giovedì 5 dicembre 2013

In articulo mortis. Tra lubriche immagini pensose almanaccando il tempo avvenire


In articulo mortis. Tra lubriche immagini pensose almanaccando il tempo avvenire

 

 

Riteniamo che Leonardo Sciascia abbia scritto questo non breve racconto “il Signor T protegge il paese”, tra il 1945 e l’estate del 1947. E’ già un uomo cupo se così scrive: ”gioco in confidenza col tempo, mi rendo familiare la morte,  prendo libertà di assurde immagini e di vani pensieri”.

E’ certo che il fratello non si era ancora suicidato e vediamo Sciascia  far agape con la morte. E ciò in quanto almanacca il tempo tra assurde immagini e vani pensieri. S^ da far baluginare erratiche introspezioni a terapeutici psicanalisti. Non sappiamo se qui Nanà suoni la corda pazza a riflesso del suo ancor intenso “rondismo” o per imperio di un DNA che se non si fosse abbattuto sul fratello, salvandolo, mi pare che qui corri verso propensioni esiziali.

Sposato già da un triennio, anchilosato nel tedioso subire il caro odiato collega pr9nto a buttargli uno schifo di mosca nel suo misero piatto, prigioniero di una eterna sigaretto negli algidi dammusi della Consorzio Agrario racalmutese, quale legame poteva avere verso Racalmuto.

Il paese che ne vien fuori è al limite di uno smarrito rigetto esistenziale. Non è più tattile, è solo un carcere dello spirito: da odiare.

Frequentazioni col tempo, palpeggiamento di sorella morte, tanta assurda immersione in un immaginifico, slabbrato all’orizzonte e pensare senza costrutto: mi è pane quotidiano oggidì; ma sono 80 anni che il tempo mi stria; l’occaso è alla fine.  Mi è oggi abituale pensare immaginando o immaginare pensando: attitudini che  non mi possono più angustiare, per esausto sperimentare. Solo che all’epoca Sciascia era ventiseienne.

 

Io a 26 anni fui costretto a lasciar Racalmuto, il calore di una sana famiglia, un nugolo di buoni ed allegri amici con cui peregrinare da San Pasquale a San Griuoli e ritorno, un vivere bramando magari donne impossibili ma senza eccessive angosce data la comune condizione. Ma da un anno ero stato fuori a Roma. Non ricordo di avere avuto frenesie dementi come quelle di Sciascia nel primo quarto di secolo della mia vita. Lontano tra neve mai vista, in quel di Modena dalla vita cittadina ribaltata rispetto a quella di Racalmuto, e ribaltata im peggio, per Racalmuto iniziai ad avere una nostalgia, un anelito , dei palpiti, delle speranze di ritorno che vieppiù sfumavano e si disperdevano nell’irrealizzabile.

Da allora il mio amore per Racamuto è viscerale, di spiritualissima intensità, di onirica vibrazione. Mia moglie mi irride. Ma io ne so la gaia persistenza.

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