FATTI E
MISFATTI, FACCENDE E VICENDE RACALMUTESI
Il 1622 fu
anno fatale per Racalmuto: sarà vero, non sarà vero, fatto sta che il pressoché
impubere Girolamo del Carretto vi rimise la pelle. Per malattia, come noi
pensiamo, per mano omicida di un servo, come tutto Racalmuto ha voglia di
credere, poco importa. La peste è alle porte: Marco Antonio Alaimo a Palermo si
diletta di letteratura latina e trasforma gli antichi saggi romani in maestri
incommensurabili di medicina. Beatrice del Carretto, giovane vedova e bella
ereditiera, forse tresca con il cognato arciprete, figlio illegittimo
dell’irrequieto Giovanni Del Carretto.
Il popolo
soffre e tace: ma qualche tratto di penna cade nei registri della Curia
Vescovile, a discreta memoria futura. Cataldo Morreale è racalumtese ma chissà
perché langue nelle carceri (pare, personali) di tal Raffaele Gnandardone; e
così Paolo La Licata, figlio di Pietro. Il vescovo viene a saperlo; se ne
intenerisce (forse per denaro) e ne dispone “gli arresti domiciliari”. Ecco
quel che oggi possiamo leggere nei sotterranei della Curia Vescovile di
Agrigento:
REGISTRI 1622
et 1623
f. 181
Eodem ( die 21
9bris VI ind. 1622)
Pro Cataldo Monreale Terrae Racalmuti ad presens
carcerato in domo Raffaelis Gnandardone, et Paolo la Licata Petri terrae
praedictae ad presens carcerato in Castro ..
ANNOTATO provvisus et mandatum ... quod isti Cataldus
Monreale et Paulus La Licata habeant facultatem et licentiam non obstante
clausola contenta in prox.a accedendi ad terram Racalmutiibique commorandi per
dies quatuor a crastina die numerandos trium et dumtaxat .. \
La giustizia
curiale agrigentina era, diciamolo pure,
compiacente con gli ottimati racalmutesi. E Laura Barba poteva allora
vantare accondiscendenze episcopali, atte ad avere il sopravvento su Martino
Curto, che non era poi l’ultimo venuto, anche se qualche vezzo usuraio dovette
averlo. Una Laura Barba ubbidiente al marito fino all’autodistruzione della
propria cospicua dote, non ci pare del tutto sincera. Non vuol essere spergiura
e con palese menzogna si prostra al Vescovo per intenerirlo e farsi assolvere
dai giuramenti (in campo economico) profusi in azzardate operazioni
finanziarie. Il Vescovo ha voglia di
crederle: noi, francamente, no. Al nostro paziente (eventuale) lettore lasciamo
il destro di credere a chi voglia.
Die 26 novembre 1622 (f. 188)
Nos Dilecte
nobis in Xristo Laurie relictae quondam Antonini Barba Terrae Racalmuti
agrigentinae doecesis salutem . Fuit nobis ex parte tua supplicatum .. ut nos
provisum sub forma sequente Videlicet.
... Laurea relicta dello quondam Antonino Barba della terra di Racalmuto
espone a V. S. Ill.ma che non potendo resistere essa esponente alla violenza et
timore di detto suo marito fu costretta in tempo di sua vita tantum per vim et
metus concussam quantum reverentia maritali obligarsi quantum debitoris di
detto suo marito con gravissima et enormissima lesione con prejudizio della sua
dote, sicome si obbligao contra sua voglia in solidum con dicto suo marito ...
di onze 1. 15 di rendita dovuti et da pagarsi ogni anno a Martino Curto. In
virtù di questa subjugatione fatti nelli atti di notaro Simuni Arnuni di
Racalmuto … et anco detto suo marito la
fece obligarsi ad una venditione di certi casalini venduti a D. Giuseppe
Sanfilippo. In virtù di questo fatto all'atti di notar Natali Castrogiovanni
die 20 octobris XV Ind. 1616 et più la feci obligari sicome lo obligao in una
permutatione, et cambio di una vigna di detto suo marito con una vigna di
Angilo ...... per la quale permutatione essa esponenti si acollao pagare in
solidum con suo marito o. 1 ogni anno allo Convento di S. Maria di Gesù di
Racalmuto. In virtù di questo fatto nelli atti di notaro Simuni Arnuni di
Racalmuto et similmente la fece intervenire et obligare a certi terraggi dovuti
a Fabricio di Trapani. In virtù di questo fatto nelli atti di notarr Natali Castro
Gio: dicti et anco in uno altro
contratto debitore di onze 40 dovuti ad Angelo Duno (?) In virtù di ... li
quali obligationi benche de jure siano nulli et nullissimi tutta volta a
maggior cautela pretende detti atti far dichiarare invalidi et nulli et
rescindere et obstandoli li giuramenti
prestati et contenuti in detti contratti li quali non devono esser vinculo di
iniquita per tanto non resultandoli tanto grave preiudicio et interesse di sua dote della quale non può
ne deve restare indotata de iure. Supplica perciò V. S. Ill.ma resti servita
ordinazione che sia absoluta da tutti et singuli iuramenti in genere et in
specie facultate et expresse presbiti et presentem ab illo iuramento petendo absolutionem et ea obtenta non ... ad effectum agendi et concederli ditta absolutione . In forma
... Agrigenti die 8 novembre VI ind. 1622. Ex parte
fuit provisus et .. quoad absolvatur ab omnibus et singulis iuramentis
in genere et specie presbiteris ad effectum agendi tunc et dumtaxat ....
Non erano tempi quelli in cui i Curto
riuscivano ad intessere buoni rapporti con il vescovo di Agrigento. Una
condanna in contumacia se la becca Antonino Curto fu Bartolo. Il vescovo dà
incarico al locale Vicario per l’esecuzione dell’episcopale afflizione.
(f. 191) die 29 novembris 1622
Contumacia Antonini Curto quondam Bartholi terrae
Racalmuti et tali fermiter huius
episcopi ... agrigentinae diocesis directa R.do Vicario d.ae Terrae
Di casa sul colle vescovile era
ovviamente il chierico, già ricco, famoso e felicemente sposato. Ha voglia di
andare in giro in abito clericale. Fa voti al vescovo ed il vescovo è ben
felice di esaudire il mistico desiderio del pittore racalmutese.
Die 29 dicembre 1622 (f. 213)
Nos dilecto in X.sto filio Cle: Petro d'Asaro terrae
Racalmuti. quia ex parte tua fuit nobis suplicatum ut tibi observaternales (')
litteras ... licentia abitum clericalem insumendi ac gerendi expositis
concedere digneremeur ideo fuit
per nos ad relaciones .....
in dorso memorialis ebibis quod fiant ... in forma ut sequitur ..
Bonincontro ... filio Petro de asaro
d.ae terrae Racalmuti salutem ... ex
parte tua fuerit nobis .. expositum quod cum fueris
Il 5
febbraio 1621 s’erge già imponente l’attuale Matrice intitolata a Santa Maria
dell’Annunziata: certo non era ancora il tempio a tre navate che oggi
contraddistingue Racalmuto e quella strana svolta del corso principale che gli
ottocenteschi massoni racalmutesi hanno voluto dedicare all’eretico ed ostile
Garibaldi. Ma non era più l’ecclesiola degli anni ’40 del 500. Vi officiava
anche don Santo d’Agrò, e se pur accarezzava il sogno (lugubre) di farsi
seppellire sotto il primo altare della navata laterale, non si può dire che
avesse tutti quegli alumbiamenti che dopo gli appioppò, infondatamente,
Leonardo Sciascia. Vicino c’era già un altare che veniva servito dai confrati
di S. Giuseppe. E sotto la detta data del 5 febbraio 1621, quel sodalizio
(confraternita senza dubbio della buona morte) ottiene dal dottor don Gabriele
Salerno (U.I.d. e vicario generale) tanto di bolla episcopale che avrà reso
felice il Governatore (della religiosa confraternita, s’intende) Francesco lo
Brutto ed i notabili (i confrati “officiali”) Jacobo Grillo, Benedetto Troyano,
Girlando Gueli e Vincenzo Macaluso. «Cupientes – scandisce oltremodo
solennemente, il Salerno – vobis
[concediamo] licentias et facultates .. fundandi ac oratorium costruendi
sub titulo S. Joseph, sacchos et mantellos apportandi et deferendi in
processionibus et exercitia spiritualia exercendi in dicta ecclesia S. Mariae
Annunciatae in cappella S. Joseph …»
Saremmo stati veramente curiosi di vedere questi nostri secenteschi
antenati, tristi e compunti, nelle sacre processioni e goderci lo spettacolo di
codesti allucinati figuri nei loro lunghi “sacchi” e con quelle azolate
mantelline, mistificante sagra di un contristato rito religioso con attori poco
sinceri, reduci forse da orge vinaiole consumate nelle tante “putie di vino”
nei bassi del Castello o negli anfratti di Zia Betta.
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