g) La flora e questioni botaniche.
Racalmuto
ha per il momento la fortuna di venire, sotto il profilo floro-faunistico –
indagato e fotografato dall’appassionato e competentissimo dott. Giovanni
Salvo, che sta davvero colmando, almeno qui, lacune secolari. Gli si dovrà
tanta gratitudine per le sue pubblicazioni, corredate da splendide fotografie,
sui lineamenti floristici e vegetazionali del territorio di Racalmuto.
Il nostro
territorio – amcor più di quello di Milena – è «fortemente antropizzato e ricco
in specie annuali, nitrofile, mentre esempi di vegetazione naturale si
rinvengono nelle zone impervie e nei calanchi in quanto non adatte all’impianto
di culture.» [1]
Si può affermare che vi attecchiscano oltre 400 entità floristiche che vivono
allo stato spontaneo. La maggior parte di esse è annuale (terofite), le altre
sono erbe perenni o perennanti (emicriptofite e geofite) o arbusti ed alberi
(camefite e fanerofite). Da segnalare: la biscutella
lyrata (Cruciferae), il lathyrus
odoratus L. (Leguminosae), l’Ononis
oligophilla (Leguminosae); la Pimpinella
anisoides (Umbelliferae); il Tragopogon
porrifolius L. subsp. cupani (Guss.) Pigna; la Crepis vesicaria L. subsp. hyemalis ( Biv.) Babc. (Compositae). Ed
inoltre: l’ Erysimum metlesicsii Polatschek
(Cruciferae), l’ Astragalus huetii Bunge
(Leguminosae), la Lavatera agrigentina
Tineo (Malvacee).
Gli studi
sulla confinante Milena hanno portato al seguente censimento della vegetazione
(estensibile ovviamente anche a Racalmuto):
Vegetazione degli ambienti rupestri con queste
presenze: Diplotaxis crassifolia
(Rafin.) DC., Erysimum metlesicsii
Po., Silene fruticosa L., Athamanta sicula L., Sedum dasyphyllum L. Cheilanthes fragrans (L.) Swartz;
Garipa a Thymus
capitatus (L.) Hoffm. et Link con queste presenze: Thymus capitatus, Cistus
Creticus L., Teucrium flavum L., Teucrium fruticans;
Prateria steppica ad Ampelodesmus mauratinicus (Poiret) Dur. et Sch.., con queste
presenze: Ampelodesmos mauritanicus, Anthyllis maura G. Beck, Psoralea
bituminosa L., Kundumannia sicula
(L.) DC, Festuca coerulescens Desf., Hyoseris radiata L., Dactylis hispanica Roth, Brachypodium distachyum (L.) Beauv., Hypochoeris achyrophorus L., Reichardia picroides (L.) Roth, Coronilla
scorpioides Koch, Scorpiurus
muricatus L., Asperula scabra
Presl., Hedysarum spinosissimum L., Urginea maritima (L.) Baker, Convolvulus atltheoides L., Anemone hortensis L., Asparagus acutifolius L., Rubia peregrina L., Dafne gnidium L., Cistus
creticus L.;
Prateria steppica a Lygeum spartum L., con queste presenze: Lygeum spartum L., Catananche
lutea L., Scabiosa dichotoma
Ucria, Daucus aureus Desf., Eringyum dichotomum Desf., Lavatera agrigentina Tin., Ononis oligophylla Te., Aster sorrentinii (Tod.) Lojac.;
Vegetazione ad Arundo
pliniana Turra, con queste presenze: Arundo
pliniana, Cirsium scabrum
(Poiret) Dur. et Barr;
Vegetazione nitrofila e subnitrofila, con queste
presenze: . (durante il periodo estivo-autunnale) Kickxia spuria (L.) Dum. Ssp. Intergrifolia
(Brot.) Fern., Chrozophora tinctoria
(L.) A. Juss., Euphorbia chamaesyce
L., Picris echioides L., Diplotaxis erucoides (L.) DC., Heliotropium europaeum L.,
Sonchus oleraceus L., Chenopodium
opulifolium Schrader, Chenopodium
vulvaria L., Ecballium elaterium
(L.) A. Richard, Solanum nigrum L., Aster squanatus Hieron, Cynodon dactylon (L.) Pers., Polygonum aviculare L., Colvolvulus arvenis L., Delphinium alteratum Sibch. Et Sm., Conyza bonariensis (L.) Con., Ammi visnaga (L.) Lam; (durante quello
invernale primaverile) Calendula arvenis
L. Galactites tomentosa Moene, Centaurea Schouwii, Carlina lanata L., Reichardia
picroides (L.) Roth, Hypochoeris
achryrophorus, Fedia cornucopiae (L.)
Gaerner, Linaria reflexa (L.) Desf., Echium plantaginum L., Borago officinalis L., Cerinthe major L., Lavatera trimestris L., Euphorbia
helioscopia L., Geranium dissectum
L., Hedysarum coronarium L., Hippocrepis unisiliquosa L., Scorpiurus subvillosus L., Lotus ornithopodioides L., Trifolium nigriscens Viv., Trifolium resupinatum L., Trifolium lappaceum, Trifolium squarrosum L., Melilotus infesta Guss., Lathyrus odoratus L. Lathyrus ochrus (L.) DC; (vegetazione infestante il grano) Neslia paniculata (L.) Desv., Torilis nodosa (L.) Gaertner, Carduus pycnocephalus L., Bupleorum lancifolium Hornem, Papaver hybridum L., Ranunculus arvenis L. Bromus rubens; (terofite a ciclo
invernale-primaverile) Legousia falcata
(Ten.) Fritsch, Anacyclus tomentosum
(All.) DC, Rhagadiolus stellatus (L.)
Gaertner, Galium tricornutum Dandy, Ridolfia segetum Moris, Allium nigrum L., Gladiolus italicus Miller, Phalaris
brachystachys Link, Phalaris paradoxa
L., Ornithogalum pyramidale L., Asperula arvenis L., Filago pyramidata L., Euphorbia exigua L., Rapistrum rugosum (L.) ALL., Sinapis arvensis L., Brassica nigra (L.) Koch, Leopoldia comosa (L.) Parl, Scandix pecten.veneris L., Medicago
polymorpha L., Sherardia arvenis L., Lolium
rigidum Gaudin, Sonchus asper
(L.) Hill, Cichorium intibus;
(vegetazione antropogena ai margine delle strade) Chrysanthemum coronarium L. (Crisantemo giallo), Malva nicaeensis All., Anacyclus tomentosum (All.) DC., Hordeum leporinum Link, Notobasis syriaca (L.) Cass., Bromus madritensisi L., Echium plantagineum L., Galactites tomentosa Moench, Erodium malacoides (L.) L’Her., Convolvulus althaeoides L., Beta vulgaris L., Foeniculum vulgare Miller;
Praticelli effimeri a sedum caeruleum L. su gessi, con queste presenze: sedum caeruleum L. (Borracina azzurra), Sedum micranthum Bast., Hypocoeris achyrophorus L., Campanula
erinus L., Poa bullosa L., Valantia muralis L., Trifolium scabrum L., Medicago minima (L.) Bartal., Linum strictum L., Bromus fasciculatus Presl., Trifolium
stellatum L., Stipa capensis
Thunb., Crupina crupinastrum (Moris)
Vis., Vulpia ciliata Dumort, Scilla autumnalis L., Ononis reclinata L., Ononis sieberi Beser? Rumex bucephalophorus L., Arenaria leptoclados Guss., Polygala monspeliaca L. Sideritis romana L.;
Vegetazione degli ambienti acquatici, con queste
presenze: Populus nigra (pioppo nero,
ma molto raro), Tamarix africana
Poiret, Phragmites communis Trin.
(Cannuccia di palude), Equisetum telmateja
Ehrh., Nasturtium officinale R. Br., Apium nodiflorum (L.) Lag., Juncus bofonius.
Spigolando
dal più divulgativo testo di Pratesi e Tassi, a Racalmuto si attagliano le
formazioni vegetali dell’intera Sicilia, fatta eccezione della diffusione del castagno
(Castanea sativa) sull’Etna, «ad opera dell’uomo» [2]
Per il resto, possiamo anche essere pedissequi: «Gli “orizzonti-climax”
presenti nell’isola, e cioè le formazioni più stabili e caratteristiche, sono
essenzialmente quatro» e cioè:
l’Oleo-ceratonion,
«che prospera nelle parti più basse e litoranee, e che consiste in una macchia
sempre verde mediterranea i cui elementi più importanti sono l’oleastro (Olea oleaster), il carrubo (Ceratonia siliqua) e, a tratti, la
inconfondibile palma nana (Chamaerops
humilis), unica palma spontanea del bacino mediterraneo. Per lo più, però,
questa vegetazione è scomparsa [e al suo posto prospera] una tipica graminacea
dei luoghi arifìdi, la Stipa tortilis.»
Altre piante del territorio: il lentisco (Pistacia
lentiscus), la fillirea (Phillyrea
angustifolia) e altri arbusti della macchia mediterranea;
«a livello leggermente più elevato vive la seconda associazione, quella del Quercion ilicis, costituita da una
foresta sempreverde mediterranea a quercia, e soprattutto a leccio (Quercus ilex) e sughera (Quercus suber)». Su una radura nella
parte nord del Castelluccio, rimangono ancora alcuni esemplari di “aggliannari”
(in Traina, vocabolario siciliano: “agghiannara” o “agghiandra” = “frutto della quercia, del cerro, del leccio,
e cibo dei porci: ghianda”). Nei recenti tentativi di forestazione poteva
benissimo darsi impulso a siffatta piantagione, creando altresì le premesse per
un ritorno alle porcilaie tradizionali ove i maiali possano venire depurati,
dai mangimi transgenici, con
“aggliannari” per il ripristino delle ineguagliabili salsicce dei miei tempi,
di cui trovo testimonianze addirittura in carte del ‘600 conservate in Matrice;
«più in alto ancora sta l’orizzonte del Quercion pubescentis, o delle latifoglie
eliofile, nel quale normalmente domina la roverella (Quercus pubescens), ma assai più spesso la degradazione ambientale
ha lasciato solo una formazione a prateria steppica che ha per protagonista
un’altra graminacea (Ampelodesmos tenax).
Qualche volta, in luoghi più freschi e umidi, prende il sopravvento un’altra
specie di quercia spogliante, il cerro (Quercus
cerris).» V’è qualcosa del genere nello sprofondo di Sant’Anna, dopo la grotta dell’innamorata? In ogni caso,
chissà se nel divisato recupero a fini turistici del Castelluccio troverà posto
un rimboschimento con vegetezione autoctona, consona all’orizzonte del Quercion pubescentis!
Non dovrebbe altresì riguardare Racalmuto «il piano
superiore, montano … del Fagion
silvaticae, che ospita le residue formazioni di faggio (Fagus silvatica): qui un
interessantissimo endemismo, l’abete siculo (Abies nebrodensis), oggi quasi distrutto, doveva in passato avere
notevole diffusione.» Speriamo che, sempre al Castelluccio, possano tentarsi
resurrezioni arboree di autoctone faggete.
Continuiamo
a citare: «Purtroppo questa successione di ambienti è ormai in gran parte
alterata e ridotta. Solo qua e là ne rimangono frammenti importanti e
significativi, come avviene per le quattro specie di pini presenti in Sicilia
allo stato spontaneo, di cui non sussistono ormai che esigue colonie: dal pino
laricio (Plinus laricio) sul
massiccio etneo, al pino domestico (Pinus
pinea) sui Monti Peloritani; dal pino marittimo (Pinus noster) di Pantelleria, al pino di Aleppo (Pinus halepensis) delle pendici
dell’altipiano meridionale e di varie isolette circumsiciliane.»
Il pino
siciliano è ormai entrato nella più pretenziosa letteratura. Artefice
principale: il pino di Pirandello. E si sa che anche il nostro Sciascia ebbe a
dire la sua; a dire il vero riportando le apprensioni di un grande entemologo
agrario racalmutese Giovanni Liotta, titolare di cattedra all’Università di
Palermo. Sciascia lo ebbe presente nelle sue conversazioni – in articulo mortis – con il defunto
giornalista Domenico Porzio e l’apprezzamento elagiativo, cui certo Sciascia
non indugiava –nel bellissimo libro “Fuoco all’Anima”, purtroppo oggi censurato
dalla famiglia. Lo Scrittore si era rammentato di una notizia sul pino di
Pirandello che stava per morire che gli era stata fornitagli nell’autunno del
1988, quando già il Liotta era dal febbraio “professore di Ia” dell’
Istituto di Entomologia Agraria di Palermo. Il Liotta ci fornisce ora la
versione autentica di quell’episodio [3]
commentando: «Quando riferivo di questa notizia Leonardo Sciascia non annuiva,
non dissentiva, non faceva alcun cenno palese che desse la certezza di un suo
interesse. […] La notizia di mummificare il pino in realtà l’aveva fatto
inorridire. […] Leonardo era fatto così: era un grande, paziente e infaticabile
ascoltatore e quello che ascoltava, lo scremava, lo elaborava e, se necessario,
lo riproponeva sotto una prospettiva di grande interesse.»
Anche
Racalmuto ha il suo pino “letterario”: quello della casina di campagna dei
matrona alla Noce. Lo rievoca Sciascia, lo celebra Bufalino ( … mantello verdissimo, sormontato
all’orizzonte da un antico albero solitario …. [4]),
ne coglie l’ineffabile incanto, in un momento di corrusca tempesta, il
fotografo Pietro Tulumello (e qui davvero Sciascia ha malie evocative: un paesaggio del tutto simile all’Amor
sacro e all’Amor profano del Tiziano: e la sera trascorre in esso come una
delle tizianesche donne serene ed opulente … [5]).
Noi continuiamo a mirare le chiomate piante che ancora avvolgono la casina di
campagna del Barone Tulumello, al Cozzo della Loggia, sotto il Serrone. Ma
quanto resisteranno?
un micro
orto botanico per Racalmuto
Auspichiamo
che i denudati cozzi attorno alla Fondazione Sciascia ospitino un micro-orto
botanico ove si rinserrino le piante ed i fiori cari a Sciascia. Come, ad
esempio, le magnolie e non tanto per il loro profumo o perché queste
«splendevano … [come] luminose e
profumate donne, di mai più vista bellezza» [6]
E si ricostituiscano le sciasciane “siepi di fichidindia” [7]
e non manchi un tocco rievocativo «dell’intensa coltivazione di alberi di noce»
con «quei grandi alberi che i contadini chiamano di bellu vidiri, con disprezzo: cioè belli a vedersi ma inutili: il
corbezzolo, il caccamo, qualche varietà di ficus. E ci sono gli orti. E queste
sono le oasi, nella gran calura del giorno; né manca, a darne l’illusione, la
palma. La palma de oro y el azul sereno: e questo verso di Machado, palma d’oro in
campo azzurro, è diventato per me una specie di araldico simbolo del luogo.» [8]
E noi auspichiamo anche che nell’«orto» sciasciano abbiano rimembrante dimora
le piante, i fiori, le erbe e pure le gramigne di autoctona progenie
racalmutese. Vorrà il chiarissimo prof. Liotta collaborare ad un siffatto
progetto? Vi è contrario il competentissimo dott. Salvo?
[1]
) Cosimo Marcenò – lineamenti floristici e vegetazionali del territorio di
Milena (CL), in Dalle Capanne alle “robbe”, op. cit., pp.37-41.
[2]
) Pratesi e Tassi, Guida alla natura della Sicilia, op.
cit. p. 10.
[3]
) Vds. Malgrado tutto, novembre
1999 – n. 5 p. 17.
[4]
) Leonardo da Regalpetra, Racalmuto
1990, p. 8
[5]
) Gli amici della noce, Fondazione
Leonardo Sciascia – Racalmuto 1997 – p. 11.
[6]
) ibidem, p. 7.
[7]
) ibidem, p. 7.
[8]
) ibidem, p. 11.
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