Lillo Taverna e Lillo Mendola hanno condiviso il tuo post.
Lillo Taverna
LE "POPOLARI"
Mi lascia esterrefatto l'ignoranza ciarlante di questi tempi in materia bancaria e creditizia: ignoranza che investe politici e mestatori, partiti... e onlus, chierici e laici, M5S Renzi parlamento e soprattutto la ministra dei boschi piangenti.
Mi lascia esterrefatto l'ignoranza ciarlante di questi tempi in materia bancaria e creditizia: ignoranza che investe politici e mestatori, partiti... e onlus, chierici e laici, M5S Renzi parlamento e soprattutto la ministra dei boschi piangenti.
Signori, se si parte dalle "popolari", da Etruria e simili dovremmo pur sapere di che si tratta. Banche sì ma speciali, strumenti storici di crescita o inviluppo democratico, enucleazioni capitalistiche in deroga. Toniolo, il movimento cooperativistico cattolico, la lotta contadina all'usura, Sturzo con Scelba e Caltagirone. Vicende gloriose e strapiombi di rapina dagli ammiccanti banconi bancari.
Ho vissuto la vicenda della Banca Popolare di Pescopagano, emblematica paradigmatica fantasmatica; un inciucio tra il ‘particolare’ Colombo e l'astuto D'Alema, tra la reazionaria DC e il faccendiere PCI che specula sul famoso terremoto dell'Irpinia, sorridente il celebrato intellettuale della Magna Grecia di Nuzzo e gli affaristi di Potenza Avellino Bari e Matera; partita popolare finita SPA mediterranea: da Nuzzo a Capitalia, Alla fine come i Giochi i potere di Geronzi.
L'ultima mia ispezione (molto parziale) in Banca d'Italia fu la solida e nobile BANCA POPOLARE di MILANO. La capitale morale d'Italia, la Milano austera e seria, produttiva e mitteleuropea, ambrosiana è concepibile senza gli sportelli della Banca Popolare di Milano? Oggi tutto uno sfascio!
Già le POPOLARI!. Queste nascono dal D.L. 10 febbraio 1948, n. 105 (in "Gazzetta Ufficiale" n. 57 dell'8 marzo 1948.
Minaccioso incombe il 18 aprile 1948: i Comunisti anzi i socialcomunisti sembra ineludibile che si impossessino di questo nostro Stato neo repubblicano. Mons. Cippico crea scombussolamento nella chiesa cattolica e nel Vaticano, quasi come per adesso il cardinale Bertone per quei tanti euro sottratti al Bambin Gesù. In un certo qual modo la storia si ripete. In quell’atmosfera , nel contrasto ormai irriducibile tra De Gasperi e Togliatti nasce fiorisce e prospererà il fenomeno del cooperativismo cattolico bancario.
Diciamo: da quelle POPOLARI che venivano "autorizzate alla raccolta del risparmio e all'esercizio del credito" ma non certo alla finanza creativa delle "obbligazioni subordinate".
Ed erano soggette alla Banca 'Italia, non più normale banca azionaria con trecento milioni di capitale sociale , di cui "avvalersi" per certi controlli specialistici in caso di necessità.
Ora era istituto di diritto pubblico volto alla tutela dei "depositanti” e non ai micro speculatori del quartierino in veste di "risparmiatori”, perché in quel tempo e per una quarantina di anni "la raccolta del risparmio fra il pubblico sotto ogni forma e l'esercizio del credito sono [erano in quanto una improvvida ed anticostituzionale riforma deformante del TULB ha soppresso quel solare art. 1 della vecchia legge bancaria] funzioni di interesse pubblico regolate dalla presente legge" (invero quella fascista).
E si trattava di "popolari" in cui "nessun socio può avere tante azioni il cui valore nominale superi la somma di L. 250.000". Ma attenzione: l'ammissione di nuovi soci deve essere deliberata ... “dall'assemblea straordinaria dei soci" (a dire il vero gli addetti ai lavori sappiamo che ostacolo fu questo quando le rigonfiate banche popolari divennero speculative, entrarono se non in Borsa in un primo momento nel Borsino, noi ispettori della Banca D'Italia non sapevamo che pesci prendere).
Comunque, "ciascun socio ha un solo voto." E tralasciando altri simpatici inghippi arriviamo all'art. 9: "la società può accordare anticipazioni ai soci sulle proprie azioni".
Defluenze su defluenze le banche popolari in tal modo rigonfiarono fittiziamente la propria consistenza patrimoniale attraverso una sorta di elusivo acquisto di proprie azioni simulato da normali crediti alla più speculativa clientela, e di punto in bianco si diveniva soci in totale dispregio del citato art. 9 della legge sulle banche popolari.
Non posso affermare che la Banca d'Italia sia stata molto vigile con le banche popolari ivi compresa la sua CSR; le Popolari erano i feudi di politici DC egemoni da De Mita a Rumor, da Scelba a tutta la democrazia cristiana al potere. E non mi va di tacere del Ministro del tesoro COLOMBO di Potenza
Ma qui dovremmo sciorinare tutta la storia economica e bancaria del quarantennale dominio democristiano.
E da inveterata insipienza legislativa (ma molto locupletante per i vari potenti del momento) siamo arrivati a questo ultimo provvedimento salva Etruria di Boschi e Renzi. Nulla di nuovo sotto il sole.
Colpa della lacrimevole Boschi o del reboante Renzi? Non me la sento di affermarlo. Certo non del tutto innocenti. Ma forse son quelli che hanno fatto saltare il tappo. Chissà che dal male presente (piccolo) non venga un bene durevole, una palingenesi di politica economica; una moderna vigilanza bancaria, una efficiente difesa - meno prudenziale più illuminata congrua con la moderna economia globalizzata - del "risparmio" che le ultime disavventure legislative e istituzionali stanno polverizzando.
CalogeroTaverna
Altro...Ho vissuto la vicenda della Banca Popolare di Pescopagano, emblematica paradigmatica fantasmatica; un inciucio tra il ‘particolare’ Colombo e l'astuto D'Alema, tra la reazionaria DC e il faccendiere PCI che specula sul famoso terremoto dell'Irpinia, sorridente il celebrato intellettuale della Magna Grecia di Nuzzo e gli affaristi di Potenza Avellino Bari e Matera; partita popolare finita SPA mediterranea: da Nuzzo a Capitalia, Alla fine come i Giochi i potere di Geronzi.
L'ultima mia ispezione (molto parziale) in Banca d'Italia fu la solida e nobile BANCA POPOLARE di MILANO. La capitale morale d'Italia, la Milano austera e seria, produttiva e mitteleuropea, ambrosiana è concepibile senza gli sportelli della Banca Popolare di Milano? Oggi tutto uno sfascio!
Già le POPOLARI!. Queste nascono dal D.L. 10 febbraio 1948, n. 105 (in "Gazzetta Ufficiale" n. 57 dell'8 marzo 1948.
Minaccioso incombe il 18 aprile 1948: i Comunisti anzi i socialcomunisti sembra ineludibile che si impossessino di questo nostro Stato neo repubblicano. Mons. Cippico crea scombussolamento nella chiesa cattolica e nel Vaticano, quasi come per adesso il cardinale Bertone per quei tanti euro sottratti al Bambin Gesù. In un certo qual modo la storia si ripete. In quell’atmosfera , nel contrasto ormai irriducibile tra De Gasperi e Togliatti nasce fiorisce e prospererà il fenomeno del cooperativismo cattolico bancario.
Diciamo: da quelle POPOLARI che venivano "autorizzate alla raccolta del risparmio e all'esercizio del credito" ma non certo alla finanza creativa delle "obbligazioni subordinate".
Ed erano soggette alla Banca 'Italia, non più normale banca azionaria con trecento milioni di capitale sociale , di cui "avvalersi" per certi controlli specialistici in caso di necessità.
Ora era istituto di diritto pubblico volto alla tutela dei "depositanti” e non ai micro speculatori del quartierino in veste di "risparmiatori”, perché in quel tempo e per una quarantina di anni "la raccolta del risparmio fra il pubblico sotto ogni forma e l'esercizio del credito sono [erano in quanto una improvvida ed anticostituzionale riforma deformante del TULB ha soppresso quel solare art. 1 della vecchia legge bancaria] funzioni di interesse pubblico regolate dalla presente legge" (invero quella fascista).
E si trattava di "popolari" in cui "nessun socio può avere tante azioni il cui valore nominale superi la somma di L. 250.000". Ma attenzione: l'ammissione di nuovi soci deve essere deliberata ... “dall'assemblea straordinaria dei soci" (a dire il vero gli addetti ai lavori sappiamo che ostacolo fu questo quando le rigonfiate banche popolari divennero speculative, entrarono se non in Borsa in un primo momento nel Borsino, noi ispettori della Banca D'Italia non sapevamo che pesci prendere).
Comunque, "ciascun socio ha un solo voto." E tralasciando altri simpatici inghippi arriviamo all'art. 9: "la società può accordare anticipazioni ai soci sulle proprie azioni".
Defluenze su defluenze le banche popolari in tal modo rigonfiarono fittiziamente la propria consistenza patrimoniale attraverso una sorta di elusivo acquisto di proprie azioni simulato da normali crediti alla più speculativa clientela, e di punto in bianco si diveniva soci in totale dispregio del citato art. 9 della legge sulle banche popolari.
Non posso affermare che la Banca d'Italia sia stata molto vigile con le banche popolari ivi compresa la sua CSR; le Popolari erano i feudi di politici DC egemoni da De Mita a Rumor, da Scelba a tutta la democrazia cristiana al potere. E non mi va di tacere del Ministro del tesoro COLOMBO di Potenza
Ma qui dovremmo sciorinare tutta la storia economica e bancaria del quarantennale dominio democristiano.
E da inveterata insipienza legislativa (ma molto locupletante per i vari potenti del momento) siamo arrivati a questo ultimo provvedimento salva Etruria di Boschi e Renzi. Nulla di nuovo sotto il sole.
Colpa della lacrimevole Boschi o del reboante Renzi? Non me la sento di affermarlo. Certo non del tutto innocenti. Ma forse son quelli che hanno fatto saltare il tappo. Chissà che dal male presente (piccolo) non venga un bene durevole, una palingenesi di politica economica; una moderna vigilanza bancaria, una efficiente difesa - meno prudenziale più illuminata congrua con la moderna economia globalizzata - del "risparmio" che le ultime disavventure legislative e istituzionali stanno polverizzando.
CalogeroTaverna
Nessun commento:
Posta un commento