Il 20 gennaio 1861 si ebbero le
elezioni: Emerico Amari entra “in ballottazione”. A Girgenti: esito di
ballottaggio. Eletto Specchi.
Il 12 febbraio 1861 a Canicattì
viene eletto il barone D. Salvatore D’Ondes Reggio. Il 5 aprile 1861 a Girgenti
il ballottaggio ha il seguente esito: Dottor G.B. Picone (di origini
racalmutesi) n.° 372 voti; Marchese D. Ignazio Specchi n.° 367 voti: per 5 voti
la vittoria va al Picone. Ma questi rinunzia. Si riaprono i ludi elettorali.
Garibaldi vuole Luigi La Porta da Sambuca. “Nel corso del mese - scrive il
Picone nelle sue Memorie, pag. 656 -
si anima intemperante lotta elettorale. I candidati sono Laporta e il sindaco
dottor Drago. Tutti i garibaldini o veri o finti propendono pel primo, e
vogliono imporsi agli altri cogli insulti, colle minacce. La società operaia
pubblica un proclama incendiario. Si viene quasi alle mani nel Casino
Empedocleo. Si procede alla votazione, e Drago riporta tre voti meno di
Laporta.»
Gli echi al casino di conversazione
racalmutese inevitabili, altrettanto irascibili, infiammati. Le mandorle
toccano quota ducati 22,20 per quintale. Finalmente una buona notizia. Il 2
maggio sono da eleggere i consiglieri provinciali di Girgenti. Racalmuto riesce
a piazzare il barone d. Giuseppe Tulumello Grillo.
Rientra così in scena l’antica
famiglia nobiliare. Sciascia è insolente contro di essa. Fuori tempo massimo,
ancora fanatico della famiglia Matrona, antagonista, ha parole di elogio per
quest’ultima nella introduzione (mirabile) al testo del Tinebra sulla storia di
Racalmuto ed a pag. 11 chiosa: «Non nobile [la famiglia Matrona] - e del resto
nel pasese una sola famiglia aveva titolo nobiliare, quella dei baroni
Tulumello che fu rivale ai Matrona: incerta però resta la legittimità del
titolo - ma di grande e vera nobiltà nel comportamento, negli intendimenti,
nelle opere.» Ci consta invece che i Matrona erano per parte di madre dei Moncada . Più nobili di così! I
Tulumello - discutiamoli quanto vogliamo - ma nobili lo furono sul serio (per
quello che significa nobili. Abbiamo
poi visto don Illuminato Grillo fregiarsi del titolo di barone. Pensiamo a
ragione.
Un precesso d’investitura è lì in
Palermo a testimoniare sulla indubitabilità del loro blasone baronale su
Gibillini (alias il Castelluccio).
Quanto alla nobiltà del comportamento e degli intendimenti dei Matrona, absit iniuria verbis. Una pur vaga
sbirciata ai vari incartamenti degli archivi agrigentini (ed ora anche
racalmutesi), svela ben altro.
Il giorno 7 giugno 1809 si ebbe l’investitura unciarum 157.14.2.3 census super
feudo gibillinorum, in personam D: Joseph Tulumello. Fu l’eccellentissimo dominus marchio D: Franciscus Migliorni
Regius Consiliarius, et Secretarius Status Suae Regiae Majestatis, ad
accordare l’invetitura a D: Franciscus Gaipa Procurator vigore
procurationis in actis notarij D: Gabrielis Cavallaro Terrae Recalmuti, in
nome e per conto di Dn Aloysius Tulumello
veluti tutoris, et pro tempore curatoris D: Joseph Xaverij Tulumello minoris,
del feudo di Gibillini nella rendita prima segnata. E viene narrata la
provenienza del titolo: l’aveva ottenuto dal saserdote D. Nicolò Tulumello che
gliene aveva fatto dono. Quel prete Tulumello, operante a fine Settecento ed
osannato per la pretesa fondazione del Collegio di Maria, aveva acquistato il
feudo dall’ Ill.re D: Julio Antonio
Giardina et Grimaldi Principe Firacaridiorum con atto del notaio Salvatore
Scibona di Palermo in data 22 luglio 1796. Aveva preteso che il suo nome non
apparisse e che l’atto si stipulasse a pro di persona da nominare. Trattandosi
di feudo vi fu controversia anche giudiziaria ma alla fine l’alienazione fu
approvata dal re (“venditio et
dismembratio fuit a Sua Regia Maestate approbata, et confirmata vigore realis
diplomatis de die vigesima nona aprilis anni currentis - 1809 - executoriati
sub die quinta proximi preteriti mensis maij”). L’investitura fu
formalmente ineccepibile: il
mandatario “fecit, flexis genibus juramentum, et homagium debitae fidelitatis, et
vassallagij manibus, et ore commendatam in forma debita, et consueta juxta ,
sacrarum huius Regni constitutionum imperialium, continentiam, et tenorem in
manibus, et posse eiusdem Excellentissimi domini de Migliorini illud
recipientis nomine et pro parte Suae Regiae maestatis Ferdinandi (D.G.) regis
utriusque Siciliae, Hierusalem, Hispaniarum, Hinfantis Ducis Parmae,
Placentiae, Castri mani haereditarii Etruriae Principis, eiusque heredum et
successorum in perpetuum ...” Il titolo baronale era dunque
inattaccabilmente legittimo, la vetustà, magari .. Ma Sciascia non sottilizza,
stronca e passa oltre. Del resto come storico locale, poco gli importa
dell’esatteza di ciò che afferma se ciò gli offre il destro di un aforisma, di
un’acidula insinuazione, di un’atavica vendetta, di una fantasmagoria, di un
apologo. Sono pronto a sostenere il linciaggio, anche nel nostro circolo
Unione, se queste mie note verranno mai alla luce.
Il neo eletto consigliere
provinciale non era come compravano questi dati anagrafici del matrimonio del
Tulumello con donna Maria Angelica Messana:
1842
|
23/11/1842
|
TULUMELLO Dr. D. GIUSEPPE DELLI FURONO BARONE D. LUIGI
|
GRILLO D. MARIA
|
MESSANA D. MARIA ANGELA DEL FU CALOGERO E
|
NALBONE D. LUCIA
|
Atto Matrice N.° 86
|
Ecco cosa scrive E.N. Messana sulla
nobile consorte: «Luigi [Messana era un] borghese arricchito dell’ultimo ‘700
attraverso il commercio degli zolfi, la somministrazione del conte, che tenne
per molti anni, e l’esazione, più tardi della tassa del macino. Don Calogero
Messana era stato fatto speziale dal padre Luigi. La ricchezza ereditata dal
padre gli consentì di sposare, con lauta dote, l’unica figlia Maria Angela al
barone Giuseppe Tulumello, divenuta poi madre di Luigi ed Arcangelo che
incontreremo nel corso di questo scritto.»
Giuseppe Tulumello non era dunque
figlio di Giuseppe Saverio Tulumello,
l’unico ad avere davvero diritto al titolo di barone. Ma pare che questi
morì (l’11/1/1858) senza eredi ed il titolo passò a Luigi Tulumello, il nipote
del fratello Luigi.
Alla fine del secolo XIX, proprio
sul punto del declino definitivo della potente famiglia, i tanti Tulumello
ancora sulla breccia erano i seguenti:
n. ° lista commerciale
|
n.° lista politica
|
Cognome
|
Nome
|
paternità
|
data di nascita
|
Attività comm.
|
|||
285
|
493
|
TULUMELLO
|
LUIGI
|
fu Giuseppe
|
25 luglio 1850
|
Negoziante di zolfi
|
|||
286
|
494
|
TULUMELLO
|
NICOLO'
|
fu Giuseppe
|
10 febbr. 1853
|
Idem
|
|||
287
|
495
|
TULUMELLO
|
SALVATORE
|
fu Giuseppe
|
31 dic. 1860
|
Idem
|
|||
288
|
496
|
TULUMELLO
|
ARCANGELO
|
fu Giuseppe
|
13 sett. 1865
|
Idem
|
|||
289
|
497
|
TULUMELLO
|
NICOLO'
|
fu Luigi
|
14 ott. 1844
|
Idem
|
|||
290
|
498
|
TULUMELLO
|
SALVATORE
|
fu Luigi
|
18 aprile 1847
|
Farmacista
|
|||
291
|
499
|
TULUMELLO
|
VINCENZO
|
fu Luigi
|
16 giugno 1839
|
Neoziante di Cereali.
|
|||
292
|
500
|
TULUMELLO
|
GIUSEPPE
|
fu Vincenzo
|
4 ott. 1851
|
Negoziante di zolfi.
|
|||
293
|
501
|
TULUMELLO
|
GIOVANNI
|
fu Vincenzo
|
18 dic. 1853
|
Idem.
|
|||
294
|
502
|
TULUMELLO
|
BIAGIO
|
di Giuseppe
|
27 aprile 1865
|
Idem.
|
|||
Si può star certi che tutti i dieci
magnifici Tulumello fossero soci del Circolo Unione; ne dominassero le assemblee,
impallinassero gli sgraditi, ricoprissero le cariche di prestigio. Ancora negli
anni ’50, in piena decadenza nobiliare, erano il sale del circolo. S’ispira a
qualche membro della famiglia Sciascia quando tratteggia nelle Parrocchie di Regalpetra la satiriasi
senile del barone Lascuda. I più anziani del sodalizio sono ancor oggi in grado
di farvi nome e cognome - quelli veri - di ognuno dei coloriti personaggi
sciasciani del Circolo della Concordia. A Sciascia è stato perdonato il
dileggio del circolo: una simile infamia a nessuno mai è stata consentita; a
nessuno si consentirà mai.
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