Preannunciato arriva, nuovo ma familiare aureo quaderno. Un poeta non scrive versi, si confessa, si cruccia, rammenta, si distoglie e quindi immagini, onirici segni, invito a sognare a ricordare ad amare a piangere, a rimpiangere.
Il poeta è lui,Calogero Restivo; lo sbocco sono io che amo il tronfio, l'aggressivo, il futuro ma non sono poeta.
Mi sono sempre chiesto qual è l'ultimo orizzonte. Pare che non vi sia. Al poeta la fisica non importa: vede oltre, oltre l'orizzonte, ove C'ERA LA LUNA; corrotta, sorniona,a guatare ciò che non si deve nel "buio della notte/ che si nutre ... di attese di albe limpide di luce e di sole," mentre gli amanti sono nella perversità del nulla, nel "solo parlottio". dediti addirittura ad un "addio condito di sorrisi."
Amori grandi solo per un istante, meglio andare a passi felpati quali umani gatti a sorprendere prede.
Chi sono ora le prede? Mi sa che ora non sono più "le rose in giardino" non c'è più "la coperta di velluto/ sul letto di spose farfalle".
Non sono io il poeta: è lui Calogero Restivo, sobrio nell'immaginare ma avvolgente nel sognare. Dice: "scrivo le parole come risalgono/ dal serbatoio della memoria/ senza belletti e senza fronzoli." Vince lui ma non passa molto e vinco io: "camminato sulle nuvole/ e dialogato/ con la luna e con le stelle/ a tu per tu/ come .. sognato di fare/ e scritto tante volte / con le parole ... chiamate versi".
Solo da domandarsi: "cosa si sente a vivere nel sogno/ se il sogno diventa realtà".
Sinora ho solo scorso, reinventando, riscrivendo. Turbato, estraneo ma colluso. Il poeta e il non poeta. Rileggerò. Forse capirò. Ma che importa? Il cimento col poeta è di brevissima durata.
Calogero Taverna
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