L’arciprete
don Gerlando d’AVERNA
Presso
l’Archivio Segreto Vaticano si rinviene l’antica bolla di nomina ad arciprete di Racalmuto di don Gerlando d’Averna. Il documento pontificio è
una bolla che trovasi nei “Registri Vaticani: Bullae n.° 1911” - ff. 211-212v. Esso investe appieno la storia
della Matrice di Racalmuto.
Il
quadro che emerge - se si può essere sinceri - non pare tanto onorevole per la
storia della chiesa, anche se la storpiatura della nostra attuale visione
appanna una obiettiva valutazione.
E’
strano che sia occorsa addirittura una lunga bolla di papa Pio IV per assegnare il rettorato
dell’arcipretura di S. Antonio di Racalmuto al sac. d. Giurlando d’Averna. Non edifica
molto quell’intrigo tra il Sallustio, il chierico Cesare ed il suo procuratore,
il chierico Natale Remondino (forse neppure siciliani, certamente non
racalmutesi), un intrigo che ha un vago
sapore di simonia[1]. Tutto
sommato, impallidisce la figura dell’investito Giurlando d’Averna che pure
viene designato come uno che può vantare «vitae
ac morum honestas aliaque laudabilia probitas et virtuum merita, super quibus
apud nos fide degno commenda[tur]
testimonio». E su tale aspetto si ritorna dopo, quando il papa dichiara: «Nos tibi premissorum meritorum tuorum
intuitu specialem gratiam facere vol[umus]». Sono - mi pare - stonature nel
contesto della Bolla e mi richiamano le battute che nell’ottocento l’avvocato
dell’arciprete Tirone si permette di declamare nell’attacco contro i Savatteri
nella controversia sul beneficio del Crocifisso. «Chiunque - scrive a pag. 10 l’avv. Giuseppe de Luca, se non
ispirato, di certo non contraddetto dal colto arciprete Tirone [2] - ha familiarità dello stile delle
Cancellerie della Curia Romana ben conosce il modo rituale come si ottengono le
grazie. Per le dispense, che la detta Curia deve impartire, bisogna accennare
ad un motivo che coonesta la grazia che si chiede. In mancanza di legitima
causa si specola una ragione qualunque che avesse onesta apparenza, che vera o
falsa si fosse rientra nel demanio dellla coscienza del petente.»
Si
è potuta rintracciare quella Bolla pontificia dopo una difficoltosa
consultazione degli schedari Carampi dell’Archivio Segreto Vaticano: non era
facile reperirla e per la sua periferica rilevanza non risulta pubblicata da
alcuno.
Il
Giurlando d’Averna - figura che interessa personalmente, visto che quel cognome
si è poi mutato a Racalmuto in Taverna - appare reiteratamente nei primi registri
parrocchiali di battesimo della Matrice di Racalmuto.
Il
documento pontificio non collima perfettamente con le annotazioni del “Liber in quo adnotata reperiuntur
nomina plurimorum Sacerdotum
..” del 26 marzo 1638, in atti
della Matrice.
Al
n.° 3 abbiamo: «D. Gerlando D’Averna - Arciprete anno 1554». Credo che gli estremi
siano stati presi dai primi fogli degli atti di battesimo che in effetti recano
- ma con scrittura postuma - quell’anno.
Ma è datazione inattendibile, specie se consideriamo i tempi d’attuazione delle
disposizioni del Concilio di Trento in ordine appunto alle registrazioni dei
battesimi. Dobbiamo far dunque differire al 1564 quei documenti della Matrice. In tal caso, non vi è
contraddizione tra la Bolla pontificia ed il dato del “Liber”.
Il
D’Averna fu arciprete - o rettore - di Racalmuto sino alla metà degli anni ‘70: a partire dal
1579 è arciprete di Racalmuto don Michele Romano. Trovo nelle registrazioni
degli atti della Matrice un dato che riguarda il D’Averna sotto questa data:
164
|
21
|
5
|
1576
|
Gerlando di Averna
|
Non so, però,
se si riferisca al rettore della Bolla.[3]
Sintetizzando,
si può sostenere che d. Giurlando D’Averna - proveniente forse da Agrigento - fu rettore dell’arcipretato di S. Antonio di Racalmuto dal 13 di novembre del 1561 sino al 1576
(probabile anno della sua morte).
E’
singolare che nella doviziosa documentazione su d. Gerlando d’Averna che si rinviene nei registri parrocchiali di
battesimo del 1571, egli non sia mai indicato con il titolo di Arciprete.
Rimase
allora semplice rettore di Racalmuto? E tale rimase per aggirare
quella esosa pensione al Sallustio che il Vaticano voleva imporre sulla
parrocchia racalmutese ad onta di ogni consuetudine e diritto della Legazia
Apostolica siciliana? E saremmo tentati di rispondere affermativamente.
Il nobile Girolamo Russo, marito della
figlia spuria di Giovanni del Carretto.
E’ certo che le vicende arcipretali di Racalmuto
sono condizionate pesantemente dai Del Carretto. Sotto il d’Averna, più che il
conte – che gozzoviglia in Palermo – è il genero Girolamo Russo a vessare il
nostro paese, ed in definitiva anche la relativa arcipretura. Codesto Russo,
pur nobile, non mancò di sposare la figlia illegittima del conte di Racalmuto,
Elisabetta. Si trasferì nel castello chiaramontano come locale governatore e, a
credere alle lagnanze del pingue presule Horozco, tiranneggiò sul popolo, sui
preti e sui chierici.
Sul genero del conte Giovanni siamo in grado di
fornire qualche cenno anagrafico, desunto dai registri della Matrice.
ATTI DI BATTESIMO (Battesimo
di tre bambini del nobile Russo)
data di
battesimo Cognome Nome Paternità Maternità
3 luglio 1596 RUSSO Francesco Maria Girolamo sig. Sabetta, donna
3 luglio
1598 RUSSO Margherita Gironimo don D.a Elisabetta
10 gennaio 1600 RUSSO Giuseppe Gerolamo, don Elisabetta
Padrini dei battesimi sono i
coniugi Vincenzo e Caterina Piamontesi.»
La
vicenda feudale dei del Carretto della seconda metà del Cinquecento ha alcuni momenti solenni negli estremi dei
Processi che si celebravano a Palermo.
Al fine di meglio inquadrare la vicenda di d. Gerlando d’Averna, possiamo qui segnare i
seguenti stralci:
1560 [4] Fino al
gennaio del 1560 è barone di Racalmuto Giovanni del Carretto. Gli succede Girolamo del Carretto, come si
evince dai tanti riferimenti di quel particolare processo feudale che
trascriviamo in calce. [5]
Importante
è il testamento di Giovanni del Carretto per le implicazioni nella storia delle chiese
di Racalmuto.
1584 Gli atti del processo interessano il passaggio, per
successione, dal neo conte Girolamo al figlio Giovanni del Carretto.
L’arciprete
don Michele ROMANO
Gli
succede nel 1578 d. Michele Romano che figura titolare effettivo dell’Arcipretura
di Racalmuto sino al giorno 28 luglio
1587, data della sua morte.
* * *
Negli
anni 60-70 del XVI secolo ferveva a Racalmuto la controversia sul mero e misto impero del
barone e sugli oneri del terraggio e del terraggiolo. I documenti del fondo
Palagonia ci ragguagliano a tal proposito. Stralciamo da un diploma del 1580[6] del
predetto fondo:
Die decimo quinto Januarij nonae
ind. 1580. Cum infra universitatem terrae Racalmuti et spectabiles et illustres
dominos Barones terrae eiusdem, et antecessores illustrissimi domini D.
Hieronymi de Carrettis comitis terrae predictae …….. [segue in nota [7]]
Illustrissimo et eccellentissimo
Signore, Bartolo Curto, Pietro Barberi, Giacomo Capobianco, Angelo Jannuzzo, Antonuzio Morreale, Cola Macaluso, Pietro Macaluso, Antonio Lo Brutto, Vito Bucculeri, Pietro d’Alaymo, Joan Vito d’Amella,
Antonio Gulpi e Giacomo
Morreale, li quali furo deputati eletti per consiglio congregato circa la
questione e lite vertenti tra l’altri, e l’illustris.mo Conte di Racalmuto in la R.G.C.
esponino a Vostra Eccellenza che sono più anni che in detta R.G.C. ha vertuto
lite fra detto conte e suoi antecessori in detto contato ex una, e li Sindaci
di detta terra ex altera sopra diversi pretenzioni, particularmente addutti nel
libello, e processo fra loro compilato per li quali intendiano detti Sindaci
essere esenti, e liberi di certi raggioni e pagamenti, come in detto processo
si contiene, e poichè s’have trattato certo accordio fra esso conte ed essi
esponenti come deputati eletti per detta università circa le pretentioni
predetti, e circa il detto accordio s’hanno da publicare per mano di publico
notaro per comuni cautela dell’uno, e l’altro, e stante che è notorio che detti
capitoli s’habbiano da publicare con vocarsi per consiglio onde habbiano da
intervenire li genti di detta università, e la maggior parte di quella per ciò
supplicano a V. E. si degni restar servita provedere che s’abbia a destinare
uno delegato dottore degente in la città di Girgenti per manco
dispendio (o di spesa) dell’esponenti, e benvista a V.E. il quale s’abbia da
conferire in detta università di Racalmuto, ed in quella abbia da congregare
consiglio si la detta università è contenta si o no di pubblicare il detto atto
d’accordio, li quali si abbiano di fari leggiri per il detto delegato a tutte
le persone che interverrano in detto consiglio per potersi stipulare il detto
atto con lo consenso di tutta l’università, o maggior parte di quella - e
restando l’esponenti d’accordio V.E. sia servita al detto delegato concederli
autorità, e potestà di tutto quello e quanto sarrà concluso per detto accordio
che possa interponere l’authorità, potestà, e decreto di V.E. e sopra questo
possa interponere perpetuo silenzio, e decreto con tutte le clausole, e
condizioni solite, e necessarie farsi in detti atti ut Altissimus.
Data Panormi die sexto octobris
octavae Ind.s 1579 ex parte E.S. illustrissimi proregis Magna Curio referat Hieronymus Carbonus
Secretarius, et referendarius,…[segue in nota]…[8]
fuerunt electi per dictum consilium prefati Antoninus Lo Brutto, et Antonutius Morreale Sindaci et Procuratores
universitatis predictae coram dicto consilio et coram dictis personis
prenominatis [9]
videlicet:
Capitoli dell’accordio si fà infra l’illustrissimo signor D.
Hieronimo Carretto conte della terra di Racalmuto
e per esso suoi
figli utriusque sexus et suoi eredi e successori in dicto statu per lo quali si
havi di promittiri di rato iuxta formam ritus di ratificari lu presenti
contrattu à prima linea usque ad ultimam, ita che li masculi d’età sì habbiano
da fari ratificari infra mesi due da contarsi d’oggi innanzi, e li minuri quam
primum erunt maioris aetatis cum pacto et condictione che la persona che
rathifichirà s’habbia d’obligare di rato per li suoi figli utriusque sexus, e
cossì li figli di figli in infinitum intendo per quelli che haviranno di
succediri in detto stato e terra di Racalmuto, e non altrimente ne per altro
modo s’intenda detta promissione di rato ut supra di l’una parti, e Bartolo
Curto, Pietro Barberi, Cola Capobianco, Angelo Jannuzzo, Antonuzzo Morreale, Cola Macaluso, Pietro Macaluso, Antonino Lo Brutto, Vito Bucculeri, Pietro d’Alaymo, Joan Vito d’Amella
ed Antonio Gulpi eletto di nuovo
per la morte dello quondam Jacobo Morreale, deputati eletti per consiglio circa
la questione e liti vertenti tra lo detto illustre signor conti e l’università
di detta terra in la R.G.C. ed altri differentij che tra loro sono stati, in lo
quali accordio s’intenda e sia imposto perpetuo silentio:
In primis perché è consuetudine ed osservanza
nella terra di Racalmuto che tutti
quelli cittadini ed abitaturi di detta terra che tenino gallini sono obligati
ogn’anno darne una al Conte di detta terra per prezzo di grana dieci, e cossì
quelli che tenino pollastri averni a vendiri una per prezzo di grana setti, e
similmente di quelli che tenino galluzzi venderni uno l’anno per prezzo di
grana cinque, per tanto stante la nova convenzione ed accordio fatto, si è
convenuto ed accordato che tutti quelli cittadini di detta terra che teniranno
gallini, galluzzi ò pollastri siano obligati vendiri una gallina, uno galluzzo
ed una pollastra tantum l’anno al detto illustrissimo signor Conti e successori
in detto contato in perpetuum, li quali abbia di pagari per prezzo di grana
dieci tantum si è gallina quanto galluzzo ò pollastra, ed avuta d’una casata
che terranno detti pollami, cioè quella pollame che si troviranno aviri delli
sopradetti tre nominati, cioè gallini, pollastri ò galluzzi ò parti di quelli
di quelli secundo la pirsuna, che quelli terrà pagati nel modo detto di sopra
per una volta tantum l’anno, non pozza in detto anno detto signor signor conti
pigliarci più altra pollame di quella che avirà comprato nel modo predetto nel
presente capitulo, ita che quella persona cittadina ò forastera abitatura di
detta terra che non avirà pollastri e gallini non sia tenuto à loco di quelli
darci gallini se non tantum la gallina predetta ogn’anno come sopra detto.
Item perché è antica consuetudine ed
osservanza, et prohibizione potersi lavare nello loco d’undi currino li canali
di la funtana di lo loco nominato lo fonti e la bivatura, e quelli che in tali
lochi proibiti hanno lavato su stati incorsi in pena di onze 4.7.10 applicata
detta pena le onze 4 allo barone che pro tempore sù stati ed al presente al
Conte, e li tt. 7.10 a li baglij, per tanto stante la nuova convenzione ed
accordio si patta e statuisce che ogn’anno s’abbia di promulgare bando per
ordine di detto illustrissimo Signor Conte e suoi successori; lo detto bando di
proibizione di lavarsi in detti lochi per lo quale si proibiscono tutti e
qualsivoglia persone che siano in detta terra di Racalmuto di qualsivoglia
stato grado e condizione che siano altro non eccettuato ne escluso eccetto che
li genti di casa per uso di detto signor Conti, suo castello e casa, ma che
tutti l’altri incorrono alla predetta pena delle onze 4.7.10 applicati del modo
infrascritto, cioè delli tt. 7.10 alli
Baglij tt. 3.15 e l’altri 3.15 abbiano d’entrare in potere delli magnifici
giurati della detta terra, e cossì similmente pagandosi le dette onze 4 si
debbano di partiri onze 2 à detto Conti ed onze 2 in potiri delli jurati, delli
quali dinari di pena che intriranno à
detti jurati s’abbiano da fare tutte le spese e tutti consi e cosi necessarij
di detta fontana ed aquedutti, nello quali loco si concede facoltà ad ogn’uno
dell’università putiri denunciari la pena di quella persona che ci incorrirà,
ita che li lavandari di detto illustrissimo signor conte lavando altre robbe di
casa di detto illustre conte siano nella medesima pena nell’esazione, della
quale pena sia data l’autorità e potestà
alli giurati presenti et qui pro tempore saranno di potere creare una persona
deputata ogn’anno la quale habbia potestà d’esigeri auctoritate propria le
sudette pene e pigliare in pena qualsivoglia persona che controverrà, la quale
in fine anni anni aggia di rendiri alli giurati di detta terra justo e legali
cunto della sua amministrazione e lo illustre conti non pozza impedire in cosa nessuna
si non tantum et dumtaxat in la porzione che compatisce ad essole quale pene
ch’entriranno ut supra d’erogarsi e spendiri tanto in la predetta fontana come
in l’orologio ed altre cose in beneficio dell’università, ed in quanto alla
pena di onze 4 relasciandoci il conte la sua parte, in tutto ò in parte
s’intenda relaxata la parte competente alli jurati.
Item ch’è solito e consueto li cittadini ed
habitatori di detta terra havendo macina et potendo macinare alli molini del
conte di detta terra aviri di macinari in detto molino di detta terra, e non à
quelli di fora, stante la penadi tarì setti e grana dieci, per tanto stante la
presente convenzione e concordia si statuisce perpetuamente che di qua innanti
li cittadini ed abitatori di detta terra dalli quindici del mese di aprile per
tutti li quindici del mese di ottobre possano e liberamente vagliano a loro
libertà andari à macinari dove più li piaceet accomodo etiam in l’altri molini,
che non siano del detto illustre conte, e delli quindeci del mese di ottobre
insino alli quindeci del mese di aprile, cui delli detti cittadini ed abitatori
vorrà andari à macinari al altri molina che non
à quelli del Conti fora lo territorio, ch’innanti siano tenuti ed
obligati andare dove li piacerà a loro, ad uno delli molina di detta terra di
detto conte, ed andando di giorno e trovando che li sia macina per tutto detto
giorno, nello quale giorno, non pozza macinari, pozza e voglia liberamente
andare dove li piacerà à macinare, e si andranno à macinari di notte, avendo
detto molino macina per tutta la notte sudetta, nello quale lo detto cittadino
non potrà macinare, pozza e voglia liberamente andare à macinare dove li
piacerà absque incursu penae, come si è detto di sopra, e di questo se n’abbia
di stare per lo giuramento dello cittadino ed abitatore della detta terra, e di
questo se n’abbia di stare per lo giuramento dello cittadino ed habitatore
della detta terra, ed allo garzone di detti cittadini ed habitatori di potere
jurare, e si trovao o ritrovao macina per tutto quello giorno, per tutta quella
notte, quando avirà andato à macinare in detti molini di detto signor conte, e
che per avere ritrovato macina se n’andao ad altri molini di fora lo territorio
di detta terra, e non osservando la forma di detto capitolo, incorrono nella
sudetta pena, applicata conforme allo bando solito prumulgarsi, benvero che
provandosi per testimonij non si stia allo juramento predetto si non alli detti
testimonij, e questo s’intenda per l’altri molini, eccettuando li molina dello
Raffo intendendo
dello jorno della spunta del sole per insina ad ore ventidue, e la notte
s’intenda dalli detti ore ventidue innanti.
Item che è solito e consueto che li baglij
tanto della terra come del territorio, le pene che fanno delli contravenzioni
delli bandi ed osservantij e consuetudini di detta terra alle persone farli
pagare senza testimonij, ma solo in caso di controvenzione dare solamente lo
giuramento allo baglijo e per la pena dell’animali che fanno del modo detto di
sopra, doviri essere solamente con la presenzia di un testimonio, per tanto per
la convenzione e concordia perpetuo valituri si patta e costituisce che li peni
del modo detto di sopra, che li baglij faranno alle persone nella terra,
abbiano d’essere con uno testimonio, e mancando detto testimonio, non s’abbia
da stare allo giuramento del detto baglio, ma allo giuramento di quella
persona, che sarà presa in pena, e delli peni di fora della terra e suo
territorio si stia alla consuetudine ed osservanza che al presente.
Item perché è di consuetudine ed osservanza in
questa terra, che qualsivoglia carne di bestiame grossa, che more fora la
terra, e veni morta di fori, come bovina, e vacchina e di qualsivoglia altra
bestiame, tanto salvatica, come domestica, non si poetere vendere per li
cittadini ed abitatori di detta terra, senza che prima ne diano un quarto allo
gabelloto della bocceria del conte di detta terra, per tantoper la presente
convenzione e concordia si patta e statuisce che della bestiame bovina e
vacchina che verrà morta di fuora stia in facoltà e libertà delli cittadini ed
abitatori di detta terra padroni di detta carne, se vorranno dare lo quarto
allo gabelloto della bocceria, ò vero darci denari quattro per rotulo alli
bocceri, conforme alla gabella per tutta la quantità dello piso di detta carne,
che venderà delli sopradetti animali morti di fora, come sono bovi, vacchi ed
ogn’altro animale salvatico, ma in quanto all’altra bestiame minuta e domestica
s’abbia d’osservare la consuetudine ed osservanza come è stato ed è al
presente, e non li ptere vendere che non diano lo quarto d’ogni animali che
disfarranno come sono crapi, becchi ed altra bestiame pecorina e poichè non
fossero mortizzi, eccettuati li castrati, ed eccetto in lo caso preditto, che
fossero mortizzi, sta che, li crapi e becchi si pozzano ammazzare come è stato
sempre consuetudine ed è presenti intra la terra.
Item in quanto alli Borgesi e Massari che
siano esenti delle persone della giornata cossì per correri e carriare alla
massaria musto ed altro cosi, e levarci bestij ed altri servizij, e delle manne
[a.v.: manni] che si dunano a filari alli donne siano similmente esenti di tali
gravizij, benvero li giornatari, bordonari ed altre genti che sono soliti
locarsi alli servizij siano obligati serviri secondo l’osservanza e
consuetudine di detta terra, e cossì ancora s’intenda per le donne, che solino
filare e servire, benvero che quelli massari con tutto che siano massari e
borgesi e farranno offizio di giornatari siano obligati servire non ostante che
fossero massari e borgesi, quando che non aviranno à fare servizij in la robba
loro, e che vorranno fare li fatti loro, e di questo similmente si ni abbia da
stare allo juramento di detto cittadino ed abitatore di detta terra, si averà
da afre uno servizio in la robba loro, ita che sia obligato detto signor conte
pagarli sicome si pagano l’altri massari e borgesi, e similmente le donne
pagarle il prezzo che li pagano l’altri, ita che le donne che non sono solite
fare servizio stiano e non siano angariate per detto illustre signor conte, nè
per suoi in futurum nelli cosi premissi, e l’altri che non fanno tale officio,
e che fanno li fatti loro siano esenti e liberi, e cossì s’intenda per li
bestij di quelli massari e borgesi, che fanno servizio ad altri, ch’in tal caso
siano obligati servire come è di costume pagarci però li loro servizij, e detto
signor conte sia tenuto di pagare per le cose premisse conforme sono solite
pafare li massari di detta terra, ita che volendosi il conte servire delli
giornateri e di qualsivoglia altra persona che si lochirà alla giornata per un
giorno tantum, l’abbiano di servire senza pagare giornata alcuna, si non che
siano franchi delli tt. due della giornata che tocca al conte delli tarì cinque
della baglia per giornata, e volendosi servire d’altri giovani siano obligati
servire del modo sopradetto dummodo che si debbiano pagare il giusto prezzo,
che paghiranno l’altri di detta terra.
Item stante l’animo bono che detto signor
conte have ed ha avuto verso li suoi vassalli cittadini ed habitatori di detta
terra, ci fà grazia che li terraggi non
esatti dall’anno sesta [1578], e settima [1579] indizione, e cussì tutti l’anni
passati che forte apparisse dover avere detto illustre signor conte, terraggi
nelli quali fossero dati li terri à più sommadi salme due di terraggio per ogni
salmata di terra, che quelli terraggi che non si trovano allo presente
pagamento s’abbiano da pagare à raggione di due terraggi per salmata di terre,
cioè salme due di formento, e lo resto ci lo relasciao e relascia.
Item perché è consuetudine in detta terra ed
osservanza che tutti li cittadini ed abitatori di detta terra pagare la decima
dello lino al detto Conte, per tanto stante la presente convenzione e concordia
perpetuamente duratura, detto Conte li fà esente e libero di detta decima.
Item perché è osservanza e consuetudine in
detta terra non si potere scippare nessuna vigna che fosse nel territorio di
Racalmuto, per tanto stante la presente convenzione e concordia detto signor conte
concede alli cittadini ed habitatori di detta terra alle persone che aviranno
vigna in detto territorio, volendo quella seu
quelli fare scippare, li possano fari scippari avuta la licenza prima di
detto conte, e relazione di esperti, e stimatore che mettirà la corte che
quella vigna che vorranno scippare sia di doversi scippare, ed avuta tale
licenza e relazione possano scippare detta vigna ad effetto di seminarsi e
d’altri arbitrij , e che detti esperti abbiano di fare relazioni in scriptis
cum juramento, acciò di detta licenza n’apparisse atto publico.
Item perché è consuetudine ed antica
osservanza in detta terra che ogn’anno eligersi e crearsi un rabbicoto[10], lo quale have eletto e creato detto conte e suoi
antecessori baroni di detta terra, per tanto stante la presente convenzione e
concordia si statuisce che ogn’anno le gente cittadini ed abitatori di detta
terra possano per consiglio da tenersi dalli giurati di detta terra con licenza
di detto conte e suoi successori eligersi tre persone cittadini di detta terra,
à tale officio di rabbicoto ogn’anno, e di quelli tre eletti per detto
consiglio lo rabicoto sia quello delli tre eletti per detto consiglio, lo
rabbicoto sia quello delli detti tre sarrà confirmato per il conte il quale
statim abbia di dare la pleggeria conforme alla prammatica.
Item che è consuetudine ed osservanza in detta
terra li baglij delli loro diritti e raggioni di peni cossì della gabella della
baglia ed altri raggioni, ch’anno da costringersi li cittadini ed habitatori e
loro debitori à farsi pagare le pene, per tanto per la presente concordia e
convenzione perpetuamente duratura che per le pene gli baglij non possano
pogliare formento nè altro loco sopra li bestij à nessuno, che poi non sia
condannato per dette pene che domandano, e per quello che è condannato non
pozza pagare se non lo giusto prezzo che have di avere per la presente in
quanto allo pagare della baglia dritti di detti peni in denari s’osserva quello
che per lo passato s’have osservato e per lo presente s’osserva, cioè cui è
obligato pagare in formento, paga formento, e cui denari paga denari, e benvero
che il cittadino ed habitatori di detta terra per tutto lo giorno di S. Vito
per ogn’anno, ed offerendo per detti causi pagarsi denari non sia tenuto nè
obligato pagare formento.
Item perché è antica consuetudine ed
osservanza in detta terra di tutto lo musto che si inchiude in detta terra e
suo territorio pagare alli baroni che pro tempore sù stati ed al presente al
conte, per ogni botte di musto tarì tre per botte nominayi li grana, e perché
la botte di detta terra è la misura di quartari venti, pertanto per la presente
concordia e convenzione si patta e statuisce che lo musto lo quale s’inchiuderà
in una stipa, che fosse la caputa di quartari ventinove abbasso insino alli
venti che detta ragione di grana di tale stipa s’abbia da pagare tarì tre, ed
arrivando à quartari trenta, s’abbia da pagare per una botte e menza; se più di
detti quartari trenta in suso fosse detta stipa di caputa, che dettaraggione di
grana s’abbia di pagare quel tanto più che toccherà di caputa di trenta
quartari e di quartari venti à basso la detta raggione si debbia pagare
conforme alla consuetudine ed osservanza, che è allo presente, ita che per la
quantità dello musto in detti stipi s’abbia di stare allo giuramento delli
padroni di detto musto, ita che provandosi lo contrario tali padroni siano in
pena di onze quatro d’applicarsi all’erario [a.v. thesoriere] di detto conte.
Item perché è antica consuetudine ed
osservanza in detta terra, li cittadini ed habitatori di quella per li raggioni
di semina, arbitrij e massarie, che fanno e seminano in altri lochi e feghi
fora dello territorio di Racalmuto pagare allo
barone, che pro tempore sù stati in detta terra, ed al conte ch’al presente è
quella quantità medesima per raggione di terraggio[11], che pagano alli padroni che ci dunano detti terri,
si come per lo presente si paga, per tanto per la presente convenzione e
concordia si patta, e perpetuamente statuisce, che li cittadini ed habitatori
di detta terra, li quali farranno li loro arbitrij di massaria e seminari in
altri lochi, feghi e territorio ultra lo fego di Racalmuto, che per raggione di
tirraggio detto di fora [sott. ns.] tantum et dumtaxat, abbiano e
deggiano pagare due salme di formento per ogni salmata di terra, che
seminiranno, e se le terre, le quali fuora di detto territorio di Racalmuto
pigliranno à seminare s’havessero dalli padroni per più terraggio, e per gran
somma che fosse, non possano né siano costretti né tenuti pagare più che la
detta somma di salme due di formento per ogni salmata di terre che semineranno,
perché lo resto detto signor Conte si contenta farcini grazia e relasciarcilo;
e quando realmente e veramente senza nessuna malizia nè fraude di qualunque modo
si potesse commettere li detti cittadini ed abitatori, trovassero terre aà
terraggio delli patroni che darranno le loro terre à seminare che per mera
raggione di terraggio pagassero manco di salmi due di formento per ogni salmata
di terre semineranno, quel tanto manco che sarrà delli salme due pattati per
ogni salmata di terre abbiano di pagare allo detto conte di detta terra, ita
che dette persone non aggiano nè debiano fraudare terraggio, nè fare collusione
alcuna directe vel indirecte, tacite vel expresse, e fraudando detto terraggio
facendo collusione, incorrono in quella pena, che lo conte ordenirà per suoi
bandi, alli quali bandipromettino stare ed acquiescere.
Item che è antica consuetudine [12] ed osservanza in detta terra li cittadini ed
abitatori di quella che tanto intra lo territorio di Racalmuto, quanto fora di detto territorio, seminano intra
chiusi loro appatronati, pagare allo conte, come per lo passato hanno pagato
alli baruni che pro tempore sù stati in detta terra li terraggi di dette chiuse
loro appatronate, che hanno seminato e semineranno, cioè intra la baronia e
contato di Racalmuto, à raggione di un terraggio per salmata di terre, in li
chiusi fora lo territorio della baronia e contato predetto, per tummina otto di terra che semineranno ed hanno seminato
pagare à raggione di salma una di formento per salmata di terra, e tummina otto
di formento per tummina otto di terra, per tanto per la presente convenzione e
concordia perpetuamente si patta e statuisce sopra questa raggione di terraggio
di chiuse dentro e fuora territorio, pagare sicome per lo presente si ha pagato
ed osservarsi l’osservanza e consuetudine in detto terraggio di chiuse dentro e
fora territorio.
Item che è antica consuetudine ed osservanza
li cittadini ed abitatori di questa terra di Racalmuto, che fora dello territorio di detta terra averanno
maisi, ristucci ò li vendono à forasteri di quelli che non obstante non
seminano pagarni lo terraggio come hanno pagato alli baroni che pro tempore
sono stati ed al presente al conto, per tanto per la presente convenzione e
concordia si patta e statuisce che li cittadini ed abitatori di detta terra, li
quali fora di detto territorio di Racalmuto ed altri terri, lochi e feghi, che
aviranno maisi e li venderanno à forestieri, che per detti maisi aviaranno
avuto le terre a due terraggi o più di detti non li pagano, né debbiano pagare
più di salme due di formento per ogni salma di terre di detti maisi e
restuccie, e si per manco per ogni salmata di terre di dette maesi e restuccie
haviranno havuto le terre per manco siano obligati pagare li dui terraggi non
innovando cosa alcuna della consuetudine e confirmandosi nel modo del pagamento
di lo terraggio con la promissione del capitolo della paga dello terraggio di
fora.
Item perché è di consuetudine ed osservanza
in questa terra di Racalmuto, che li cittadini ed habitatori di quella in lo
territorio e fego di Racalmuto e di Garamuli nello metiri putirici teniri li
loro bestij somerinini et bestij grossi che s’osservano del modo e dorma che al
presente si costuma ed è consuetudine.
Item per la presente convenzione e concordia il signor conte si ha contentato
e cossì patta e statuisce perpetuamente che li genti ed habitatori di Racalmuto patroni di loro
vigne e chiuse andando a lavorare le dette vigne e chiuse per lo tempo statuito
solito e consueto che per tale effetto li cittadini predetti ponno portare le
loro bestiame lavoratori, si concede ch’essendoci vacche lavoratori con le
quali lavoreranno dette loro vigne e chiuse e dette vacche lavoratori avessero
vitelli loro figli, quelli detti
cittadini ed habitatori di Racalmuto lavorando loro proprie vigne e chiuse
possano liberamente portarceli si averanno insino al numero ò vacchi selvatichi
ò ienchi mannarini se li concedi che li pozzano portare e teneri del modo che
si ha detto di sopra.
Item perché è antica consuetudine ed
osservanza in detta terra e territorio di Racalmuto li cittadini
ed habitatori di quella ed altri genti che in detta terra e territorio
vendessero li loro beni stabili senza licenza delli baroni, che pro tempore sù
stati ed al presente del conte incurriri in la pena di perdiri detti beni, e
perché si ritrovano al presente alcuni beni stabili in detta terra e territorio
venduti senza ottenere licenza del conte, onde sono incorsi nella caducità et
omissione [a.v.: dimissione] di detti beni, per tanto per la presente concordia
e convenzione, stante che detto signor conte graziosamente li relascia et li
dimitti la pena delli detti beni venduti
senza licenza, in la quale hanno incorso, perpetuamente si patta e statuisce
che la detta osservanza e consuetudine di non potere vendere detti beni stabili
esistenti in detta terra e territorio senza licenza di detto signor conte si
habbia di osservare, e cossì per la persente convenzione e concordia si patta e
statuisce che detti beni stabili in detta terra e territorio di Racalmuto non
si putiri vendiri senza espressa licenza di detto signor conte; ed havuta la
detta licenza pagare la debita raggione di censi.
Item perché sole succederi spessissime volti
persone poco timorose di Dio e di la loro coscienza per travagliare ed
interessari ad altri accusarli indebitamente, pertanto s’abbia da supplicare à
S.E. e Regia G.C. che si degni concedere che si possa ordinare e statuire si
come per la presente convenzione e concordia obtenta licentia predicta e non
altrimente si ordina e statuisce perpetuamente che accusando alcuno à qualche
persona ch’elessi li termini e non facta probazione legittima di la continenzia
di la causa, statim elassi li termini e non fatta probazione contral’accusato,
pozza farsi tassare le spese per lo mastro notaro per la somma tassata farsila
pagare di l’accusaturi contra lo quali
si pozza procedere realiter et personaliter absque quindena e che in questo non si abbia
d’osservare l’atto novissimo fatto per S.E. nella R.G.C.
Item che è consuetudine ed accordio che l’una
e l’altra parte, cioè che tanto detto illustre conte, come li sindachi ed
università preditta ad invicem si relasciaro e rimettino tutte le spese fatte
usque ad hiernum diem per le sopradette liti in judicij et extra, benvero che
declararo e declarano le presente spese essere alla somma di scudi ventimila per
ogn’uno, e volsero e vogliono che tentando e volendo tentare detto illustre
conte o suoi figli eredi e successori in detto stato in perpetuum alcuna cosa
directe ò indirecte, per sè, nec per submissas personas, contra la forma,
continenzia e tenore del presente contratto d’accordio, seu d’altra cosain
quello contenta, tali casu che s’intenda ipso jure et ipso facto condannato à
pagare dette spese alla detta università; né possano essere intese un cosa
alcuna nisi prius solutis dictis expensis; e similmente contravvinendo ipsi
sindaci che non possano essere intesi nisi facta soluctione predictarum
expensarum ad esso illustre conte seu suoi heredi e successori in perpetuum
perché cossì volsero ex pacto cum juramento firmato.
Item e qualsivoglia altre prerogative,
consuetudini, osservanzij, preminenzij, jurisdizioni, immunità, franchizzi,
servitù e libertà cossì civili come criminali soliti e consueti osservanzii non
previsti nè statuti nè fattane espressa
menzione per li presenti capituli, convenzione e concordia s’abbiano di
guardare ed osservare nel modo e forma che sù guardati ed osservati al presente
non innovando cosa nessuna ultra quelli portati e stabiliti per li presenti
capitoli et etiam ex forma juris à detto conte e suoi successori competino e
competiranno et similiter s’abbiano d’oservare in beneficio di detta università
e dello conte e suoi successori.
Item che per l’avvenire né in nessuno tempo
s’abbiano nè possano metteri novi vettigali, servitù, angarie, e consuetudini
per detto signor conte, suoi figli, eredi e successori in perpetuum eccetto che
non si mettessero ed imponessero con solito ed universale consiglio more
solito.
Item che delli presenti capitulazioni e
concordia se ne abbia da fare publico istrumento con tutte quelle clausole, cauteli,
solennità debiti et necessarij, et quatenus opus est et non aliter nec alio
modo se n’habbia di impetrare licenza, autorità e corroborazione si Sua
Eccellenza e Regia Gran Corte e doppo della Mestà del Re nostro signore, le
quali licenzie detto illustre signor conte procurerà e si forzerà impetrarle e
fare ogni sforzo e debito suo, à sue dispese e non altrimente né in altro modo.
Item che è antica consuetudine ed osservanza
che li cittadini ed habitatori della terra di Racalmuto, che principalmente hanno in gabella tenuti di terra
inclusi et strasattati, ed altri territorij per quanto importa pro rata la
gabella delli dette terre seù territorij inclusi e strasattati, si patta e
statuisce perpetuamente che di qui innanzi quella persona che ingabellerà
tenuti di terre, che sia di salmi 50 di terre, non sia obligato se non pagare
uno terraggio per salmata di terre di quello seminerà intendendosici in detta
somma di salme 50 tutte le terre salvaggie che si troveranno in dette terre e
territorij, ita che la gabellazione della detta tenuta sia e s’intenda
ingabellata per una persona tantum e non per più persone ed ingabellandosi per
più persone che siano obligati a pagare lo terraggio à salme due di formento
giusta la forma dello capitolo precedente numero 13, ita che la terra selvaggia
non sia più della terza parte, sopra questa fraude né collusione alcuna directe
vel indirecte, tacine vel expresse, giusta la forma del capitolo n.° 13.
Item che li predetti capitoli s’abbiano
d’osservare in perpetuum tanto per detto signor conte che al presente è come
per l’altri successori qui pro temporesarranno in detta università, quanto per
li cittadini, ed habitatori forestieri che verranno ad habitare in detta terra.
Item che tutte quelle persone tanto cittadini
quanto abitatori che ingabelleranno feghi etiam che fossero manco di salme
cinquanta per quello che semineranno li padroni tanto cittadini quanto come
abitatori della detta terra di Racalmuto abbiano di
pagare à detto signor conte à raggione di salma una di formento per ogni
salmata di terre che seminerà dentro lo sodetto fego, dummodo che siano feghi
separati si come sono al presente.
Item perché è stato ed è consuetudine ed
osservanza che tutti quelli cittadini ed abitatori di detta terra di Racalmuto che tengono
chiuse dentro lo territorio di Racalmuto, Garamoli e Colmitelli di
potere tenere per ogni menza salma di terre un bue, per una salma di terre due
per ogni anno, ed una cavalcatura, per tanto s’abbia d’osservare detta
consuetudine ed osservanza, et etiam che ci pozzano pasciri lo bestiame
somerina quanto ni tengono giusta la consuetudine ed osservanza che per lo
passato è stato ed al presente è.
Vidit
Ascanius de Barone delegatus.
L’importante accordo fra il conte e l’universitas di Racalmuto (di grosso risalto per il diritto feudale
e per le vicende del terraggio e del terraggiolo, l’odiate tasse baronali)
avviene sotto il patrocinio dell’arciprete Romano, molto vicino ai del Carretto.
L’arciprete mette a disposizione la chiesa madre per il raduno civico
puntualmente descritto nel documento riportato. Mi sembra, comunque, che il
Romano si sia mantenuto al di sopra delle parti.
* * *
L’arciprete ritorna alla ribalta della storia locale dopo
la sua morte. In Vaticano si conservano le lettere del vescovo spagnolo di
Agrigento che reclama lo spoglio dell’eredità Romano
contro le pretese del conte del Carretto.
Il detto Conte di Raxhalmuto per
respetto che s’ha voluto occupare la spoglia del arciprete morto di detta
sua terra facendoci far certi testamenti et atti fittitij, falsi et litigiosi,
per levar la detta spoglia toccante à detta Ecclesia, per la qual causa,
trovandosi esso Conte debitore di detto condam Arciprete per diverse partite et
parti delli vassalli di esso Conte, per occuparseli esso conte, come se l’have
occupato, et per non pagare ne lassar quello che si deve per conto di detta
spoglia, usao tal termino che per la gran Corte di detto Regno fece destinare
un delegato seculare sotto nome di persone sue confidenti per far privare ad
esso exponente della possessione di detta spoglia, come in effetto ni lo fece
privare, con intento di far mettere in condentione la giurisditione
ecclesiastica con lo regitor di detto Regno. Et l’exponente processe con tanta
pacientia che la medesme giustitia seculare conoscio haver fatto errore et comandao
fosse restituta ad esso exponente la detta spoglia. Ma con tutto questo, esso
Conte non ha voluto pagare quello che si deve et si tene molti migliara di
scudi et molti animali toccanti à detta spoglia, non ostanti l’excommuniche,
censure et monitorij promulgati per esso exponente et che detta spoglia tocca
al exponente appare per fede che fanno li giurati, per consuetudine provata, et
per le misme lettere della giustitia secolare che ordinao fosse restituta al
exponente.
Et più esso Conte ha voluto et vole
conoscere et haver giurisditione sopra li clerici che habitano in detta sua
terra di Raxhalmuto et vole che stiano à sua devotione privi della libertà
ecclesiastica, con poterli carcerare et mal trattare come ha fatto à Cler:
Jacopo Vella che l’ha tenuto con tanto vituperio et dispregio dell’Ecclesia in
una oscura fossa “in umbra mortis”, con ceppi, ferri et muffuli per spatio di
doi anni et fin hoggi non ha voluto ne vole remetterlo al foro ecclesiastico.
Anzi, perchè il vicario generale d’esso exponente impedio a don Geronimo Russo, genniro d’esso
Conte et gubernatore di detta sua terra, che non dasse, come volia dare, certi
tratti di corda à detto clerico et essendo stato bisognoso per tal causa
procedere à monitorij et excommunica, il detto Conte fece tanto strepito
appresso lo regitore di detto Regno che fece congregare il Consiglio per farlo
deliberare che chiamasse ad esso exponente et al detto Vicario Generale et lo
reprendesse, che è, stata la prima volta che in detto Regno si mettesse in difficultà
la potestà delli prelati per la potentia di detto Conte.
Con lo quale di più esso exponente
have liti civili per causa di detti beni ecclesiastici, per causa di detto
archipretato.
Et di più don Cesare parente di detto Conte, per il suo favore, fece scappare
dalle carceri à doi prosecuti dalla corte episcopale di Girgente, et perchè ni
fù prosecuto, diventano innimici delli prelati.
Altri
accenni alla chiesa di Racalmuto sul finire del Cinquecento, si trovano nel
lavoro a quattro mani (del Taverna e del Nalbone)
“Racalmuto in Microsoft”, che riguardando tra l’altro il successore
dell’arciprete Romano .
Capoccio arciprete di Racalmuto
Il Vescovo Horozco, usa ed abusa dei benefici
ecclesiastici di Racalmuto, anche per le sue velleità
letterarie. Del resto, aveva nominato arciprete di Racalmuto il suo segretario particolare
Alessandro Capoccio che non aveva
neppure il tempo di prendere possesso di persona dell’arcipretura ed ebbe
perciò a mandarvi due suoi rappresentanti, muniti di formalissimi atti notarili. [14]
Tre
anni prima, don Alexandro Capocho era stato inviato a Roma, al posto del
Covarruvias, per prosternare la prima
relazione ‘ad limina’ dei Vescovi di Agrigento al Papa[15].
Mons.
Domenico de Gregorio parla del Capoccio nel lavoro prima citato (pag. 69) come uno dei
due testimoni nel processo canonico del febbraio 1594 per la nomina
dell’Horozco[16] a Vescovo
di Agrigento presso il nunzio pontificio in Spagna, Camillo
Gaetano. In particolare, la testimonianza del Capoccio fu preziosa quando si
trattò della situazione della Chiesa Agrigentina, dato che costui aveva «dimorato circa due anni nella ..
città» di Agrigento. Peraltro, il
Capoccio a quel tempo solo «da due mesi conosceva l’Horozco».
Si dà il caso che con tali testimonianze passò inosservata la mancanza
della “limpieza de sangre”,
avendo il designato sangue ebreo nelle vene, che era all’epoca
d’ostacolo alle cariche ecclesiastiche. Il Capoccio venne poi compensato con la lauta arcipretura
di Racalmuto.
Il
De Gregorio è comprensibilmente circospetto e si limita ad annotare: «Il
Covarruvias portò con sé alcuni ecclesiastici spagnoli che
poi fornì di benefici come Ferdinando Rodriguez, nominato nel 1596 arciprete di Cammarata, il suo familiare Giovanni Aleyva
cui nel 1602 diede il beneficio della Madonna dei Miracoli di Cammarata, il dr.
Antonio Perez de Bobadilla nominato canonico, Alessandro Capoccio che fu arciprete di Racalmuto (1597) e Vicario generale».
Per
quanto tempo il Capoccio sia stato arciprete di Racalmuto, s’ignora. Sappiamo che
subentrò l’Argumento, nominato arciprete di Racalmuto nel marzo del 1600.[17]
Di
lui v’è cenno nel Sinodo del Vescovo Covarruvias del 1600-3. Tra gli altri viene nominato
esaminatore sinodale. [18] Resta
oscuro se la successione nell’arcipretura sia avvenuta per morte o per caduta
in disgrazia del Capoccio[19].
ANTICHE CHIESE
CULTO DI S. ROSALIA
Nella
visita pastorale fatta a Racalmuto vi è un accenno ad una chiesa dedicata a S.
Rosalia, ubicata nella bisettrice
Carmine-Fontana. A leggere la
storia di Sicilia di Denis Mack Smith -
lo storico amico di Leonardo Sciascia ([20]) - , si
sarebbe portati a credere che Santa Rosalia sia stata un’invenzione del
Cardinale Giannettino Doria. Fu questi in effetti che trasformò il rinvenimento di ossa nel Monte Pellegrino, il
15 luglio 1624, in un miracoloso
rinvenimento della salma di Santa Rosalia.
Resta,
invece, assodato che a Racalmuto il culto di Santa Rosalia è ben più antico. Non sembra che vi sia
qualcosa su S. Rosalia nelle primissime visite pastorali agrigentine del
1540-3, dato che in quella del 1543 si accenna alle seguenti chiese
racalmutesi:
1) Chiesa Maggiore, sotto il titolo di S.
Antonio;
2) “Ecclesiola” sub titulo Annuntiationis
Gloriose Virginis Marie, da tempo sede di una Confraternita e dove era stato
trasferito il Santissimo , chiesa adibita ormai al posto di quella Maggiore, a
quanto pare fatiscente;
3) Chiesa di Santa
Maria del Monte;
4) Chiesa di santa
Maria di Gesù;
5) Chiesa di Santa
Margherita;
6) Chiesa di San
Giuliano;
Nella precedente visita del 1540 abbiamo:
1) Chiesa della “nuntiata”
2) Chiesa di Santa
Maria di Gesù (Jhù)
3) Chiesa di Santa
Margherita
4) Chiesa di “Santa
Maria di lo Munti”
5) Chiesa di S.
Giuliano. [21]
Il
silenzio delle fonti - si sa - storicamente non comprova molto; ma è certo che a quel tempo quella
chiesa, se vi era, non rivestiva agli occhi della curia vescovile grande
importanza.
Passando
alla visita pastorale del 1608, la Chiesa di Santa Rosalia è posta nell’interno dell’abitato di Racalmuto.
Il 22 giugno VI Ind. 1608, il vescovo Bonincontro così la indica:
“E più distintamente la d.a
parocchia di San Giuliano comincia dallo
Carmino et tira a drittura strata strata alli casi di Antonino Curto La Mantia quali
casi di d.to della Mantia si includino in d.ta parocchia di S. Giuliano e
tira strata strata per la potya d. m.o
Gregorio Blundo et tira
all’altra cantonera della Casa di Vincenzo Brucculeri affacci frunti la potya
di M.o Gregorio Blundo e dilla scindi a
drittura alla Chiesa di Santa Rosalia et dilla scindi
alla Cantonera delli casi del quondam
Carlo d’Afflitto parimente
puntone della propria strada , et dilla tira per la medesima strada alla
Cantonera delli casi del quondam Francesco di Liu et dilla tira dritto per
l’orto di Cavallaro fino allo loco
dov’era la chiesa di San Leonardo lo
vecchio.”
E subito dopo:
“E Parimenti la parocchia della
Nuntiata [...] scindi
adrittura per la Casa del quondam Micheli Catalano a facci frunti della Chiesa di Santa Rosalia in sino alla
cantonera delli casi di Antonino Lo Brutto in un pontone
della strada ...”
Dunque
il culto di Santa Rosalia è ben provato in Racalmuto, sin dal primo decennio del
1600, un quarto di secolo almeno anteriore alla discutibile invenzione delle
spoglie mortali in Monte Pellegrino da parte del cardinale Doria. [22]
* * *
Senza
dubbio la fonte storica sulla Chiesa di Santa Rosalia più antica ed accreditata è quella del PIRRI.
«
Rahyalmutum - scrive a pag. 758 -
[...] Pervetusta erat aedes ab anno 1400 circiter ubi ad annum 1628 dipincta
videbatur S. Rosalia Virginis in habitu heremitico, sed incuria
aliquorum ob novum aedificium dicatum eidem Virgini, cuius colunt reliquias,
cum societate animarum Purgatorii, habennte uncias 70, deleta est.»
CHIESA DI SANTA ROSALIA.
Può
così tradursi il passo latino del Pirri: «A Racalmuto v’era una chiesetta [aedes] - antichissima -
che risaliva all’anno 1400 circa. Fino al 1628 vi si poteva vedere dipinta
un’immagine di santa Rosalia in abito d’eremita e portante una croce ed un
libro tra le mani.. Purtroppo, è andata distrutta per incuria di alcuni, ormai tutti presi dalla nuova chiesa dedicata
alla medesima Vergine, di cui venerano alcune reliquie con una confraternita denominata delle Anime del Purgatorio dotata
di rendite per 70 once.»
Non
si sa se la nuova chiesa di Santa Rosalia sia sorta in altro posto oppure sopra quella
vecchia. Quella vecchia, nel 1608, collocavasi nel mezzo della bisettrice
Carmine-Fontana. In dettaglio sappiamo che travavasi dalla parte
della parrocchia di S. Giuliano: per giungere alla vecchia
chiesa di Santa Rosalia, posta dalla parte di S. Giuliano, si partiva dal:
·
Carmino et
tira a drittura strata strata
alli casi di Antonino Curto La Mantia;
·
e tira
strata strata per la cantonera delli casi et potya d. m.o Gregorio
Blundo;
·
et tira all’altra cantonera della Casa di
Vincenzo Brucculeri affacci frunti la potya di M.o Gregorio Blundo;
·
e dilla
scindi a drittura alla Chiesa di Santa Rosalia
La
linea divisoria prosegue, quindi, per le seguenti strade per giungere fino alla Fontana.
·
dilla scindi alla Cantonera delli casi del
quondam Carlo d’Afflitto parimente puntone della propria strada - et dilla tira per la medesima strada alla
Cantonera delli casi del quondam Francesco di Liu
·
et dilla tira dritto per l’orto di Cavallaro fino allo loco dov’era la chiesa di San
Leonardo lo vecchio.
La
chiesa dunque è proprio al centro, con tre strade sopra e tre sotto in quel
congiungimento del Carmine colla Fontana.
Ripercorrendo
il tratto dal versante della Matrice, ne abbiamo ovviamente la
riconferma. Ecco i dati:
Si parte dal
Carmine e di là
·
si tira a drittura alla grutta di Pannella
restando d.a grutta nella d.a parocchia della nunziata
·
et scende allo capo della strada, per la
cantonera della casa di Pietro Rizzo e per la cantonera della Casa di Antonino Curto La Mantia
·
e tira strata strata per la cantonera della casa
di Augustino la Lumia circa
·
circa all’altra cantonera della casa di Giacomo
di Puma affacci frunti della Chiesa di
Santa Rosalia
Del pari, si scende:
·
sino alla cantonera delli casi di Antonino Lo
Brutto in un puntone della strada
·
e per la ditta strada tira alla cantonera della
potya di Vito di Salvo e tira alla Cantonera delli Casi di Anibali
Piamontisi,
·
e per la ditta strada tira alla cantonera della
potya di Vito di Salvo e tira alla Cantonera delli Casi di Anibali
Piamontisi,
·
et dilla tira alla cantonera di Paulo Macaluso confinante con li casi di Geronimo di Nolfo et
li casi di m.o Oratio lo Nobili fino alla fontana.
P.
Morreale fornisce varie
notizie sulla chiesa, ma non tutte, a mio avviso, sono accettabili. Nel volume maria ss. del monte di racalmuto - Racalmuto 1986 - per il gesuita - «E’ posteriore la
notizia di una chiesa dedicata a S. Rosalia in Racalmuto negli anni 1320-1330» (pag. 23);
·
«I Racalmutesi non pensarono solo alle
case; [..] anche alle chiese. Rocco
Pirri chiama «antichissima, circa dell’anno 1400,
che durò fino al 1628» la chiesa di S. Rosalia,
dove la santa era dipinta «in abito
eremitico, tenendo in mano la croce ed il libro». La notizia del dipinto la
troviamo anche nel p. Cascini S.J. Nella sua opera «Santa Rosalia, vergine palermitana»;
riferendosi alla chiesetta di Racalmuto dedicata alla Santa dice, ‘V’era l’effige
della santa dipinta nel muro ... di questa prima immagine restandosi ben fissa
nella mente ... Pietro d’Asaro, n’ha dato fuori un bell’esemplare’» (pag. 24)
[Il testo del Cascini è del 1651, n.d.r.].
·
«Il Cascini fa scendere la data di costruzione della
chiesa, dal 1400 come vuole Rocco Pirri, alla fine del 1300.
«Per
quanto riguarda l’ubicazione pare che sorgesse in fondo alle attuali vie Cavour
e Baronessa Tulumello e che fosse di piccole dimensioni come
affermano le carte del ‘600 e ‘700.» (pag. 24)
·
«Santa Rosalia [...] fin dal 1320-1330 era onorata in una
chiesetta a lei dedicata» (pag. 97);
·
«Santa Rosalia riscuoteva venerazione e culto non solo
nell’antica chiesa di Casalvecchio, ma anche in quella a lei dedicata nella
nuova Racalmuto, sita tra l’Itria e il Collegio di Maria» (pag. 98).
Non
so come il P. Morreale arrivi a collocare la chiesa di Santa Rosalia ‘tra l’Itria e il Collegio di Maria’. La
chiesa del 1608 poteva benissimo essere colà ubicata, anche se i dati prima
riportati farebbero pensare ad un posto più a sud, forse a monte di via M.A.
Alaimo.
Il
padre Antonio Parisi - secondo le note manoscritte che attribuisco
all’arciprete Genco - sosteneva che «Racalmuto la patria mia fu la prima in tutta la Sicilia
ad innalzare un tempio a S. Rosalia già sin dal 1238». Il P. Morreale - che mostra di conoscere quel manoscritto -
parla invece del 1320-1330, dando pieno credito al p. Asparacio Domenico O.F.M.
Conv. ed a quanto questi scrive in proposito a pag. 22 del suo libro «La Santuzza ossia S. Rosalia», Palermo,
1924. L’erezione della chiesa nel secolo XIII o nel Secolo XIV è frutto -
secondo me - di una cattiva lettura del testo del p. Cascini quando accenna al muro cadente con sopra la
residua scritta MCC. Il Cascini,
invero, - come del resto dice lo stesso
P. Morreale (op. cit. pag. 69) - «non fa
distinzione tra l’antica e nuova Racalmuto; per cui la chiesa del 1320-1330 è
quella della nuova Racalmuto, servita dai confrati del SS. Sacramento. [cfr. Cascini Giordano, S. Rosalia Vergine palermitana, pag.
14-15]»
Per
mera congettura, sembra quindi che il gesuita P. Morreale s’induca a porre quella chiesetta a
Casalvecchio. Secondo le credenze locali, finora mai smentite, si opina che in
quel tempo Racalmuto fosse dislocato in quella contrada.
Tinebra-Martorana non ha dubbi: sino al 1355 Racalmuto «occupava i luoghi ora
detti Saraceno e Casal Vecchio» (pag. 68 e ss.). Ma, reputo del tutto infondata
questa credenza per le ragioni e le letture che riporto in nota ([23]): escludo
pertanto che la vecchia Chiesa di S. Rosalia - anziché lungo la bisettrice Carmine-Fontana - potesse ergersi a Casalvecchio, come
vorrebbe il P. Morreale.
Il
gesuita nostro compaesano è pregevole per ricerca storica ed archivistica e per
sobrietà di stile: non ebbe però modo di accorgersi dei dati sulla chiesa di S.
Rosalia contenuti nella Visita Pastorale del 1608. Men
che meno, Eugenio Napoleone Messana, che ignorò del tutto gli
archivi della curia agrigentina. Entrambi incappano, quindi, in topiche
storiche circa il dislocamento di una chiesa a Casalvecchio. Sia S. Rosalia,
sia S. Margherita erano chiese antichissime, ma sempre poste all’interno
dell’attuale perimetro edificatorio racalmutese, come le carte vescovili
inconfutabilmente comprovano.
Le
carte vescovili ed i dati del Pirri consentono una ricognizione, sinora mai
effettuata, del numero delle chiese in Racalmuto, prima del ‘600.
Oltre alle n. 6 chiese rinvenibili nella visita
pastorale del 1542-43, sono da annoverarne altre tre:
·
l’antica chiesa di santa Rosalia;
·
la chiesa di S. Leonardo ‘lo vecchio’, sita nei
pressi della Barona, vicino la Fontana, e totalmente distrutta nel
1608;
·
la chiesa di S. Benedetto (il Coenobium cum Ecclesia del Pirri), verosimilmente operante nel
vecchio Campo Sportivo.
Non
so se nel 1596 sorgesse nel Beneficio di S. Agata una qualche omonima chiesa di cui è comprovata
l’esistenza in carte vescovili del XVIII secolo. Nell’ «archivio storico siciliano» del 1908 , Nuova Serie,
Anno XXXIII, F. M. Mirabella pubblicava un articolo su «Sebastiano Bagolino,
Poeta latino ed erudito del Sec. XVI» (pag. 105 e ss.). Vi si parla anche dei
difficili rapporti del poeta ed il vescovo di Agrigento Giovanni Orozco Covarrusias e Leyva di Toledo.
Leggo a pag. 188: «Certo è che della sua traduzione [fatta dallo spagnolo in
latino di alcune opere del vescovo] il Bagolino non si tenne adeguatamente
compensato. Aveagli il vescovo fatto l’onore di ammetterlo alla sua mensa;
aveva anche conferito a don Pietro Bagolino, fratello di lui, prima i beneficj
di Santa Lucia e di S. Margherita in Castronovo, di S. Agata in Racalmuto, di S. Maria Maddalena in Naro, di S. Leonardo fuori
le mura di Girgenti, e poi quello di S. Pietro nella stessa Girgenti col
reddito annuo di 250 ducati. Ma questo al poeta non pareva un guiderdone
condegno.» [24]
[1]) Ma
papa Giovanni Angelo Medici (Pio IV) non
viene considerato pontefice propenso alla simonia, neppure da autori laici come
L. von Ranke (cfr. L. Von Ranke - Storia dei Papi - Sansoni 1974, pag. 233 e
ss.). Neppure nepotista: un suo nipote fu il cardinale Carlo Borromeo. «Carlo Borromeo - scrive il Ranke, v. p. 238 -
non considerò la sua posizione di congiunto del papa, e l’accesso agli affari
più importanti che gli era consentito, come un diritto, che gli permettesse
qualche cosa, ma come un dovere al quale egli doveva dedicarsi con ogni cura. E
vi si dedicò con modestia pari alla costanza. [...] Così le qualità del nipote supplirono a quelle deficienze che i
rigoristi avevano potuto trovare nello zio.»
[2]) Cfr.
“Comparsa conclusionale dei Signori Ben. d. Calogero Matrona e consorti, convenuti, contro i coniugj d.
Giuseppe Savitteri e donna Concetta Matrona interveniente forzosa, e contro il
signor cav. Vincenzo Ferlazzo Intendente di Finanza” - Girgenti tip. E. Romiti - 1876 - pag. 10 c.o. Chiesa
Madre di Racalmuto.
[3] ) Quanto al Romano, rinvengo:
·
«Annotato in foglio v.: S.T.D.Dn. Michaele
ROMANO Arcip. 1579».
·
«Viene annotato: DIE 28 Julii X Ind. 1597.
Incomensa lo conto delli inguaggiati dopo la morte del arciprete don Michele Romano. ‘f.to illeggibile’
(n.d.r.)».
Nel “Liber”,
invece, figura al n.° 4:«D. Michele Romano - Arciprete anno 1578».
[4])
ARCHIVIO DI STATO IN PALERMO - PROTONOTARO DEL REGNO - PROCESSI D’INVESTITURE -
BUSTA N. 1517 - PROCESSO N. 2554 - FEUDO: TERRA CON CASTELLO DI RACALMUTO - COGNOME E NOME DELL’INVESTITO: DE CARRECTIS
GIROLAMO - ANNO: 1562
[5]) «In
primis ponit qualiter dictus spectabilis quondam dominus Joannes de Carrectis
tempore eius vitae et usque ad eius mortem tamquam dominus et baro tenuit et
possedit terram et castrum predictae
terrae Racalmuti sicuti deponit constit per investituram per eum captam olim
die XI martii p.^ ind. 1558
Cuius tenorem diligenter suae constitutionis
Item ponit qualiter dictus
spectabilis dominus veniens ad mortem suum condidit testamentum sub quo
drecrevit et instituit in eius heredem particolarem in terra et castro predicto
Racalmuti cum juribus et pertinentiis suis universis prefatum spectabilem
dominum don Hieronimum de Carrectis eius filum primo genitum legitimum et
naturalem prout petinente tenore capituli dicti testamenti facti in actis
notarii Jacobi Damiani de dicta terra Racalmuti die ij^ mensis januarij iiij^
ind. 1560, [secondo copia del notaio Amella tratta da un’altra del detto
Damiani]
Cuius tenorem diligenter suae constitutionis
Item ponit qualiter spectabilis
dictus don Joannes de Carrectis olim
baro et dictae terrae Racalmuti mortuus et defunctus fuit in mense januarii
proximi preteriti superstite et sibi remanente successore et succedere volente
in terra et castro predicto ipso sp: don
Hieronimo eius filio primogenito legitimo et naturale prout fuit et de qua
constans et dicunt testes ...
---------
Die XVI^ martii primae ind.
...... Messanae in sacro regio palatio ... Antoninus ... procuratore ut ... tenore procurationis celebrate manu
Jacobi Damiani agrigentini ... Joannis
de Carrectis baronis Racalmuti tenentis et providentis terram predictam
Racalmuti cum eius castro secuti de
possessione ... per investituram .... captam die ultimo januari VII ind. 1519
quam quidem ... pro ut cautela ... vidit et recognovit spectabilis vir regius
consiliarius dilectus magister u.j.d. don Joannes abbas Seminara regii fisci patronus constitus meus procurator
ipsum in presentis ex ... ill.mi domini Joannis de La Cerda .... in eius
Siciliae Regni proregis et generalis
Capitanei ob renuntiationem et resurretionem de hoc praefato Siciliae regno
factam per Ceasariam Magestatem Caroli Quinti Romanorum m. regis atque fecit in
recognitione novi regis juramentum et homagium debiti fidelitatis vassallagii
manibus et ore comitatus in forma debita et consueta juxta sacrarum dicti regni
constitutionum imperialium continentiam et tenorem in manibus et posse prefate exgregiae
magestatis ipsius domini nostri ...
utriusque regni Siciliae Aragonum Jurusalem
etc regis invictissimu eiusque .... recepientis ... reservatis regia
curia omnibus que in privilegio .... semper salvis//
presentibus ipsa hec pro ratibus
no: Jo: de Amore unius ... regis Didaco
de Pereda et aliis in cuius rei
testimonium ... hac investitura redapta et registrata in officio regni Siciliae
protonotarii et regia cancelleria ....
------
Est sciendum qualiter inter alia
capitula testamenti quondam domini don Jo: de Carrectis baronis terrae
Racalmuti facti in actis spectabilis not. Jacobi Damiani die jj^ mansis
januarii jjjj^ ind. 1560 esset capitulus tenoris sequentis, videlicet
Item prefatus dominus testator
instituit eius heredem particolarem multum spectabilem et generosum virum
dominum don Jheronimum de Carrectis eius filium dilectissimum primum genitum
legitimum et naturalem natum ex eodem testatore
et spe. domina quondam don Aldontia eius coniuge in baronia et pheudis
terrae Racalmuti cum omnibus et singulis justis juribus proventibus
jurisdictionibus civilibus et criminalibus mero et mixto imperio juxta forma
privilegii obtenti a regia curia dominactionibus rendictionibus feudis ..
fructibus statutis et omnibus et
singulis aliis juribus terragiorum
gabellis ac consuetudinibus ad dictam baroniam spectantibus et pertinentibus
eiusque integro statu cum onere suo servitii militaris jxta formam
privilegiarum dictae baroniae et dictae moilitiae debitae prefato spect. dom.
don Federico de Carrectis filio secundo genito ipsius domini testatoris nec non
in omni et quocumque jure quod haberi vel habere potest ipse spectabilis
testator inter et supra predictis statu terra baronia et aliis prediis
burgensaticis et allodialibus presentibus et futuris.
Ex actis nobilis et egregis
notari Jo: Vitum de Amella Racalmuti.... manu aliena
Collatione salva.
pp. Panormi die XVI mensis
decembris V ind. 1560?
Nos Innocentius de Puma de terra
Racalmuti repertus hic presens testes juratus et interrogatus supra capitulo
probatorio dicti memorialis dixit tamen scire qualiter in lo mosi di gennaro
prossimo passato in la ditta terra di Racalmuto vitti moriri a lo speciale don Jo: de Carretto olim baruni di ditta terra lo quali si andao
et seppellio in la ecclesia di Santo Francisco di ista terra, a lo quali
successi et restao in ditta baronia ipso spett. don Hieronimo ... come suo
figlio primogenito legitimo et naturali et accussì tempore eius vitae lo vidio
teneri trattari et reputari per patri et
figlio et cussì da tutti quelli ca lu havino canuxuto et canuxino ... quia instituit vidit et audivit ut supra
de loco et tempore ut supra.
Nos Antonius Novagles civis
Syracusarum et hac terra Racalmuti receptus ad
... supra capitulo probatorio dicti memorialis dixit tamen serie
qualiter in lo misi di gennaro prossimo passato in la ditta terra di Racalmuto vitti morto a lo sp. don Jo: de Carretto olim baruni di ditta terra lu quali si andao
et seppellio in la ecclesia di Santo Francisco di ipsa terra a lu quali
succhessi et restao in ditta baronia ipso speciale don Hieronimo come suo figlio primo genito legitimo et
naturale che accussi tempore eius vitae li vidia teneri trattari et reputari per patri et
figlio...
----
Actus possessionis Rayalmuti
Die VIII Januarii jjjj^ ind. 1560
In nomine domini nostri Jesu
Xristi amen. Per hoc publicum presens instrumentum pateat et videntur et sic
notum quod anno a nativitate domini millesimo quinquegesimo sexuagesimo jjjj^
ind. die X° octavo juanuarii in mea
notari publici testiumque infrasciptorum ad hoc ... vocatorum et rogatorium
presentia personaliter constitus m: Jo: Antonius Piamontesi civis terrae Racalmuti
uti ... sp. domini Hieronimi de Carrettis civis terre Racalmuti, filii legitimi
et naturalis primogeniti nati et procreati ex quondam dom. Jo: de Carretto barone et ultimo possessore baronie feudorum et territorium dicte terre
Racalmuti et quondam sp. dom. Aldontia de Carrectis olim coniugibus indubitati
suis essent ? baronie feudorum et territorium dicte terre Racalmuti pro ut .. instrumenti facti et celebrati in actis meis notarii infrascripti hodie die
quo supra continentis ... dicti quondam
spectabilis dom. don JO: baronis ultimi ... possessionis predictae
baroniae feudorum et territorium in
persona dicti spec. dom. don Geronimi baronis juxta formam privilegiorum dictae
baroniae cepit .. et actualem comprehendit apprehendit et manu tenuit et cepit
et actualem .... veram naturalem corporalem
... castri baronie feudorum et etrritorium Racalmuti cum juribus et
pertinenciis eiusque universis omnibus universis mero et misto imperio
jurisdictionibus civili et criminali in omnibus et singulis ... ac juribus et
particolaris ... spectantibus et pertinentibus ad presentem spectabilem baronem
et ad baroniam predictam eiusque integro statu juxta forma privilegiorum dictae
baroniae.
------------
et tenorem cuiusdam instrumenti
celebrati Panhormi per actis no. et sp. not. ...................
prout in eo et omnium aliorum
privilegiorum et juxta forma instrumenti mei not. faciendum ? in in .. favorem ipsius .. et meliori modo et causa ... et non aliter
nec alio modo.
per claven janue castri dictae
baroniae Racalmuti ipsam januam propriis manibus palpando aperendo claudendo ac
ingredendo et se eo egrediendo et in illud ad libitum voluntatis ipsius
ipse domini constituentis testibus ... circumeundo et deambulando et
per feuda et territoria dictae baroniae ... et dictorum feudorum et
territorioum lapides ex propriis manibus palpando in signum vere apprehensionis dictae baroniae
feudorum et territoriorum officiales dictae baroniae et in ea (nomindo) de novo
officiales videlicet: castellanum dicti
castri no: Sipionem de Salvagio; capitanum no: Jo: Piamontesi; judicem no:
Marcum Promontori; jurati: Cesarem de Nigliam, Leonardum La Licata; et Jacobum Caravello et
magistrum notarum nob. Innocentium de Puma ad beneplacitum dicti ipsius spec.
dom. baronis nemine ad hoc contradicente et oppugnante unde de premissis in
signum vere apprehensae possessionis ad cautelam dicti spec. dom. baronis filii
primogeniti predicti quondam spec. dom. don Joannis ultimi et immediati
possessoris dicti castri feudorum et territoriorum dicte baroniae ad postulatione dicti no: Jo:
Antoni procuratoris factum est presens pubblicum instrumentum suis die loco et
tempore ... omnis potentis Dei ... et
regiae magestatis huius regni ...nomine
dicti spec. dom. baronis ... omnis potentis dei et regiae magestatis.
------------
Unde ad cautelam dicti spec. dom.
baronis et (regimen?)... dicti no:
procuratoris presens instantis et querentis factum est presens actum
apprehensionis et possessionis predictis suis die loco et tempore valiturum
Presentibus pro testibus nob. H ?
Maragliano, nob. Antonino de Averna; honorabilis Antonucio
Murriali e honorabili Gerlando de Pitrozella.
Ex actis meis not. Jacobi Damiani
agrigentini.
Collatione salva.
[6])
ARCHIVIO DI STATO DI PALERMO : FONDO ARCHIVISTICO PALAGONIA - SERIE ATTI
PRIVATI - UNITA’ N.° 631 - anni 1502-1706 - Transactio Pro Ill.mo don Hieronimo
del Carretto Comite huius terrae Racalmuti cum Universitate
dictae terrae Racalmuti. [Palagonia n.° 1 p. 29-123] [fondo n.° 631]
[7] ) ac etiam per ipsum
illustrem dominum comitem iam sunt anni fuissent incoata, et verteret quaedam
lis sive quaestio in Magna Regia Curia super diversis pretensionibus et
disgraviis et particolariter adductis in libello et processu compilato inter
dictam universitatem et eius sindacos et dictum spectabilem et illustrem
Baronem [a. v. barones] ac dictum
dominum comitem a quibus pretensionibus dicti sindaci universitatis n.e
[a.v.: nomine] pretendebant esse exempti et liberi certorum jurium [a v., adde:
et soluptionum] pro ut latius in
libello et processu est videre et maxime certorum terragiorum vocatorum de fora
in dicto processu contentorum adversus quas pretensiones exemptiones et
disgravia dicti spectabiles et illustres Barones et antecessores dicti illus.mi
Domini Comitis et per consequens dictus ill.us dominus comes fecerent eorum
exceptiones defentiones et eorum jura
exposuerunt quam [a.v.: quod] de dictis pretensionibus et disgraviis quod
dicti sindaci asserebant esse exempti et liberi, et dicti spectabiles illustres
domini barones, ac etiam dictus illus.mus dominus comes manebat jure juxto
titulo, et bona fide in vim primi contractus et sententiae compromissoriae et
omni alio meliori modo et forma quibus de jure permittitur, et antico tempore
quam [a.v.: quod] ab initio memoria
in contrario non extat et omnibus alijs rationibus, juribus et causis in dicto
processu adiectis [a.v.: adductis] et
declaratis ad quae in omnibus et per omnia plena habeatur relatio, et post
copiosissimas expensas factas in dicta M.R.C. vertente dicto litigio jam sunt
plures anni et adhuc sub judice lis est non potuerunt devenire ad sententiam
diffinitivam tamen fuerit [a.v.: fuerunt]
per universitatem predictam congregato consilio et electi deputati magnificus
notarius Joannes Vitus Amella, nobiles Bartolus Curto, Petrus Bomberi [a.v.: Barberi] Nicolaus
Capoblanco, Angelus de Giannuzio [a.v.:
de Jannuzo], Antonuntius [ a. v.: Antonutius] Morreale, Nicolaus Macaluso, Petrus Macaluso, Antoninus
Lo Brutto, Vitus Bucculeri, Petrus de
Alaymo, Antoninus Gulpi in loco
quondam Jacobi Morreale, circa dictam litem vertentem inter dictam universitatem, et dictum illustrem dominum
comitem in dicta M.R.C.. Qui dicti deputati electi per dictum consilium nomine
dictae universitatis recursum habuerunt ad dictum illustrem dominum comitem, et
cum rogaverunt quatenus vellet et dignaretur dictae universitati aliquas
gratias concedere ac relaxationes facere et se benigne gerere cum dicta
universitate, et suis vassallis, ut decet et finem imponere tot expensas [a.v.:
expensis] et curiarum sumptibus et
laboribus ipsorum vassallorum ac etiam ipsius illus.mi domini comitis,
agnoscentes lites esse immortales et
incertas, qua supplicatione habita per dictum illustrem dominum comitem fuit
responsus quod semper habebat voluntatem promptam concedendi gratias in
beneficio dictae universitatis cum aliquo suo interesse, et sic habita
voluntate et responso dicti illustr.mi domini comitis, habuerunt recursum ad
Eccellentiam illustrissimi domini Proregis et supplicaverunt ipsi deputati
universitatis nomine [a. v.: in dicto]
tractabant quoddam accordium inter dictum illustrissimum dominum comitem et
ipsos deputatos electos circa pretensiones disgravia et terragia predicta et
circa dictum accordium, facta erant quaedam capitula, quae erant publicanda
[a.v.: publica] per notarium publicum
pro communi cautela utriusque partis, et stante quod erant necessaria dicta
capitula publicari congregato consilio cum interventu partis universitatis quod
utique prefata eccellentia sua dignaretur providere aliquo doctore delegato pro
evitandis expensis et communibus sumptibus, et congregare facere dictum
consilium, et si maior pars consentiret dicto accordio legerent [a. v.: legentur] dicta capitula, quibus lectis
se contentando maior pars publicentur et prefata Eccellentia Sua mandavit quod
fiant literae delegatoriae in personam magnifici domini sindacatoris civitatis
Agrigenti quorum tenor talis est ut infra sequitur, videlicet:
Philippus etc. Vicerex in hoc Siciliae regno
Magnifico Eustachio Protopapa U.J.D. sindacatori degenti in civitate Agrigenti
fideli reg: salutem: Imperoche ad istanza di Bartolo Curto et altri infrascritti personi della terra di
Racalmuto è stato
supplicato, e per noi provisto del tenor che siegue videlicet:
[8] ) eodem facta relactione prefata Ecc.a Sua
providit et mandavit quod fiant literae Sindacatori Civitatis Agrigenti.-
Carbonus Secretarius et referendarius ..[segue in nota[8] ] fuit facta nota
electionis sindacarum et procuratorum in actis die quo supra et ideo concluso
dicto consilio nemine discrepante de voluntate dicti accordij fuerunt de
mandato dicti magnifici et eximij delegati et in eius presentia et coram dicto
consilio et coram dictis personis nominatis existentibus in dicto consilio
dicta capitula per me notarium infrascriptum alta voce et in loco ubi ab
omnibus facile intelligi possunt quibus quidem capitulis lectis a primo
capitulo usque ad ultimum et eis bene intellectis fuit per totum dictum
consilium nemine discrepante consilium convocatum quod sunt contenti de dictis
capitulis accordatis ut publicentur et …
[9] ) existentibus in dicto consilio ad
contrahendum publicari faciendum et instrumentum publicum per notarium publicum
in forma publica pro ut latius per dicta preinserta capitula accordij et
capitulationis detemptorum per dictum eximium dominum delegatum approbari ad
que in omnibus et per omnia plena relatio habeatur, et sic ad confectionem
presentis transactionis et accordij et ratificationis dictorum capitulorum
devenire decreverunt modo et forma quibus infra quorum capitulorum tenor in
omnibus et per omnia talis est ut infra sequitur,
[10])
Rabbicoto: commissario del grano.
[11]) A
margine dell’analogo fondo Palagonia n.° 709 (f.30v) viene segnato
il termine “terragiolo”, ma è definizione del n.° 14 delle consuetudini ad uso
dei fruitori del XVIII secolo, del tutto spuria rispetto al testo del 1580.
[12])
Annotato a margine di questa consuetudine: “terragioli” (però nel documento del
Fondo Palagonia n.° 631 f. 708v.)
[13])
ARCHIVIO SEGRETO VATICANO - ASV - SACRA
CONGREGAZIONE VESCOVI E REGOLARI - Anno
1599 - pos. C-L (posizione G).
Sulle
vicende fornisce notizie Mons. De Gregorio (Domenico De Gregorio - Giovanni Horozco de
Covarruvias de
Leyva, Vescovo di Agrigento (1594-1606), in Miscellanea in onore di Mons. Canv. Dr. Angelo Noto - per
la sua messa d’oro - Agrigento 1985, pag. 73. Le raccoglie dall’Archivio
Curia Vescovile di Agrigento - Reg. 1595.): «Le controversie
poi per la giurisdizione o esenzione ecclesiastica non erano infrequenti. A
Racalmuto il chierico in minoribus Jacopu Vella fu “infamato” della
morte di un vassallo del Conte il quale lo fece arrestare e volle procedere
contro di lui, nonostante monitori e
censure, e per sottrarlo al vescovo lo fece prima portare nelle carceri
di Palermo e poi in quelle di Agrigento. “In detta terra li preti e clerici non
godono franchezza nixuna et per ordine del conte non si da la franchezza della
gabella et mali imposti et comprano come li seculari denegandoli la franchezza.
”In detta terra, essendo mandati Vincenzo Carusio, sollicitaturi fiscali, e
Giuseppi Gatta commissario per prendere a notaro Oruntio Gualtieri, foro
detenuti dalli uffiziali temporali, carzerati per molti giorni tenendoli a lassari exequiri l’ordini contra detto
prosecuto”. Nella stessa terra lungamente il conte contrastò con il vescovo e
il capitolo per il diritto di spoglio alla morte dell’arciprete Michele Romano.»
[14])
cfr. Atti della Matrice: STATO
DI FAMIGLIA - M A T R I M O N I -
1582-1600 ove leggesi la seguente nota: «DIE 16 Julii XIe Indi.nis 1598:
''Pigliao la possessioni don Vito BELLISGUARDI et don Antonino d'AMATO (?)
procuratori di don Lexandro Capozza p. l'arcipretato di Racalmuto come appare per atto
plubico''.»
[15]) Archivio Segreto Vaticano - Relationes ad Limina - 18A - f.
1.
In
spagnolo, il Covarruvias così presentava il
Capocho alla Sacra Congregazione competente:
«Quando no veniera negocios en esta Corte a
que embiar a Don Alexandro Capocho mi secretario, me diera contento embiarlo a
hacer riverencia a V.S.Ill.a y darle cuenta de las cosas de por aca, como lo
hara Don Alexandro ...el obispo de Girgento».
Nell'atto
di delega del 12 settembre 1595 "Don Alexandro Cappocio' viene titolato
come "Sacrae theologie professorem
eiusque [del vescovo] Secretarium”. Noi, su quella scia, abbiamo consultato
il processo canonico - Archivio Vaticano Segreto - Processus
Concistorialis - anno 1594 - vol. I - (Agrigento) - ff. 30-62.
La
testimonianza di quello che sarà il nostro arciprete è, a dire il vero,
schietta e per niente compiacente (f. 36v e 37).
Sintetizzando
e traducendo dallo spagnolo ricaviamo questi dati:
«Depone
il dottor Don Alexandro Capocho, suddiacono naturale del Regno di Napoli e residente per il momento in
questa corte.
«Egli
testimonia che conosce il detto signor Don Juan de Horoczo y Covarruvias di vista e solo da due mesi, poco più poco meno, e di
non essere né familiare né parente dell’ Horozco».
Salta quindi ben dodici domande che attenevano
alle origini ed alla vita del futuro vescovo. La sua testimonianza è quindi
molto minuziosa sulla Cattedrale di Agrigento (circostanza che non
ci pare qui conferente). Conosceva piuttosto bene Agrigento per esservi stato
due anni, poco più poco meno’.
[16])
Sull’Horozco è tornato di recente, con una approfondita ricerca Raffaele
Manduca: Il sinodo di Giovanni Horozco (Girgenti 1600-1603) in Archivio Storico per la
Sicilia Orientale - 1991 Fasc.I-III, pag. 243-296.
[17]) Cfr.
Atti Matrice: STATO
DI FAMIGLIA - M A T R I M O N I -
1582-1600. E’ ivi annotato: «Di la maiori ecclesia di Racalmuto pigliao possisioni
don Andria Argumento a li 7 di marzo XIII ind.1600».
[18]) «don Andreas de Algumento U.J.d. Ar.[arciprete] terre Recalmuti» (cfr. Archivio
Vaticano Segreto - Relationes ad limina - A18 - f. 40).
[19])
L'elenco degli arcipreti di p. Puma omette ogni dato sull'arciprete Argumento,
[l'annotazione a penna +1579 resta
indecifrabile. Forse è da rettificare in
1599 e segna la fine dell'arcipretura del Capoccio o
Cappocho.]
[20]) La
"Storia della Sicilia medievale e moderna" dello storico inglese deve
la sua fortuna editoriale allo Sciascia. Per questo, il nostro
paesano ebbe le acri frecciate di alcuni storici paludati della Sicilia, come
il Correnti, che a pag. 29 della sua "Storia di Sicilia come storia
del popolo siciliano" - Longanesi
Milano 1982 - annota in modo querulo: "...a lodare il Mack Smith per il
suo 'stile provocatorio' rimase il solo Leonardo Sciascia, che però si rifece
clamorosamente, facendo decretare al suo amico inglese gli onori del
trionfo, in una speciale manifestazione organizzata a Palermo
il 6 aprile 1970, niente meno che al palazzo dei Normanni: onore mai concesso a nessuno
storico, e assolutamente sproporzionato al merito dell'opera (e il
primo a stupirsene fu lo stesso Mack Smith)." Secondo il Correnti,
anche Francesco Brancato, Giuseppe Giarrizzo, Gaetano
Falzone, Francesco Giunta, ed altri, avrebbero storto la bocca di
fronte alla storia siciliana
dell'inglese Smith.
[21] ) Cfr. le pagine 196v-198v della Visita.
[22] ) In
un appunto manoscritto del 15 ottobre del 1922 che si rinviene negli archivi
della Matrice,
si riferisce - credo dall’arciprete Genco - che Santa Rosalia sarebbe nata a Racalmuto nel natale del 1120. Le prove documentali le
avrebbe avute il canonico Mantione ma le avrebbe distrutte per dispetto al
vescovo riluttante a finanziargli la pubblicazione di un suo libro. Tra
l’altro, in quel manoscritto leggesi che «Padre
Gregorio [rectius: Giordano] CASCINO scrittore del 1600, palermitano e gesuita,
[fu autore di una vita sulla Santa]». E quindi: «Fui il 13 ottobre 1921 nella Biblioteca Nazionale di Palermo ed ebbi
il piacere di leggerlo per summa capita: trovai che il Padre Cascini Gregorio [rectius: Giordano] morì nel 1635=
[...] poi a pag. 171[parla di antiche iscrizioni e di chiese anche fuori
Palermo includendovi:] “quella di Rahalmuto, della quale non
appare altro millesimo. che questo M.CC.
ed il muro è guasto”». Il testo riportato dall’Arciprete Genco non comprova certo che il 1200 fosse la data
di costruzione di quell’antica chiesa, essendo sicuramente abrase le successive
lettere della data, appunto per quel ‘muro guasto’. Seguono altre citazioni,
tra le quali quella di maggior risalto appare il riferimento al P. Spucces,
difensore a Roma dell’antichità del culto della Santa nel 1642 e, per altro
verso, - se trattasi della stessa persona - il gesuita delatore della congiura
del conte di Mazzarino che costò la vita al nostro conte Giovanni del Carretto.
Si deve
essere scettici sull’attendibilità di tante notizie contenute nel manoscritto:
è certo, comunque, che di esse ebbe ad avvantaggiarsi il padre gesuita Girolamo
Morreale nel suo “Maria SS. del Monte di Racalmuto” , stando a quel che si legge
nelle pagine 23, 24, 69, 97, 98, 99 e
101.
Ritornando
alle cronache sulla chiesa di Santa Rosalia, i libri d’archivio della Matrice comprovano l’esistenza di quella chiesa solo
dal 1618, come risulta dal seguente atto:
13
|
1618
|
Puma Cincorana
|
Vincenza
|
f. di Petro
|
S. Rosalia (Chiesa della
sepoltura)
|
(Tra il 1618
e il 1620 si trovano una cinquina di sepolture in una chiesa dedicata a santa
ROSANA o ROSANNA, ma sembra trattarsi dell’identica chiesa di Santa Rosalia.
Se ne fa qui la trascrizione:
24
|
12
|
1618
|
Xichili
|
Ursula
|
f.di Antonino
|
Santa Rosana
|
Curto d. Mario
|
26
|
6
|
1619
|
Castronovo
|
Vicenza
|
f. di Francesco
|
Santa Rosana
|
Curto d. Mario
|
7
|
10
|
1619
|
Di Benedetto
|
Gioseppi
|
f. di Francesco
|
Santa Rosana
|
Curto d. Mario
|
4
|
11
|
1620
|
Mule’ (di)
|
Antonina
|
f. di Filippo
|
Santa Rosana
|
17
|
11
|
1620
|
Giancani
|
Rosa
|
f. di Antonino
|
Santa Rosana
|
Va annotato
che prima del 1636 neppure era diffuso il nome di Rosalia in Racalmuto: un paio di casi risalgono al
1500; vedasi l’atto di battesimo di:
98
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1595
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Rosalia
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Jo:
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Surci
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Joanna
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ed il nome della teste nel matrimonio di:
12
|
10
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1570
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Micheluzzo
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di Filippu
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Murriali
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Chiappara Rosalia
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Nei primi del Seicento notiamo:
1601
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07/02/01
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ROSALIA
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VINCENZO
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PETRA
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Dobbiamo
arrivare all’anno 1643 per riscontrare in un elenco delle comunicate una lunga
sfilza di Rosalie e simili:
309
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Rosa
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Murriali (la)
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Vitu
|
Di
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462
|
Rosa
|
Farrauto
|
Francesco
|
Moglie
|
774
|
Rosa
|
Casuccio
|
Gioseppi
|
Di
|
787
|
Rosa
|
Latina Bua
|
Giseppi
|
Di
|
40
|
Rosalia
|
Lo Sardo
|
Gioseppe
|
Moglie
|
50
|
Rosalia
|
Cina (la)
|
|
|
82
|
Rosalia
|
La Gnignia
|
|
|
83
|
Rosalia
|
La Licata
|
|
|
99
|
Rosalia
|
La Licata
|
Petro
|
Di
|
188
|
Rosalia
|
Turrisi (la)
|
|
|
241
|
Rosalia
|
Lauricella
|
|
|
302
|
Rosalia
|
Bonsignura (la)
|
Francesco
|
f. di
|
318
|
Rosalia
|
Chiarenza (la)
|
|
|
417
|
Rosalia
|
La Lattuca
|
Decu
|
f. di
|
418
|
Rosalia
|
Cammalleri
|
Micheli
|
Muglieri
|
428
|
Rosalia
|
Gueli
|
Minicu
|
f. di
|
513
|
Rosalia
|
Laudicu
|
Ninu
|
Moglie
|
540
|
Rosalia
|
Castronovo
|
Francisco
|
f. di
|
703
|
Rosalia
|
Picuni
|
Giurlando
|
Di
|
708
|
Rosalia
|
Cuddura (la)
|
Francisco
|
Di
|
56
|
Rosalia
|
Asaro
|
|
|
7
|
Rosolia
|
Carchiola (la)
|
|
|
30
|
Rosulia
|
Lo Brutto
|
Grispino
|
Di
|
128
|
Rusalia
|
Randazza (la)
|
|
|
130
|
Rusalia
|
Burzellina (la)
|
Francesco
|
Di
|
136
|
Rusalia
|
Ristiva (la)
|
|
|
178
|
Rusalia
|
Giglia (la)
|
Francisco
|
Di
|
340
|
Rusalia
|
Falletta
|
|
|
343
|
Rusalia
|
Taibi
|
|
|
443
|
Rusalia
|
Rotula (la)
|
Vincenzo
|
f. di
|
480
|
Rusalia
|
Cullura (la)
|
Decu
|
f. di
|
605
|
Rusalia
|
Pistuna (la)
|
Gio: Francesco
|
f.di
|
555
|
Rusana
|
Nobili (lu)
|
Micheli m.o
|
Moglie
|
[23])
Leggo ne L' amico del popolo di Agrigento del 22 dicembre 1991 (n. 39) pag. 5: Racalmuto: la patria di Pietro d'Asaro:
" ....Distrutto Casalvecchio, come riferisce Michele Amari, il nuovo centro abitato
venne spostato di alcuni chilometri e dagli
Arabi venne denominato Rahal Maut
(villaggio distrutto o paese della morte a causa di una terribile peste che
fece innumerevoli vittime).
...". L'articolo è genericamente
assegnato alla Regione Siciliana - Assessorato Turismo Comunicazioni e
Trasporti..
Nel falso dell'Abate Vella si parla di un 'governatore -
AABD-ALUHAR - di RAHAL-Almut (v. Tinebra Marturana, pag. 36). A pag. 37 dell'opera del Marturana v'è già l'accenno a Casal
Vecchio. Per
Tinebra Marturana, Casal
Vecchio, s'accresce notevolmente anche sotto i Normanni (cfr. pag. 55). Quanto poi scrive a pag. 69
sembra alquanto contraddittorio..
Su Casal Vecchio si
dilunaga Eugenio Napoleone Messana in racalmuto
nella storia della
sicilia. Leggesi a pag. 30
"Gli Arabi in Sicilia trovarono i miseri avanzi di un antico
splendore, sia per lo stato in cui l'avevano ridotta i precedenti invasori, sia per la loro guerra
nelle zone in cui ebbe luogo, giacchè in
più posti vi giunsero con patteggi. Essi chiamarono il Casalvecchio
dell'agrigentino Rahal Maut, paese distrutto
o Rahal-Kal-Maut, paese in pendio
diroccato, si ignora se per fedele traduzione del nome o per danni che subì
alla loro conquista, o per i resti ancora visibili dell'antica città di cui
abbiamo a josa discusso. Casalvecchio non era dove oggi è Racalmuto, ma più a sud-est,
precisamente nella contrada di
Casalvecchio (Casaliviecchi). ... "
Di Castel
Vecchio ( e non Casal Vecchio) parla in effetti Michele
Amari (Storia
dei Musulmani di Sicilia, a cura di Nallino, Catania ) nel volume II, pag. 64-67, ma la località non
sembra possa riferirsi a Racalmuto. Annotiamo qui alcuni brani: (pag. 64 ..."Ibrahim a venticinque anni
salì al trono per uno spergiuro [875-901]. Muhammad, suo fratello, venendo a
morte lasciava il regno al proprio figliolo bambino: commettea la tutela ad
Ibrahim, facendogli far sacramento di non attentar mai ai diritti del nipote,
né metter pie' nel Castel Vecchio, ove questi dovea soggiornare con la
corte .... Uscito da al-Qayrawan alla testa del popolo
in arme, occupava il Castel Vecchio;
si facea gridar principe [pag. 67].
.......
[I familiari di Muhammad] furono
ridotti nel Castel Vecchio [pag. 67]. Fece por mano ai lavori il 263 [876-877]
in luogo discosto quattro miglia da al-Qayrawan e chiamato Raqqadah [in nota: "«Sonnolenta» come
suona apponoi ... I due ultimi scrrittori al-barki e ibn-wadiran
riferiscono la fondazione di Raqqadah negli anni 273-274. Il nome nacque,
secondo alcuni, dall'amenità del sito che inebriasse di voluttà e sforzasse al
sonno; secondo altri, da un gran mucchio di cadaveri che vi si trovarono a
dormire l'ultimo sonno. "] Era
avvenuto che i liberti di Castel Vecchio
tumultuassero [ v. pag. 67].
[24] ) Ad ulteriore
esplicazione valgano i dati espunti da una lunga nota apposta in proposito
sempre dal Mirabella: «Questi beneficj
della diocesi di Girgenti furono dall’Orosco assegnati a don Pietro Bagalino
col seguente atto, che trovasi inserto in quello d’accettazione rogato a 28
agosto IX indiz. 1596 in Alcamo presso il not. Lorenzo Lombardo: ‘ Die 23 augusti viiij ind. 1596 - Cum ad
presens in manibus Illustrissimi et R.mi Domini Episcopi Agrigentini vacaverint
et vacent infrascripta beneficia, videlicet: beneficium sante Lucie existens
subtus orologium seu campanile maioris ecclesie civitatis Castronovi, beneficium Sante Agathe exstens in terra
Racalmuti, ac etiam et benefitium sante Marie Maddalene in civitate Narii
Agrigentine dioecesis ob liberam resignationem et renuntiationem fattam in
manibus ditti illustris.mi et Rev.mi domini episcopi per clericum don Joannem
Gomes hispanum, olim beneficialem dittorum benefitiorum prout virtute suarum
bullarum apparet, [....]: ideo volens dittus illst.mus et rev.mus dominus
Episcopus dei eis disponere tanquam de mensa episcopali, ne ditta benefictia
suis debitis defraudent obsequiis, attentis meritis don Petri Bagolini
alcamensis, quibus testimonio fide degno comprobatur, vigore presentis actus
superattiva benefictia supradicto modo
vacantia contulit et confert in persona ditti de Bagolino cum omnibus et
singulis iustis juribus redditibus fructibus et emolumentis ceterisque ad ditta
benefictia debitis spectantibus et pertinentibus, cum onere celebrandi seu
celebrari faciendi solitas missas et de solvendo quolibet anno in qualibet
translatione santi Gerlandi patroni nostri solitam ceram jure recognitionis et
superioritatis ditto ill.mo et rev.mo domino Episcopo prout erant obligati
ditti olim beneficiales. Unde de mandato ill.mi et Rev.mi episcopi Agrigentini
fattus est presens attus electionis hodie die quo supra suis die loco et tempore
valiturus. Unde etc. - Ex actis Magne Curie Episcopalis
Agrigentine extracta est presens copia. Collatione salva. - Joseph a Marco
Magister Notarius».
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