Straniero dà un'ultima definizione di "sofista".
Il metodo dicotomico-diairetico[modifica
| modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio:
Diairesi.
La prima importante questione che viene
posta all'inizio del Sofista è di carattere metodologico, e concerne il metodo
d'indagine da utilizzare per ricercare una definizione per il sofista. Nella
fattispecie, com'è noto, lo Straniero discutendo con Teeteto ricorre alla dialettica
e al metodo diairetico o dicotomico. Il procedimento è così sintetizzabile:
preso un «tutto uno» (ólon), lo si divide nelle due parti/aspetti complementari
che in esso sono riconoscibili, e di queste due parti si sceglierà quella che
interessa per la ricerca in corso, dividendola a sua volta in due. Così
facendo, ripetendo la divisione per ogni aspetto di nostro interesse fino a
giungere all'oggetto d'indagine, l'intero di partenza sarà alla fine diviso
nelle sue varie forme (eidos). Da qui, risalendo a ritroso seguendo le varie
ramificazioni ottenute, è possibile ritrovare la definizione dell'oggetto
studiato, unificando i vari aspetti di nostro interesse. Vi sono dunque due
momenti: il primo consiste in una divisione (diairesis), mentre il secondo in
un'unificazione (coinonia).[3]
Bisogna però essere prudenti nello
svolgimento di questo metodo, poiché è facile sbagliarsi e commettere errori. A
questo riguardo, nel Politico lo Straniero mette in guardia il giovane Socrate
dall'applicarlo troppo alla leggera, raccomandandogli invece di procedere a
passi brevi, analizzando nel dettaglio i vari passaggi:
« Facciamo attenzione a non separare una
parte troppo piccola rispetto alla grandezza e al numero del tutto, e a non
separarla dalla specie cui appartiene: ma la parte che viene separata abbia
sempre insieme la specie. È bellissimo separare direttamente dal resto
l'oggetto della ricerca, nel caso in cui questo si svolga in modo corretto,
come tu poco fa hai fatto, quando, ritenendo di avere tra le mani la
distinzione, hai affrettato il discorso, vedendo che si orientava verso gli
uomini; ma, amico, è molto più sicuro procedere tagliando attraverso le parti
mediane, e sarà più facile imbattersi nei tratti distintivi delle cose. »
(Politico 262a-b; trad.: E. Pegone)
In questo modo è possibile studiare
meglio l'oggetto di indagine e le differenze tra le varie arti (technai),
poiché il metodo diairetico permette di
« comprendere l'affinità e la non
affinità, e sotto questo aspetto le considera tutte alla pari, e per la
somiglianza non stima le une più ridicole delle altre, e in nulla stima più
nobile colui che spiega la caccia tramite la strategia, piuttosto che con
l'arte di ammazzare i pidocchi, ma al limite più presuntuoso. »(Sofista 227b;
trad.: G. Giardi
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