Andando a cercare elementi sul suicidio del fratello di
Leonardo Sciascia, mi imbatto in questa pagina autbiografica di Fuoco
all’Anima. Sciascia è cattolicamente agnostico sin dall’infanzia. Denuncia di
avere avuto nell’infanzia “una educazione assolutamente laica.” Assolutamente.
Madre e zie – tutte le donne della sua infanzia – separano “l’esistenza di Dio
dalla Chiesa e dai preti”. Anticlericalismo e agnosticismo quasi sin dalle
pappe materne. Del padre non si parla. Del resto non è il mondo contadino di un
paese particolare come Racalmuto, il suo - ma “quello della zolfara”. I measmi di Gibillini, Quattro Finaiti,
Pernice, Cozzo Tondo – citandone solo alcune delle miniere – inducono a
ripugnanze infernali, non sono i fiori che sbocciano a primavera, al massimo
consentono allo zafferano di colorarsi di giallo (ma questo è dettaglio ignoto
tutt’ora a più,anche colti.)
Il contadino è avaro, gretto, industrioso; lo zolfataio è
“scilacquone” vive la sua “tragedia” nelle viscere della terra; c’è
l’antimonio: mortale. Spinge la miniera al suicidio. Non azzarda di negare Dio,
lo zolfataio; ma preti, chiesa e chiese, bizzocche e benedizioni sono più
fastidiosi dei fumi dello zolfo nei calcheroni. Alla larga. E le famiglie degli
zolfatai – e a Racalmuto sono (o meglio erano) tante – così pensano, senza
religione esterna (ma con tanta religiosità interna, pensiamo noi).
Ma davvero una donna siciliana, una zia di Sciascia poteva
essere ostile al fascismo? Cautela: “avversione al sopruso, alla violenza”.
Aveva scosso il delitto Matteotti. Solo che i Racalmutesi non potevano “essere
fascisti sino al midollo”. Non erano
manco praticanti nelle cose di Dio . Io sono sicuro: erano (o divennero)
fascisti ed anche convinti e persino fedeli. Dissento da Sciascia. D’accordo,
quanto al rifiuto di compromettere l’anima nelle cose di fede. Refrattari alla
Chiesa - questi racalmutesi – osservanti nei riti ; la domenica a mezzogiono si
può anche andare a messa, perché le regole è meglio rispettarle (se con
compromettono troppo). Noi racalmutesi siamo rivoluzionari a metà e a metà
siamo rispettosi della legge, consuetdinari, meglio il quieto vivere, chiunque
comandi, vengan pure commissari romani. Ma a tanto Sciascia non arriva. Mie
libertà.
Siciliani diversi fra loro? Sì, e la scienza sta
dimostrando che il DNA che è diffuso in questa plaga della Sicilia Meridionale
è incredibilmente atipico, unico. Sì, noi racalmutesi siamo presicani se per
Sicani si intendono quelli che descrive Tucidde, quelli scacciati dall’Etna
mille anni prima della guerra di Troia. A Racalmuto si prosperava
(relativamente, in armonia con i tempi) già da altro paio di migliaia di anni:
i reperti fittili sotto la grotta di Fra Diego lo comprovano. Ma la
Soprintendenza non si accorge ancora che il suo vincolo è stato mistificato e
lascia che impunemente quelle testimonianze archeologicjhe irripetibili vengano
disperse e i tombaroli possono fare affari (magri) anche sotto e nella parete
della grotta del falso fra Diego La Matina.
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