La mia notoria imperizia in queste diavolerie informatiche è
la colpevole della volatizzazione di un commento anonimo - ma credo che sia del
dottore Messana di Montedoro. L’autore crederà che abbia voluto censurarlo
perché il post conteneva un appuntino un po’ critico. Manco per niente. Anzi lo
prego di rinviarmi il post così lo faccio pubblicare come merita, contenendo
note ed osservazioni pregevolissime. Mi chiama storico; mi sento solo
microstorico di Racalmuto. Aggiungo che non ho esaltato la figura del
“montedorese” padre Giuseppe Bufalino Maranella, ex francescano secolarizzato.
Anzi l’ho chiamato “prete quasi durduni”, una categoria quelle dei preti
burduna prosperosa in senso negativo tra il 1820 e il 193° a Racalmuto. Un
campione fu padre Burruano, i cui figli (persino dotati) gli gridano vicino
l’ite missa est: papà chi cciamma ddiri a la mamma: ditici ca cala la pasta ca
ora viegnu.
Il padre Giuseppe Bufalino Maranella, nato in quel di
Montedoro e stanziatosi a Racalmuto dopo aver lasciato il convento francescano
di Girgenti non lasciò nè scrusciu né sciauru: solo parenti stretti che oggi
onorano Racalmuto.
La Caico in vena di sensazionalismo scrisse quello che
scrisse. Non credo che sia stato lo stalliere di lady Chatterley – che ora mi
si dice chiamarsi prosaicamente Augello – a parlare male di padre Bufalino.
Quello che scrive la Caico di certo ebbe a stizzire Sciascia. Leggere quello
che commenta Nanà chiosando il non pregevole testo storico del Tinebra
Martorana. Ho allegato la fotocopia del lungo (per Sciascia) acidulo commento,
sottilmente sfottente Montedoro (che io adoro). Dissento totalmente da
Sciascia. Debbo però giustificare Sciascia: questi di Montedoro lo avevano
preso per un chiosatore di piccole paesane cose. Sciascia fu un grande (il mio
disprezzo va per i nocini, come dire quelli della noce). Gli volevano
presuntuosamente quelli di Montedoro (e questo vizietto ce l’hanno: mancano di
autocritica, figurarsi poi l’autoironia!), fagli fare prefazioni a parti o
storici o letterari di non eccelsi maestri elementari del loro paese o di
codesta sosia anzitempo di Lady Chatterley. Sciascia dribblò e poi infierì. Ho
letto qualche altra deliziosa cosa in parodia di una commentatrice della Caico.
A Montedoro aveva comunque già dato in Galleria negli anni ’50.
Quanto ai preti di Racalmuto, aggiungo che uso per celia
definirmi CATTOLICO, CLERICALE ma fervente NON CREDENTE (in toto). Si dà il
caso che sono nel cuore e nella mente un ghiottissimo mangiapreti. L’altro
giorno mi raccontavano che un prete ancora non morto ma manco vegeto nei
confessionali è un tantinello sporcaccione. Ad una quasi bambina domanda: ma ti
spuntà l’orticello? La quasi bambina non capì e chiese spiegazioni alla
famiglia. Aveva padre e fratelli nerboruti; andarono in case del prete vivo ma
non vegeto e lo riempirono di botte. Il prete dovette ricorrere alle cure
dell’ospedale. Versione dei fatti: dei ladri non solo mi rubarono, ma anche mi
picchiarono. Andrà all’inferno per avere detto una bugia grave o perché peccò
de sexto et de nono; qui ci vuole Pietro
l’Aretino per avere il verdetto d’insegnamento per i confessori. Solo che non
siamo più in quei secoli ove si invocava: sudate o fuochi a preparar metalli.
SEMPRE A PROPOSITO
DELLA CAICO ED ANCHE PER DIMOSTRARE AL DOTTOR MESSANA DI MONTEDORO E AL DOTTOR
LIOTTA CHE SONO PROPRIO DI "TENACE CONCETTO" CHE VUOL DIRE INVECE
"TESTARDO COME UN MULU CALAVRISI",
RITRASCRIVO:
Della signora Caico, che mi richiama un celeberrimo romanzo
inglese con signora insoddisfatta e stalliere pronto a tutto, una cosa
apprezzo: le fotografie. Senza la signora Caico non avremmo più alcuna memoria
della chiesa accanto al Castelluccio.Una chiesa di grande importanza storica
per Racalmuto. Distrutta, pressochè rasa al suolo. Signori che pur vogliono
passare per illuminati cultori delle cose della religione a Racalmutohanno
colpe imperdonabili. Qiella chiesa la potremo ricostruire, ne faremo una
restitutio in pristinum. Cosa centrale per il turismo a Racalmuto, s'intende il
turisno d'élitte, e non quello paninaro sporca strade che ci vogliono
propinare.
Quelli che dovessero
avere foto di quella storica pieve di li castiddara ne facciano pubblicazione,
a futura memoria, perché appunto la memoria ha un futuro; è il futuro. Nessun
ispse dixit può dissolverlo nelle brume del suo occiduo pessimismo. Noi siamo
per la vita, per una ridente Racalmuto. La lugubre REGALPEPRA la laciamo a chi
la vuole ed ai contigui pennivendoli.
E tanto per essere
ligio alla trasparenza la più totale, trascrivo anche il dialogo riservato con
mio cugino Nicolò Falci da Montedoro.
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