GIBILLINI
Feudo,
Racalmuto, lo fu parzialmente. A fine del ‘600 la sua dimensione era di 705
salme, 15 tumoli, tre mondelli e due quarte, tra area urbana e quella villica.
Ce lo dice l’ultimo conte del Carretto, Girolamo, quello sopravvissuto al
figlio Giuseppe, in un atto giudiziario che tra l’altro recita:
«Item ponit et probare intendit non se tamen
obstringens etc. qualmente il fegho nominato di Racalmuto sito e posto in
questo Regno di Sicilia nel Val di Mazzara consistente in salme
setticentocinque tummina quindeci, mondelli tre e quarti dui cioè in salme
seicento cinquantadue, tummina undeci e mondelli uno di terre lavorative e
salme cinquanta trè, tummina dui e mondelli dui di terre rampanti, valloni,
trazzeri ed altri inclusi in dette salme cinquanta tre, tummina dui e mondelli
dui, salme undeci di terra nel circuito, delle quali e sita e posta la terra
[134] che tiene il nome da detto fegho è posto in menzo delli feghi nominati:
1.
delli
Gibillini e feghi
2.
delli
Cometi;
3.
e fegho
delli Bigini;
4.
del fegho
di Zalora;
5.
del fegho
di Scintilìa;
6.
del stato
e ducato delli Grotti;
7.
del fegho
e principato di Campofranco;
8.
e fegho
della Ciumicìa
e altri confini quale olim tennero e possiderono la quondam
Constanza Claramonte ed Antonio del Carretto e Chiaramonte e doppo Mattheo del
Carretto come veri signori e padroni ed al presente e de presenti parte di
detto fegho come sopra situato e confinato lo tiene e tossiede l’illustre don
geronimo del Carretto e Branciforte come vero signore e padrone per la forma
dell’antichi privileggij et altre scritture stante che il remanente si ritrova
licet nulliter et indebité dismembrato e diviso da detto fegho di Racalmuto
come il tutto fù ed è la verità notorio e fama publica et nihilominus dicant
testes quicquid sciunt, sentiunt, viderunt vel audiverunt etiam extra capitulum
ad intensionem producentis et - - -
Item ponit et probare intendit non se tamen obstringens etc.
qualmente le contrate nominate di Bovo seu Montagna, Pinnavaira, della Rina seu
Scavo Morto, della Difisa, Jacuzzo, Zimmulù, Caliato, Serrone, Pietravella,
Saracino seu Molino dell’Arco, menziarati e Culmitelli sono delli membri e
pertinenze del fegho e stato di Racalmuto ed intra li limini e confini di detto
fegho di Racalmuto come sopra stimato e confinato conforme fù ed è la verità,
notorio e fama publica et nihilominus dicant testes quicquid sciunt, sentiunt,
viderunt vel audiverunt etiam extra capitulum ad intensionem producentis et
- - - ».
Emerge
come il feudo di Gibillini sia cosa ben diversa dalla contea racalmutese. Per
Gibillini, s’intende il territorio degradante tutt’intorno al castello - oggi
denominato Castelluccio - e non soltanto la contrada della omonima miniera, che
forse un tempo non faceva neppure parte di quella terra feudale.
Il primo
accenno storico a Gibillini risale al 21 aprile 1358 ; il diplomatista così
sintetizza il documento che non ritiene di pubblicare:
«Il Re concede al
milite Bernardo de Podiovirid e ai suoi eredi il castello de GIBILINIS, vicino il casale di Racalmuto e prossimo al feudo Buttiyusu
[feudo posto vicino SUTERA n.d.r.], già appartenuto al defunto conte SIMONE di CHIAROMONTE traditore, insieme
a vassalli, territori, erbaggi ed altri dritti; e ciò specialmente perchè il
detto Bernardo si propone a sue spese di recuperare dalle mani dei nemici il
detto castello e conservarlo sotto la regia fedeltà: riservandosi il Re di
emettere il debito privilegio, dopoché il castello sarà ricuperato come sopra.»
Pare che Bernardo de Podiovirid non sia riuscito a prendere
possesso di Gibillini: il feudo ritorna prontamente in mano dei Chiaramonte.
Simone Chiaramonte è personaggio ben noto e fu protagonista di tanti eventi a
cavallo della metà del XIV secolo. Michele da Piazza lo cita varie volte. Il
fiero conte ebbe a dire recisamente a re Ludovico «prius mori eligimus, quam in
potestatem et iurisdictionem incidere
catalanorum»: preferiamo morire anziché finire sotto il potere e la legge dei
catalani. Mera protesta, però; il Chiaramonte è costretto a fuggire in esilio
presso gli angioini. Scoppia la guerra siculo-angioina che si regge
sull’apporto dei traditori. Secondo Michele da Piazza, i chiaramontani, non contenti
né soddisfatti di tanta immensa strage, da loro inferta ai siciliani, si
rivolsero agli antichi nemici della Sicilia per spogliare dello scettro re
Ludovico.
Nel marzo del 1354 i primi rinforzi angioini pervennero a
Palermo e Siracusa. In tale frangente fame e carestia si ebbero improvvise in
Sicilia, favorendo gli invasori. Ne approfittò Simone Chiaramonte “capo della
setta degl’italiani - secondo quel che narra Matteo Villani - [promettendo] ai suoi soccorso di vittuaglia
e forte braccia alla loro difesa: i popoli per l’inopia gli assentirono”.
Prosegue Giunta «queste premesse
spiegano il rapido inizio dell’impresa dell’Acciaioli, il quale accanto a 100
cavalieri, 400 fanti, sei galere, due panfani e tre navi da carico, si presentò
“con trenta barche grosse cariche di grano e d’altra vittuaglia”, sì da
ottenere festose accoglienze da parte
dei Palermitani “che per fame più non aveano vita”, nonché il rapido dilagare
della insurrezione a Siracusa, Agrigento, Licata, Marsala, Enna “e molte altre
terre e castella”». Tra le quali possiamo includere tranquillamente Racalmuto e
Gibillini.
Simone Chiaramonte muore a Messina avvelenato nel 1356, un
paio d’anni prima del citato documento. Ma da lì a pochi anni, Federico IV,
detto il Semplice riuscì a riconciliarsi
con i Chiaramonte e nel febbraio del 1360 accordava un privilegio tutto in
favore di Federico della casa chiaramontana.
Il feudo di Gibillini appare sufficientemente descritto
nell’opera del San Martino de Spucches . Secondo l’araldista il feudo di
Gibillini, quello di Val Mazara, territorio di Naro, da non confondersi con
l’altro ancor oggi chiamato di Gibellina, appartenne, “per antico possesso”
alla famiglia Chiaramonte. Fu Manfredi Chiaramonte a costruirvi la fortezza,
quella che ora è denominata Castelluccio.
L’ultimo della famiglia a possedere il feudo fu Andrea Chiaramonte, quello
che, dichiarato fellone, ebbe la testa tagliata
a Palermo nel giugno del 1392, nel palazzo di sua proprietà, lo Steri.
Re Martino e la regina Maria insediarono quindi Guglielmo
Raimondo Moncada, conte di Caltanissetta. Il feudo divenne ereditario, iure
francorum, con obbligo di servizio militare e cioè con due privilegi,
il primo dato in Catania a 28 gennaio 1392 (registrato in Cancelleria nel
libro 1392 a foglio 221) ; col secondo
diploma, dato ad Alcamo, li 4 aprile 1392 e registrato in Cancelleria nel libro
1392 a foglio 183, fu dichiarato consanguineo dei sovrani, ebbe concessi tutti
i beni stabili e feudali, senza vassalli, posseduti da Manfredi ed Andrea Chiaramonte,
dai loro parenti e dal C.te Artale Alagona, beni siti in Val di Mazara, eccetto
il palazzo dello Steri ed il fondo di S. Erasmo e pochi altri beni. Nel 1397 ad
opera del cardinale Pietro Serra, vescovo di Catania e di Francesco Lagorrica,
il Moncada fu deferito come reo di alto tradimento,
avanti la gran Corte, congregata in Catania; ivi con sentenza 16 novembre 1397
fu dichiarato fellone e reo di lesa maestà ed ebbe confiscati tutti i beni.
Morì di dolore nel 1398.
Subentrò Filippo de Marino, fedelissimo vassallo del Re (1398); non abbiamo la data precisa
della concessione; per quel che vale il de Marino figura possessore del feudo
di Gibillini nel ruolo del 1408 dello pseudo Muscia.
Il feudo pervenne successivamente a Gaspare de Marinis, forse figlio,
forse parente. Da questi, passa al figlio Giosué de Marinis che ne acquisì
l’investitura il 1° aprile 1493 more
francorum, per passare quindi a
Pietro Ponzio de Marinis, investitosene il 16 gennaio 1511 per la morte del
padre e come suo primogenito. Costui sposò Rosaria Moncada che portò in dote i feudi di Calastuppa, Milici, Galassi e Cicutanova, membri della Contea di
Caltanissetta, come risulta dall'investitura presa dalle figlie Giovanna e Maria il
22 settembre 1554 (R. Cancelleria, III Indizione f.96).
Succede
Giovanna De Marinis e Telles, moglie di Ferdinando De Silva, M.se di Favara con
investitura del 15 gennaio 1561, come primogenita e per la morte di Pietro
Ponzio suddetto (Ufficio del Protonotaro, processo investiture libro 1560 f.
271).
Maria De
Marinis Moncada s'investì di Gibillini il 26 dicembre 1568, per donazione e
refuta fattale da Giovanna suddetta, sua sorella (Ufficio del Protonotaro, XII
Indiz. f.479) .
Beatrice
De Marino e Sances de Luna s'investì di
due terzi del feudo il 17 ottobre 1600, per la morte di Alonso de Sanchez suo
marito, che se l'aggiudicò dalla suddetta Giovanna suddetta, M.sa di Favara
(Cancelleria libro dell'anno 1599-1600, f. 15); peraltro v’è pure
un’investitura di questo feudo, datata 7 agosto 1600, a favore di Carlo di Aragona de Marinis, P.pe di
Castelvetrano, figlio di detta Maria de Marinis (R. Cancelleria, XIII Indiz.,
f.160); un’altra investitura la troviamo in data 28 agosto 1605 a favore di
Maria de Marinis per la morte di Carlo suo figlio (R. Cancelleria, III Indiz. ,
f. 491); dopo non ci sono investiture a favore dei Moncada.
Diego
Giardina s'investì di due terzi il 24 gennaio 1615, per donazione fattagli da
Luigi Arias Giardina, suo padre, a cui le due quote furono vendute da Beatrice suddetta,
agli atti di Not. Baldassare Gaeta da Palermo il 5 dicembre 1608 (Cancelleria,
libro 1614-15, f. 265 retro). Vi fu quindi una reinvestitura in data 18
settembre 1622, per la morte del Re Filippo III e successione al trono di
Filippo IV (Conservatoria, libro Invest. 1621-22, f. 283 retro).
Subentra -
sempre nei due terzi - Luigi Giardina Guerara con investitura del 28 febbraio
1625, come primogenito e per la morte di Diego, suo padre (Cancelleria ,
libro del 1624-25, f. 214); viene quindi reinvestito il 29 agosto 1666
per il passaggio della Corona da Filippo IV a Carlo II (Conservatoria, libro
Invest. 1665-66, f. 119). Il Giardina
morì a Naro il 24 novembre 1667
come risulta da fede rilasciata dalla Parrocchia di S. Nicolò.
Diego
Giardina da Naro, come primogenito e per la morte di Luigi suddetto, s'investì
dei due terzi il 7 ottobre 1668
(Conservatoria, libro Invest. 1666-71, f. 89).
Luigi
Gerardo Giardina e Lucchesi prese l’investitura il 9 settembre 1686 dei due terzi, per la morte e quale figlio
primogenito di Diego suddetto (Conservatoria, libro Invest. 1686-89, f. 17).
Diego
Giardina Massa s'investì il 26 agosto 1739, come primogenito e, per la morte di
Luigi Gerardo suddetto, nonché come
rinunziatario dell'usufrutto da parte di Giulia Massa, sua madre, agli
atti di Not. Gaetano Coppola e Messina di Palermo, del 1° ottobre 1738
(Conservatoria, libro Invest. 1738-41, f. 58).
Giulio
Antonio Giardina prese l’investitura dei due terzi il 3 dicembre 1787, come
primogenito e per la morte di Diego suddetto (Conservatoria, libro Invest.
1787-89, f. 25).
Diego
Giardina Naselli s'investì dei due terzi del feudo di Gibellini il 15 luglio
1812, quale primogenito ed erede particolare di Giulio suddetto (Conservatoria
vol. 1188 Invest., f. 124 retro); non
ci sono ulteriori investiture o riconoscimenti.
Ma a
questo punto scoppia il caso Tulumello. Il San Martino de Spucches non segue
bene le vicende feudali di Gibillini.
Comunque nel successivo volume IX - quadro 1454, pag. 221 - intesta:
“onze 157.14.3.5 annuali di censi feudali - GIBELLINI - Cedolario, vol. 2463,
foglio 204” ed indi rettifica:
«Giulio GIARDINA GRIMALDI, Principe di
Ficarazzi s'investì di due terzi del feudo di GIBELLINI a 3 dicembre 1787 come
figlio primogenito ed indubitato successore di Diego GIARDINA e MASSA
(Conservatoria, libro Investiture 1787-89, foglio 25).
1. - Quindi vendette agli atti di Not. Salvatore SCIBONA di
Palermo li 22 luglio 1796 a D. Giovanni SCIMONELLI, pro persona nominanda annue
onze 157, tarì 14, grana 3 e piccioli 5 di censi sopra salme 57, tumoli 11 e
mondelli 2 di terre, dovute sul feudo di Gibellini; e ciò per il prezzo in
capitale di onze 3500 pari a lire 44.625. Il detto Scimoncelli dichiarò agli
atti di Notar Giuseppe ABBATE di Palermo che il vero compratore fu il Sac. D.
Nicolò TOLUMELLO. Per speciale grazia accordata dal Re a 29 aprile 1809 fu
confermato lo smembramento di dette onze 157 e rotte dal feudo di GIBELLINI già
effettuate senza permesso Reale (Conservatoria, libro Mercedes 1806-1808, n. 3
foglio 77).
2. - D. Giuseppe Saverio TOLUMELLO s'investì a 7 giugno 1809
per refuta e donazione a suo favore fatte dal Sac. D. Nicolò sudetto agli atti
di Notar Gabriele Cavallaro di Ragalmuto li 22 aprile 1809 (Conservatoria,
libro Investiture 1809 in poi, foglio 40). Questo titolo non esce nell'«Elenco
ufficiale diffinitivo delle famiglie nobili e titolate di Sicilia» del 1902.
L'interessato non ha curato farsi iscrivere e riconoscere.»
•
* *
Le vaghe
fonti storiche sembrano dunque assegnare l’erezione del Castelluccio a Manfredi
Chiaramonte: la data sarebbe quella del primo decennio del XIV secolo, la
stessa del Castello eretto entro il paese. Manfredi era il fratello di Federico
II Chiaramonte, ritenuto l’artefice “di lu Cannuni”. Perché due fratelli abbiano
deciso di erigere due castelli diversi in territori così contigui, resta un
mistero. Forse la tradizione - tramandataci dal Fazello e dall’Inveges - è
fallace. Quello che è certo che sia il feudo di Gibillini (da Sant’Anna al
Castelluccio sino alla contrada dell’attuale miniera di Gibillini), sia il
feudo di Racalmuto (da Quattrofinaiti al confine con Grotte; dalla Montagna al
Giudeo sino alla Difisa) erano possedimenti della potente famiglia
chiaramontana, e tali sostanzialmente rimasero sino al loro tracollo, alla fine
del XIV secolo, allorché il duca di Montblanc ebbe modo di tagliar la testa ad
Andrea di Chiaramonte. Il feudo di Gibillini passa alla famiglia Moncada, ma
per breve tempo, e quindi alle scialbe case baronali dei Marino, prima, e Giardina,
poi. Il feudo di Racalmuto viene redento da Matteo del Carretto con astuzie
diplomatiche, quanto attendibili Dio solo sa.
Il feudo
di Racalmuto
Le contrade che, grosso modo costituivano, il feudo di
Racalmuto vero e proprio, sono così riepilogabili:
N.°
|
CONTRADA
|
NOTA
|
TOPONIMO ATTUALE
|
N.° pr.
|
N.°
Mappa
|
|||||
1
|
Cava
|
Racalmuto
|
==
|
|||||||
2
|
Fico (o Fontana della Fico)
|
Racalmuto
|
Fico
|
43
|
31
|
|||||
3
|
Malati
|
Racalmuto
|
Malati
|
70
|
47
|
|||||
4
|
Padre Eterno
|
Racalmuto
|
Padre Eterno
|
85
|
18
|
|||||
5
|
Pernici
|
Racalmuto
|
Pernice
|
90
|
3
|
|||||
6
|
Petra dell'Oglio
|
Racalmuto
|
Pietra dell'Olio
|
94
|
22
|
|||||
7
|
Rina
|
Racalmuto
|
Arena
|
6
|
17
|
|||||
8
|
Rocca
|
Racalmuto
|
||||||||
9
|
San Gregorio
|
Racalmuto
|
San Gregorio
|
121
|
31
|
|||||
10
|
Scacci
|
Racalmuto
|
Scaccia
|
125
|
47, 66
|
|||||
11
|
Zaccanello
|
Racalmuto
|
Zaccanello
|
143
|
63
|
|||||
12
|
Fico Amara
|
Racalmuto (confinante con le terre dello Stato di Racalmuto e
con il fego dello Chiuppo)
|
Fico Amara
|
44
|
75
|
|||||
13
|
Cuti
|
Racalmuto (confinanti con li terri dello stato di Racalmuto)
|
Cute
|
35
|
67
|
|||||
14
|
Bovo
|
Racalmuto (fego)
|
Bove
|
12
|
41,42,43
|
|||||
15
|
Canalotto
|
Racalmuto (fego)
|
Canalotto
|
15
|
45
|
|||||
16
|
Cannatuni
|
Racalmuto (fego)
|
Cannatone
|
16
|
1
|
|||||
17
|
Carcarazzo
|
Racalmuto (fego)
|
==
|
|||||||
18
|
Carmine
|
Racalmuto (fego)
|
Carmelo
|
19
|
42,44,45
|
|||||
19
|
Casa Murata
|
Racalmuto (fego)
|
==
|
|||||||
20
|
Casali Vecchio
|
Racalmuto (fego)
|
Casalvecchio
|
21
|
47,48
|
|||||
21
|
Colmitella
|
Racalmuto (fego)
|
Culmitella
|
34
|
64
|
|||||
22
|
Cortigliazzo
|
Racalmuto (fego)
|
||||||||
23
|
Difisa
|
Racalmuto (fego)
|
Vallone della Difesa
|
|||||||
24
|
Donnaphali (o Donnagali o
Donnaxhala)
|
Racalmuto (fego)
|
Donna Fara
|
37
|
2,3
|
|||||
25
|
Garamoli
|
Racalmuto (fego)
|
Garamoli
|
52
|
60,61,69
|
|||||
26
|
Gazzella
|
Racalmuto (fego)
|
Gazzella
|
54
|
57,59
|
|||||
27
|
Jacuzzo
|
Racalmuto (fego)
|
Jacuzzo
|
64
|
4
|
|||||
28
|
Judio
|
Racalmuto (fego)
|
Giudeo
|
58
|
46
|
|||||
29
|
Laco
|
Racalmuto (fego)
|
==
|
|||||||
30
|
Manchi
|
Racalmuto (fego)
|
==
|
|||||||
31
|
Marcatelo
|
Racalmuto (fego)
|
==
|
|||||||
32
|
Marcianti
|
Racalmuto (fego)
|
==
|
|||||||
33
|
Marzafanara (o Marzo Fanara)
|
Racalmuto (fego)
|
Fanara
|
40
|
57, 58, 60
|
|||||
34
|
Menz'Arata (o Mazzarati)
|
Racalmuto (fego)
|
Mezzarati
|
78
|
65,66,67
|
|||||
35
|
Montagna
|
Racalmuto (fego)
|
Montagna
|
80
|
41,42
|
|||||
36
|
Nina
|
Racalmuto (fego)
|
Vecchia Nina
|
138
|
71, 72
|
|||||
37
|
Nuci
|
Racalmuto (fego)
|
Noce
|
82
|
68,70,71,75
|
|||||
38
|
Petranella
|
Racalmuto (fego)
|
==
|
|||||||
39
|
Pidocchio
|
Racalmuto (fego)
|
==
|
|||||||
40
|
Pini di Zicari
|
Racalmuto (fego)
|
Piedi di Zichi
|
92
|
44
|
|||||
41
|
Pinnavaria
|
Racalmuto (fego)
|
==
|
|||||||
42
|
Rocca Russa
|
Racalmuto (fego)
|
Rocca Rossa
|
108
|
59
|
|||||
43
|
Rovetto
|
Racalmuto (fego)
|
Roveto
|
11
|
46
|
|||||
44
|
San Giuliano
|
Racalmuto (fego)
|
San Giuliano
|
120
|
21
|
|||||
45
|
Santa Domenica
|
Racalmuto (fego)
|
||||||||
46
|
Saracino
|
Racalmuto (fego)
|
Saracino
|
124
|
21
|
|||||
47
|
Savuco
|
Racalmuto (fego)
|
==
|
|||||||
48
|
Scala
|
Racalmuto (fego)
|
Scala
|
126
|
62
|
|||||
49
|
Scavo Morto
|
Racalmuto (fego)
|
Arena
|
6
|
17
|
|||||
50
|
Scifitello
|
Racalmuto (fego)
|
Scifi di S. Bernardo (?)
|
127
|
25
|
|||||
51
|
Serrone
|
Rcalmuto (fego)
|
Serone
|
28
|
4,46,62
|
|||||
52
|
Stazzone
|
Racalmuto (fego)
|
==
|
|||||||
53
|
Surfara
|
Racalmuto (fego)
|
==
|
|||||||
54
|
Troiana
|
Racalmuto (fego)
|
Troiana
|
133
|
18
|
|||||
55
|
Turri di Barba
|
Racalmuto (fego)
|
==
|
|||||||
56
|
Zubio
|
Racalmuto (fego)
|
Zubbio
|
144
|
33
|
|||||
57
|
Granci
|
Racalmuto (fego) confinante con 'finaita della Scintilia)
|
Granci
|
59
|
68,69
|
|||||
58
|
Carcia
|
Racalmuto (fego) confinante con le terre dello stato
|
==
|
|||||||
59
|
Granci
|
Racalmuto (fego) nel fego della Scintilia
|
||||||||
60
|
Baruna
|
Racalmuto (fego) ottobre 1714
|
Barona
|
8
|
21
|
|||||
61
|
Carpitella (anche P.ta Carpitella)
|
Racalmuto (stato)
|
Carpitello
|
20
|
0
|
|||||
62
|
Casalivecchio
|
Racalmuto (stato)
|
||||||||
63
|
Nuci e Menta
|
Racalmuto (stato)
|
Menta
|
77
|
61,63,71,72
|
|||||
64
|
Vallone della Difisa
|
Racalmuto (stato)
|
Vallone della Difesa
|
135
|
20
|
|||||
65
|
Santa Maria di Gesù
|
Racalmuto fego)
|
Santa Maria
|
122
|
19, 20
|
|||||
Contrade
del feudo di Gibillini.
Le
contrade del feudo di Gibillini possono, invece, venire così segnalate:
N.°
|
CONTRADA
|
NOTA
|
TOPONIMO ATTUALE
|
N.° pr.
|
N.°
Mappa
|
1
|
Filippuzzo
|
Gibbillini (fego)
|
==
|
||
2
|
Funtanelli
|
Gibbillini (fego)
|
Fico Fontanella
|
45
|
18, 30
|
3
|
Macalubbi
|
Gibbillini (fego)
|
==
|
||
4
|
Mandra del Piano
|
Gibbillini (fego)
|
Mandra di Piano
|
73
|
39
|
5
|
Muluna
|
Gibbillini (fego)
|
Mulona
|
81
|
35,36,51,52
|
6
|
Puzzo
|
Gibbillini (fego)
|
Puzzo
|
103
|
35,48,49
|
7
|
Sant'Anna
|
Gibbillini (fego)
|
Sant'Anna
|
115
|
33
|
8
|
Serrone
|
Gibbillini (fego)
|
|||
9
|
Castello
|
Gibbillini (fego) [1687]
|
Castelluccio
|
22
|
27
|
10
|
Ferraro
|
Gibillini
|
Ferraro
|
41
|
6,9,23,25
|
Le altre
contrade
Dagli
antichi atti emergono anche le seguenti altre contrade:
N.°
|
CONTRADA
|
NOTA
|
TOPONIMO ATTUALE
|
N.° pr.
|
N.°
Mappa
|
1
|
Carmine
|
Grotti (fego)
|
==
|
||
2
|
Nuci
|
Menta (fego)
|
|||
3
|
Pumi (contrata delli Pumi)
|
Menta (fego)
|
Portella di Puma
|
100
|
63, 64
|
4
|
Funtana Dulci
|
Nadore (fego)
|
|||
5
|
Mindulazza
|
Nuci (fego)
|
Mendolazza
|
76
|
68,69
|
Le terre
della Noce e della Menta vengono ambiguamente designate: talora come feudo a parte,
talaltra come pertinenze della contigua contea dei del conte del Carretto. Invero, a ben
riguardare la questione sotto il profilo giuridico, sembrerebbe indubitabile
che si tratti di terre allodiali dei Del Carretto, finite prima ad un ramo
cadetto e poi, nel Seicento, rientrate nella sfera feudale di quella famiglia.
Nessun commento:
Posta un commento