Lillo Taverna
Era il 1956, Sciascia in quello che diverrà il Vangelo di Racalmuto scriveva:
"il parroco del Carmine.... ha avuto venti milioni dal governo per
restaurare la chiesa, buttarla giù e rifarla più brutta." Vero, verissimo.
Certo manca qui una condanna, un monito a non più peccare. Ma i tempi non erano
maturi. Poi divennero maturi. Sciascia coscienza civile ed estetica. Mi sarei
aspettato fulmini e saette quando Madonna della Rocca, San Giuliano, campanile del
Monte, San Pasuale, Matrice (varie volte): giù prima e su dopo "più
brutte" sempre con milioni ed ora anche con qualche miliardo (di
"vecchie lire” però) avuti dal governo. Certo sarebbe bastato un “alt!
dove andate” di un guru di quel livello e tale scempio non più riparabile non
si sarebbe avuto.
Si è fatta una mostra nel 1984. Quanto è costata? Spero che il
mio amico on. Picciolo mi dia la possibilità di rivedere quel rendiconto. Mi guardo
bene dal pensare che Sciascia si sia approfittato di una sola lira. Ma viva Dio!,
quelle orribili foto, quanto sono costate? quei restauri furono almeno a costo
calmierato? Tutti quei preti e monsignori quanti oboli pretesero per mettere
disposizione pale e quadri? Mussomeli davvero era convinta che quel mediocre
quadro con un improbabile fondo nero (bisogna arrivare a Cezane per convincersi
che anche il "nero" è un colore, chissà magari a Burri)? Quando
costò? Dopo tanti sprechi non ebbero manco voglia di fare dei poster decenti
"a futura memoria". I quadri erano lì disponibili. Certo occorrevano
professionisti della fotografia d'arte, non arrendevoli dilettanti, che so
nulla sgraffignarono. Sciascia ha coscienza che non si tratta di "mostra
decente". Parte da Guicciardini (chiamato in causa - senza “tenace
concetto") per finire in svicolamenti medici: "un mistero anche
questo, in definitiva: da affidare ad un oculista, prima che a un critico
d'arte".
Arriva a Racalmuto una
giornalista straniera accreditata al Comune da Sciascia. Quella incurante
magari di mettere in mostra anche le mutande salendo su per malferme scale, scopre
nel sottotetto del comune un preziosissimo vasto archivio che in parte si diceva
dai soliti male intenzionati che era stato bruciato nel 1862. Apriti Cielo!
Sciascia, col suo moscio dire scrive non più di una diecina di righe. Non
volesse il cielo: Diecine di milioni
subito stanziati e presto male spesi. Il seguito lo dovei rappresentare in un intero
libro: cosa che non mancherò di fare se campo. Certo Sciascia era morto quando
dopo traversie i sacchi neri della monnezza ricolmi di quei faldoni della
verità storica racalmutese del dopo lo sbarco di Garibaldi (e credo anche prima)
sono finiti in una sotto terrazza a marcire per compenso di un parente dovuto
giubbilare come assessore. Ma anche quando era vivo, non è che Sciascia se ne
sia molto interessato. Figurati poi i Nocini e dintorni.
Un impagabile catasto
capitario che agrimensori solerti e bravi avevano redatto, era disponibile. Volumi
alti larghi e grossi e rilegati a quel dio ….. erano serviti indebitamente ad uno sbriga faccende
locale per sostituirsi all’assente notaio di fiducia. Finirono in un primo
tempo al Cannone, quindi furono traghettati in pasto ai topi nell'androne del
lascito Elettra Messana. Mi dicono ora trasferito non so dove. Chi mai ha protestato.
E si tratta di cosa più pregevole di una brutta chiesuola di di inquietanti
arrichiyi di fine Ottocento.
Caro Piero: rimbocchiamoci le maniche. Noi siamo pensatori
liberi (senza essere massoni) e sicuramente amiamo questo paese, senza occulti
interessi.
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